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31/12/07

30/12/07

Si festeggi

Antonio Schiavone 36 anni
Roberto Scola 23 anni
Angelo Laurino 43 anni
Bruno Santino 26 anni
Rocco Marzo 54 anni
Rosario Rodinò 26 anni
Giuseppe Demasi 26 anni

L'operaio diventa tanto più povero quanto più produce ricchezza [...]
L'operaio diventa una merce tanto più a buon mercato quanto più crea delle merci.[...]
Il lavoro resta esterno all'operaio [...]
Il lavoro non è quindi la soddisfazione di un bisogno, bensì è soltanto un mezzo per soddisfare dei bisogni esterni a esso. La sua estraneità risalta nel fatto che, appena cessa di esistere una costrizione fisica o d'altro genere, il lavoro è fuggito come una peste. [...]
Il risultato è che l'uomo (il lavoratore) si sente libero ormai soltanto nelle sue funzioni bestiali, nel mangiare, nel bere e nel generare, tutt'al più nell'aver una casa, nella sua cura corporale, ecc., e che nelle sue funzioni umane si sente solo più una bestia. Il bestiale diventa l'umano e l'umano il bestiale.
Il mangiare, il bere, il generare, ecc., sono in effetti anche schiette funzioni umane, ma sono bestiali nell'astrazione che le separa dal restante cerchio dell'umana attività e ne fa degli scopi ultimi e unici. [...]
Se il prodotto del lavoro non appartiene all’operaio, e un potere estraneo gli sta di fronte, ciò è possibile soltanto per il fatto che esso appartiene ad un altro estraneo all’operaio. Se la sua attività è per lui un tormento, deve essere per un altro un godimento, deve essere la gioia della vita altrui. Non già gli dèi, non la natura, ma soltanto l’uomo stesso può essere questo potere estraneo al di sopra dell’uomo.

K. Marx, Manoscritti economico-filosofici

28/12/07

[Didascalie] Hans Holbein il Giovane


La Vergine e il
bambino con la famiglia del borgomastro Meyer (1528)

Basilea, n.i.
(fonte immagine: webmuseum)

Nel ritratto del più giovane dei figli (non più putto o angelo, come in molte delle simili rappresentazioni familiari che all'epoca iniziavano a diffondersi in Europa, bensì reale e quasi scenicamente "estraneo" protagonista) possiamo scorgere il sotterraneo avanzare, nella mentalità borghese, di una nuova visione del mondo, del gestaltico delinearsi dell'infanzia come entità altra.
Le età della vita, le divisioni per genere, la stessa fede assumono, allora, nuovi significati, si "riempiono" di nuovi valori.

Tapallara - 18 -

Da quando era fuori Catania Carmela vedeva a suo padre quasi tutti i mesi che lui saliva a trovarla con laereo e ogni vota ci dava una busta e un vasuni.
Lei lo salutava felice. Ci diceva che tutto andava bene e ci faceva vedere i risultati delluniversità. Se cera qualche esame che era riuscito meglio nella busta arrivata a casa trovava sempre più soddi ma Carmela non laveva mai voluto capire come ciarrinisceva suo padre a saperlo di questi successi prima di incontrarla.
Ogni tanto era anche cominciato a capitare che vedeva la faccia di Vincenzo in quacche giornale ma dopo le prime volte che aveva pianto per quello che aveva letto sera abituata anche a questa cosa. Non ci faceva più caso e manco ci voleva pensare a quelle notizie. Tanto era sicura che lì nessuno lo sapeva come faceva veramente di cognome e poi sera convinta da quello che gli altri dicevano sulle cose della Sicilia che non lavrebbero mai capito veramente quello che succedeva dassutta. Per la prima volta insomma il fatto di essere una Alimanni qualsiasi lei lo considerò come una cosa buona per la sua vita e importante macari.
A suo padre ciaveva raccontato quasi subito di Palmiro e poi anche di come lui sera ammalato e della niputedda macari che stava arrivando. Tanto lo sapeva che ancora non si parlavano con la mamma e poteva stare tranquilla per questo.
Vincenzo non aveva detto nemmeno pio per questi fatti. Nella sua testa aveva pensato che di sicuro era colpa di quacche vena di pazzia di Ninuzza che era andata a finire dentro a sua figghia.
Però non ci andava di fare storie con la sua picciridda.
Accussì nonostante tutto ciaveva aumentato lo stesso i soddi che ci dava anche se lei non celaveva chiesto e sera messo anche ammucciuni di Carmela a fare domande e a proporre soluzioni allamici suoi per un concorso nuovo che dovevano organizzare. Non importava dove. Al comune. Alla provincia. Alla reggione. Nazionale. Limportante era che poi chi vinceva arrivava a Catania con un posto sicuro e di prestigio. Tutti serano messi a disposizione che lavevano capito che per Vincenzo era una cosa personale e non ci tenevano a farselo nemico.

