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30/06/08

por la paz y la libertad


"[...] Il comunismo, per me, è di natura ormonale. Oltre all'ipofisi, io ho nel cervello una ghiandola che secerne ragioni affinché io sia stato e continui ad essere comunista. Quelle ragioni le ho trovate, un giorno, condensate in un motto de La Sacra Famiglia di Marx ed Engels: "Se l'uomo è formato dalle circostanze, bisogna formare le circostanze umanamente". Le circostanze non le ha formate umanamente il socialismo pervertito [sovietico n.d.r.], e tanto meno le formerà il capitalismo, che è pervertito per definizione. Dunque, il mio cervello continua a secernere l'ormone..."

Intervista a Saramago tratta da Il Matematico Impertinente di P.Odifreddi

28/06/08

Pesci


Sopra la macchina da cucire ciò messo una bella boccia di vetro con due pisci rossi.
Girano girano e pari che nemmeno si guardano tra di loro. Certe volte però capita che si vanno a sbattere uno sopra allaltro ma è comu se capitasse per caso. Pecchè a loro in fondo non cinnifutti nenti uno dellaltro. O megghiu. Potissi anche dire che si vogliono bene. Ca sù amici. E macari è vero. Almeno fino a quando ci basta u mangiari.
Per cambiarci lacqua li metto in un bicchiere della birra che una volta Gionatan mi puttau dalla Germania. Mu resi arrirennu e nel mentre mi raccontava della neve e del ghiaccio e di come si riscaldava le mani sotto la gonna della figghia del suo padrone.
Oggi me le ricordo bene certe sue parole. Soprattutto quando alla televisioni vedo certi poveri cristi scinniri dalle navi.
Io ciò un telecomando che se munci un bottone tutto si ferma come a una fotografia e allora se capita cerco di viririci la faccia allemigranti.
E di questo mi immagino che farà la fine del mio amico e di quello che forse un giorno tornerà a sò casa. Poi ci su i picciriddi anche. Macari iddi scinnunu. Quando ce la fanno. Quando il viaggio arrinesci. Ma di loro non si può immaginari nenti.
Se mi avvicino con il mangiare i miei pisci si affacciano belli arzilli a salutarimi e spuntano tutte le bolle sopra allacqua. Allora io certe volte ci gioco che faccio finta e non ci mettu nenti nella boccia ma poi mi fanu pena e i lassu stari.

Immagine: Henri Matisse, Pesci rossi e scultura, 1914, The Museum of Modern Art, New York

26/06/08

Fosco Maraini

Fosco Maraini
(Firenze, 15 novembre 1912 – 8 giugno 2004)




E gnacche alla formica



Io t'amo o pia cicala e un trillargento
ci spàffera nel cuor la tua canzona.
Canta cicala frìnfera nel vento:
E gnacche alla formica ammucchiarona!

Che vuole la formica con quell'umbe
da mòghera burbiosa?E'vero,arzìa
per tutto il giorno,e tràmiga e cucumbe
col capo chino in mogna micrargìa.

Verra' l'inverno si, verra'il mordese
verranno tante gosce aggramerine,
ma intanto il sole schìcchera gigliese
e sgnèllida tra cròndale velvine.

Canta cicala,càntera il manfrore,
il mezzogiorno zàmpiga e leona.
Canta cicala in zìlleri d'amore:
E gnacche alla formica ammucchiarona!








Il lonfo

Il lonfo non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco, e gnagio s'archipatta.
È frusco il lonfo! È pieno di lupigna
arrafferìa malversa e sofolenta!
Se cionfi ti sbiduglia e t'arrupigna
se lugri ti botalla e ti criventa.
Eppure il vecchio lonfo ammargelluto
che bete e zugghia e fonca nei trombazzi
fa lègica busìa, fa gisbuto;
e quasi quasi, in segno di sberdazzi
gli affarfaresti un gniffo. Ma lui zuto
t'alloppa, ti sbernecchia; e tu l'accazzi.

25/06/08

Sicurezza

Tutti i reati sospesi dal decreto-vergogna di Pancho Pardi

Oggi in Senato la maggioranza ha approvato il decreto legge sulla sicurezza. Stabilisce che sono sospesi per un anno i processi per reati che prevedano una pena inferiore ai dieci anni, compiuti prima del 2002. L'idea sarebbe che i processi per reati di grave allarme sociale, e più recenti, potranno procedere con maggiore speditezza. Qui sotto un elenco che raduna i reati che vengono considerati di minore allarme sociale .

