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31/10/11

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino (intersezioni 4)

Gli alberi oggi hanno iniziato a sanguinare. Li osservo senza farmi notare, forse non sarebbero contenti di sapere che ho scoperto ancora questo eterno ciclico segreto. Camminando loro accanto non vi avevo fatto caso. Le piccole carezze, sulle corrucciate cortecce, le parole, solo sussurrate, erano state sempre le stesse e le loro risposte anche: almeno così mi pareva.
Che strano non accorgersi della sofferenza degli alberi, delle piccole ferite, delle battaglie. Quelli che si trovano lungo il mio tragitto hanno tutti un nome, ma so che anche per gli altri è così, le file silenziose che portano al parco, i piccoli arbusti delle rotonde, anch'essi avranno il loro nome, sicuro, solo che non mi è mai capitato di fermarmi a parlare con loro che Giorgo non ama che io cambi percorso.
Felice, tra quelli che conosco, è il più simpatico. È un tasso finito qui non si sa come. Gli altri gli hanno lasciato spazio, forse proprio per quel suo essere diverso lo hanno un po' coccolato. Felice ha sposato Matilde. I due alberi sono cresciuti poco distanti l'uno dall'altro poi, ad una certa età, hanno dato origine ad un tratto di tronco saldato. Di certo genereranno un giorno, insieme morranno.
Un mio amico mi ha detto che questo è un fenomeno non tanto raro in natura, concrescimento si chiama, ed io non ho potuto che dargli ragione. Non ho potuto che dargli ragione. 

29/10/11

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino (intersezioni 3)

Giorgio è tornato a uscire e io mi ritrovo spesso in silenzio sul balcone, ad attenderlo. Sulla strada hanno fissato un piccolo specchio convesso, mi piacerebbe un giorno scorgervi un lampo, un raggio a illuminarmi, ma forse non è possibile, non è probabile.

"Credo mi faccia paura, cioè inizialmente pensavo fosse solo un pover'uomo... la storia della moglie, la mancanza di figli, poi invece. Sa io credo che lui riesca a capire. "
"Riesca a capire cosa Borghetti?"
"Cosa? Non saprei dirle, insomma sì, è come se riuscisse a guardare e a vedere, ma aldilà, come se mi vivisezionasse, come se..."
"Cos'è? Una sorta di santone? Un illusionista? Mi meraviglio di lei Borghetti! Faccia quello che deve fare e non mi faccia pentire di averla scelta."
"Sì, sì, certo. La lista è già pronta, credo di poter iniziare subito."
"Bene! Direi che è tutto allora. Agisca Borghetti. Agisca!"
Già agisca, come se fosse semplice, come se fosse giusto. Non sono riuscito a confessargli di non aver inserito Saladino, anche se avrebbe dovuto essere uno dei primi, dei papabili. Già i papabili. Quelli giusti per essere allontanati, decentrati, licenziati. I papabili li chiamo lui, io.

Magari un giorno toccherà anche a me, ma mi sono preparato a questa evenienza. Tutto è a posto. Ogni cosa rimarrà protetta, sicura. Io, ci penso io. Non come quel ragioniere, non come quel Saladino con i suoi discorsi e il suo gatto. Idiota. A volte vorrei solo picchiarlo, ancora non riesco a capire perchè, ma vorrei afferrarlo e sbatterlo contro il muro fino a spaccargli il cranio. Idiota, idiota, idiota.
Io non sono così, io non picchio nessuno, non ho mai picchiato nessuno, eppure. 
A casa non riesco a parlare di lui, non parlo di nulla a casa che basta che io mi informi ogni tanto e porti del denaro e "Ciao, sto uscendo" e "Ciao dove andiamo questa domenica, questo natale, questa estate" che anche i figli ormai. Sono cresciuti loro e io inizio ad avere pure nostalgia di quelle noiosissime e inutili riunioni a scuola o dei compleanni con le madri in tiro a fare invidia o conquiste di poche sere. 
Cloe era una di quelle, solo che già sono passati dieci anni e si scopa e si ride ancora e sì con lei ho parlato di Saladino. "Mi sembra di vedere un film comico muto," mi ha confessato dopo avermi versato del vino " bevi questo però ora... è un Bardolino, la rivista dice che ha uno stile emozionante". Ho sorriso come solo con lei riesco a fare e poi abbiamo fatto l'amore, improvvisamente, con naturalezza, con desiderio. Tremavo, tremavamo come in un fotogramma bloccato.