Era stato subito dopo il funerale di Palmiro. Carmela non cela faceva più a non dirci niente a sua madre anche pecchè Ninuzza da tempo sembrava che senera accorta che qualcosa era più come apprima e ogni volta ci scriveva lettere piene di punti interrogativi. Lei si sentiva in colpa per non avercene parlato subito. E poi mettendo munzignarie sopra a munzignarie ogni vota diventava più difficile raccontarle tutto quello che era successo.
Quella volta ci spedì insieme alla lettera anche un disco. Nella copertina ciaveva fatto due cerchietti rossi attorno a due faccie sfocate che ballavano in mezzo allaltra gente. Però non laveva scritto che quelle facce erano del suo uomo che era morto e la sua. Voleva fare una specie di sorpresa e nel suo cuore voleva soprattutto dirici la verità e avere tannicchia di cunottu.
Accussì ci restò male quando sua madre al telefono invece che di questo ciaveva chiesto se era diventata comunista. Lei il disco selera ascoltato tutto e tante volte anche e alla fine aveva sentito che cera quasi la stessa canzone che nisceva dagli altoparlanti quando al tempo dellelezioni passava la macchina per il comizio di Berlinguere.
Però a sua figghia invece non laveva riconosciuta che Palmiro invece nemmeno sapeva chi era. Pensava a due scarabocchi fatti a caso sopra alle fotografie. E poi anche il resto di quella musica non è che laveva capita assai. Cera sembrata tannicchia confusionaria. E le parole anche. Solo una cosa si ricordava bene "Giocare col mondo facendolo a pezzi". Che voleva dire? Ninuzza ciaveva chiesto a Carmela di spiegarcele queste parole e anche quella A dentro il cerchio che aveva visto nella copertina. Ma Carmela anche quella volta aveva fatto finta di dimenticarle tutte le domande della mamma e nella lettera che ci scrisse dopo cangiau discorso.

25/12/07

Natale

Si festeggiava e io ero ancora un carusazzo ca nisceva con lamici e se capitava non lo rifiutava quacche bicchiere di zibibbo di quello buono. Fu accussì che mi capitò questa avventura e anche se i ricordi sono tannicchia confusi quaccosa ancora arristau in questa testa.

"Talia!"
"A cui?"
"Là. No viri vicinu o cassunettu?"
"Aspetta... Sì. E' vero!"
"Ma è vivo!"
"E certo! Su si movi morto non può essere"
"Pigghiamulu"
"E unni u puttamu?"
"Pigghiamulu!"
"E su ci veni fami?"
"Su ci veni a fami ci putemu accattari du belli masculini"
"Cetto. E tu ci metti macari il peperoncino! Si proprio scemo!"
"Ma pecchè? Che ho detto?"
"Ah... ma sicunnu tia a un picciriddo unu ci runa i masculini?"
"Su boni"
"Pittia forse. Latte! Ci vuole latte!"
"E unni u pigghiamo u latti cà a piscaria?"
"No sacciu! Aspetta. Tenilu. Cerco a Puddu. Macari a stura già tunnau a casa."
"Se... iu non ciafazzo a tenerlo."
"Ma su dommi!"
"E se scappa?"
"Si propriu scemu!"
"Senti..."
"Dimmi..."
"E se lo rimettiamo dove labbiamo trovato?"
"Cetto. Accussì su mangianu i cani."
"Ma è Natale"
"Picchì a natale i cani noncinnannu fami?"
"Senti..."
"Dimmi..."
"Ciò unidea..."
"Mummaginu..."
"Sopra a dove labbiamo trovato cera una luce accesa. Se lo lasciamo dietro la porta di quella famigghia?"
"Sarà chi viristi!"
"Iu a visti a luci!"
"Tu si scemu! Tu rissi!"
"Aspetta. Mettiamolo un secondo cà. Supra al muretto. E poi cerchiamo a Puddu."
"Va bene! Tanto è qua vicino. Però facemu presto!"