Sequestro di persona art. 605 c.p.
Estorsione art.629 c.p.
Rapina art.628 c.p.
Furto in appartamento art. 624 bis
Furto con strappo
Associazione per delinquere art. 416 c.p.
Stupro e violenza sessuale art. 609 bis c.p.
Aborto clandestino
Bancarotta fraudolenta
Sfruttamento della prostituzione
Frodi fiscali
Usura
Violenza privata
Falsificazione di documenti pubblici
Detenzione di documenti falsi validi per l'espatrio
Corruzione
Corruzione in atti giudiziari
Abuso d'ufficio
Peculato
Rivelazione di segreto d'ufficio
Intercettazioni illecite
Reati informatici
Ricettazione
Vendita di prodotti con marchi contraffatti
Vendita di prodotti in violazione del diritto d'autore
Detenzione di materiale pedo-pornografico
Porto e detenzione abusiva di armi anche clandestine
Immigrazione clandestina ( art.12 c.1 l. 286\1998)
Calunnia ( 368 c.p.)
Omicidio colposo per colpa medica
Omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale
Truffa comunitaria
Maltrattamenti in famiglia
Incendio e incendio boschivo
Molestie
Traffico di rifiuti
Adulterazione di sostanze alimentari
Somministrazione di medicinali pericolosi
Circonvenzione di incapaci

Il provvedimento permette di sospendere il processo Mills in cui il presidente del consiglio è imputato di corruzione in atti giudiziari

Tutte le sospensioni dovranno essere notificate, e così tutte le relative riaperture, se ci saranno. Con oneri altissimi. Poiché in un anno molti magistrati cambieranno posto o sede, i loro processi dovranno ripartire da capo. Decine di migliaia di parti lese non avranno giustizia.

Tra circa una settimana il provvedimento inzierà il suo iter alla Camera, prima in commissione e poi in aula.
Chi vuole manifestare il suo dissenso ha tempo per prepararsi.


Fonte: Micromega


Mi indigno e mi sdegno, poi getterò la spugna con gran dignità
[ music | Fabrizio De Andrè - "Don Raffaè" ]

Il decreto sicurezza. Berlusconi e soci ci hanno imperniato la campagna elettorale su questa cazzo di sicurezza. Città più sicure, dicevano, e ancora NON SO COME hanno ancora il coraggio di dire. Il loro decreto prevede la sospensione di un anno per tutti i processi per i quali la pena prevista in caso di colpevolezza è inferiore ai dieci anni, se il reato è stato commesso prima del 2002. Sospendere per un anno un processo significa possibile inquinamento delle prove, possibile insabbiamento, possibile fuga, possibile reiterazione del reato. Un reato del 2002 ancora impunito, sospeso per un altro anno, è praticamente impunità. Ora, se anche non fosse vero che tra questi ci sono reati commessi (o presunti commessi dal signor Silvio Berlusconi), mi sarei preoccupato/indignato di meno se il decreto avesse stabilito che tutti quelli che hanno come iniziali nome e cognome S.B. sono impunibili per volontà divina. Giuro, davvero la cosa che mi preoccupa di meno è il premier libero. Mi preoccupano molto di più i rapinatori, i violenti, gli spacciatori, i sequestratori e i pedofili (Art.572 Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli) in giro per la mia città più sicura. Poi dicono che uno pensa solo alle motociclette... e ti credo![...]


Fonte: Appunti d'oltresangue

Base 10


Ho 1 euro.
Posso comprare un cazzo con quello. Risparmiare?
Ho 10 euro.
Ecco la scelta. Un panino, una birra... e la scelta? Meglio non pensare.
Ho 100 euro.
Benzina, ricarica e furto di arance. Però non posso sbagliare.
Ho 1000 euro.
E' stato un affare. "Ehi, dico a te! Vuoi del fumo? E' buono, non ti preoccupare"
Ho 10.000 euro.
Ci sarebbe da fare un viaggio. Caricare e poi tornare.
Ho 100.000 euro.
Non potrei, ma se vuoi te li presto. Sei un amico e poi tua moglie è speciale.
Ho 1.000.000 di euro.
E camion. E un marocchino che li guida. E famiglie intere da trasportare.
Ho 10.000.000 di euro.
Lì c'era un parco, ma l'assessore ha capito. Non può rifiutare.
Ho 100.000.000 di euro.
Solo transazioni sulla rete, il mondo è globale.
Ho 1.000.000.000 di euro.
Credo nella buone relazioni. Nell'Italia. Nel sapersela cavare.
Ho 10.000.000.000 di euro.
Questo paese ha bisogno di me. Io vi farò sognare.

24/06/08

Il tuffatore



Qui la versione originale:

http://www.flaviogiurato.it/

e qui il testo :-)

All I wanted to be was a beautiful diver
All I wanted to be was a beautiful diver
Bound to believe there's nothing like being seen
In reveiling swimming tronks
Volevo essere un tuffatore
Con l'altezza sotto il naso ed il gonfio del costume
Volevo essere un tuffatore
Che si aggiusta e si prepara di bellezza non comune
E ora voglio essere un tuffatore
Per rinascere ogni volta dall'acqua all'aria
Voglio essere un tuffatore
Per rinascere ogni volta dall'acqua all'aria
Voglio essere un tuffatore
Per rinascere ogni volta dall'acqua all'aria
Voglio essere un tuffatore
Per rinascere ogni volta dall'acqua all'aria all'aria.

