I pomeriggi ad ascoltare Bourée...
facendo attenzione ai solchi,
ai piccoli salti.
ai fruscii,
di un riformabile, incendiato, presente.
"La poesia è scritta da qualcuno che non è lo scrittore a qualcuno che non è il lettore" - Paul Valéry -
martedì, dicembre 10, 2019
mercoledì, dicembre 04, 2019
una rosa
Cera una rosa che maspettava.
Tutta ianca, sinni stava affacciata alla finestra. No niuru che la circondava, pareva ca parrava sulu ammia: "No viri ca sugnu ca?" diceva.
Però non cera astiu, no, na sò dumanna e mancu scantu a farisi viriri in tutta a so biddizza in nda strada deserta, nella notte.
"I paroli veri su muti, fatti sulu picchì i sapi ascutari" pinsai e trasii a casa a inchiri u bicchieri.
A darici acqua, a darimi acqua.
Tutta ianca, sinni stava affacciata alla finestra. No niuru che la circondava, pareva ca parrava sulu ammia: "No viri ca sugnu ca?" diceva.
Però non cera astiu, no, na sò dumanna e mancu scantu a farisi viriri in tutta a so biddizza in nda strada deserta, nella notte.
"I paroli veri su muti, fatti sulu picchì i sapi ascutari" pinsai e trasii a casa a inchiri u bicchieri.
A darici acqua, a darimi acqua.
mercoledì, novembre 27, 2019
Luisa
“Sai, a me pare che ogni cosa che facciamo si fermi, alla fine, allo scrimolo. Mi sono chiesto tante volte perché ciò accada, cosa questo indichi, ma credo che la risposta sia banale… è lì che diventa possibile cedere alle lusinghe dell’incompletezza.”
“Parli di noi?”
Luisa mi chiede quasi indagando.
Seduta vicino a me accarezza il calice di vino. Lo sguardo e la sua attenzione, si spostano veloci dal tavolo al mio viso, dalle luci e dai suoni che giungono dalla strada a invisibili punti nello spazio che mi escludono, che vivono solo nella sua mente.
Sorrido, non mi va di risponderle e del resto non saprei neanche cosa dirle.
“Io credo solo che tu ti diverta con le parole, con il loro suono più che con il loro significato...”
I suoi occhi ora mi fissano con più insistenza, mentre le mie dita continuano a segnare il perimetro dei suoi fianchi.
“… e poi alla fine la verità è che vorresti solo scoparmi”
Ride. Ridiamo insieme.
“Strutture… sovrastrutture” provo a dire.
“Fica… culo” aggiunge.
“Parli di noi?”
Luisa mi chiede quasi indagando.
Seduta vicino a me accarezza il calice di vino. Lo sguardo e la sua attenzione, si spostano veloci dal tavolo al mio viso, dalle luci e dai suoni che giungono dalla strada a invisibili punti nello spazio che mi escludono, che vivono solo nella sua mente.
Sorrido, non mi va di risponderle e del resto non saprei neanche cosa dirle.
“Io credo solo che tu ti diverta con le parole, con il loro suono più che con il loro significato...”
I suoi occhi ora mi fissano con più insistenza, mentre le mie dita continuano a segnare il perimetro dei suoi fianchi.
“… e poi alla fine la verità è che vorresti solo scoparmi”
Ride. Ridiamo insieme.
“Strutture… sovrastrutture” provo a dire.
“Fica… culo” aggiunge.
venerdì, novembre 15, 2019
Les sanglots longs des violons de l’automne
Aveva ancora la giornata
un odore di zucchero e nebbia,
di fichi morbidi e
poesie dai versi strani,
di fiati di vino.
Aveva ancora la giornata
un sapore di te che
non sapevo dire.
un odore di zucchero e nebbia,
di fichi morbidi e
poesie dai versi strani,
di fiati di vino.
Aveva ancora la giornata
un sapore di te che
non sapevo dire.
venerdì, novembre 08, 2019
presagi
Oggi è già più difficile e domani, ancora,
che tarda ad arrivare.
Oggi si sta a bagnarsi
sotto una pioggia fitta che non riesce a dissetare.
Oggi è già più difficile
e si aspetta
si attende
il vero temporale.
che tarda ad arrivare.
Oggi si sta a bagnarsi
sotto una pioggia fitta che non riesce a dissetare.
Oggi è già più difficile
e si aspetta
si attende
il vero temporale.
domenica, ottobre 27, 2019
Don't cower
il sangue iniziava a macchiare la camicia
il capo poggiato al finestrino
come a pensare cosa fosse la morte
io in testa i Bauhaus
UNDEAD UNDEAD UNDEAD
il sole ci faceva compagnia
non avrebbe parlato
nessuno avrebbe visto nulla
in quella strada improvvisamente deserta
UNDEAD UNDEAD UNDEAD
avrei voluto vedere i suoi occhi
ma era già tempo di andare
in tutto quel silenzio
in tutto quel silenzio
UNDEAD UNDEAD UNDEAD
il capo poggiato al finestrino
come a pensare cosa fosse la morte
io in testa i Bauhaus
UNDEAD UNDEAD UNDEAD
il sole ci faceva compagnia
non avrebbe parlato
nessuno avrebbe visto nulla
in quella strada improvvisamente deserta
UNDEAD UNDEAD UNDEAD
avrei voluto vedere i suoi occhi
ma era già tempo di andare
in tutto quel silenzio
in tutto quel silenzio
UNDEAD UNDEAD UNDEAD
venerdì, ottobre 18, 2019
sturare
Le parole si accumulano
senza più sgorgare se non in rapidi
momenti
in cui diviene difficile, impossibile, raccoglierle.
Il corpo ha
bisogno di altro
e fatica
e rifiuta
e dimentica
l'essenziale.
"Credo
berrò qualcosa prima di salutarti" solo, dico.
Già mi pento,
come fosse facile dire
(lo è in effetti).
mercoledì, ottobre 16, 2019
amplificazione
Tra messaggi e pagine aperte si sfalda
questo mio resistere e
annega
ogni possibile comprensione del mondo.
Morti i piccoli suoni dell’anima,
i riflessi, le piccole sorprese
dei cuori.