22/10/11

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino (intersezioni 2)

La casa è appena fuori città, non ci vuole molto ad arrivarci, venti, trenta minuti: secondo il passo, la volontà.

Si vede da lontano casa mia. Quando hanno costruito il palazzo ci si conosceva tutti,  mentre ora fatico un po' a memorizzare i volti e non serve poi molto farlo perchè spesso sono facce che non rivedrò mai più: la principessa Badr al-Budùr, il vecchio mahout, la nuova Baker...

Se questo fosse un porto vedrei fucili a pietra focaia tra le feritoie dei balconi e nere bandiere alle finestre. Se questo fosse un porto non avremmo già perso contro il Capitano Flint e, chissà, partiremmo alla ricerca dei suoi real tra vecchi casermoni in tempesta e terribili onde ai crocicchi.
Io so dove sono quei tesori, ho visto tante volte i bimbi scavare nel parco. Giocano impiastricciando le mani di gelato, di fango i calzoni nuovi. Scavano e non sanno di quelle ricchezze e se lo sanno tengono stretto questo segreto che tanto nessuno crederebbe loro. Scavano. Sognano i bambini. A volte uccidono con i sorrisi.

21/10/11

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino (intersezioni 1)

Giorgio sparisce per ore, per giornate a volte. Quando rientra ha sempre una cicatrice in più, un sorriso soddisfatto e una dolce assenza negli occhi. Si dirige verso la cucina e raccoglie quello che gli ho preparato. Non ha mai voglia di raccontare, quando arriva la stagione, e sospetto che sarebbe felice se potesse rimanere solo, almeno un po'. Gli sono grato per il suo ragionevole silenzio e spesso cerco di trovare delle scuse per uscire. "Vado a comprare il latte" sussurro, e poi sparisco mentre lui finge di seguirmi con lo sguardo.


Quando ero un po' più giovane capitava anche a me, non che abbandonassi casa, no, quello no, capitava solo di sentire spesso uno strano sapore in bocca e di aver bisogno di chiudere gli occhi e di non pensare al tempo. Ecco sì, ricordo bene: era il tempo che mi creava maggiori problemi. Non riuscivo mai a capire quanto ne fosse passato quando stavo con lei e certo non aveva importanza la situazione, il momento. Voglio dire, potevamo parlare o litigare o fare l'amore, le mie ipotesi sul tempo trascorso erano sempre errate e lei rideva di questo e poi anche io ridevo, ché mi bastava vederla felice.
Ecco il tempo non dovrebbe essere dato in mano agli innamorati. Sarebbero capaci di consumarlo tutto se solo potessero, quegli sciocchi.
Credo che anche Giorgio sbagli a calcolare, ma lui non sembra dare molta importanza a questa cosa.




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Non siamo mai preparati alla morte. Se anche dovessimo sapere con assoluta sicurezza il momento del suo arrivo non riusciremmo a farci trovare pronti, ad accettarla. Giorgio dice che tutto questo è molto umano; non posso dargli torto, credo.
Quando è arrivata io pulivo gli occhiali, con la pezzetta sfregavo i vetri ma prima ci avevo alitato sopra, lentamente. Un lato, poi l'altro. Pulivo gli occhiali e non vedevo nulla. Non sapevo nulla.
Le prime volte mi capitava spesso di farlo; la sua ombra davanti a me diventava ancora più magica e la mia distrazione assumeva ai suoi occhi  le vesti di un ragazzino svagato.
Tecla mi stava lontana. Ci studiavamo, in quel lungo periodo, con la permalosità dei gatti e fuggivamo, anche, a ogni possibile incontro.


