martedì, dicembre 10, 2019

madeleine

I pomeriggi ad ascoltare Bourée...
facendo attenzione ai solchi,
ai piccoli salti.
ai fruscii,
di un riformabile, incendiato, presente.

mercoledì, dicembre 04, 2019

una rosa

Cera una rosa che maspettava.
Tutta ianca, sinni stava affacciata alla finestra. No niuru che la circondava, pareva ca parrava sulu ammia: "No viri ca sugnu ca?" diceva.
Però non cera astiu, no, na sò dumanna e mancu scantu a farisi viriri in tutta a so biddizza in nda strada deserta, nella notte.
"I paroli veri su muti, fatti sulu picchì i sapi ascutari" pinsai e trasii a casa a inchiri u bicchieri.
A darici acqua, a darimi acqua.

mercoledì, novembre 27, 2019

Luisa

“Sai, a me pare che ogni cosa che facciamo si fermi, alla fine, allo scrimolo. Mi sono chiesto tante volte perché ciò accada, cosa questo indichi, ma credo che la risposta sia banale… è lì che diventa possibile cedere alle lusinghe dell’incompletezza.”
“Parli di noi?”
Luisa mi chiede quasi indagando.
Seduta vicino a me accarezza il calice di vino. Lo sguardo e la sua attenzione, si spostano veloci dal tavolo al mio viso, dalle luci e dai suoni che giungono dalla strada a invisibili punti nello spazio che mi escludono, che vivono solo nella sua mente.
Sorrido, non mi va di risponderle e del resto non saprei neanche cosa dirle.
“Io credo solo che tu ti diverta con le parole, con il loro suono più che con il loro significato...”
I suoi occhi ora mi fissano con più insistenza, mentre le mie dita continuano a segnare il perimetro dei suoi fianchi.
 “… e poi alla fine la verità è che vorresti solo scoparmi”
Ride. Ridiamo insieme.
“Strutture… sovrastrutture” provo a dire.
“Fica… culo” aggiunge.

venerdì, novembre 15, 2019

Les sanglots longs des violons de l’automne

Aveva ancora la giornata
un odore di zucchero e nebbia,
di fichi morbidi e
poesie dai versi strani,
di fiati di vino.
Aveva ancora la giornata
un sapore di te che
non sapevo dire.

venerdì, novembre 08, 2019

presagi

Oggi è già più difficile e domani, ancora,
che tarda ad arrivare.
Oggi si sta a bagnarsi
sotto una pioggia fitta che non riesce a dissetare.
Oggi è già più difficile
e si aspetta
si attende
il vero temporale.

domenica, ottobre 27, 2019

Don't cower

il sangue iniziava a macchiare la camicia
il capo poggiato al finestrino
come a pensare cosa fosse la morte
io in testa i Bauhaus

UNDEAD UNDEAD UNDEAD

il sole ci faceva compagnia
non avrebbe parlato
nessuno avrebbe visto nulla
in quella strada improvvisamente deserta

UNDEAD UNDEAD UNDEAD

avrei voluto vedere i suoi occhi
ma era già tempo di andare
in tutto quel silenzio
in tutto quel silenzio

UNDEAD UNDEAD UNDEAD

venerdì, ottobre 18, 2019

sturare


Le parole si accumulano 
senza più sgorgare se non in rapidi 
momenti 
in cui diviene difficile, impossibile, raccoglierle. 
Il corpo ha bisogno di altro 
e fatica 
e rifiuta 
e dimentica
l'essenziale. 
"Credo berrò qualcosa prima di salutarti" solo, dico. 
Già mi pento,
come fosse facile dire 
(lo è in effetti).

mercoledì, ottobre 16, 2019

amplificazione

Tra messaggi e pagine aperte si sfalda
questo mio resistere e
annega
ogni possibile comprensione del mondo.
Morti i piccoli suoni dell’anima,
i riflessi, le piccole sorprese
dei cuori.
Rimane un tutto che acceca,
colorati e sterili
rumori di fondo.

domenica, ottobre 06, 2019

Ciatu di ventu

Quannu accumencia a acchianari sta vogghia
non ce chiu pinseru,
tuttu peddi importanza,
diventa rina
tra li ita.
Non su sulu i razza, a ucca, i cosci to
a mancari,
chiu forti di chistu u turmento di non aviriti vicinu:
l'occhi ca non ti trovunu, a siti ca non passa,
a cuscienza di non putiriti, macari di nenti,
parrari.
E sugnu, allura, comu ciatu di ventu ca non trova u mari
e furia,
e furia,
finu a calari.

venerdì, ottobre 04, 2019

scomposti amori

Il terzo frammento illumina un treno che corre, un’auto ferma da tempo, il mondo che si espande fino a divenire palla di vetro, noi nudi a raccoglierci tra le mani come neve.