Rimane un tutto che acceca,
colorati e sterili
rumori di fondo.
questo mio resistere e
annega
ogni possibile comprensione del mondo.
Morti i piccoli suoni dell’anima,
i riflessi, le piccole sorprese
dei cuori.
Rimane un tutto che acceca,
colorati e sterili
rumori di fondo.
domenica, ottobre 06, 2019
Ciatu di ventu
Quannu accumencia a acchianari sta vogghia
non ce chiu pinseru,
tuttu peddi importanza,
diventa rina
tra li ita.
Non su sulu i razza, a ucca, i cosci to
a mancari,
chiu forti di chistu u turmento di non aviriti vicinu:
l'occhi ca non ti trovunu, a siti ca non passa,
a cuscienza di non putiriti, macari di nenti,
parrari.
E sugnu, allura, comu ciatu di ventu ca non trova u mari
e furia,
e furia,
finu a calari.
non ce chiu pinseru,
tuttu peddi importanza,
diventa rina
tra li ita.
Non su sulu i razza, a ucca, i cosci to
a mancari,
chiu forti di chistu u turmento di non aviriti vicinu:
l'occhi ca non ti trovunu, a siti ca non passa,
a cuscienza di non putiriti, macari di nenti,
parrari.
E sugnu, allura, comu ciatu di ventu ca non trova u mari
e furia,
e furia,
finu a calari.
venerdì, ottobre 04, 2019
scomposti amori
Il terzo frammento illumina un treno che corre, un’auto ferma da tempo, il mondo che si espande fino a divenire palla di vetro, noi nudi a raccoglierci tra le mani come neve.
Il settimo frammento inquadra un letto. Lei dorme. Lui ancora finge di non sapere.
Il primo frammento vive nella luce di uno schermo. Dita che si sfiorano. Un mouse a unire.
Il quarto frammento sorride nel riflesso sincero di uno specchio.
Il secondo frammento profuma di sogno. Una scala che porta al primo piano, al piano terra.
Il sesto frammento è tempo. Sono ore. Sono mesi. Sono attesa.
L’ottavo frammento sa troppo di tappo. Puzza di distacco, di stanchezza.
Il nono frammento. Nebbia.
Il quinto frammento canta tante parole senza controllo, desideri, sospiri.
Il decimo frammento scorre ancora tra i salti del rullo, i baci. Appaiono, distratti estranei, gli inevitabili titoli di coda.
Il settimo frammento inquadra un letto. Lei dorme. Lui ancora finge di non sapere.
Il primo frammento vive nella luce di uno schermo. Dita che si sfiorano. Un mouse a unire.
Il quarto frammento sorride nel riflesso sincero di uno specchio.
Il secondo frammento profuma di sogno. Una scala che porta al primo piano, al piano terra.
Il sesto frammento è tempo. Sono ore. Sono mesi. Sono attesa.
L’ottavo frammento sa troppo di tappo. Puzza di distacco, di stanchezza.
Il nono frammento. Nebbia.
Il quinto frammento canta tante parole senza controllo, desideri, sospiri.
Il decimo frammento scorre ancora tra i salti del rullo, i baci. Appaiono, distratti estranei, gli inevitabili titoli di coda.
martedì, settembre 24, 2019
salto
Se di inizio si può parlare
è quello del pigro fiume.
Ma quello che c’era
adesso non c’è più
e quello che sarà
è ancora lontano
giù nel fondo, indecifrabile.
Certo, continuerà a scavare,
a prendere
dal mondo, a donare.
Certo quelle rocce,
quell'ultimo, sordo, gorgogliare,
erano già un intuibile destino.
Certo il mare, amico,
lo attende.
Il fiume, però, ancora non sa
ogni cosa e
precipita
e già qualche schizzo,
lo sorprende. Un misterioso ribollire.
Aria e acqua, intorno,
gelida roccia tagliente,
qualche cangiante
arcobaleno.
è quello del pigro fiume.
Ma quello che c’era
adesso non c’è più
e quello che sarà
è ancora lontano
giù nel fondo, indecifrabile.
Certo, continuerà a scavare,
a prendere
dal mondo, a donare.
Certo quelle rocce,
quell'ultimo, sordo, gorgogliare,
erano già un intuibile destino.
Certo il mare, amico,
lo attende.
Il fiume, però, ancora non sa
ogni cosa e
precipita
e già qualche schizzo,
lo sorprende. Un misterioso ribollire.
Aria e acqua, intorno,
gelida roccia tagliente,
qualche cangiante
arcobaleno.
venerdì, settembre 20, 2019
blues in orbit
C’è un tempo interminabile
in cui sparisce ogni piccola certezza,
ogni volontà.
C’è un tempo interminabile
in cui una tromba jazz diventa solo rumore
e le voci in strada dei passanti
ronzii fissati ai lampioni.
C’è un tempo interminabile
in cui vivono
me e quell'altro
che batte sui tasti,
ascolta,
sorseggia un nero che brucia e rinfranca.
C’è un tempo interminabile
in cui cantileno la vita
e il mio corpo
e l’amore
e quella luna che non riesco più a vedere
tra i palazzi del vicolo, tra le pietre
di chi è stato, di chi sarà.
C’è un tempo interminabile,
è quello di una sigaretta,
dell’ultimo sorso,
del pensiero di te.
in cui sparisce ogni piccola certezza,
ogni volontà.
C’è un tempo interminabile
in cui una tromba jazz diventa solo rumore
e le voci in strada dei passanti
ronzii fissati ai lampioni.
C’è un tempo interminabile
in cui vivono
me e quell'altro
che batte sui tasti,
ascolta,
sorseggia un nero che brucia e rinfranca.
C’è un tempo interminabile
in cui cantileno la vita
e il mio corpo
e l’amore
e quella luna che non riesco più a vedere
tra i palazzi del vicolo, tra le pietre
di chi è stato, di chi sarà.
C’è un tempo interminabile,
è quello di una sigaretta,
dell’ultimo sorso,
del pensiero di te.
giovedì, settembre 19, 2019
Pidgin
Quaccuno maddumanna
picchì scrivo accussì,
chissù sti frasi,
sta lingua ca curri,
arruzzulia,
ca non si capisci.