23/06/08

Felice Anicito


Aveva sei mesi che Felice Anicito era agli arresti domiciliari.
Una sera di un paio di anni fa tuttattorno il palazzo si presentò lesercito. Cerano quacche dieci macchine della polizia vicino al portone e una ventina di carusazzi con il cappuccio e il mitra che acchianavano di corsa le scale facendo voci.
Nessuno degli inquilini poteva entrare o uscire dalla propria casa pecché adue adue i polizziotti serano fermati in ogni piano. Cinque di loro se ne andarono invece a demolirici la porta.
Lui non voleva aprire. Diceva che se entravano sammazzava. Ma loro se ne fotterono. Scassanu tutti cosi con l'accetta e se lo portarono di forza.
Anicito era figghiu di un paesano. La sua famigghia era venuta a Catania pecché il padre era entrato al comune e subito ciavevano dato la casa popolare. Un giorno però a quel mischino lavevano trovato incaprettato vicino al cimitero pronto per la tomba come un paccorialu.
Quaccuno mi disse che non ciaveva voluto fare un favore allassessore che laveva fatto lavorare. Io penso che invece sera messo in testa di fare tutto quello che voleva senza chiederci il permesso a nessuno.
Così erano rimasti soli sua moglie e so figghiu di quattro anni.
Quandera giovane Felice era sempre in giro a fare festa. Conosceva a tutti e parlava in continuazione. Diceva minchiate e cose serie. Bazzellette e vanterie. Senza mai fermarsi. Lo sapevano tutti caricugghieva le borse dalle parti di Corso Italia ma con noi era stato sempre una persona squisita.
Ogni tanto partiva in vacanza e quacche volante passava a spiarici a sua madre per sapere dovera. Forse faceva carriera pecchè quando tornava era tutto abbronzato e chinu di regali.
I suoi amici lo chiamavano Cedda.
Non ci voleva molto a capire il motivo. Era giniusu e con il portafoglio a mantice. E poi anche la signora Nunzia un giorno parlando mi disse che tanti fimmineddi di sua conoscenza per curiosità nalliccata al cono di Felice celavevano data ma quasi tutte serano scantate di fari chiossai. Assupicchiava troppo materiale per un travagghiu pulito. Nunzia mi raccontò tutte queste cose ridendo e io non ci vosi spiari di più. Ma non è questa la cosa importante. Pecché alla fine Anicito si maritò lo stesso. Una bella carusa del suo paese che venne ad abitare al quarto piano vicino alla casa di sua madre.
E' stata lei oggi a trovarlo che pinneva dal tetto.
Erano sei mesi che non usciva. Erano sei mesi che diceva che stava impazzendo. Ora finalmente poteva stare mutu.

Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

22/06/08

Rosa Canta e Cunta


Stasera vado e corro insieme al vento
ad aprire le porte della storia.
Stasera, per un momento,
voglio ridare vita al passato e alla memoria.
Stasera, con la vampa dell'amore,
scavo una fossa al dolore.

C'è più dolore, c'è più tormento
che gioia e amore per l'umanità.
Non è il pianto che cambia il destino,
non è la paura che arresta il cammino,
apro i pugni, conto le dita
resto chi sono, scorro la vita.

Canto e racconto, racconto e canto
per non perdere il conto.

Nessuno ha benedetto il mio cammino
neanche la piccola mano di un prete
e vado ancora come va il vento
a cercare pace solo per un momento,
voglio spaccare… spaccare i cieli
per far piovere, piovere amore.

C'è chi ti inganna, c'è chi comanda
e chi in silenzio, zitto se ne sta.
È il potere che rafforza i potenti
è il silenzio che ammazza gli innocenti
apro i pugni, conto le dita
resto chi sono, scorro la vita.

Canto e racconto, racconto e canto
per non perdere il conto.

Sono venuta al mondo quando il "Vossignoria"
si profferiva ad ogni angolo di strada.
Tempi di abusi, di fame e di guerra,
sono cresciuta in mezzo ai malandati.
Lacrime mute ne ho piante, e quante,
la mia innocenza se la sono divisa in tanti

La cattiva gente, i prepotenti,
sono tanti e tanti in questa società.
Non è l'amore che cresce ad ogni angolo
ma il favore che elargisce chi comanda
apro i pugni, conto le dita
resto chi sono, scorro la vita.

Canto e racconto, racconto e canto
per non perdere il conto.

20/06/08

La picciridda - Fine -

Ogni tanto penso di smettere di fumare. Allora mi accatto il pacchetto da dieci. Quello nico che lo puoi mettere dappertutto e perderlo macari che spesso mi capita anche con gli altri più grossi ma con questo è più facile specie se ti sei svegliato con lidea di finirla di spendere quei soldi.
Quanto mi vengono queste fantasie sono bravo. Riesco a tenere preciso il conto delle sigarette che fumo. Almeno fino a quando finisce il primo pacchetto della giornata pecchè poi dopo mi confondo.

