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06/07/12

non si può aspirare dolore con una cannuccia seppur sottile di plastica blu di Alessandra Racca o la Signora dei calzini

se io potessi aspirare via
tutta la tristezza che ho visto
dietro la tua pupilla destra
lo farei con una piccola cannuccia
come si succhia il fondo
di un coca e rum

quella sinistra l’ho vista in controluce
ma credo che di dolore ce ne fosse anche lì
io quello lo suggerei
come si beve il fondo
di un long drink

una volta da bambina
per non arrivare impreparata al confessionale
mi sono segnata sul diario le bugie
ne dicevo così poche
per paura che non mi credessero
ho dovuto inventarne di finte
almeno un po’

ora, di bugia, ne dico qualcuna in più
peccato non frequentare preti
credo avrei fatto un figurone
quando ti dissi
quella sera
che non eri stato il mio più grande amore
l’ho detta per bene
c’era da crederci, lo so

quando cresci
impari
che non si può aspirare dolore
con una cannuccia seppur sottile
di plastica blu
che non si può suggere tristezza
come se fosse l’ultima goccia di un drink
che gli amori non si misurano
l’uno con l’altro
che la gente che soffre dice stupide cose
e che non bisogna mai mai
pentirsi
di aver amato qualcuno

e anche
che le dita nel naso
te le puoi mettere
comodamente
mentre sei in auto e canticchi ferma
a uno stop
lo fanno tutti
e non ti sgrida nessuno

Fonte: non si può aspirare dolore con una cannuccia seppur sottile di plastica blu di Alessandra Racca o la Signora dei calzini

02/02/12

"E’ morta W." di Alessandra Racca o la Signora dei calzini

Non sarà diverso da ieri
non cambierà
far suonare la sveglia dieci volte prima di alzarsi
pedalare in primavera
non spariranno per questo le mie cattive abitudini
far troppo tardi il venerdì sarà uguale
lavarsi male i denti ugualmente mi danneggerà
e continuerò ad amare il rosso
e a lasciare libri e vestiti al fondo del letto
perdere l’equilibrio e le cose
fare molta pipì
le mie conversazioni non saranno diverse
e nemmeno scrivere cambierà
non dirò cose più intelligenti o sciocche
perchè lei non c’è più
e non la piangerò come se fosse mia madre
nè ho mai scritto un messaggio del tipo:
Hei Wislawa che fai giovedì
ci facciamo un caffè?
perciò non mi mancherà
non poterlo scrivere più
e non sentirò il vuoto della sua voce
nè quello delle sue poesie
le prenderò dalla libreria
come ho sempre fatto
quando ne avrò bisogno
quando vorrò
perciò nulla cambierà in me
anche se tutto è cambiato in lei
solo, Wislawa,
io ero quella ragazza che non hai mai visto
dentro quel teatro
ero quella piccoletta tutta orecchie
che ti ascoltava leggere
la poesia sulla cipolla
la ricordo in particolare
e che ti ridevano gli occhi
e grazie
per avermi cambiata
con le parole
che non scriverai più

Fonte: la Signora dei calzini


Wisława Szymborska

Medaglia del Premio Nobel Nobel per la letteratura 1996