Iu non cinnaiu risposte e
non ni vogghiu aviri.
Sulu mi piaciunu sti paroli
imbastardite, sti cani
casallicunu na trazzera
per il tempo di un saluto e poi
tornano a ciauriari u munnu.
picchì scrivo accussì,
chissù sti frasi,
sta lingua ca curri,
arruzzulia,
ca non si capisci.
Iu non cinnaiu risposte e
non ni vogghiu aviri.
Sulu mi piaciunu sti paroli
imbastardite, sti cani
casallicunu na trazzera
per il tempo di un saluto e poi
tornano a ciauriari u munnu.
mercoledì, settembre 18, 2019
Etna e poesie
Carlo cerca spazio. Fatica un po’ a sedersi, a incrociare le gambe. Gli acciacchi dell’età, pensa.
Il cerchio è quasi
formato, il fuoco acceso.
Vicino a lui vagano dei sorrisi, qualche
sussurro, il cigolare del legno fresco. Non sono tantissimi. Visti da
lontano li si potrebbe credere scout in gita se non fosse per quel
loro composto silenzio che sa di attesa.
Tutto ora sembra
pronto. Qualcuno si alza, presenta la serata, dopo è solo un
susseguirsi di emozioni, di celate paure. Dopo è solo il sedimentarsi rapido di un ricordo.
Carlo ha il tempo
d'innamorarsi di un volto, di una frase, del solco di una clavicola,
di una parola pronunciata con un accento strano, di una stella che
improvvisa cade a far festa, del vino che viene distribuito a fine
serata.
Infine tutto tace. La notte riprende il
suo spazio.
Carlo saluta, si incammina, forse è solo, forse ha
qualcuno a fianco.
La montagna, che non
ha smesso un attimo di osservarli, borbottando li benedice.
sabato, settembre 14, 2019
date
Non ricordo mai i giorni esatti, le date,
27 marzo 1982, intendo, o
14 dicembre 1967, magari
11 aprile 2008.
Ecco, le dimentico
così come si dimenticano le chiavi,
sul piccolo ripiano accanto alla porta, o
gli occhiali, tra i libri accatastati e mai sistemati.
Ricordo, invece,
il primo sfiorarsi timido delle labbra,
quel piccolo tic alla mano,
nell'attimo esatto dell’ultimo addio,
il profumo del mio rincorrerti, del mio saperti presente,
la sorpresa divertita di ogni nuovo darsi.
Forse ritorna solo quello che ho dentro, mi dico, e allora
chiudo gli occhi, mi concentro
fin quando qualche rumore non mi distrae
o un tuo bacio.
27 marzo 1982, intendo, o
14 dicembre 1967, magari
11 aprile 2008.
Ecco, le dimentico
così come si dimenticano le chiavi,
sul piccolo ripiano accanto alla porta, o
gli occhiali, tra i libri accatastati e mai sistemati.
Ricordo, invece,
il primo sfiorarsi timido delle labbra,
quel piccolo tic alla mano,
nell'attimo esatto dell’ultimo addio,
il profumo del mio rincorrerti, del mio saperti presente,
la sorpresa divertita di ogni nuovo darsi.
Forse ritorna solo quello che ho dentro, mi dico, e allora
chiudo gli occhi, mi concentro
fin quando qualche rumore non mi distrae
o un tuo bacio.
venerdì, settembre 13, 2019
Una gita a Cattolica
Il piccolo porto,
il mare quasi sempre nascosto
eppure lì,
sospeso nell'orizzonte.
Sulle spiagge quasi deserte
i colori sembrano inseriti a forza
come sfuggiti ad altri quadri, ad altre vite.
Al bagno ventisette si balla ancora:
coppie si abbracciano, ridono, inventano passi.
Sulle sedie, attorno a loro, altri anziani
in attesa
di un autunno che tarda a venire.
il mare quasi sempre nascosto
eppure lì,
sospeso nell'orizzonte.
Sulle spiagge quasi deserte
i colori sembrano inseriti a forza
come sfuggiti ad altri quadri, ad altre vite.
Al bagno ventisette si balla ancora:
coppie si abbracciano, ridono, inventano passi.
Sulle sedie, attorno a loro, altri anziani
in attesa
di un autunno che tarda a venire.
venerdì, settembre 06, 2019
Divulgare
Come spiegare che si è creduto,
che si è sperato?
La speranza non passa dalle parole,
è corpo la speranza. E' sabbia e vento
che sferza il mondo. E' odio
la speranza, è amore.
che si è sperato?
La speranza non passa dalle parole,
è corpo la speranza. E' sabbia e vento
che sferza il mondo. E' odio
la speranza, è amore.
giovedì, settembre 05, 2019
ancora estate
Appena fuori dal mondo le stelle
parlottano tra loro, qualcuna
raccoglie ciuffi di comete, qualcun'altra
sta un po' in disparte a osservare piccoli pianeti.
Appena fuori dal mondo, noi.
Il cielo è un carosello di nuvole.
parlottano tra loro, qualcuna
raccoglie ciuffi di comete, qualcun'altra
sta un po' in disparte a osservare piccoli pianeti.
Appena fuori dal mondo, noi.
Il cielo è un carosello di nuvole.
domenica, settembre 01, 2019
[Diario parmigiano] 7
La donna ha in una mano una piccola busta da cui fanno capolino dei fiori. Credo siano rose.
Inizio meccanicamente a cercare di ricordarne i vari significati: rossa è amore, passione; arancio bellezza, desiderio; bianca innocenza, amore puro; rosa amicizia, gratitudine; gialla gelosia, incertezza. Li avevo imparati per uno dei miei primi regali importanti su suggerimento di una seducente signora. Io sedicenne idealista e brufoloso, lei quindicenne innamorata dell'anima dei muri, la fioraia divertente, divertita e pettoruta.