Quando rientrai a casa Suellen stava parlando con Concetta. Largomento manco a dirlo era Angelica. E se mangiava. E se dormiva. E se cacava.
Io ero ancora chino per le granite che mi ero calato e così ci dissi che sarei stato fuori e che tornavo nel pomeriggio.
"Ma unni tinnivai?" mi chiese Concetta.
Già! Dove me ne andavo? Io non cero abituato a furiare così tanto che la mia casa mi bastava e la paci macari che non ci vuole assai ad avercela se uno vuole. E allora ci risposi con una alzata di spalle che così senza chiacchiere fui di nuovo subito fora.
Penso di essere stato sempre in questo modo che mi piace a starmene per i fatti miei e da bambino sì ci giocavo a pallone ma poi me ne andavo a passiare in mezzo alla sciara e quando faceva scuro per farimi coraggio fischiettavo. Una cosa qualsiasi che tanto non era importante.
Ricordo che dalla finestra si vedeva tutto il mare e il faro anche. Lampeggiava. A me a volte quello mi sembrava come se mi stesse salutando. Altre invece pareva chiamarmi come se io dovevo aprire la finestra e raggiungerlo. Allora per non rispondere chiudevo gli occhi e aspettavo il tempo esatto. Quello che occorreva per non vedere la luce. Era quello il trucco. Lavevo imparato da solo. E funzionava.
Mah! Forse era meglio se andavo da Discreto. Così pensai e ci provai anche solo però lui non cera.
Sarà che è così con me il destino. Che quando ciò voglia di fare una cosa quasi sempre non marrisutta. Oppure è che le cose si devono fare senza dirle a nessuno. Neanche a se stessi.
Ero confuso. Potevo passare dalla Azzara per spiegarici ogni cosa e tentare di farici capire quello che era successo ma a quellora cera suo marito e sua figghia anche e forse non era il caso. Del resto di andare dallAlicata non se ne parlava nemmeno e tutti gli altri avevo poca voglia di vederli.
Fu così che senza sapiri come mi ritrovai sopra alla terrazza del palazzo.
Il boschetto delle antenne mi passi un poco sciupato. Qualcuna doveva essere caduta da tempo qualcunaltra si vedeva che lavevano proprio scippata pecchè era rimasto solo il ferro della base.
Tutto attorno a dove ero i palazzi invece erano aumentati. Ora parevano cristiani. Cummari che si sono incontrate prima del mercato e ritte in mezzo alla strada chiacchierano tra di loro.
Massittai appoggiando le spalle al muretto dove una volta ci stavano le giare e maddummiscii. Sognai anche. Ma ora non me lo ricordo che cosa. Quando finalmente mi svegliai il sole era girato e ora mi arrivava dritto in faccia. Una zazzamita coraggiosa si stava arrampicando sopra alla mia gamba. Mi stesi fermo fermo per non farla spaventare poi quando finalmente arrivò al muro mi susii.

Il Cavaliere era già a me casa. Mi pareva tranquillo. Forse Giorgi non era un minchiatario.
"Totò! Veni! Assettiti!"
Suellen mi guardava un poco timorosa. Quando però girava locchi verso di lui si vedeva che era felice.
"Allora... ce lo vuoi dire tu?"
"Io..."
"Non fare la carusidda ora! Forza!"
"Totò tu la terresti la bambina? Non è per assai però... e che io... io lo so che tu ci vuoi già bene e mi sintissi più tranquilla e poi appena tutto è sistemato io e Giorgi torniamo e la portiamo con noi e anche a te se vuoi che lamerica è grande e secondo me a tia ti piacerebbe... e io non te lavrei chiesto ma mia madre ciavi una tistazza di lignu e non si fida delle cose che ci dico e di Giorgi anche. Dice che lui mi fa solo sognare pecchè accussì ci veni meglio a... che insomma si approfitta di me e già i risultati si sono visti e io mi ritroverò male ma il Cavaliere invece lo sa che non è così e sarebbe solo per ora Totò! Solo per ora!"
"Vabbene! Vabbene! - Arcidiacono riprese in mano la discussione - Senti Totò la carusa avi raggiuni. Non se la può portare la nicuzza per ora"
Continuavo a non capire picchì non poteva. "Spiegatemi megghiu" ci dissi.
I due si guardarono nella faccia poi nello stesso momento sinniniscenu con un:
"Ora non è possibile!"
Una frase che non voleva dire niente ma in fondo a mia mi andava bene anche accussì.

"Blogger contro le morti bianche: Arrakis" di Kindlerya

Il 12 e il 13 giugno questo blog è rimasto oscurato per ospitare, il video mozzafiato di cui AltriOcchi aveva già parlato l'anno scorso, e che racconta il prezzo del progresso in Italia attraverso la voce di Silvestro, ex operaio che ha perso le corde vocali.
Andrea ha fatto tanto per realizzare questo reportage, con l'intervista del signor Silvestro e le meravigliose musiche di Leonardo Marzagalia, e ha deciso di diffondere il suo lavoro dal basso, coinvolgendo i blogger italiani attraverso un piccolo script che volesse dire "io ci sono, e voglio giustizia per queste persone". Il 12 giugno eravamo in 15, e il giorno dopo eravamo già arrivati ad una cinquantina, attraverso il passaparola. Ne ha parlato Repubblica.it, ne ha parlato RaiNews24, il Messaggero.it e molti altri siti e blog su cui si è continuato a commentare di questo fenomeno mediatico - ma contro la strumentalizzazione dei media tradizionali - che nel frattempo diffondeva immagini, suoni, storie ed emozioni in modo assolutamente gratuito e condivisibile. Un esperimento che in Italia
non ha precedenti.
E' un video che non puoi evitare di guardare attentamente, rapito, senza distrazioni, con gli occhi attaccati allo schermo. E' una rivelazione che riguarda un tema oggi più attuale che mai.
Grazie Andrea.