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"Ma unni finiu?"
"Tu rissi ca cerano i cani!"
"E stu latti? Chinnifacemu?"
"Nu vivemu no?"
"Bonu! E bellu friscu... quasiquasi è megghiu del vino!"
"Se... Amuninni va..."
"Va bene. Va bene. Aspetta!"

Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

23/12/07

21/12/07

La signora Agnello

Appena vedevo la sua faccia pensavo ad un piatto di sarde a baccafico.
Non lo so spiegare bene il motivo. Forse pecchè ogni giorno dal suo balcone nisceva un ciauro di frittura che tutti appena lo sentivano trasevano di corsa le mutande stese al sole oppure pecchè aveva una faccia accussì chiatta che pareva che ciavevano tagliato la nasca.
Fatto sta che la signora Agnello cucinava sempre pisci.
Suo marito era morto tanti anni fa e la provvidenza non ci aveva arrialato nemmeno un figghiu. Però non mi pareva sciupata. Anzi ultimamente ogni volta che la vedevo mi sembrava sempre più giovane.
Lei scinneva ogni giorno presto la matina tutta allicchitiata e si fermava allangolo per aspettare lautobussu che arrivava alla pescheria. Quando tornava da questi sivvizza ciaveva sempre qualche cosa per i gatti che laspettavano alla fermata e una rosa per lei che se la teneva sopra la tavola della cucina.
La signora Anastasi una volta mi disse che laveva vista entrare nella casa di una fattucchiera ma io lo sapevo che non ce nè magie per queste cose.
Ieri poi cominciai a capire tannicchia.
Vinni un camion che si portò tutti i suoi mobili. Lei diriggeva tutti loperai e ogni tanto arrireva a un carusiddu che che se ne stava fermo senza fare niente.
Era così bello che pareva una statua di mammuru e forse per questo la signora Agnello ogni tanto quando ci sembrava che nessuno la taliava ciallisciava i causi.
Per vedere se era vivo.

20/12/07

Il nulla


Quest'alba negata
al sole che avanza su crine di mare
ai brandelli di sogni celati
sfuggiti
agli anfratti di bisogni e illusioni
cattura.
Null'altro che nulla qui sulle mani.
Repente l'odio che sale.
Poi di nuovo brandeggia la notte
m'inghiotte
scompare.