Il settimo frammento inquadra un letto. Lei dorme. Lui ancora finge di non sapere.

Il primo frammento vive nella luce di uno schermo. Dita che si sfiorano. Un mouse a unire.

Il quarto frammento sorride nel riflesso sincero di uno specchio.

Il secondo frammento profuma di sogno. Una scala che porta al primo piano, al piano terra.

Il sesto frammento è tempo. Sono ore. Sono mesi. Sono attesa.

L’ottavo frammento sa troppo di tappo. Puzza di distacco, di stanchezza.

Il nono frammento. Nebbia.

Il quinto frammento canta tante parole senza controllo, desideri, sospiri.

Il decimo frammento scorre ancora tra i salti del rullo, i baci. Appaiono, distratti estranei, gli inevitabili titoli di coda.

martedì, settembre 24, 2019

salto

Se di inizio si può parlare
è quello del pigro fiume.
Ma quello che c’era
adesso non c’è più
e quello che sarà
è ancora lontano
giù nel fondo, indecifrabile.

Certo, continuerà a scavare,
a prendere
dal mondo, a donare.
Certo quelle rocce,
quell'ultimo, sordo, gorgogliare,
erano già un intuibile destino.
Certo il mare, amico,
lo attende.

Il fiume, però, ancora non sa
ogni cosa e
precipita
e già qualche schizzo,
lo sorprende. Un misterioso ribollire.

Aria e acqua, intorno,
gelida roccia tagliente,
qualche cangiante
arcobaleno.

venerdì, settembre 20, 2019

blues in orbit

C’è un tempo interminabile
in cui sparisce ogni piccola certezza,
ogni volontà.
C’è un tempo interminabile
in cui una tromba jazz diventa solo rumore
e le voci in strada dei passanti
ronzii fissati ai lampioni.
C’è un tempo interminabile
in cui vivono
me e quell'altro
che batte sui tasti,
ascolta,
sorseggia un nero che brucia e rinfranca.
C’è un tempo interminabile
in cui cantileno la vita
e il mio corpo
e l’amore
e quella luna che non riesco più a vedere
tra i palazzi del vicolo, tra le pietre
di chi è stato, di chi sarà.
C’è un tempo interminabile,
è quello di una sigaretta,
dell’ultimo sorso,
del pensiero di te.

giovedì, settembre 19, 2019

Pidgin

Quaccuno maddumanna
picchì scrivo accussì,
chissù sti frasi,
sta lingua ca curri,
arruzzulia,
ca non si capisci.
Iu non cinnaiu risposte e
non ni vogghiu aviri.
Sulu mi piaciunu sti paroli
imbastardite, sti cani
casallicunu na trazzera
per il tempo di un saluto e poi
tornano a ciauriari u munnu.

mercoledì, settembre 18, 2019

Etna e poesie


Carlo cerca spazio. Fatica un po’ a sedersi, a incrociare le gambe. Gli acciacchi dell’età, pensa.
Il cerchio è quasi formato, il fuoco acceso. 
Vicino a lui vagano dei sorrisi, qualche sussurro, il cigolare del legno fresco. Non sono tantissimi. Visti da lontano li si potrebbe credere scout in gita se non fosse per quel loro composto silenzio che sa di attesa.
Tutto ora sembra pronto. Qualcuno si alza, presenta la serata, dopo è solo un susseguirsi di emozioni,  di celate paure. Dopo è solo il sedimentarsi rapido di un ricordo. 
Carlo ha il tempo d'innamorarsi di un volto, di una frase, del solco di una clavicola, di una parola pronunciata con un accento strano, di una stella che improvvisa cade a far festa, del vino che viene distribuito a fine serata.
Infine tutto tace. La notte riprende il suo spazio. 
Carlo saluta, si incammina, forse è solo, forse ha qualcuno a fianco.
La montagna, che non ha smesso un attimo di osservarli, borbottando li benedice.