Ecco il blog di Arrakis.
Ed ecco il video di Arrakis su YouTube.




Fonte: Altri occhi

18/06/08

La picciridda - 15 -

Arcidiacono venne di capomatina. Aveva portato due granite di mandorla e quattro briosce di quelle tunne a forma di minna. Suellen non si era ancora arrusbigghiata e io ero mezzo rotto che avevo dormito sopra alla sdraio.
"E lei?" ci chiesi per cortesia ancora mezzo addumisciuto.
"Sono vecchio Totò. Non mi posso fare lignizione per il diabete a ogni momento"
Preparai rapidorapido il caffè e ci offrii una tazzina bella china. Io invece con il cucchiaino scavai un poco al centro del bicchiere con la granita e dopo ci versai il liquido che era rimasto nella cafittera.

"Novita?"
"Mah! Che ti devo dire... questo caruso... questo Giorgi... pari a posto. I miei amici alla base militare mi hanno detto che è uno che non fa casini. Però non lo sanno se è vera quella cosa delle telenovelle. Lui nei loro documenti ci spunta che è un meccanico"
"Un minchiataro insomma" Mi scappau così di getto questa cosa. Ma era che un poco lavevo sempre pensato.
"Non è detto Totò. Non è detto. Ora aspetto una telefonata dallamerica. Te lo ricordi a Anselmo? Il figghio della Zia Nedda quella che vendeva i muluni che sera maritata con Cola. Quello vedovo. Il figghio della bonanima di Tano u sciancatu?"
Non lo sapevo proprio di chi parlava ma ci feci segno di sì prima che iniziava la lista come nella bibbia.
Sicuro della mia conoscenza il Cavaliere continuò:
"Lui è stato sempre un bravo sarto. Uno dei migliori. Pulito. Preciso. Ora ci fa i costumi allamericani dei filmi e insomma ha tanti amici in quel posto - e qui Arcidiacono fici una risata che non riuscii a capire - che se questo Giorgi è un minchiataro lo scopriamo presto"

Avevo inzuppato troppo la brioscia e ora la tenevo in mano sopra al bicchiere che aspettavo che sculava. Mero conservato la punta della minna però che quella mi piaceva mangiarla da sola.
Finalmente anche Suellen si susiu.
Si presentò con una magliettina e le mutande però appena vide al Cavaliere se ne andò di corsa in bagno a darisi una sistemata e a vistirisi macari. Quando turnai Arcidiacono accuminciò a parrari:
"Ho i biglietti e il passaporto. Per la bambina ci vuole il permesso alla polizia. Però se decidi di portarla te lo faccio avere subito. Che vuoi fare?"
"Io non lo so. E se poi succede qualcosa? E se la devo lasciare per lavorare? Se sammala? Io volevo che la teneva mia madre... ma lei..."
Lui la guardò perplesso. Non lo so se pensava quello che ciavevo io in testa ma poi dopo mi diede unocchiata veloce mi fece un sorriso e ci rispose.
"Tu non ti devi preoccupare che Angelica non rimane da sola. Che poi non si chiama Angelica vero?"
"No"
"Bene! Vorrà dire che fino a quando rimane qua sarà Angelica e poi quando deciderai di portala con te sceglierai tu"
"Ma picchì come si chiama?"
Non è che ciavesse tanta importanza alla fine ma mera venuta la curiosità di sapere.
"Angelica! Pittia è Angelica Totò!"
Il Cavaliere ci fece quanche altra domanda su Giorgi e io lo sapevo dove voleva arrivare solo che lei tirò fuori solo le cose che già conoscevamo.
La mia granita era finita da un pezzo e Suellen aveva lasciato più di metà della sua. Che spreco! Ci resi una spazzolata veloce che era quasi tutta sciolta e maddumai una sigaretta. Arcidiacono sera già alzato per andarsene.
"Oggi pomeriggio torno e tu mi devi dare una risposta precisa per la picciridda. Occhei?"
"Sì sì certo"

I cinquecento euri erano ancora nella sacchetta. Ciavevo la luce e lacqua da pagare e listituto delle case popolari macari che ultimamente quei mangiatari erano diventati più affamati e stonavano la testa un giorno sì e uno no. Certo forse sopra a tutte le fammigghie saranno stati una decina a pagare però faceva rabbia lo stesso che con quello che niscevo di soddi io non ciavevo visto fare mai un lavoro al mio palazzo o alla strada sotto.
Anche le pulizie li pagavamo noi. A uno indiano che aveva portato Amato. La signora Ampecchi non laveva volute fare.
"Io qui ci abito. I facissi qualcunaltro queste cose" Così aveva detto e non aveva voluto cambiare idea.
Pensai nella mia testa se a casa avevo bisogno di qualche cosa. Avevo ancora i buoni per il supermercato che maveva dato il cavaliere e perciò era inutile scangiare per quello gli euri.
Decisi che ci dovevo fare un regalo a Suellen per la partenza. Ma cosa? Io non me ne intendevo di vestiti o di trucchi o di altre cose per le fimmine. Potevo andare da Amato a chiedere. Lui di sicuro qualche idea la trovava e poi secondo me era anche giusto dirgli come era andata a finire collAlicata.