"Quando arriva la luce per molto tempo il mondo sembra ancora volere trattenere un suo misterioso silenzio". Glielo dissi una volta e lei mi guardò per la prima volta, chè gli altri sguardi non erano mai stati. "Quando arriva la luce è ora di spogliarsi" rispose e io non seppi più che dire.


Tecla non andare, Tecla non mi lasciare. Non le ho mai detto queste cose eppure avrei potuto, ne avrei avuto il diritto, mi è stato detto.
Tecla era dimagrita e io toglievo sempre gli occhiali quando mi permettavano di starle vicino. Eppure le mie dita erano lì. Le mie mani erano lì. E con le sue disegnavamo ombre sul muro alla luce fioca del diafanoscopio. Sorridevamo senza farci scoprire e non cera bisogno di parole per quelle storie. Erano le mani. Le nostre mani: la furba coniglietta, la grande giraffa,  l'adorabile strega... eppoi quel gatto, il misterioso gatto che io non riuscivo a fare.
Non mi lasciare Tecla, non andare.

17/10/11

15 Ottobre (note a margine)

"non siamo pronti"
"non siamo ancora pronti"
dici
mentre mi spingi lontano
mentre le urla mi ronzano dietro
"fascista" "infiltrato"
mentre le mani
le tue mani forti
mentre passo
mentre indosso la guerra che vivo
mentre qui senza vederti
fingendo
tra cori di festa
tra canti
tra volti che oggi
che oggi è gran festa 
che
oggi 
è 
gran 
festa
e domani
"'fanculo domani" ripeto
che questo futuro già sfugge
è presente
che questo futuro
( e son già passati dieci anni
amore
e il tuo volto
e le mani
"Sangue!" dici
ma io vedo solo 
vedo che qui si muore
e ti salvo e mi salvi
che poi non succede niente
non è mai successo
niente
tra schermi e foto
assassini
paure)
e però dai che oggi ci siamo
e però dai che oggi firmiamo
e però dai che oggi
oggi
al bar lo vedo c'è anche il tuo viso
come sei bella amore
come sei bella

16/10/11

Günter Grass (Danzica, 16 ottobre 1927)

NORMANDIE

Die Bunker am Strand
können ihren Beton nicht loswerden.
Manchmal kommt ein halbtoter General
und streichelt Schießscharten.
Oder es wohnen Touristen
fur fünf verquälte Minuten -
Wind, Sand, Papier und Urin:
Immer ist Invasion.
NORMANDIA

I bunker sulla spiaggia
non riescono a liberarsi del loro cemento.
A volte viene un generale mezzo morto
e ne accarezza le feritoie.
Oppure vengono a dimorarvi turisti
per un tormento di cinque minuti...
Vento, sabbia, carta e urina:
è ancora invasione.


160 anni

Spinto dalle esigenze contraddittorie della sua sítuazione e costretto, in pari tempo, come un giocatore di prestigio, a tener gli occhi del pubblico fissi sopra di sé con delle continue sorprese [...] e a far quindi ogni giorno un colpo di stato in miniatura, B. sconvolge tutta l'economia borghese; mette le mani su tutto ciò che era parso intangibile [...]; rende gli uni rassegnati alla rivoluzione e gli altri desiderosi di una rivoluzione; in nome dell'ordine crea l'anarchia, spogliando in pari tempo la macchina dello Stato della sua aureola, profanandola, rendendola repugnante e ridicola.

La tradizione di tutte le generazioni scomparse grava come un incubo sul cervello dei vivi. Quando sembra che essi per l'appunto lavorino a trasformare sé ed il mondo circostante, a creare il nuovo, invocano angosciosamente gli spiriti del passato, ne mutano i nomi, le parole d'ordine, i costumi, allo scopo di erigere sotto questo antico e venerabile travestimento, e con frasi prese a prestito, la nuova scena della storia.