Ritorno, con i pensieri e lo sguardo, alla donna. Ha una naturale eleganza che l'accompagna come un'aura tra la gente. Non credo sia molto anziana, non più di me di certo. I pantaloni chiari e la camicia rivelano un fisico ben curato. Eppure il suo volto appare stanco, quasi provato. Si ferma. Le dita corrono veloci a cercare qualcosa sullo schermo del telefonino, gli occhi rimbalzano tra quello e la strada. Forse rincorre un appiglio visivo che la porti in qualche luogo, forse attende qualcuno. Improvvisamente la vedo decisa. Il passo non è affrettato, l'andatura sinuosa. Non fa, però, in tempo ad allontanarsi da me, per svoltare alla sua destra, che una bici distratta le va addosso. Una ruota si intrufola tra le sue gambe.
Non succede nulla di grave per fortuna. Il giovane conducente chiede scusa e va subito via. I pantaloni della donna, però, si sono sporcati e a nulla serve cercare di pulirli. Lei reprime con garbo la sua stizza, io mi piego per aiutarla a raccogliere la busta sfuggita nel piccolo incidente. Faccio in tempo a osservare al suo interno, ancora intatto, un piccolo vaso di rose bianche.
La donna mi ringrazia con un sorriso, poi si allontana.
Ripenso al mio strafare da adolescente, avevo scelto rose rosse e bianche: amore indissolubile.
Inizio meccanicamente a cercare di ricordarne i vari significati: rossa è amore, passione; arancio bellezza, desiderio; bianca innocenza, amore puro; rosa amicizia, gratitudine; gialla gelosia, incertezza. Li avevo imparati per uno dei miei primi regali importanti su suggerimento di una seducente signora. Io sedicenne idealista e brufoloso, lei quindicenne innamorata dell'anima dei muri, la fioraia divertente, divertita e pettoruta.
Ritorno, con i pensieri e lo sguardo, alla donna. Ha una naturale eleganza che l'accompagna come un'aura tra la gente. Non credo sia molto anziana, non più di me di certo. I pantaloni chiari e la camicia rivelano un fisico ben curato. Eppure il suo volto appare stanco, quasi provato. Si ferma. Le dita corrono veloci a cercare qualcosa sullo schermo del telefonino, gli occhi rimbalzano tra quello e la strada. Forse rincorre un appiglio visivo che la porti in qualche luogo, forse attende qualcuno. Improvvisamente la vedo decisa. Il passo non è affrettato, l'andatura sinuosa. Non fa, però, in tempo ad allontanarsi da me, per svoltare alla sua destra, che una bici distratta le va addosso. Una ruota si intrufola tra le sue gambe.
Non succede nulla di grave per fortuna. Il giovane conducente chiede scusa e va subito via. I pantaloni della donna, però, si sono sporcati e a nulla serve cercare di pulirli. Lei reprime con garbo la sua stizza, io mi piego per aiutarla a raccogliere la busta sfuggita nel piccolo incidente. Faccio in tempo a osservare al suo interno, ancora intatto, un piccolo vaso di rose bianche.
La donna mi ringrazia con un sorriso, poi si allontana.
Ripenso al mio strafare da adolescente, avevo scelto rose rosse e bianche: amore indissolubile.
venerdì, agosto 30, 2019
nuddu ammiscatu ccu nenti
sugnu terra e scantu
di ventu tra li fogghi
sugnu radice che cerca
e si inturciunia a ligari
sugnu ramu spizzatu
da li me timpeste
iuncu
ca non mori
sugnu ciuri e fruttu
rialu damuri
sugnu furesta
ca si movi e canta
filu d'erva
ca si fa friscalettu
sugnu acqua e aria
ummira e suli
sugnu tempu
di ventu tra li fogghi
sugnu radice che cerca
e si inturciunia a ligari
sugnu ramu spizzatu
da li me timpeste
iuncu
ca non mori
sugnu ciuri e fruttu
rialu damuri
sugnu furesta
ca si movi e canta
filu d'erva
ca si fa friscalettu
sugnu acqua e aria
ummira e suli
sugnu tempu
sabato, agosto 24, 2019
Quis enim modus adsit amori?
Appoi,
quannu ni viremu,
u munnu comu a statu finisci e
u munnu comu sarà non ciavi chiù importanza.
E semu petra ca non si rumpi,
mare di naviganti.
Acqua e suli,
fami ca non passa,
semu luci
no scuru dei scaluni.
quannu ni viremu,
u munnu comu a statu finisci e
u munnu comu sarà non ciavi chiù importanza.
E semu petra ca non si rumpi,
mare di naviganti.
Acqua e suli,
fami ca non passa,
semu luci
no scuru dei scaluni.
venerdì, agosto 23, 2019
Carlotta Leanza
Ancora adesso ca passau letà delle carusidde Carlotta Leanza fa veniri strani idee na testa e dentro li causi. Lei ha fatto sempre finta di niente di questo effetto che un poco non se ne rendeva conto e a chi glielo faceva notare ciarrispunneva solo con un sorriso.
Carlotta ciaveva le idee tannicchia cunfusi. Cioè idda ci capitava spesso di fari una cosa e pinsarini unaltra o di desiderare Puddu e vasari Tollaru. Alli voti capitava che era così sicura di avere fatto una cosa che anche se non era così non ci si arrinisceva a convincerla. Nenti di strano a pinsarici bonu che casi come a questo ce ne saranno a mille e mille però lei ci mitteva do so che pareva proprio sincera quannu era nsemula alla gente e probabilmente lo era anche.
Accussì so maritu era so maritu e loro la coppia di sposi chiù invidiata no paisi e lamici erano tutti sinceri e divertenti che un suo sorriso non si sarebbe detto mai se non di soddisfazione e lamante era lamore vero che locchi sò non putevunu mentiri. Insomma su fussi stata brava a capirlo e a gestirlo questo suo talento Carlotta Leanza avissa vinto di sicuro qualche oscar se non chiossai.
Assira a visti ca era tannicchia mbriaca e questo non era da lei. Insomma prima di tutto locchio della gente che quelli ci mettono poco a cuttigghiari supra di tia e nesciunu fora cose vere e cose non vere che la felicità degli altri fa sempre paura allocchi delle persone. Comunque comu fu e come non fu ni fimmamu tannicchia a parrari. Tantu iu non cuntu ncazzo e per questo la gente con me chiacchiaria senza tanti pinseri.
Vinni fora tutto un mondo senza capu ne cura e iu arringraziai u signuruzzu per avere solo due o tre cose nella testa ma a modo mio sicure.
