La donna ha in una mano una piccola busta da cui fanno capolino dei fiori. Credo siano rose.
Inizio meccanicamente a cercare di ricordarne i vari significati: rossa è amore, passione; arancio bellezza, desiderio; bianca innocenza, amore puro; rosa amicizia, gratitudine; gialla gelosia, incertezza. Li avevo imparati per uno dei miei primi regali importanti su suggerimento di una seducente signora. Io sedicenne idealista e brufoloso, lei quindicenne innamorata dell'anima dei muri, la fioraia divertente, divertita e pettoruta.
Ritorno, con i pensieri e lo sguardo, alla donna. Ha una naturale eleganza che l'accompagna come un'aura tra la gente. Non credo sia molto anziana, non più di me di certo. I pantaloni chiari e la camicia rivelano un fisico ben curato. Eppure il suo volto appare stanco, quasi provato. Si ferma. Le dita corrono veloci a cercare qualcosa sullo schermo del telefonino, gli occhi rimbalzano tra quello e la strada. Forse rincorre un appiglio visivo che la porti in qualche luogo, forse attende qualcuno. Improvvisamente la vedo decisa. Il passo non è affrettato, l'andatura sinuosa. Non fa, però, in tempo ad allontanarsi da me, per svoltare alla sua destra, che una bici distratta le va addosso. Una ruota si intrufola tra le sue gambe.
Non succede nulla di grave per fortuna. Il giovane conducente chiede scusa e va subito via. I pantaloni della donna, però, si sono sporcati e a nulla serve cercare di pulirli. Lei reprime con garbo la sua stizza, io mi piego per aiutarla a raccogliere la busta sfuggita nel piccolo incidente. Faccio in tempo a osservare al suo interno, ancora intatto, un piccolo vaso di rose bianche.
La donna mi ringrazia con un sorriso, poi si allontana.
Ripenso al mio strafare da adolescente, avevo scelto rose rosse e bianche: amore indissolubile.
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