Fonte immagine: Berlusconi in un ritratto napoleonico di Iannozzi Giuseppe
Fonte citazioni: Karl Marx, Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, (1852)

15/10/11

Italo Calvino (Santiago de Las Vegas, 15 ottobre 1923 – Siena, 19 settembre 1985)


Scrivi una frase, rileggila e se senti che ha qualcosa d’orecchiato, qualcosa che solletica il tuo gusto, cancellala e rifalla, finché non la senti perfettamente normale, senza nessun compiacimento, ma che descriva le cose come sono. E continua così. Non scrivere cose troppo fantastiche e movimentate: descrivi cosa fai dalla mattina quando ti alzi alla sera quando vai a dormire. Dopo un po’ scoprirai un sacco di cose e t’accorgerai che tocchi la realtà con le tue mani.
  Italo Calvino

Fonte: Italo Calvino Blog

14/10/11

Hannah Arendt (Linden, 14 ottobre 1906 – New York, 4 dicembre 1975)

Se si prendono sul serio le ambizioni totalitarie e non ci si lascia ingannare dall'affermazione del buon senso che si tratta di utopie irrealizzabili, ci si accorge che la società di morenti instaurata nei campi è l'unica forma di società in cui sia possibile impadronirsi interamente dell'uomo.
Quelli che aspirano al dominio  totale devono liquidare ogni spontaneità, quale la mera esistenza dell'individualità continuerebbe a generare, e colpirla nelle sue manifestazioni più private, per quanto apolitiche e innocue queste possano sembrare.
Il cane di Pavlov, l’esemplare umano ridotto alle reazioni più elementari, eliminabile o sostituibile in qualsiasi  momento con altri fasci di reazioni che si comportano in modo identico, è il «cittadino» modello di uno stato totalitario, un cittadino che può essere prodotto solo imperfettamente fuori dei campi”.

13/10/11

"Forme e contenuti dell'indignazione" di Giovanni Borgognone

“L’indignazione è forse oggi il sentimento politicamentepiù diffuso. Questo ha contribuito alla grande fortuna editoriale di “Indignatevi!” volumetto del novantatreenne Stéphane Hessel, esponentedella Resistenza francese e poi membro della commissione che elaborò la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo adottata dalle Nazioni Unite nel’48. Sennonché ciò di cui parla Hessel è a ben vedere un moto dei cuori e dellementi assai diverso dagli umori “piccolo-medio borghesi” serpeggianti più o meno in tutte le società occidentali, il cui esito, non di rado, è un generico rifiuto della politica, del ruolo delle classi dirigenti e soprattutto dei politici, ovvero una reazione tendenzialmente passiva, di ritiro dal sensodella cittadinanza, proprio quello che per Hessel è “il peggiore degliatteggiamenti”, l’indifferenza. Hessel si richiama all’energia che animò la Resistenza e ispirò i suoi programmi (da una più equa distribuzione delle ricchezze alla piena e inviolabile libertà di stampa). Quella, a suo avviso, fu una grande, splendida manifestazione di indignazione. Il mondo complesso rende forse più difficile mettere bene a fuoco le ragioni per cui indignarsi rispetto a quelle rese evidenti dal nazifascismo. Tuttavia l’autore segnala almeno due grandi sfide odierne: il divario sempre crescente tra i “molto ricchi” e i “molto poveri” e le questioni relative ai diritti dell’uomo e allo stato del pianeta. Il principale problema dell’indignazione è comunque rappresentato dall’antipolitica e dagli eventuali dérapages di tipo populistico: il rifiuto dei partiti e la sfiducia nelle forme della rappresentanza possono infatti rivelarsi meramente quali strumenti per manipolare l’opinionepubblica e consentire l’emergere di nuove forme di leadership carismatiche e demagogiche che fanno leva sulla classica formula “popolo buono vs élitescorrotte”. E il populismo, come è noto, può essere tanto di destra quanto di sinistra. L’indignazione dovrebbe portare piuttosto, come dice Hessel, a “un’azione civile risoluta”. Resta tuttavia da vedere quali possano essere gli strumenti più adatti per esercitare in modo efficace una cittadinanza attiva, senza fermarsi semplicemente alla manifestazione di frustrazionio al massimo di buone intenzioni. E resta il problema di come confrontarsi con la demagogia e la carismaticità, “frutti avvelenati” dei moderni sistemi democratico-rappresentativi”

Recensione a: Indignatevi! di Stéphane Hessel su Il Blog dell'Indice dei Libri del Mese
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