Insomma alla signora u munnu ci vutau sutta e supra e u maritu spariu e lamici macari e macari la genti ci fici filmi e filmi supra allamanti che era meglio di un film a puntate. Carlotta mischinazza no sapeva chiù cavaffari che non cera abituata a pinsari sti cosi. Idda aveva sempre vissuto nellattimo e ciò ci bastava a se stessa e ciava bastari agli altri. Comu fari quando non era più possibile vivere accussì? Io non ce ne avevo risposte e poi confesso che faticavo a capire quello che era vero e quello che era vero lo stesso ma immaginato. Ascutavo solole sue storie e accalavo la testa e però a picca a picca ciarriniscii a cunuttarla che nmezzu alli so iammi cera ancora meli e zuccuru e nella so ucca tutta la mia felicità.
Carlotta ciaveva le idee tannicchia cunfusi. Cioè idda ci capitava spesso di fari una cosa e pinsarini unaltra o di desiderare Puddu e vasari Tollaru. Alli voti capitava che era così sicura di avere fatto una cosa che anche se non era così non ci si arrinisceva a convincerla. Nenti di strano a pinsarici bonu che casi come a questo ce ne saranno a mille e mille però lei ci mitteva do so che pareva proprio sincera quannu era nsemula alla gente e probabilmente lo era anche.
Accussì so maritu era so maritu e loro la coppia di sposi chiù invidiata no paisi e lamici erano tutti sinceri e divertenti che un suo sorriso non si sarebbe detto mai se non di soddisfazione e lamante era lamore vero che locchi sò non putevunu mentiri. Insomma su fussi stata brava a capirlo e a gestirlo questo suo talento Carlotta Leanza avissa vinto di sicuro qualche oscar se non chiossai.
Assira a visti ca era tannicchia mbriaca e questo non era da lei. Insomma prima di tutto locchio della gente che quelli ci mettono poco a cuttigghiari supra di tia e nesciunu fora cose vere e cose non vere che la felicità degli altri fa sempre paura allocchi delle persone. Comunque comu fu e come non fu ni fimmamu tannicchia a parrari. Tantu iu non cuntu ncazzo e per questo la gente con me chiacchiaria senza tanti pinseri.
Vinni fora tutto un mondo senza capu ne cura e iu arringraziai u signuruzzu per avere solo due o tre cose nella testa ma a modo mio sicure.
Insomma alla signora u munnu ci vutau sutta e supra e u maritu spariu e lamici macari e macari la genti ci fici filmi e filmi supra allamanti che era meglio di un film a puntate. Carlotta mischinazza no sapeva chiù cavaffari che non cera abituata a pinsari sti cosi. Idda aveva sempre vissuto nellattimo e ciò ci bastava a se stessa e ciava bastari agli altri. Comu fari quando non era più possibile vivere accussì? Io non ce ne avevo risposte e poi confesso che faticavo a capire quello che era vero e quello che era vero lo stesso ma immaginato. Ascutavo solole sue storie e accalavo la testa e però a picca a picca ciarriniscii a cunuttarla che nmezzu alli so iammi cera ancora meli e zuccuru e nella so ucca tutta la mia felicità.
mercoledì, agosto 21, 2019
promemoria
bisognerebbe essere cauti
nessuna traccia
che possa ricordare
bisognerebbe essere
cauti
lasciare al vento
ogni vagheggiare
bisognerebbe essere
cauti
dimenticare sempre,
ad ogni istante.
Mai, soprattutto,
sognare
domenica, agosto 18, 2019
Pasquale Scognamiglio
Pasquale Scognamiglio non ci capeva nenti di quelle parole però continuava ad ascoltarle che ci piacevunu tutte le canzoni di quella francisi. Della Piaf.
È che le sentiva nel sangue come se fossero sue e ci tentava anche a cantarle che i risultati però erano che tutti ci arrirevunu na facci.
Pasquale non se ne curava. Che importanza aveva? Quando quella partiva nel disco e cantava “Non, je ne regrette rien” oppure “Mon manège à moi” o qualsiasi altra canzone iddu si emozionava come a un picciriddo e chi non lo conosceva poteva anche pensare che da un momento allaltro avissa accuminciato macari a chianciri mentre urlava parole senza senso.
Pasquale invece chiureva sulu locchi e spariva al mondo e il mondo ci faceva cumpagnia.
È che le sentiva nel sangue come se fossero sue e ci tentava anche a cantarle che i risultati però erano che tutti ci arrirevunu na facci.
Pasquale non se ne curava. Che importanza aveva? Quando quella partiva nel disco e cantava “Non, je ne regrette rien” oppure “Mon manège à moi” o qualsiasi altra canzone iddu si emozionava come a un picciriddo e chi non lo conosceva poteva anche pensare che da un momento allaltro avissa accuminciato macari a chianciri mentre urlava parole senza senso.
Pasquale invece chiureva sulu locchi e spariva al mondo e il mondo ci faceva cumpagnia.
forse
forse bisogna solo abbandonarsi al dolore
lasciare che lentamente
occupi ogni spazio
mentre
mentre
le difese si fanno sempre più deboli
forse
bisogna solo che il muro crolli
per poi riprendere in mano i mattoni
costruire un nuovo muro
illudersi
che la malta resista
che l'amore
tenga
Natalia Cusumano
Siccome che era incinta Natalia Cusumano sera maritata. Ciaveva
quattordici anni e un culu che era una favola. So maritu Nicola
ciaveva il doppio della sua età. Non era stato facile avere tutti i
permessi. E la chiesa e lautorità e macari il giudice si ci era
messo per fermarli. Alla fine però tutto era andato bene e dopo
pochi misi era nato un masculeddu con locchi niuri comu u cavvuni e i
capiddi biondi a bucculiddi.
Era stata felice
Natalia. Certo a so maritu u vireva picca che traseva e nisceva do
carciri a ogni nuova avventura e in compenso però quel picciriddo
gli dava gioia e i soddi non mancavano.