sabato, settembre 14, 2019

date

Non ricordo mai i giorni esatti, le date,
27 marzo 1982, intendo, o
14 dicembre 1967, magari
11 aprile 2008.
Ecco, le dimentico
così come si dimenticano le chiavi,
sul piccolo ripiano accanto alla porta, o
gli occhiali, tra i libri accatastati e mai sistemati.
Ricordo, invece,
il primo sfiorarsi timido delle labbra,
quel piccolo tic alla mano,
nell'attimo esatto dell’ultimo addio,
il profumo del mio rincorrerti, del mio saperti presente,
la sorpresa divertita di ogni nuovo darsi.
Forse ritorna solo quello che ho dentro, mi dico, e allora
chiudo gli occhi, mi concentro
fin quando qualche rumore non mi distrae
o un tuo bacio.

venerdì, settembre 13, 2019

Una gita a Cattolica

Il piccolo porto,
il mare quasi sempre nascosto
eppure lì,
sospeso nell'orizzonte.
Sulle spiagge quasi deserte
i colori sembrano inseriti a forza
come sfuggiti ad altri quadri, ad altre vite.
Al bagno ventisette si balla ancora:
coppie si abbracciano, ridono, inventano passi.
Sulle sedie, attorno a loro, altri anziani
in attesa
di un autunno che tarda a venire.


venerdì, settembre 06, 2019

Divulgare

Come spiegare che si è creduto,
che si è sperato?
La speranza non passa dalle parole,
è corpo la speranza. E' sabbia e vento
che sferza il mondo. E' odio
la speranza, è amore.

giovedì, settembre 05, 2019

ancora estate

Appena fuori dal mondo le stelle
parlottano tra loro, qualcuna
raccoglie ciuffi di comete, qualcun'altra
sta un po' in disparte a osservare piccoli pianeti.
Appena fuori dal mondo, noi.
Il cielo è un carosello di nuvole.

domenica, settembre 01, 2019

[Diario parmigiano] 7

La donna ha in una mano una piccola busta da cui fanno capolino dei fiori. Credo siano rose. 
Inizio meccanicamente a cercare di ricordarne i vari significati: rossa è amore, passione; arancio bellezza, desiderio; bianca innocenza, amore puro; rosa amicizia, gratitudine; gialla gelosia, incertezza. Li avevo imparati per uno dei miei primi regali importanti su suggerimento di una seducente signora. Io sedicenne idealista e brufoloso, lei quindicenne innamorata dell'anima dei muri, la fioraia divertente, divertita e pettoruta.
Ritorno, con i pensieri e lo sguardo, alla donna. Ha una naturale eleganza che l'accompagna come un'aura tra la gente. Non credo sia molto anziana, non più di me di certo. I pantaloni chiari e la camicia rivelano un fisico ben curato. Eppure il suo volto appare stanco, quasi provato. Si ferma. Le dita corrono veloci a cercare qualcosa sullo schermo del telefonino, gli occhi rimbalzano tra quello e la strada. Forse rincorre un appiglio visivo che la porti in qualche luogo, forse attende qualcuno. Improvvisamente la vedo decisa. Il passo non è affrettato, l'andatura sinuosa. Non fa, però, in tempo ad allontanarsi da me, per svoltare alla sua destra, che una bici distratta le va addosso. Una ruota si intrufola tra le sue gambe.
Non succede nulla di grave per fortuna. Il giovane conducente chiede scusa e va subito via. I pantaloni della donna, però, si sono sporcati e a nulla serve cercare di pulirli. Lei reprime con garbo la sua stizza, io mi piego per aiutarla a raccogliere la busta sfuggita nel piccolo incidente. Faccio in tempo a osservare al suo interno, ancora intatto, un piccolo vaso di rose bianche. 
La donna mi ringrazia con un sorriso, poi si allontana.
Ripenso al mio strafare da adolescente, avevo scelto rose rosse e bianche: amore indissolubile.

venerdì, agosto 30, 2019

nuddu ammiscatu ccu nenti

sugnu terra e scantu
di ventu tra li fogghi
sugnu radice che cerca
e si inturciunia a ligari 
sugnu ramu spizzatu
da li me timpeste
iuncu
ca non mori
sugnu ciuri e fruttu
rialu damuri
sugnu furesta
ca si movi e canta
filu d'erva
ca si fa friscalettu
sugnu acqua e aria
ummira e suli
sugnu tempu

sabato, agosto 24, 2019

Quis enim modus adsit amori?