23 Dicembre 1999


Fonte immagine : Adolfo Gutiérrez

19/12/07

17/12/07

Tapallara - 17 -

Da qualche tempo cera quaccuno che aveva accuminciato a scassarici la minchia.
Non è che Vincenzo era uno facile a scantarisi. No. Questo no. Però ci dava fastidio questa cosa lo stesso.
Allinizio quando ancora non senera accorto celaveva confidato un suo amico giudice che dentro alla polizia cera chi sera fissato con lui. E in effetti dopo quella discussione Vincenzo accuminciau a giurare che quaccuno lo seguiva quando nisceva da casa sua. Era strana questa impressione.
Per non fare la parte del fissa ammuccalapuni lui ci vosi spiari anche agli altri amici che ciaveva al tribunale se era solo una fisima sua oppure no. Un poco però ciarristau lo stesso sorpreso quando loro ci rissuno che era vero. Che cera gente uno in particolare che voleva sapere cose sopra a iddu e faceva domande a tutti.
I primi tempi comunque si fice due risate lo stesso per questa impertinenza.
"Su proprio pacchiuttazzi se pensano che li porto da qualche parte" pensò e nello stesso momento promise a se stesso di non metterci più testa. Però non riuscì a dimenticarla completamente questa cosa anche pecchè la rottura di coglioni continuò per un bel pezzo e qualche notizia addirittura arrivò supra alla carta do pisci. Ai giornalisti insomma.
Di questi però non cera di che scantarisi. Erano tutti amici suoi e fidati anche. Quaccuno di loro doveva a lui quel lavoro e non se lo poteva dimenticare. Per non parlare poi del padrone dellunico giornale della città. Mischino. Ancora lo ringraziava e se lo ricordava bene quello di quanto Vincenzo ciaveva fatto avere i soddi giusti per alcuni debiti di gioco che si era fatto e che doveva a certe persone tannicchia incazzuse.
Non tutti quelli che scrivevano però si vutavunu a taliari il panorama. Un pugno di carusazzi comunisti serano messi a fare caciara in quellultimi tempi. Sopra alle pagine che stampavano cerano nomi e cognomi. E cosi inventate che parevano vere. E cose vere che parevano inventate.
Di sicuro qualche scemenza su di lui ce laveva passata quello sbirro. Quel pezzo di merda.
Per fare sgrusciu e vedere cosa succedeva. Per questo ora Vincenzo doveva stare più attento. Non poteva più parrari tranquillamente al telefono o ricevere a so casa chi cazzu vuleva. Nemmeno quando sinnieva a buttane ci davano pace quei motti di fame. Lui li vedeva che trasevano nella stessa vanedda e così sammusciava anche la vogghia.
"U carvuni se non tinge mascaria". A questo pensava Vincenzo e la cosa più preoccupante era che nello stesso momento che allocchi e allorecchie della gente arrivava la notizia che quaccuno poteva toccarlo aumentava il rischio che chi ci doveva favori incominciasse a scantarisi oppure provasse a fare il masculo.

"Pronto"
"Pronto... sono io..."
"Lo sai che ti chiamiamo noi. Soprattutto ora"
"Il telefono non è mio e funziona bene... e macari iu stassi bonu senza tutti sti muschitti vicino alla mia faccia"
"... uhm... e allora perché non te ne liberi?"
"Già. E' che non mi vulissi rari manati na facci"
"Vabbene và. Facciamo così. Dicci a Tano di passare a ritirare la bomboletta sprai che così ti viene un lavoro pulito"
"Cu stu cauru è quello che ci vuole..."
"Ti saluto"
"A presto"

Era una sira frisca per essere già luglio. Il poliziotto si stava ritirando a piedi alla centrale. Quello era lultimo giorno prima delle ferie e lui aveva già prenotato il posto al campeggio. Lo stesso dove andava ogni anno. Quello con la piscina e le rocce e la sala da ballo.
Ci sarebbe piaciuto cambiare per una volta. Partire. Magari da solo o ancora meglio con Ninuzza. Già. Era proprio bedda a mugghieri di Don Vincenzo. E duci macari. E anche se non era servito a niente starici dietro lui dopo un po' sera voluto inventare una scusa in ufficio per continuare a vederla. Ciaveva detto al giudice che forse cera la possibilità che lei collaborasse alle indagini e
quello ciaveva dato lo stabbene. Ci pensava spesso addà fimmina. Se non fosse stato che era in servizio... se si fossero incontrati solo per caso.
Il direttore del campeggio al telefono ciaveva ripetuto più di una volta che questanno cerano centomilalire chiossai da pagare pecchè era arrivata una nuova tassa. Ma lui aveva preso lo stesso il posto per la rulotte che allora chi li sentiva a sò mugghieri e ai suoi figghi. Dio cinni scansi e liberi. Appena arrivato pigghiau le chiavi per aprire il portone di casa.
"Voddiri che qualche sera rinunciamo alla pizza" pensò e mentre pensava a questa cosa nello stesso momento sarrustiu.

15/12/07

[Didascalie] Odilon Redon


Ritratto del figlio Ari (1897)
Chicago, Art Institute

Il ritratto eseguito da Redon sembra recuperare tutta la tematica della purezza dell'infanzia.
I magnifici colori della Natura, dea vivente, che avvolgono il fanciullo, pongono ancor più in risalto il di lui viso e nel totale distacco di questo volto, apparentemente chiuso alla stessa forza indagatrice del padre\pittore, possiamo rintracciare la sostanza dei miti; gli stessi che Redon, nelle loro forme più classiche, cercherà nella sua produzione successiva.
C'è in quest'opera un’armonia, fra il mondo sensibile ed il mondo spirituale, che per assonanza espressiva potrebbe essere accostabile a quella scritta del fanciullino pascoliano.
Facilmente allora potremmo intessere un gioco di rimandi, a volte palesi altre celati, tra tardo romanticismo e cattolicesimo, tra simbolismo e decadentismo, su cui far emergere una rappresentazione dell'infanzia debitrice di antichi temi ed immagini.