Quannu ammazzanu a
Nicola chianciu tannicchia ma poi sarrizzittau che ora ci toccava a
lei portare u pani a casa. Non ci vosi assai a capiri che fari a
camirera o i pulizii nei palazzi o la commessa non ciavissa bastato
mai per la casa ca savanu accattato e per le spese che cerano e
allora Natalia accuminciau a vinniri a mercanzia chiù pregiata:
vinti a ucca cinquanta u sticchiu e centu u culu. Furono anni pieni
di soddisfazioni che i clienti non finivano mai e idda nonostante
tutto si faceva sempri chiù finicchia e la creatura crisceva come a
un principino. Poi però Natalia si innamorò che lei non laveva
avuto mai questi pensieri na testa. “Acchi servi?” si era sempre
detta. Ora però era diverso che tutto il mondo ci pareva una favola
e iddu u re e loro ‘nturciniati ammenzu e linsola erano due gemme
che brillavano. Un fuoco come non si era mai visto. No sapeva Natalia
ca tutto finisci e non ci importava di saperlo.
Natalia ciavi
quarantanni e un marmuru di latte supra o tabuto. A lettere doro
cianno scritto il nome e le date e ora tutti lo sanno che è stata
una madre esemplare e una sposa fedele. So figghio ci va a trovarla
ogni volta per i morti ma cè un cristiano che ci passa ogni jornu e
ci potta un ciuri e ci discute tannicchia prima di sparire. Lei o
scoru sorride e ringrazia e la sua foto no marmuru si illumina ogni
vota comu fussi primavera.
sabato, agosto 17, 2019
Vito Palmieri
Vito Palmieri ciaveva avuto solo due relazioni nella sua vita una che
era durata na para di misi e una invece il tempo di una sucata.
Vito
però era uno romantico e allora non laveva volute abbandonare a
queste fimmine e se le portava sempre dietro macari che erano sulu spiddi.
Anche oggi sono con
lui che gli altri non le possono vedere ma lui lo sa che ci sono e li
chiama per nome: “Saretta! Cuncetta! Cinnaviti fami? Na facemu na
bella granita ca brioscia?”
Quelle due
ciarrispunnu na testa che Saretta fa sempri a sturiusa e accumencia
che non vuole ingrassare che non ce lhanno quella che piace a lei che
insomma ci piacissi chiossai un iris ca ciucculatta oppure una
raviola bella caura. Cuncetta invece accala a testa e dice sempre di
sì che tanto lo sa comu su i masculi che alla fine vincono sempre loro e poi lei
mancu mangia ca è morta.
Vito ciabbia una
pisciata no cessu poi si lava a facci a sciacquariarisi tutto e si vesti. Ancora na ucca ciavi u
ciaura della cipollata della sera prima ma a lui non ci runa fastidio
e questo basta.
“Salutamu! Chiffà
ti ittanu do lettu stamatina?”
“Mi vinni
tannicchia di spiticchiu”
Alfio è abbiato
sempre davanti al portone. E’ quello che fa il turno più lungo a
spacciare, ma ciavi famigghia e allora nuddu ci rici cosa per questi straordinari.
Generalmente fa il turno della giornata dalle sette alle tre e però
acchiana a casa che sono quasi sempre le sette di sera. A Vito lui ci
è affezionato che quello una volta si fici sentiri beddu forti con
una para di carusazzi di paisi che ci davano fastidio. I purtanu
tutti tagghiati al pronto soccorso “ Fu una vetrata, na vistumu.
Ciù giuro” ci rissunu alla guardia e nel quartiere non si ficiru
chù viriri.
“Chiffai a voi una
cannetta per stimolare meglio?”
Vito non se le fa
dire due volte queste cose che è sempre pronto. Pigghia u ciuri e in un secondo sarrolla una canna che è un capolavoro. Poi la offre a
Alfio.
“No no aia
travagghiari. Non cinnè chiù tempo per queste cose." ci risponde quello.
Vito arriri e saluta
e sincammina verso il bar che questa pare proprio una giornata
giusta.
mercoledì, agosto 14, 2019
contare fino a uno
Quando ancora la luce
stenta
a illuminare la stanza
per quanto io strizzi gli occhi
a cercarti
tra le pieghe delle lenzuola
tra le mie braccia
per quanto
indaghi
chiedendo gentile
alle irriconoscibili ombre
per quanto fugga
per quanto
mi nasconda
tra i desideri e il cazzo, manchi.
giovedì, agosto 08, 2019
Pulici
A criatura ancora piccia,
non cia finisci chiù
di lastimiari.
So matri continua,
paziente, a cucinari.
Ciattaccau u
sparatrappu ne iammi
e sinni iu quasi
senza chiù taliari.
A bicichetta è
ancora nterra no cuttigghiu
vicinu o palluni
scoppio,
a paletta do mari.
ci rici. Idda
u talia stortu
ca non cinnavi
vogghia di babbiari.
Dura un attimo,
nsecunnu.
Quannu di novu
arrirurunu nsemula
sbrizzia
u munnu in festa. È
ora di jucari.
mercoledì, agosto 07, 2019
[Diario parmigiano] 6
Due serate passate fuori, ché a volte bisogna uscire per quanto sia
comodo rifugiarsi in un buon libro, una piccola cena, un bicchiere di
vino.
Nonostante il caldo,
non è poi moltissima la gente in strada. In centro una coppia
francese fotografa i luoghi un po’ a caso e si rincorre divertita
tra vie quasi deserte. Avranno poco meno di trentanni.
Lei è molto carina
e desiderabile nel suo vestitino leggero che la fascia con
precisione. I colori dell’abito sono delicati ma non spenti, i
capelli ribelli le coprono spesso il viso e lei li ricaccia indietro
un po’ sbuffando, un po’ ridendo. Ha questo piccolo vezzo di
portarsi spesso le mani in testa ad acciuffare quelle giovani onde e
per un attimo farne un piccolo fiume di luce prima di lasciarle di
nuovo andare.
Lui è indubbiamente
di origini indocinesi. A tratti ha un fare serioso.
Parlano ora e i loro
occhi non vedono che l’altro, poi riprendono a camminare.
L’uomo sembra
volersi un po’ atteggiare a interessato turista, quasi a nascondere
il suo star bene. Si lascia andare a un sorriso pieno, innamorato,
solo quando si accorge che lei lo sta filmando da qualche minuto
mentre lui continuava a camminare distratto e stupito col naso
all'insù.