Appoi,
quannu ni viremu,
u munnu comu a statu finisci e 
u munnu comu sarà non ciavi chiù importanza.
E semu petra ca non si rumpi,
mare di naviganti.
Acqua e suli,
fami ca non passa,
semu luci
no scuru dei scaluni.

venerdì, agosto 23, 2019

Carlotta Leanza

Ancora adesso ca passau letà delle carusidde Carlotta Leanza fa veniri strani idee na testa e dentro li causi. Lei ha fatto sempre finta di niente di questo effetto che un poco non se ne rendeva conto e a chi glielo faceva notare ciarrispunneva solo con un sorriso. 
Carlotta ciaveva le idee tannicchia cunfusi. Cioè idda ci capitava spesso di fari una cosa e pinsarini unaltra o di desiderare Puddu e vasari Tollaru. Alli voti capitava che era così sicura di avere fatto una cosa che anche se non era così non ci si arrinisceva a convincerla. Nenti di strano a pinsarici bonu che casi come a questo ce ne saranno a mille e mille però lei ci mitteva do so che pareva proprio sincera quannu era nsemula alla gente e probabilmente lo era anche.
Accussì so maritu era so maritu e loro la coppia di sposi chiù invidiata no paisi e lamici erano tutti sinceri e divertenti che un suo sorriso non si sarebbe detto mai se non di soddisfazione e lamante era lamore vero che locchi sò non putevunu mentiri. Insomma su fussi stata brava a capirlo e a gestirlo questo suo talento Carlotta Leanza avissa vinto di sicuro qualche oscar se non chiossai.
Assira a visti ca era tannicchia mbriaca e questo non era da lei. Insomma prima di tutto locchio della gente che quelli ci mettono poco a cuttigghiari supra di tia e nesciunu fora cose vere e cose non vere che la felicità degli altri fa sempre paura allocchi delle persone. Comunque comu fu e come non fu ni fimmamu tannicchia a parrari. Tantu iu non cuntu ncazzo e per questo la gente con me chiacchiaria senza tanti pinseri.
Vinni fora tutto un mondo senza capu ne cura e iu arringraziai u signuruzzu per avere solo due o tre cose nella testa ma a modo mio sicure.
Insomma alla signora u munnu ci vutau sutta e supra e u maritu spariu e lamici macari e macari la genti ci fici filmi e filmi supra allamanti che era meglio di un film a puntate. Carlotta mischinazza no sapeva chiù cavaffari che non cera abituata a pinsari sti cosi. Idda aveva sempre vissuto nellattimo e ciò ci bastava a se stessa e ciava bastari agli altri. Comu fari quando non era più possibile vivere accussì? Io non ce ne avevo risposte e poi confesso che faticavo a capire quello che era vero e quello che era vero lo stesso ma immaginato. Ascutavo solole sue storie e accalavo la testa e però a picca a picca ciarriniscii a cunuttarla che nmezzu alli so iammi cera ancora meli e zuccuru e nella so ucca tutta la mia felicità. 

mercoledì, agosto 21, 2019

promemoria


bisognerebbe essere cauti
nessuna traccia
che possa ricordare

bisognerebbe essere cauti
lasciare al vento
ogni vagheggiare

bisognerebbe essere cauti
dimenticare sempre, ad ogni istante.
Mai, soprattutto, sognare

domenica, agosto 18, 2019

Pasquale Scognamiglio

Pasquale Scognamiglio non ci capeva nenti di quelle parole però continuava ad ascoltarle che ci piacevunu tutte le canzoni di quella francisi. Della Piaf.
È che le sentiva nel sangue come se fossero sue e ci tentava anche a cantarle che i risultati però erano che tutti ci arrirevunu na facci.
Pasquale non se ne curava. Che importanza aveva? Quando quella partiva nel disco e cantava “Non, je ne regrette rien” oppure “Mon manège à moi” o qualsiasi altra canzone iddu si emozionava come a un picciriddo e chi non lo conosceva poteva anche pensare che da un momento allaltro avissa accuminciato macari a chianciri mentre urlava parole senza senso.
Pasquale invece chiureva sulu locchi e spariva al mondo e il mondo ci faceva cumpagnia.

forse


forse bisogna solo abbandonarsi al dolore 
lasciare che lentamente occupi ogni spazio
mentre 
le difese si fanno sempre più deboli 
forse bisogna solo che il muro crolli 
per poi riprendere in mano i mattoni 
costruire un nuovo muro 
illudersi 
che la malta resista 
che l'amore tenga

