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18/04/13

Tutti gli amori


Io non avrei creduto mai
che un giorno t'avrei vista senza gioia.
Tu non avresti mai creduto
che un giorno avrei vissuto senza te.
Nulla rimane eguale,
si muta il bene in male,
si muta il bianco in nero
ma quel che è stato vero sempre ritornerà.
 
  Tutti gli amori cominciano bene:
  l'amore di una donna,
  l'amore di un   lavoro,
  e anche l'amore per la libertà.
  Spesso gli amori finiscono male:
  la donna resta sola
  lavoro è servitù,
  la libertà diventa una parola...
  Ma non si perde più
  quel che è stato vero
  un anno un giorno:
  altri nel mondo si vorranno bene,
  altri lavoreranno senza pene,
  altri vivranno in libertà.

Io non avrei creduto mai
di tornare la sera senza gioia.
Tu non avresti mai creduto
che il lavoro è venduto a chi non ha.
Nulla rimane uguale
si muta il bene in male,
si muta il verde in nero:
ma quel che  stato vero sempre ritornerà.

  Tutti gli amori cominciano bene:
  l'amore di una donna,
  l'amore di un   lavoro,
  e anche l'amore per la libertà.
  Spesso gli amori finiscono male:
  chi tanto amò va via
  lavoro non c'è più
  la libertà diventa una bugia...
  Ma non si perde più
  quel che è stato vero
  un mese o un  giorno:
  altri nel mondo si vorranno bene,
  altri lavoreranno senza pene,
  altri vivranno in libertà.

Io non avrei creduto mai
di rivedere il popolo ingannato.
Tu non avresti mai creduto
che chi ci sfrutta insegni la virtù.
Nulla rimane eguale:
si muta il bene in male,
si muta il bianco in nero,
ma quel che è stato vero sempre ritornerà.

  Tutti gli amori cominciano bene:
  l'amore di una donna,
  l'amore di un   lavoro,
  e anche l'amore per la libertà
  Spesso gli amori finiscono male:
  chi è amato non sa amare,
  lavora chi  tradì
  la libertà è di chi la può comprare
  Ma ricomincia qui,
  quel che è stato vero
  un nostro giorno.
  Tanti nel mondo già si voglion bene,
  tanti lavoran già senza più pene,
  tanti già ridon nella libertà.
Autori: Cantacronache, Franco Fortini
Musica: Sergio Liberovici

07/09/12

Quella cosa in Lombardia di Franco Fortini

Sia ben chiaro che non penso alla casetta
due locali più i servizi, tante rate, pochi vizi,
che verrà quando verrà…
penso invece a questo nostro pomeriggio di domenica,
di famiglie cadenti come foglie,
di figlie senza voglie, di voglie senza sbagli;
di millecento ferme sulla via con i vetri appannati
di bugie e di fiati lungo i fossati della periferia…
Caro, dove si andrà, diciamo così, a fare all’amore?
Non ho detto a passeggiare
e nemmeno a scambiarsi qualche bacio.
Caro, dove si andrà, diciamo così, a fare all’amore?
Dico proprio quella cosa che tu sai,
e che a te piace, credo, quanto a me.
Vanno a coppie, i nostri simili, quest’oggi
per le scale, nell’odore di penosi alberghi a ore,
ma chissà l'amore c'è,
vedi  “amore” anche la fretta tutta fibbie, lacci e brividi
nella nebbia gelata, sull’erbetta;
un occhio alla lambretta, l’orecchio a quei rintocchi
che suonano dal borgo, la novena e una radio lontana
che alle nostre due vite da i risultati delle ultime partite…
Caro, dove si andrà, diciamo così, a fare all’amore?
Lo sai bene che io non sogno,
questo mondo di noi due non ha bisogno.
Caro, dove si andrà, diciamo così, a fare all’amore?
Se volere bene è sempre più difficile, amore mio,
non dar la colpa a me.

Altre notizie interessanti sul testo e su Laura Betti qui

17/03/09

Ancora L'Internazionale, ancora Fortini



Traducendo Brecht

Un grande temporale
per tutto il pomeriggio si è attorcigliato
sui tetti prima di rompere in lampi, acqua.
Fissavo versi di cemento e di vetro
dov'erano grida e piaghe murate e membra
anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando
ora i tegoli battagliati ora la pagina secca,
ascoltavo morire
la parola d'un poeta o mutarsi
in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi
sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli
parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso
credo di non sapere più di chi è la colpa.

Scrivi mi dico, odia
chi con dolcezza guida al niente
gli uomini e le donne che con te si accompagnano
e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici
scrivi anche il tuo nome. Il temporale
è sparito con enfasi. La natura
per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia
non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi.

Franco Fortini da Una volta per sempre, poesie 1938-1973

04/03/09

definizioni

"Certamente oggi - non due o tremila anni fa quando, probabilmente, la questione sarebbe stata diversa - quando noi diciamo "una poesia" intendiamo una composizione, un testo non lungo dove sia possibile identificare un certo sistema che è indicato graficamente dagli "a capo" e poi anche da un congegno di pause maggiori, quelle che separano una unità ritmica da un’altra. Ebbene, queste possono corrispondere o non corrispondere alle intonazioni cosiddette naturali e in questo caso comunque le chiamamo 'verso'."

07/11/07

1917-2007

Noi siamo gli ultimi del mondo. - Ma questo mondo non ci avrà.
Noi lo distruggeremo a fondo. - Spezzeremo la società.
Nelle fabbriche il capitale - come macchine ci usò.
Nelle sue scuole la morale — di chi comanda ci insegno.

Questo pugno che sale — questo canto che va
è l’Internazionale, — un ‘altra umanità.
Questa lotta che eguale — l’uomo all’uomo farà
è l’Internazionale. — Fu vinta e vincerà.

Noi siamo gli ultimi di un tempo — che nel suo male sparirà.
Qui l’avvenire è già presente. Chi ha compagni non morirà.
Al profitto e al suo volere – tutto l’uomo si tradì.
Ma la Comune avrà il potere. – Dov’era il no faremo il sì.

Questo pugno che sale — questo canto che va
è l’Internazionale, — un altra umanità.
Questa lotta che eguale — l’uomo all’uomo farà
è l’Internazionale. — Fu vinta e vincerà

E tra di noi divideremo — lavoro, amore, libertà.
E insieme ci riprenderemo — la parola e la verità.
Guarda in viso, tienili a memoria — chi ci uccise e chi mentì.
Compagno, porta la tua storia — alla certezza che ci unì.

Questo pugno che sale — questo canto che va
è l’Internazionale, — un ‘altra umanità.
Questa lotta che eguale — l’uomo all’uomo farà
è l’Internazionale. — Fu vinta e vincerà.

Noi non vogliamo sperar niente. — Il nostro sogno è la realtà.
Da continente a continente — questa terra ci basterà.
Classi e secoli ci hanno straziato — fra chi sfruttava e chi servì.
Compagno, esci dal passato — verso il compagno che ne uscì.

Franco Fortini 1968, 1971, 1990, 1994.