13/12/07

Tapallara - 16 -

La prima vota che era entrata al liceo a Carmela ci passi di fare festa e di essere libbera e ranni finalmente. Ma poi quei cinque anni furono come se non volessero scurare mai. Anche se si era divertita. Anche se aveva imparato tante cose e baciato e ballato anche.
Il fatto è che la sua testa era a pattiri. Per lunivessità. E già ne aveva parlato con i genitori di questa cosa che loro le avevano detto di sì. "Però sturia prima!" avevano aggiunto tuttedue che sembrava quasi che serano parlati o messi daccordo addirittura.
Lei celaveva messa tutta la volontà in questa cosa e i risultati per fottuna erano arrivati. Così tutta contenta la signorina sera potuta preparare le valigie.
Non laveva più scelta medicina però. Oramai tutte le bambole erano sfasciate e lei era diventata grande. Pissicologgia aveva scelto. Che pensava che le teste forse ancora quelle quacchecosa si poteva fare.

Ora da quando era arrivata nella sua nuova città ogni giorno continuava a scriverci a Ninuzza piccuntarici tutto come quando era nica. E soprattutto allinizio di cose che non conosceva e scopriva cenerano tante in quel posto cheppoi invece nelle cose niche tutti i posti sono uguali. Lei scriveva e sua madre nella lettera dopo o quando ci acchianava la curiosità spiava di altri particolari o ci diceva la sua anche e qualche vota loro due la pensavano nello stesso modo e qualche altra invece era come se parravano di cose diverse.
Certo ora Carmela non era più precisa come apprima. Non è che lei ci diceva tuttu tuttu. Quaccosa per forza scappava. Per esempio lo sapeva che Ninuzza lavrebbe inchiuta di raccomandazioni e sarebbe arrivata a chiederle di tornare a casa se ciavesse scritto che ora abitava insieme con un uomo.

Palmiro si chiamava il masculo di Carmela.
Il padre di lui era stato a tempo di guerra in mezzo ai russi e ancora lo ripeteva a tutti di quello che aveva visto e del comunismo e dei pattiggiani e degli italiani che erano stati traditi dallamericani e dalla chiesa. E non si stava muto neanche mentre accompagnava il figghio al cimitero. E parlando non ce la finiva di chiamarlo come se fosse ancora vivo. So figghiu. Lunico che ciaveva e che era morto di un mali tintu mentre lui vecchio ancora campava.

Carmela e Palmiro serano incontrati che era mattina e già cera la facoltà china di studenti che facevano festa. Però lui era arrivato solo pecchè la fabbrica era chiusa per la manifestazione e lì celavevano portato i suoi amici.
Palmiro travagghiava. Noncinnaveva tempo per fare la rivoluzione per tutti. Già ciaveva provato suo padre in questo gioco. A lui ci bastava la sua di liberazione anche se non lo sapeva ancora cosa sarebbe stata. E così per ora ogni giorno pigghiava con il muletto i bidoni di cento litri dalla fabbrica che laveva assunto e poi li caricava sopra il camion che ciavevano dato. Quando il camion era bello chino li portava in un deposito in mezzo alle campagne. Vicino al ciume. Due. Tre viaggi per ogni turno. Anche di notte se era necessario che cera stato tanto lavoro. Un suo amico della fabbrica ciaveva detto che era pericoloso lasciare allaperto quella munnizza ma a lui noncinnera mai fottuto assai di sapere pecchè e la stissa persona comunque ciaveva anche fatto sapere che per lui noncinneruno rischi. Bastava fare attenzione.
Palmiro era contento di quel travagghio. La paga era buona e lui in fondo non era costretto come agli altri a restare chiuso tutta la giornata dentro lo stabilimento per fare passare la vita.