Due serate, due
concerti, o meglio un quasi concerto e una commemorazione, o ancora
di più un piccolo viaggio discorsivo-musicale sul sud degli Stati
Uniti (il Delta blues, le armi, i due milioni di “schiavi” morti
nella traversata atlantica) e il ricordo, sbiadito nella calca della
serata, di centomila vittime a Hiroshima per mano della stessa
nazione. “In God We Trust”
martedì, agosto 06, 2019
Figli
Nesciunu i fogghi a pampina.
Crisciunu e
savviluppano a chiddu cattrovanu
con fiducia.
Cangiano
sutta o suli e
all’acqua.
Qualcosa diventa
lignu, oro, ametista. Qualcosa
resiste; autru casca
o primu ciatu di
ventu.
Ancora, però, no cielu sulu sbrizzia.
Iddi, e me occhi, su
pronti,
già chini di
culuri, d’anima dei santi.
Di chistu sugnu
cuntentu.
lunedì, agosto 05, 2019
[Diario parmigiano] 5
Ho tagliato le foto del basilico per aromatizzare l’olio e le nuove
piante, che ho messo alla finestra, lentamente stanno provando ad
arrampicarsi su per la leggera grata che mi separa dal mondo. Ho
anche fatto colazione al bar stamani, scambiando parole di viaggio
con la proprietaria, e, appena entrato, il tabaccaio mi ha porto le
sigarette senza chiedermi cosa volessi.
Ecco forse è in
questo leggero scorrere delle cose, nel formarsi di piccole
abitudini, nella ripetizione che rimane sempre nuova il senso.
Tornando verso casa mi sono accorto, a poche decine dal portone, di
un altarino posto tra due palazzi. È parecchio alto rispetto al
piano stradale, forse è per questo che mi era fin a ora sfuggito. È
stato ritinteggiato, cosi come le mura delle case che lo inglobano,
ed è più grande di quelli che solitamente osservo a Catania. È
pulitissimo e vuoto, quasi fosse il ricordo del sacro incastonato nel
reale o solo un reale che del sacro possiede, nascosta ai distratti,
la struttura, il fiato.
Credo sia ora di
prepararmi un nuovo caffè.
venerdì, agosto 02, 2019
[Diario parmigiano] 4
Arriva Agosto e, improvvisamente, a ogni angolo di strada trovo dei
lavori in corso. Si asfalta, si buca, si sistema il pavé... credo
che mi innervosirei parecchio se dovessi attraversare la città in
auto, ma non è il mio caso. Continuo a gironzolare quasi senza meta
a piedi. Parma alla fin fine è un paesotto un po’ cresciuto
nonostante la grandeur di una città ancora orfana di Maria Luigia.
Qui si arriva senza difficoltà da est a ovest, da nord a sud e, per
fortuna e civica oculatezza, quasi sempre in sicurezza.
I numerosi parchi
che capita di attraversare hanno pubblico e abitanti diversi. Non so
se tutto corrisponda a una dislocazione abitativa sedimentatasi per
nazionalità o solo l’affermarsi di una lenta tradizione, ma si
incontra il luogo popolato da filippini intenti a consumare pasti
collettivi, come quello in cui vedi conversare tra loro quasi
esclusivamente donne dell’est o quell'altro in cui torme di
ragazzi di colore giocano a pallone. Io approfitto della quiete
estiva per camminare con calma, per chiedermi, senza nessuna speranza
di risposta, che albero o fiore sia quello che attira la mia
attenzione.
In realtà però non
mi limito a questo, confesso che mi piace anche molto osservare le persone. Inventare vite e situazioni attorno alla gente che incontro.
Fantasticare senza ferire, senza paura di poter sbagliare. Credo che
in parte siano gli stessi meccanismi che attivo quando vengo preso
dalle pagine di un libro o forse è solo il riaffiorare del fanciullo
che si annoiava da solo in casa.
martedì, luglio 30, 2019
[Diario parmigiano] 3
I lavori proseguono veloci. I muratori hanno tutti accenti del sud
Italia e si scambiano battute tra loro credendo, a torto, di non
essere capiti. Sono parole salaci, sfottò divertiti.
All'ora di pausa
arrivano pizze e birre. A portarle un ragazzo di colore, con la sua
bici d’ordinanza. Nonostante il caldo non è affatto sudato.
Consegna e scappa via, veloce. Non ho capito se avesse, con sé, altro da
distribuire.
Qualcuno dei
manovali rimane all'interno delle abitazioni in ristrutturazione,
qualcun altro ne approfitta per spostarsi nella vicina piazza
all'ombra striminzita di bassi palazzi, uno sceglie la piazzetta
più isolata e assolata, quella accanto casa mia.
Lo sento parlare.
Lui, immagino, seduto sulle lunghe panchine scrostate, io chino a
scrivere accanto alla finestra.
Per qualche strano
gioco di rimbalzi qui arrivano le voci delle persone che attraversano
i dintorni, ma non i segnali delle compagnie telefoniche. Niente 2G,
3G, 4G... niente squilli inopportuni. Sarà un vendicarsi delle antiche
mura o uno scherzo acustico dei vecchi costruttori.
L’uomo parla con
la famiglia, mi pare. Racconta la giornata, quello che ha fatto,
quello che gli rimane da fare. Credo siano le stesse parole di
chiunque abbia dovuto abbandonare i propri affetti per poter
lavorare. Quando finisce io sono già uscito per andare a prendere un
caffè al bar. Lo vedo addentare con gusto un panino farcito con del
crudo dal buon colore. Magari parlerà anche di questo quando tornerà
a casa.
domenica, luglio 28, 2019
Azzappa all’acqua e simina o ventu
L’amuri non è futtiri.
Non su i linzola vagnati di desiderio, i matirassi di
cangiari.
Non è
accalari a testa.
Diri sempri sì senza mai abbaiari.
Non su i
figghi.
Chiddu è u cori ca sarrinesci a tagghiari.
Non è
mutismo.
Che c'è silenzio e silenzio, l'arririri e u mazziari.
Non è scanto darristari suli.