"Oh! Totò! Entra! Entra! Accomodati"
Amato ciaveva una vestaglia leggera tutta acculurata e sotto si vedeva che portava sulu i mutanni. Forse anche lui sera appena svegliato.
Chissà come campava questo cristiano. Io non lavevo mai capito che tutte le volte era assittato davanti al compitere e altro non faceva. Chiaramente sapeva già tutto di Suellen e io lo dovetti informare solo di poche cose. Però a pinsarici che palazzo di cuttigghiari era quello!
Ci misi poco a spiegarici cosa mi serviva. Lui ancora non maveva chiesto niente dellaltra cosa ma di sicuro non selera scordata. Lo conoscevo bene che lui era troppo riservato per chiedermi notizie così direttamente e che invece avrebbe approfittato di qualche parola che prima o poi sarebbe uscita per farmi le domande giuste. Bene! Meglio così!
Dopo tannicchia di silenzio che si vedeva che stava pensando mi rissi:
"Che ne dici di un lettore emmepitre?"
"Emme chi?"
"Emmepitre Totò! E' come una radio piccola con le cuffie solo che dentro ci metti le cose tue che hai registrato"
"E che se ne fa lei?"
"Si può ascutari la musica. Quella che gli piace. Ci penso io per questo! Anzi... a pensarci meglio... proprio laltro giorno mi sono scaricato un corso dinglese che prima o poi ci volevo provare a imparare questa lingua. Potrebbe seguirlo lei con il lettore. Di sicuro ci servirebbe allinizio"
Chi parrava difficile Amato. Lo sapevo che forse ciaveva ragione ma erano cose troppo complicate pimmia.
"Ma se invece ciarrialassi un bello completino con il reggipetto e le mutanne e il pigiama macari? Secondo te non ci piacerebbe chiossai? Lo sai come sono le fimmine che è come se a un bambino ci arriali una bella palla per giocare"
Mi guardò un secondo poi forse mi diede ragione perchè subito sinniu davanti allo schermo e mungennu un paio di tasti mi fici vedere fimmine bellissime che sfilavano quasi a nura davanti a tante persone. Taliava lo schermo e taliava a mia. Poi quando vedeva qualche espressione strana nella mia faccia spingeva un altro tasto e spuntava il modello e il prezzo. Ma quanto costavano quei pezzi di stoffa? Mah!
Oramai era deciso. Dopotutto non me li ero nemmeno sudati quei soldi e potevo spenderli come mi pareva.
"Ma ora come paghiamo? Cè qualche puttuso nel compiutere dove ci vanno messi gli euri?"
Sammazzau dalle risate.
"No Totò! Non cinnè puttusi! Non qua almeno. Dammilli a mia che ci penso io"
I 500 euri passanu dalla mia sacchetta alla sua e mi diede il resto anche mentre lui trafficava con un pezzo di plastica e dei numeri.
"Uso la mia carta di credito" rissi guardando la mia faccia dubbiosa "la settimana prossima arriva tutto per posta"
"Così tardi?" Il biglietto dellaereo era per domenica e non aveva senso un regalo fatto dopo la partenza che non sapevo nemmeno dove spedirlo.
"Aspetta! Ora vedo che si può fare"
Amato mungiu ancora e poi ancora fino a quando si girò tutto soddisfatto verso di mia:
"Dammi trenta euri!"
" Picchì?"
"Così li facciamo arrivare prima"
Ci diedi quando mi aveva chiesto. Merano rimasti solo i soldi per una stecca di emmeesse e quella subito dopo andai a comprare.