Era stata lei che sera avvicinata. Lo taliava da un pezzo. Non laveva mai visto in quel posto e quel ragazzo ciaveva la faccia simpatica.
In effetti non si sbagghiava la carusa. Palmiro era veramente uno che pareva appena uscito mezzo imbriaco e felice dalla putia e così mentre lui per farsi bello babbiava lei aveva cominciato a ridere e non si era più fermata.
Laveva invitato quella sera stessa in un locale vicino alla facoltà per continuare la discussione ma quando dopo lui laveva seguita fino a sotto casa Carmela non ciaveva resistito a dirci di no e laveva fatto salire. Da quel giorno lei non ciaveva proprio più pensato a cacciarlo fuori e neanche lui del resto aveva trovato motivi buoni per andarsene da quel posto.

"Fatti baciare". Palmiro chiuse locchi. Non poteva dire di no. Era quacche giorno però che si sentiva sempre stanco. Ancora non ciaveva telefonato alla ditta ma pensava che se continuava accussì finiva che se li prendeva veramente le ferie che ciaveva arretrate. Quelle che voleva conservare per la nascita di sua figghia.
Carmela non parlava più. Continuava a baciarlo come fa un ciatu daria a primavera. "Sei bellissima" pensò Palmiro "Anzi no. Tu sei la mia liberazione".
Sorrise a fare questi pensieri ma non ce le disse però a lei queste cose. Senza nemmeno sapere pecchè. Che non cè mai un pecchè importante.
Avevano appena finito di fare lamore ma quella donna anche se si iniziava a vedere la panza non sembrava mai sazia o forse era proprio vero che lui stava male.
Ora sentiva la lingua di lei che punziddiava quel mascarato che non voleva più crescere. Si alzò un poco per sistemarsi meglio sopra il letto quando un filo di luce che vineva dalla finestra ci illuminò la faccia e ci fece rapiri locchi. Li chiuse in fretta senza pensare più a niente. Pareva che finalmente cera tornata la vogghia di travagghiari a quello sfaticato di sotto e Carmela se lo teneva al calduccio muovendo la testa lenta lenta.
Allimprovviso Palmiro sintiu un calore fortissimo.
Non si ricordò più niente di quello che era successo in quel momento ma quannu sarrusbigghiau era già o spitali.

11/12/07

Quale festa?

La Campagna di denatalizzazione lanciata da Petarda mi ha fatto venire in mente una vecchia mia "ricerca" che, rivista e ridotta, invio :-)
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Sin dall'antichità le festività invernali erano contraddistinte dal rovesciamento dei ruoli e dalla distribuzione di doni.
Un chiaro esempio di ciò è costituito dall'antica festa romana dei Saturnalia.
Durante questa festività dicembrina agli schiavi ed ai servi venivano donate delle statuette di cera o di pasta: le sigilla.
Questi riti probabilmente (lo testimonierebbero appunto le sigilla) erano legati al culto dei defunti, e proprio per catturare la benevolenza di quelle anime si offrivano loro dei doni. Le vergini, gli schiavi, i bambini impersonavano, in questi momenti, l'alterità rappresentata dai defunti; coloro ai quali fare doni, coloro che era necessario pacificare.
In epoca cristiana il periodo del solstizio invernale venne a coincidere con una serie di festività che dal 6 Dicembre (giorno della festa di San -Nicola) proseguivano fino al 6 Gennaio (Epifania).
Tali feste avevano il loro momento culminante, oltre che nel Natale, anche nella festa dei santi
innocenti del 28 Dicembre (commemorazione dei bambini sterminati da Erode).
Esiste, dunque, una rappresentazione del Natale comune alle culture storiche e letterarie degli abitanti del mondo occidentale e due sembrano i cardini fisici attorno a cui ruota tale rappresentazione: i bambini ed i doni. Questi due elementi sono da sempre legati alle festività invernali e proprio ciò sembra aver permesso la piena trasformazione consumista della festa senza che vi fossero eccessive proteste o tentativi moralizzatori.
Su di un nucleo centrale ben radicato e presente in tutti i paesi europei, il tema del Fanciullo Divino, sembrano essersi avviluppate tradizioni remote (i doni propiziatori a favore dei defunti) e meno antiche (i doni portati dai Re Magi o quelli notturni di San Nicola accompagnato da Ruprecht).
In tal modo la rappresentazione sociale della festività Natalizia è potuta crescere ed evolversi integrando l'evocata carica emotiva pubblica (la magia delle funzioni religiose natalizie ed i messaggi dalle stesse veicolati) e privata ( i sentimenti "narrati" nella gran parte dei ricordi familiari sono ovunque simili ) con la finalizzazione commerciale della stessa festa (l'obbligatorietà dei doni; gli alimenti della festa; le decorazioni della casa e della tavola; etc.) oggi realizzata.