Ca bastunu i cani e i iatti, l’amanti da
addivari.
L’amuri è poesia
di farisi disidirari, di disidirari.
E' comu i
vecchi na putia, menzu littru e sempri pronti a babbiari.
L’amuri è 'mparari, 'nsignari a dari.
Arristari diversi e incastrati: sali e acqua, pisci e mari.
L’amuri è u
tempu, ca non si scanta di passari.
[Diario parmigiano] 2
Oggi è domenica. Piove.
La vecchia continua a urlare contro i suoi
invisibili nemici e io non so bene se decidermi a pulire un po’
casa.
Oggi non è passata la coppia che fa compagnia alle mie colazioni. Forse la pioggia o i locali chiusi.
Lui strascina un po’ i piedi, fatica a muoversi, ma dal tono,
seppur stanco, della voce credo fosse un uomo abituato a comandare, a
imporsi. È curatissimo nelle sue giacche di buona fattura, nel volto
rinsecchito appena sbarbato.
Lei è una trottolina canuta, zampetta
tra lunghe gonne svolazzanti e sorrisi che sembrano non potersi
spegnere. Lo rincuora quando gli è a fianco. Lo precede spesso, ma
poi si volta a controllare e allora lo attende paziente. E però
anche in quegli attimi non sta ferma, parla, gli chiede dolcemente,
ogni mattina, cosa desideri al bar, gli ricorda le cose ancora da
fare, i luoghi da raggiungere e ripete tutto più volte quasi a voler
essere sicura di aver capito bene, di non sbagliare. Non credo che
questo le serva veramente, credo, piuttosto, che lo faccia per lui.
Durante il breve
tratto in cui mi è possibile osservarli vedo questo loro costante
andamento a elastico. Due anime abituate ad attrarsi e respingersi.
Due tortore, forse.
A volte mi è
capitato di vedere il loro sguardo, anche. E me ne sono innamorato.
sabato, luglio 27, 2019
[Diario parmigiano] 1
“L'amore ti rimane appiccicato addosso come fosse chewing gum sulla
punta delle scarpe e diventa inutile che tu ti dia pena a sfregare
che tanto qualcosa resta sempre, anche solo la macchia sulla pelle”
Era la quarta volta
che il vecchio mi ripeteva questa frase e io non facevo altro che
sorridere e muovere il capo ad acconsentire. Cosa altro potevo fare?
L'uomo mi raccontava
la sua vita e, in quel momento, io ero lì per lui; del resto sono
stato sempre un buon ascoltatore.
Forse è proprio
vero che la gente si divide tra chi parla e chi ascolta e poi tra chi
parla sbraitando e chi lo fa con calma e tra chi ascolta con
attenzione e chi, invece, con sufficienza e ancora tra chi sbraita
c’è chi lo fa per paura o per stupidità mentre tra quelli che
parlano con calma di sicuro c'è chi lo fa pesando bene le parole,
ponderandole, e chi invece esercita solo una professione e, ancora,
tra chi ascolta con attenzione c'è il buono di cuore e chi, per
interesse, ha imparato a fingere così come tra chi lo fa con
sufficienza emergono l'uomo cortese e lo stupido. Insomma potremmo
giocare e fare un po’ di ordine a questo mondo, trovare le giuste
intersezioni. Consegnare, ad esempio, l'urlatore stupido al suo
stolto pubblico o il pauroso all'interessato, ma sono così tante le
variabili e i sottogruppi di queste poche voci che solo a immaginare
mi passa la voglia. Allora rimango qui ad ascoltare il vecchio e a
sorseggiare il mio pinot grigio.
Quando ritorno al
mio borgo mi aspettano i pianti continui del bimbo dei vicini di casa
e le urla serali della pazza in fondo alla via. Confesso che mi
stanno entrambi simpatici.
Il primo per come
viene rincuorato dai genitori, la seconda per quel suo urlare frasi
sconnesse in perfetto italiano. Stasera, mentre sto per aprire il
portone, mi sorprende con un “bricconcello” che mi ricorda
l'infanzia. “Prendila nel culo” aggiunge.
Come non essergliene
grato?
A iatta
Appena avi vogghia di iucari
a iatta
sattisa tutta e sallicca,
salliscia,
si intrufulia ammenzu a li iammi comu
fussi un desiderio,
na vogghia
ca ti veni a truvari.
Iu fazzu finta di nenti
che a darle attenzione poi
non ta scuddurii chiù,
su idda non voli.
Continuo a scrivere e a santificari.
Ad ammuttari u tempo, l'anni.
Continuo.
a iatta
sattisa tutta e sallicca,
salliscia,
si intrufulia ammenzu a li iammi comu
fussi un desiderio,
na vogghia
ca ti veni a truvari.
Iu fazzu finta di nenti
che a darle attenzione poi
non ta scuddurii chiù,
su idda non voli.
Continuo a scrivere e a santificari.
Ad ammuttari u tempo, l'anni.
Continuo.
mercoledì, febbraio 06, 2019
scoperte
E forse ci siamo solo accorti
d'essere di pugni chiusi
fatti
e canzoni brille,
di parmigiano a neve
su pasti improvvisati,
di piccole regole
a tavola e
vecchi reali inglesi
nei rotocalchi,
fotoromanzi, insomma,
in amorosa menzogna.
d'essere di pugni chiusi
fatti
e canzoni brille,
di parmigiano a neve
su pasti improvvisati,
di piccole regole
a tavola e
vecchi reali inglesi
nei rotocalchi,
fotoromanzi, insomma,
in amorosa menzogna.
mercoledì, gennaio 30, 2019
murrine
Se nel silenzio dei discorsi
avessimo veramente compreso
saremmo ancora luce
così come siamo
soffio di vetro
su ombre distanti
eternamente
superbamente fragili
avessimo veramente compreso
saremmo ancora luce
così come siamo
soffio di vetro
su ombre distanti
eternamente
superbamente fragili
martedì, gennaio 15, 2019
Tensione superficiale e forma
Anche questo amore lentamente evapora
e tu
il soffio perduto di un iridescente ricordo
e tu
il soffio perduto di un iridescente ricordo
Iscriviti a:
Post (Atom)