17/06/08

La pazza


Ci ritrovavamo spesso d'estate a pranzo da mia nonna. Si giocava, si mangiava, si diventava grandi. Lei, minuta ed in nero come ogni donna-icona siciliana, ci accoglieva con i suoi capelli bianchi raccolti sulla nuca e gli intingoli a cuocere sulla vecchia cucina a legna.
Pochissime volte sono riuscito a veder libere quelle chiome: erano lunghissime e folte. Magnifiche. Amo pensare che quello spettacolo sia stato il suo regalo allo sposo, nelle notti d'amore.
La sera, per chi di noi restava, c'era il "cuttigghiu". Ci si raccontava la vita dei vicini o degli avi sperando nel frattempo (anche quella sera, anche quella volta) in una leggera brezza di vento. A volte le storie si ripetevano uguali, altre si rincorrevano in versioni sempre nuove, alcune volte tacevano.
Era già la fine di Settembre ed io non potevo aspettare oltre. Le chiesi, con noncuranza, di quella finestra sempre chiusa al primo piano, indicandola con il dito.
Faceva parte di un vecchio palazzo che sorgeva di fronte casa sua. Davanti ad esso un piccolo giardino. Un nespolo, aranci, ma soprattutto un banano; i suoi frutti erano piccoli e deliziosi (sarà il ricordo, o l'età, ma non credo d'aver mangiato mai cosa più gustosa). Il verone che dava su quel giardino era sempre vuoto ma ciononostante l'abitazione non pareva abbandonata. Era stata quest'ultima considerazione a far nascere la mia curiosità.
"E' la casa della pazza." Rispose lei abbandonando, solo per un attimo, il lavoro ad uncinetto. Non mi bastava e lei davanti alla mia faccia dubitante sembrò rendersene conto.
"Lì abita la famiglia Xxxx, il padre è un avvocato ed hanno, anzi avevano, un'unica figlia: Clotilde. Era bellissima e intelligente anche. Le suore, mi aveva raccontato un giorno suo padre, erano state costrette a farla studiare da sola per consentirle così di apprendere cose nuove (talmente evidente era la differenza con le altre alunne) e quando era entrata all'università subito aveva stupito tutti per le sue capacità. Un giorno, purtroppo, le malelingue iniziarono a raccontare in giro di un amore tra lei e un professore sessantenne e i genitori si precipitarono ad impedirle ogni cosa, fino a non permetterle più neanche di continuare gli studi. Lei sembrava aver accettato tutto. La scorgevo seduta a quella finestra; sempre intenta a leggere, senza pause, senza svaghi. Erano passati circa otto mesi dall'inizio della sua clausura quando accadde l'irreparabile.
Era appena sonata la sesta, la gente iniziava a ritirarsi a casa dal mercato del lunedì. Io aspettavo qui davanti il nonno per andare a prendere l'acqua alla fontana e non lasciar sole le tue zie.
La vidi alzarsi dalla sedia, bloccare, con quella, le imposte dall'esterno e, affacciandosi al balcone, iniziare a spogliarsi lentamente, come se aspettasse quella gente che, puntualmente, si radunò davanti al giardino.
Sentivo le voci dei suoi genitori chiederle di aprire, urlarle di smettere, ma lei proseguì in silenzio fin quando non fu completamente nuda. Aveva un corpo splendido. Da sotto, dopo i primi lazzi, non era giunto più alcun rumore, la folla pareva pregare muta una madonna.
A spezzare quel momento fu il rumore dei vetri infranti, il cedere degli scuri, le urla della madre, la misera forza del padre che, senza alcuna resistenza, la ricondusse alle proprie stanze. Ecco, questa è la storia di quella casa, ed ora, che hai da chiedermi?".
Rimasi in silenzio, poi volli chiederle se qualcuno l'avesse più rivista.
Improvvisamente si rabbuiò come se solo allora si fosse resa conto di aver evocato un fantasma."Tuo nonno... credo".
Si fermò, poi iniziò a parlare d'altro con le zie e mia madre, come se quella risposta fosse stata sufficiente a saziarmi.
"Nonna! Nonna!" urlai. Dieci occhi scuri si fissarono su di me.
"Nonna -continuai- ma... allora?".
Sulle sue labbra una strana smorfia simile ad un sorriso: "Perchè?" stranamente mi domandò. Non sapevo cosa risponderle.
" Mamma sei stata tu ad incuriosirlo- disse, spiccia, Zia Mela- vuoi che gli parli io di quell'incontro?". Mi sembrò che ridesse.
La nonna si alzò senza rimbeccarla, come era invece solita fare. "Vado a prendere dell'acqua fresca" disse, ma già la zia aveva iniziato un nuovo racconto.


Fonte immagine: Santiago Caruso

16/06/08

14/06/08

dire, fare, baciare



cazzo non so neanche chi sono
hai pensato mai alla defizione stronzo?
non scherzare
e perché dovrei?
ma vaffanculo pure tu!
ok! se così vuoi
no, scusami ma...
fermati, ricapitoliamo prima
cosa?
quello che vuoi
un elenco qualsiasi?
perché no?
continui a prendermi in giro, non è vero?
se può tranquillizzarti
va bene, provo a seguirti... però devi essere tu
a fare cosa?
devi indicarmi tu da dove partire
oh se è per quello... niente di più facile
cioè?
dire, fare, baciare
sei uno stupido
so
ok comunque, partiamo

le cose da dire sono sempre tante. non riesco mai a dirle però. le penso. sì. questo sì. e poi le faccio oscillare come una amaca. e loro stanno quasi per cadere. ma il dondolio si arresta. ieri non ti ho detto che ti amo. oggi potrei dirti che vorrei essere lasciato solo. la minaccia più grave è il volare dei calabroni. li senti? eppure qui. nella mia testa.