10/12/07

Interdipendenza


In questi sogni che muoiono
sopravvive il bisogno di una
O
da colorare,
di un amore qualunque, rubato, inventato,
andato a male.

No, non c'è paura, no,
e neanche importa il non poter respirare.

Forse accettazione allora,
se penso a quando, lento,
sugli scogli del tempo s'inerpica
l'altrui ragionevole sale
e non si può fermare.

16 Marzo 2003


Fonte immagine : Blanca

09/12/07

08/12/07

07/12/07

Tapallara - 15 -

Ninuzza se lo ricordava ancora quando era capitato il giorno preciso che per la prima vota si erano salutati. Era di Settembre. Il quindici.
A lui lo vedeva sempre alla fermata dellautobussu che lei pigghiava per tornare a casa quando sinnieva alla biblioteca. Pareva che ciavevano appuntamento. Come se ogni vota lui era lì per aspettarla.
Nellultimi tempi capitava che non si portava sempre la picciridda dietro pecchè lei ciaveva i compiti da fare o si siddiava a nesciri e voleva stare a casa. Si capisce. Ora era una ranni che faceva il liceo e già qualche masculiddu ci passiava davanti alla porta. Non poteva seguirla sempre.
A Ninuzza però ci dispiaceva lo stesso assai di non avere la compagnia della figghia e si preoccupava anche del fatto che la nicuzza restava sola. Dalla morte di Mena non ciaveva più nessuno della famigghia e anche se qualche vota ci chiedeva il favore a Agata di darici un occhiata alla creatura non lo poteva fare sempre. Un po' comunque anche a questa novità sera abituata e poi le sue uscite erano velociveloci che non ci stava mai più di due ore a iri e tunnari.
Ma veniamo a noi. Dicevo che i due si incontravano alla fermata dellautobusso.
Non è che si notava assai quel masculu. In genere leggeva. Un giornale. Un libro. Un pezzo di carta. A lei mentre lo guardava di nascosto cera piaciuto immagginare che doveva essere quacche professore delluniversità. Ma non è che allinizio cimportava assai di sapere se era vero e del resto lui poi quando si parranu non ce lo disse mai se aveva indovinato.
Passau parecchio tempo però prima di scangiarisi qualche frase. Loccasione capitò pecchè Ninuzza non lo vide più per qualche mese e così quando chistu tornò a lei ci venne spontaneo di farici un sorriso e di salutarlo. Lui ci rispose con cortesia e così a picca a picca pigghianu a parrari. Erano frasi niche. Niente di particolare. Manco il loro nome si dissero. Lei quando ce lo aveva cuntato a Agata questo segreto diceva che per loro era come nei fotoromanzi che tante cose non ci entrano nei fumetti vicino alle fotografie. Però un po' a essere sinceri pareva quasi che quei due si scantavano a fare sentire la loro voce. Si taliavano soprattutto. Per tutto il tempo della strada. E tutto intorno era come in certe foto che cianno la nebbia fatta apposta e si vede chiaro e pulito solo quello che cè al centro dellimmaggine.
Agata a sentire questi racconti ci diceva che era arrivato il momento di finirla di sognare. Però poi non ciarrinisceva a insistere con lamica per questa cosa.
Oramai laveva imparato che era fatta accussì e quando Ninuzza parlava lei si limitava quasi sempre ad ascoltarla annaculiando solo la testa per farci capire come la pensava. La faceva sempre anche con me questa cosa che lo sapeva che mi dava fastidio e che avrei preferito litigare invece di suppurtari quella cannirola.
Comunque lassannu perdere queste cose che sono private secondo me Ninuzza lo sapeva che Agata in fondo ciaveva raggione. E tante volte lei stessa ci cuntau a idda che ciaveva pensato a chiedere a quelluomo di venirla a trovare a casa sua. Per scambiare qualche parola in più. Per prendersi un caffè. Ogni vota che ce lo stava per dire però arrivava la fermata. Quella prima della sua. E lui scendeva.
E lei pensava che la prossima vota. Sì la prossima vota.
Poi quelluomo sparì di nuovo. Era allinizio di Luglio. E passò un anno. E un anno ancora senza vedersi. E non capitò chiù.

