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11/04/10

LA POESIA NELLA RETE di Antonella Pizzo

[...]Ritengo che nella rete ci siano alcuni poeti del tutto sconosciuti ai critici e mai stampati su carta da chi conta, poeti che sono dotati di grande talento, poeti che altrimenti non avrei conosciuto, poeti che potrebbero e dovrebbero essere conosciuti da tutti. Probabilmente questi poeti hanno operato una scelta precisa, restare nell’ombra, farsi leggere solo da pochi. Nel web si può fare di tutto, farsi leggere da pochi o farsi leggere da molti. Il mezzo è forte ed elastico, c’è la possibilità di aumentarne le potenzialità utilizzando i canali video e audio, arrivando a livelli irraggiungibili con la carta stampata e a migliaia di utenti. Oppure restare nel proprio piccolo orticello a coltivarsi quasi in privato la propria più o meno piccola e segreta passione. Il virtuale potrebbe essere il luogo dove potrebbe attecchire e crescere la nuova cultura underground, la cultura alternativa, che è la libertà, cioè scrivo quello che voglio, scrivo come voglio, pubblico quando ho voglia, non passo attraverso i lecchinaggi, dai canali ufficiali. Quello che vedo in giro ora non mi pare sia così, mi pare, piuttosto, che ci sia il rischio che anche nel virtuale si stiano creando gli stessi circoli chiusi che ci sono nel cosiddetto reale, le stesse dinamiche di scambio, gli stessi favoritismi, le simpatie e le antipatie, si incoronino gli stessi re nudi, ci si faccia la guerra. Si parla di caste, quelli di vent’anni, quelli di trenta, quelli del trentino, quelli di quello, e così mi viene un dubbio amletico: non è che questi vorrebbero pubblicare con le case editrici che disprezzano e sono pieni di astio perché non ci possono arrivare? Personalmente sono grata alla rete perché grazie ai blog poetici mi sono avvicinata alla poesia, ho conosciuto poeti, letto versi, provato emozioni, diversamente non li avrei conosciuti, non avrei letto, non avrei provato determinate emozioni. Vivo e abito la poesia solo nel web, la poesia non fa parte del mio mondo, la poesia è la mia seconda vita, la mia vita nascosta, solo attraverso i blog riesco a far leggere a due tre lettori i miei versi, così come leggo versi di altri, e ne cerco di altri. Sono grata alla rete di avermi regalato questa possibilità. Del resto non mi preoccupo. So di poeti che si danno un gran da fare per farsi conoscere da poeti che contano, di poeti che leccano il francobollo di certi altri poeti perché sanno che quest’ultimi sono ben introdotti nel mondo dell’editoria che conta, che si sperticano in lodi a testi che non meriterebbero uno sguardo. Mi è stato consigliato di fare così, cercarmi un maestro, un protettore: senza padrino non si arriva da nessuna parte! Per inciso la persona che me lo ha consigliato è a sua volta una persona libera e mai ricorrerebbe a certi stratagemmi, ciò per dire che teoricamente le strategie sono note a tutti, è solo questione di stomaco e di peli in pancia. Io sono siciliana e conosco, per averle vissute sulla mia pelle e sulla pelle dei miei conterranei, certe dinamiche di: io faccio un favore a te e tu ne fai uno a me, atteggiamento similmafioso, una rete di favoritismi con un solo scopo, quello di arricchirsi. Nel caso specifico si tratterebbe solo di vanità e di narcisismo, nella poesia non circola denaro, tranne che nelle casse degli editori disonesti. Come poeta non ho futuro (nel senso di successo), per partito preso mi rifiuto di leccare, ho superato i venti e mi avvicino ai sessanta, sono un’anziana donna, non frequento festival e non vado a presentare i pochi libri che ho scritto, in passato non ho presenziato neppure a serate di premiazione dei miei libri, ho pregato degli amici di farlo in mia vece. Non mi so vendere e non mi voglio vendere. Come poeta (semplice) però ho un gran futuro, ho tutta la vita davanti a me. La poesia non me la toglie nessuno, la poesia non appartiene a nessuno, la poesia è libertà, per cui viva la rete che è ancora libera e speriamo che lo sia per sempre.[...]

Fonte: letture e scritture (e noticine di una finta critica) di Antonella Pizzo

09/04/10

Antonino Uccello, un maestro terrone - un rubalavoro - in Brianza

Sa tacca a la corrent la perteghetta
la filovia la va
In d’on cantòn da la piazza Cavour
sott’a la lus al neon ona baldracca
la batt nervosa ol tacch.

(Poesie brianzole, 1962)








E sbatti casa casa comu spola,
arredda e-ffrisca: n cuocciu ri crugnola
sì, na iurnata i gghiugnu quannu u vientu
arrimisca laura
e-ddo cielu cari u frummientu.