Natalia Cusumano


Siccome che era incinta Natalia Cusumano sera maritata. Ciaveva quattordici anni e un culu che era una favola. So maritu Nicola ciaveva il doppio della sua età. Non era stato facile avere tutti i permessi. E la chiesa e lautorità e macari il giudice si ci era messo per fermarli. Alla fine però tutto era andato bene e dopo pochi misi era nato un masculeddu con locchi niuri comu u cavvuni e i capiddi biondi a bucculiddi.
Era stata felice Natalia. Certo a so maritu u vireva picca che traseva e nisceva do carciri a ogni nuova avventura e in compenso però quel picciriddo gli dava gioia e i soddi non mancavano.
Quannu ammazzanu a Nicola chianciu tannicchia ma poi sarrizzittau che ora ci toccava a lei portare u pani a casa. Non ci vosi assai a capiri che fari a camirera o i pulizii nei palazzi o la commessa non ciavissa bastato mai per la casa ca savanu accattato e per le spese che cerano e allora Natalia accuminciau a vinniri a mercanzia chiù pregiata: vinti a ucca cinquanta u sticchiu e centu u culu. Furono anni pieni di soddisfazioni che i clienti non finivano mai e idda nonostante tutto si faceva sempri chiù finicchia e la creatura crisceva come a un principino. Poi però Natalia si innamorò che lei non laveva avuto mai questi pensieri na testa. “Acchi servi?” si era sempre detta. Ora però era diverso che tutto il mondo ci pareva una favola e iddu u re e loro ‘nturciniati ammenzu e linsola erano due gemme che brillavano. Un fuoco come non si era mai visto. No sapeva Natalia ca tutto finisci e non ci importava di saperlo.
Natalia ciavi quarantanni e un marmuru di latte supra o tabuto. A lettere doro cianno scritto il nome e le date e ora tutti lo sanno che è stata una madre esemplare e una sposa fedele. So figghio ci va a trovarla ogni volta per i morti ma cè un cristiano che ci passa ogni jornu e ci potta un ciuri e ci discute tannicchia prima di sparire. Lei o scoru sorride e ringrazia e la sua foto no marmuru si illumina ogni vota comu fussi primavera.

sabato, agosto 17, 2019

Vito Palmieri


Vito Palmieri ciaveva avuto solo due relazioni nella sua vita una che era durata na para di misi e una invece il tempo di una sucata.
Vito però era uno romantico e allora non laveva volute abbandonare a queste fimmine e se le portava sempre dietro macari che erano sulu spiddi.
Anche oggi sono con lui che gli altri non le possono vedere ma lui lo sa che ci sono e li chiama per nome: “Saretta! Cuncetta! Cinnaviti fami? Na facemu na bella granita ca brioscia?”
Quelle due ciarrispunnu na testa che Saretta fa sempri a sturiusa e accumencia che non vuole ingrassare che non ce lhanno quella che piace a lei che insomma ci piacissi chiossai un iris ca ciucculatta oppure una raviola bella caura. Cuncetta invece accala a testa e dice sempre di sì che tanto lo sa comu su i masculi che alla fine vincono sempre loro e poi lei mancu mangia ca è morta.
Vito ciabbia una pisciata no cessu poi si lava a facci a sciacquariarisi tutto e si vesti. Ancora na ucca ciavi u ciaura della cipollata della sera prima ma a lui non ci runa fastidio e questo basta.

“Salutamu! Chiffà ti ittanu do lettu stamatina?”
“Mi vinni tannicchia di spiticchiu”
Alfio è abbiato sempre davanti al portone. E’ quello che fa il turno più lungo a spacciare, ma ciavi famigghia e allora nuddu ci rici cosa per questi straordinari. Generalmente fa il turno della giornata dalle sette alle tre e però acchiana a casa che sono quasi sempre le sette di sera. A Vito lui ci è affezionato che quello una volta si fici sentiri beddu forti con una para di carusazzi di paisi che ci davano fastidio. I purtanu tutti tagghiati al pronto soccorso “ Fu una vetrata, na vistumu. Ciù giuro” ci rissunu alla guardia e nel quartiere non si ficiru chù viriri.
“Chiffai a voi una cannetta per stimolare meglio?”
Vito non se le fa dire due volte queste cose che è sempre pronto. Pigghia u ciuri e in un secondo sarrolla una canna che è un capolavoro. Poi la offre a Alfio.
“No no aia travagghiari. Non cinnè chiù tempo per queste cose." ci risponde quello.
Vito arriri e saluta e sincammina verso il bar che questa pare proprio una giornata giusta.