06/12/07

Sul fare finta



Eravamo da poche settimane in campagna.
Sul retro della vecchia casa colonica dei fili, tenuti su da nodosi e robusti pali di legno, ci aiutavano a tenere il passo alla voglia di inzaccherarsi dei bimbi. Una lotta continua! Quel giorno, complice un mattutino acquazzone, potevamo dire di aver vinto: i fili erano vuoti, a parte le mollette di legno ad essi attaccate.
Solo nel tardo pomeriggio Giulio uscì da casa. L'aria, già molto calda nelle ore precedenti, si era un po' rinfrescata. Io lo osservavo, col volto soddisfatto e attento del buon padre di famiglia, dalla finestra al primo piano che dava sul noceto.
Si avvicinò allo spartano stenditoio e credetti, dapprima, che volesse divellerne uno dei sostegni ma, evidentemente, ciò non era nelle sue forze, o nelle sue voglie, poiché presto parve rinunciarvi. Quindi la sua attenzione fu attirata dalle mollette.
Ne staccò quattro montandole a croce, poi vidi la sua opera volare.
Poco dopo si avvicinò la sorellina, trattenuta fino a quel momento in casa da una fiabesca conserva di frutta. La piccola guardò il lavoro del suo modello estivo preferito e subito tentò, per pronta emulazione, di afferrare quelle mollette così magiche. Non riuscendo nel suo intento chiese al fratello di aiutarla.
Giulio le offrì temporaneamente il proprio velivolo poi, costruitone uno nuovo, si accinse a tornare a giocare. La bimba, però, con gesto veloce aveva già distrutto, in leale combattimento, il primo aeroplano. Lo stesso che brevemente, aiutato dalla sua mano sinistra, aveva volteggiato nell'aria. Il fratello rise, poi, rimontati velocemente i pezzi necessari, partì per un nuovo giro di perlustrazione.
Un piccolo laghetto, una pozza, attendeva gli stessi oggetti che, in quel momento, il leggero vento della fantasia aveva trasformato in barche e che solo a fine giornata ci avrebbero nuovamente aiutato a smaltire il duro lavoro della nostra lavabiancheria.

Fonte immagine : Kandi blog

05/12/07

[Didascalie] Pablo Picasso -2-

Paolo in costume d'Arlecchino (1924)
Proprietà eredi

Negli anni successivi al 1920 molti artisti europei si muovono verso una riorganizzazione dei risultati della travolgente esperienza d'anteguerra.
Lo stesso Picasso, in quegli anni, unisce alle ricerche cubiste quelle figurative e la simbologia delle sue opere pare assumere contorni privati.
Scomparso lo sfondo psicologico su cui reggere la scena, scomparsi i riferimenti sociali su cui evidenziare i ruoli, rimane il fanciullo\attore. Rimangono, compiuti nell'incompiuto, il suo viso e la sua maschera.

04/12/07

[Didascalie] Pablo Picasso -1-

Poveri in riva al mare (1903)
Barcellona, Museo Picasso

Questo quadro è una delle opere maggiori del periodo blu picassiano.
Il ragazzo dipinto sulla tela appare essere l'unico, nel "Trittico Sacro", capace di esprimere, di fronte alla chiusa rassegnazione dei due adulti, quella forza ideale necessaria all'avveramento del sogno.
Successivamente l'arrivo traumatico e luttuoso della Prima Guerra Mondiale e lo scemare, nel totalitarismo, del progetto bolscevico cancellerà le sovrastrutture di cui era stata caricata dall'autore l'infanzia: l'incanto religioso\onirico e l'utopia palingenetica.



Fonte immagine : http://dinamico.unibg.it

01/12/07

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