(Janiattini, 1968)



Antonino Uccello nasce a Canicattini l'11 Settembre 1922. Compie gli studi magistrali a Noto, dove pubblica i primi versi di poesia. Nel 1944 sposa Anna Caligiore e si stabilisce a Palazzolo. Emigra nel  1947 in Lombardia e insegna nelle scuole elementari della Brianza. Nelle fredde nebbie del Nord nasce e si precisa l’idea della Casa-museo. Nasce da profondi motivi e urgenze che lo incalzano già da anni: la perdita di un patrimonio culturale da parte di un popolo, quello siciliano, avviato in quegli anni verso un tragico e devastante esodo. Da qui nasce la voglia, la “missione” tutta laica di salvare gli oggetti di una cultura destinata alla scomparsa. In Brianza Uccello porta tanti oggetti della civiltà contadina e li presenta in mostre d’arte presso famose gallerie del Nord. Questi oggetti (cucchiai in legno, collari, presepi in legno d’arancio, chiavi di carretto, sculture in ferro “fiori” del carretto) facevano la spola fra Palazzolo e la Brianza. Pubblicò i primissimi versi a Noto: furono i suoi compagni di scuola a “sponsorizzare” le sue liriche giovanili. Ma fu in Lombardia che si formò come poeta di raffinata cultura: a Milano frequentò i cenacoli culturali che si stringevano attorno a Elio Vittorini e intrecciò amicizie con Ernesto Treccani, Piero Chiara, Luciano Budigna, Ugo Bernasconi, Tono Zancanaro. In questo periodo escono le prime raccolte di POESIE: Sulla porta chiusa (1957), Triale (1957), La notte d'Ascensione (1958).
Nel 1959 pubblica per i tipi di Vanni Scheiwiller Canti del Val di Noto, che segnano il suo progressivo orientarsi verso la ricerca etno-antropologica. Sotto la spinta dello studio della poesia popolare e di una serie di rilevamenti sul campo per conto dell’Accademia di Santa Cecilia e del Centro Nazionale Studi Musica Popolare di Roma, ma soprattutto con l’affinamento degli strumenti critici a seguito della lettura dei “Quaderni dal Carcere” di A. Gramsci, esce il primo vero studio di taglio antropologico, anche se ancora una volta orientato allo studio della letteratura popolare, Risorgimento e società nei canti popolari siciliani (1962, ristampato nel 1978): sorta di antistoria del Risorgimento italiano. Nel frattempo (1960) Uccello ha posto fine alla permanenza nel Nord Italia e ritorna nella sua Palazzolo, dove acquista un antico palazzo (Palazzo Ferla, sec. XVIII). Qui trasporta quegli oggetti raccolti nell’area iblea in attesa di una definitiva sistemazione. Nel 1965 pubblica un altro studio di poesia popolare Carcere e mafia nei canti popolari siciliani, libro che suscitò una ridda di polemiche per il tema trattato e in quanto si collocava fra quegli studi  che presentavano un diverso volto del Risorgimento italiano: quello visto attraverso l’ottica dei vinti. Coerente agli allora prevalenti interessi negli studi demologici orientati verso la letteratura e l’arte popolare pubblica il volume Pitture su vetro del popolo siciliano (1968). Gli anni che seguono immediatamente sono impiegati da Uccello nella realizzazione del suo “capolavoro”: la Casa-museo di Palazzolo, inaugurata nel 1971. Da questo momento la ricerca di Uccello si precisa impegnandosi nello studio dei diversi aspetti della cultura popolare, soprattutto contadina: escono in rapida successione La casa museo di Palazzolo Acreide (1972), La civiltà del legno in Sicilia (1973), dedicato all’arte lignea dei pastori e alla cultura contadina iblea, Amore e matrimonio nella vita del popolo siciliano (1976), Tessitura popolare in Sicilia (1978), Pani e dolci di Sicilia (1978), Il presepe popolare in  Sicilia (1979), Bovari pecorai e curatuli. Cultura casearia in Sicilia (uscito postumo nel 1980 e pubblicato dagli Amici). Uccello muore il 29 Ottobre 1979. E’ sepolto a Canicattini Bagni.

Poesie e testi tratti da: La Casa-museo di Antonino Uccello

07/04/10

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino - 17 -

E' tornato il sole. Le nuvole, ormai bianche, passano veloci e a volte lo coprono per lungo tempo, quasi a volerci lasciare sonnecchiare ancora un poco. Passano anche sulla mia testa quelle vecchie scapestrate, ed ognuna è un frammento. Un nuovo pensiero.
Giorgio è tornato a uscire e io mi ritrovo spesso in silenzio sul balcone, ad attenderlo. Sulla strada hanno fissato un piccolo specchio convesso, mi piacerebbe un giorno scorgervi un lampo, un raggio a illuminarni, ma forse non è possibile, non è probabile.
In ufficio Borghetti è sempre più silenzioso. Ha già avvisato una ventina di persone del loro licenziamento, ma credo saranno molti di più alla fine. Magari ci sarò anch'io. Magari no. Magari non ha importanza. Ecco, ieri invece, ieri, una signora mi ha sorriso. Le avevo restituito la pratica per una firma "non apposta" (sì, si dovrebbe dire così, penso) per una firma che mancava insomma,  spingendo con delicatezza il documento sotto il vetro l'ho vista sorridere. Odio le pieghe agli angoli del foglio, la carta stropicciata. Deve averlo capito e mi ha sorriso, di un sorriso spezzato.
Credo sia necessario segnalare quel graffio sul vetro in direzione: non va bene, non è opportuno.

02/04/10

"Alla fine resta sempre qualcosa" di Andrea Pomella

[clicca sull'immagine per continuare la lettura]


Vinko Möderndorfer, QUALCOSA RESTA

QUALCOSA resta
alla fine resta sempre qualcosa
un filo del pullover
un foglio dal diario
con la data 22 settembre
una bottiglia vuota
l’impronta delle labbra sull’orlo di un bicchiere
un biglietto sulla maniglia
                               VENGO ALLE CINQUE
e rimangono
tante parole non espresse
                  e tanti silenzi
alla fine resta sempre qualcosa
per piccolo che sia
per silenzioso che sia
per marginale che sia
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