risvegli


C’è questo di strano 
come il primo pensiero sappia di assenza
come tutto prosegua

mercoledì, agosto 14, 2019

contare fino a uno


Quando ancora la luce 
stenta
a illuminare la stanza 
per quanto io strizzi gli occhi 
a cercarti 
tra le pieghe delle lenzuola
tra le mie braccia
per quanto indaghi 
chiedendo gentile
alle irriconoscibili ombre 
per quanto fugga 
per quanto
mi nasconda
tra i desideri e il cazzo, manchi.

giovedì, agosto 08, 2019

Pulici


A criatura ancora piccia,
non cia finisci chiù di lastimiari.
So matri continua, paziente, a cucinari.
Ciattaccau u sparatrappu ne iammi
e sinni iu quasi senza chiù taliari.
A bicichetta è ancora nterra no cuttigghiu
vicinu o palluni scoppio,
a paletta do mari.
So frati a sconcica. A trizzia. "È na fissaria"
ci rici. Idda
u talia stortu
ca non cinnavi vogghia di babbiari.
Dura un attimo, nsecunnu.
Quannu di novu arrirurunu nsemula
sbrizzia
u munnu in festa. È ora di jucari.

mercoledì, agosto 07, 2019

[Diario parmigiano] 6


Due serate passate fuori, ché a volte bisogna uscire per quanto sia comodo rifugiarsi in un buon libro, una piccola cena, un bicchiere di vino.
Nonostante il caldo, non è poi moltissima la gente in strada. In centro una coppia francese fotografa i luoghi un po’ a caso e si rincorre divertita tra vie quasi deserte. Avranno poco meno di trentanni.
Lei è molto carina e desiderabile nel suo vestitino leggero che la fascia con precisione. I colori dell’abito sono delicati ma non spenti, i capelli ribelli le coprono spesso il viso e lei li ricaccia indietro un po’ sbuffando, un po’ ridendo. Ha questo piccolo vezzo di portarsi spesso le mani in testa ad acciuffare quelle giovani onde e per un attimo farne un piccolo fiume di luce prima di lasciarle di nuovo andare.
Lui è indubbiamente di origini indocinesi. A tratti ha un fare serioso.
Parlano ora e i loro occhi non vedono che l’altro, poi riprendono a camminare.
L’uomo sembra volersi un po’ atteggiare a interessato turista, quasi a nascondere il suo star bene. Si lascia andare a un sorriso pieno, innamorato, solo quando si accorge che lei lo sta filmando da qualche minuto mentre lui continuava a camminare distratto e stupito col naso all'insù.
Due serate, due concerti, o meglio un quasi concerto e una commemorazione, o ancora di più un piccolo viaggio discorsivo-musicale sul sud degli Stati Uniti (il Delta blues, le armi, i due milioni di “schiavi” morti nella traversata atlantica) e il ricordo, sbiadito nella calca della serata, di centomila vittime a Hiroshima per mano della stessa nazione. “In God We Trust”

martedì, agosto 06, 2019

Figli


Nesciunu i fogghi a pampina.
Crisciunu e savviluppano a chiddu cattrovanu
con fiducia. Cangiano
sutta o suli e all’acqua.
Qualcosa diventa lignu, oro, ametista. Qualcosa
resiste; autru casca
o primu ciatu di ventu.
Ancora, però, no cielu sulu sbrizzia.
Iddi, e me occhi, su pronti,
già chini di culuri, d’anima dei santi.
Di chistu sugnu cuntentu.

lunedì, agosto 05, 2019

[Diario parmigiano] 5


Ho tagliato le foto del basilico per aromatizzare l’olio e le nuove piante, che ho messo alla finestra, lentamente stanno provando ad arrampicarsi su per la leggera grata che mi separa dal mondo. Ho anche fatto colazione al bar stamani, scambiando parole di viaggio con la proprietaria, e, appena entrato, il tabaccaio mi ha porto le sigarette senza chiedermi cosa volessi.
Ecco forse è in questo leggero scorrere delle cose, nel formarsi di piccole abitudini, nella ripetizione che rimane sempre nuova il senso.
Tornando verso casa mi sono accorto, a poche decine dal portone, di un altarino posto tra due palazzi. È parecchio alto rispetto al piano stradale, forse è per questo che mi era fin a ora sfuggito. È stato ritinteggiato, cosi come le mura delle case che lo inglobano, ed è più grande di quelli che solitamente osservo a Catania. È pulitissimo e vuoto, quasi fosse il ricordo del sacro incastonato nel reale o solo un reale che del sacro possiede, nascosta ai distratti, la struttura, il fiato.
Credo sia ora di prepararmi un nuovo caffè.

venerdì, agosto 02, 2019

[Diario parmigiano] 4


Arriva Agosto e, improvvisamente, a ogni angolo di strada trovo dei lavori in corso. Si asfalta, si buca, si sistema il pavé... credo che mi innervosirei parecchio se dovessi attraversare la città in auto, ma non è il mio caso. Continuo a gironzolare quasi senza meta a piedi. Parma alla fin fine è un paesotto un po’ cresciuto nonostante la grandeur di una città ancora orfana di Maria Luigia. Qui si arriva senza difficoltà da est a ovest, da nord a sud e, per fortuna e civica oculatezza, quasi sempre in sicurezza.
I numerosi parchi che capita di attraversare hanno pubblico e abitanti diversi. Non so se tutto corrisponda a una dislocazione abitativa sedimentatasi per nazionalità o solo l’affermarsi di una lenta tradizione, ma si incontra il luogo popolato da filippini intenti a consumare pasti collettivi, come quello in cui vedi conversare tra loro quasi esclusivamente donne dell’est o quell'altro in cui torme di ragazzi di colore giocano a pallone. Io approfitto della quiete estiva per camminare con calma, per chiedermi, senza nessuna speranza di risposta, che albero o fiore sia quello che attira la mia attenzione.
In realtà però non mi limito a questo, confesso che mi piace anche molto osservare le persone. Inventare vite e situazioni attorno alla gente che incontro. Fantasticare senza ferire, senza paura di poter sbagliare. Credo che in parte siano gli stessi meccanismi che attivo quando vengo preso dalle pagine di un libro o forse è solo il riaffiorare del fanciullo che si annoiava da solo in casa.

martedì, luglio 30, 2019

[Diario parmigiano] 3


I lavori proseguono veloci. I muratori hanno tutti accenti del sud Italia e si scambiano battute tra loro credendo, a torto, di non essere capiti. Sono parole salaci, sfottò divertiti.
All'ora di pausa arrivano pizze e birre. A portarle un ragazzo di colore, con la sua bici d’ordinanza. Nonostante il caldo non è affatto sudato. Consegna e scappa via, veloce. Non ho capito se avesse, con sé, altro da distribuire.
Qualcuno dei manovali rimane all'interno delle abitazioni in ristrutturazione, qualcun altro ne approfitta per spostarsi nella vicina piazza all'ombra striminzita di bassi palazzi, uno sceglie la piazzetta più isolata e assolata, quella accanto casa mia.
Lo sento parlare. Lui, immagino, seduto sulle lunghe panchine scrostate, io chino a scrivere accanto alla finestra.
Per qualche strano gioco di rimbalzi qui arrivano le voci delle persone che attraversano i dintorni, ma non i segnali delle compagnie telefoniche. Niente 2G, 3G, 4G... niente squilli inopportuni. Sarà un vendicarsi delle antiche mura o uno scherzo acustico dei vecchi costruttori.
L’uomo parla con la famiglia, mi pare. Racconta la giornata, quello che ha fatto, quello che gli rimane da fare. Credo siano le stesse parole di chiunque abbia dovuto abbandonare i propri affetti per poter lavorare. Quando finisce io sono già uscito per andare a prendere un caffè al bar. Lo vedo addentare con gusto un panino farcito con del crudo dal buon colore. Magari parlerà anche di questo quando tornerà a casa.

domenica, luglio 28, 2019

Azzappa all’acqua e simina o ventu


L’amuri non è futtiri. 
                       Non su i linzola vagnati di desiderio, i matirassi di cangiari.
Non è accalari a testa. 
                       Diri sempri sì senza mai abbaiari.
Non su i figghi.
                       Chiddu è u cori ca sarrinesci a tagghiari.
Non è mutismo. 
                       Che c'è silenzio e silenzio, l'arririri e u mazziari.
Non è scanto darristari suli. 
                       Ca bastunu i cani e i iatti, l’amanti da addivari.

L’amuri è poesia di farisi disidirari, di disidirari.
E' comu i vecchi na putia, menzu littru e sempri pronti a babbiari.
L’amuri è 'mparari, 'nsignari a dari.
Arristari diversi e incastrati: sali e acqua, pisci e mari.
L’amuri è u tempu, ca non si scanta di passari.

[Diario parmigiano] 2


Oggi è domenica. Piove. 
La vecchia continua a urlare contro i suoi invisibili nemici e io non so bene se decidermi a pulire un po’ casa. 
Oggi non è passata la coppia che fa compagnia alle mie colazioni. Forse la pioggia o i locali chiusi.
Lui strascina un po’ i piedi, fatica a muoversi, ma dal tono, seppur stanco, della voce credo fosse un uomo abituato a comandare, a imporsi. È curatissimo nelle sue giacche di buona fattura, nel volto rinsecchito appena sbarbato. 
Lei è una trottolina canuta, zampetta tra lunghe gonne svolazzanti e sorrisi che sembrano non potersi spegnere. Lo rincuora quando gli è a fianco. Lo precede spesso, ma poi si volta a controllare e allora lo attende paziente. E però anche in quegli attimi non sta ferma, parla, gli chiede dolcemente, ogni mattina, cosa desideri al bar, gli ricorda le cose ancora da fare, i luoghi da raggiungere e ripete tutto più volte quasi a voler essere sicura di aver capito bene, di non sbagliare. Non credo che questo le serva veramente, credo, piuttosto, che lo faccia per lui.
Durante il breve tratto in cui mi è possibile osservarli vedo questo loro costante andamento a elastico. Due anime abituate ad attrarsi e respingersi. Due tortore, forse.
A volte mi è capitato di vedere il loro sguardo, anche. E me ne sono innamorato.

sabato, luglio 27, 2019

[Diario parmigiano] 1


“L'amore ti rimane appiccicato addosso come fosse chewing gum sulla punta delle scarpe e diventa inutile che tu ti dia pena a sfregare che tanto qualcosa resta sempre, anche solo la macchia sulla pelle”
Era la quarta volta che il vecchio mi ripeteva questa frase e io non facevo altro che sorridere e muovere il capo ad acconsentire. Cosa altro potevo fare?
L'uomo mi raccontava la sua vita e, in quel momento, io ero lì per lui; del resto sono stato sempre un buon ascoltatore.
Forse è proprio vero che la gente si divide tra chi parla e chi ascolta e poi tra chi parla sbraitando e chi lo fa con calma e tra chi ascolta con attenzione e chi, invece, con sufficienza e ancora tra chi sbraita c’è chi lo fa per paura o per stupidità mentre tra quelli che parlano con calma di sicuro c'è chi lo fa pesando bene le parole, ponderandole, e chi invece esercita solo una professione e, ancora, tra chi ascolta con attenzione c'è il buono di cuore e chi, per interesse, ha imparato a fingere così come tra chi lo fa con sufficienza emergono l'uomo cortese e lo stupido. Insomma potremmo giocare e fare un po’ di ordine a questo mondo, trovare le giuste intersezioni. Consegnare, ad esempio, l'urlatore stupido al suo stolto pubblico o il pauroso all'interessato, ma sono così tante le variabili e i sottogruppi di queste poche voci che solo a immaginare mi passa la voglia. Allora rimango qui ad ascoltare il vecchio e a sorseggiare il mio pinot grigio.
Quando ritorno al mio borgo mi aspettano i pianti continui del bimbo dei vicini di casa e le urla serali della pazza in fondo alla via. Confesso che mi stanno entrambi simpatici.
Il primo per come viene rincuorato dai genitori, la seconda per quel suo urlare frasi sconnesse in perfetto italiano. Stasera, mentre sto per aprire il portone, mi sorprende con un “bricconcello” che mi ricorda l'infanzia. “Prendila nel culo” aggiunge.
Come non essergliene grato?

A iatta

Appena avi vogghia di iucari
a iatta
sattisa tutta e sallicca,
salliscia,
si intrufulia ammenzu a li iammi comu
fussi un desiderio,
na vogghia
ca ti veni a truvari.
Iu fazzu finta di nenti
che a darle attenzione poi
non ta scuddurii chiù,
su idda non voli.
Continuo a scrivere e a santificari.
Ad ammuttari u tempo, l'anni.
Continuo. 

mercoledì, febbraio 06, 2019

scoperte

E forse ci siamo solo accorti
d'essere di pugni chiusi
fatti
e canzoni brille,
di parmigiano a neve
su pasti improvvisati,
di piccole regole
a tavola e
vecchi reali inglesi
nei rotocalchi,
fotoromanzi, insomma,
in amorosa menzogna.

mercoledì, gennaio 30, 2019

murrine

Se nel silenzio dei discorsi
avessimo veramente compreso
saremmo ancora luce
così come siamo

soffio di vetro
su ombre distanti
eternamente
superbamente fragili


martedì, gennaio 15, 2019

Tensione superficiale e forma

Anche questo amore lentamente evapora 
e tu
il soffio perduto di un iridescente ricordo