fare. fare cosa? un cazzo vorrei fare. so fare. fai la ninna fai la nanna. fare l'amore. fare il pirla. non ha voglia di fare. sì. non ho voglia di fare. mi aiuti? che la prima volta che ho detto mi aiuti ho imparato a smettere. ma non puoi fare sempre tutto da solo. e non so fare. non sai fare. ammettilo. fare baldoria. fare casino. farsi fare. farsi.

oh come era bello. oh che bei ricordi. stronzate. baci carezze e sventole. non hai mai baciato? no. è grave? cazzo vuoi. perugina e cinema paradiso allora. e klimt. perché klimt? mah! alcune volte baciando è come poggiare la lingua sulle pile. era per vedere se fossero cariche. funzionava ricordo. eccolo di nuovo qui. cazzo ricordi stronzo. eri piccolo. apri le gambe. fatti baciare. pile. puff.




Fonte immagine: Luciano Lozano

12/06/08

La picciridda - 14 -

Non cera tempo da perdere. Dovevo passare di casa a cangiarimi?
Mi resi una ciaurata di nascosto che ero in mezzo alla strada e decisi che potevo andare bene. Arrivai però così in anticipo. Nella foga di fare presto sarà che non me nero accorto di correre. Però anche lei! Si poteva spicciare. Era già più di un quarto dora che ero lì.
Dove la portavo? Ci dicevo di restare in macchina? No! E con quale scusa? Meglio indirizzarla veramente verso qualche cinema e poi strada facendo... e se spuntava con suo marito? Lavevo scoperti i giochini che ci piaceva fare a quei due ma pinsai che ci dovevano essere arrivati a capire che a me non minteressano quelle cose. Certo però che non melaspettavo questa nuova occasione!
Mappoggiai a un muretto. Non sapevo proprio che fare. Nel cielo stavano nascendo le prime nuvole.
Una volta me lavevano spiegato tutto il meccanismo che cera dietro a quelle striscie bianche nellaria ma io ho sempre pensato che era più bello immaginare a qualcuno che se ne occupava lui di quelle cose. E questo cristiano destate andava in ferie come a tutti noi e quando riprendeva lo faceva piano piano che purazzo si doveva riabituare a ventiquattro ore di lavoro.
Machine cenerano poco a quellora che quella non era una strada molto trafficata e da dove ero messo io potevo controllare quelle che niscevano dalla traversa che interessava a mia. Di Margherita però dopo tre quarti dora non si vireva lombra.
Non me lo ricordavo preciso dove avevano il garage. La machina quella la conoscevo. Era una Uno blu con unammaccata nello sportello del guidatore. Era capitata tanti anni prima quella botta ma non lavevano mai aggiustata.
A occhio e croce era passata più di unora. Forse unora e mezza.
Mi ero sbagliato? Unaltro po'! Unaltro po'! Ripeteva qualcuno nella mia testa.

"Totò che ci fai qua? A cu aspetti?"
Era Antonina Ampecchi che si stava ritirando da qualche condominio di quelli dove puliziava le scale.
"Aspittavo a tia! Me lo dai un passaggio ca mi sentu stancu?"
"Acchiana"
Dentro lauto cera il classico odore delle scale appena lavate solo che era tanto forte che quasi furiava la testa. Mi veniva da vomitare.
"Che ti succede stai male?" mi disse lei che aveva visto la mia faccia addivintari tutta ianca.
Io avevo aperto il finestrino.
"Nenti nenti non ti preoccupari ora passa..." ma non fici in tempo a rassicurarla che partiu la prima boccata.
Il portone per fortuna era aperto. Di corsa accuminciai a farimi le scale per arrivare nel bagno di casa mia a completare quel disatro.
"Totò!"
Margherita Azzara tutta impillicchiata e ciaurusa stava scendendo come a una stella del cinema.
"Io credevo..."
"Ma non ciavevi un appuntamento?"
Mi guardò come si guarda un pezzente. Ero tutto sudato. La bocca mi puzzava e qualche schizzo di fitinzia acculurava la mia camicia.
"Ma io..."
"Tu si scemu figghiu mio! E io più scema di te! Ma come? Un quarto dora fa tu..."
Non mi fici dire niente. Tornò indietro verso casa sua e sintii chiudere con forza la porta.
Io ero rimasto fermo come a uno stoccafisso. Allimprovviso mi resi conto che ciavevo ancora voglia di vomitare.

Non lo so più se ciaveva ragione lei o io. Ho scoperto che il tempo alla fine è come uno lo tiene dentro e ce nè sempre poco o suppecchiu per tutte le nostre cose.
Mi resi una sistemata e mi cangiai. Oramai anche questa seconda occasione era persa e non ciavevo più voglia di fare discussioni
con la signuruzza del piano di sopra.
Suellen sera misa a cucinare e tutta contenta la vedevo trafficare tra il tavolo e i fornelli.
Non maveva chiesto niente di quel pomeriggio e niente io avevo voglia di cuntare.
"Totò ma tu come fai senza telefono?"
Mi fece quella domanda allimprovviso come se solo in quel momento si fosse resa conto di quella che lei giudicava una stranezza.
"E a che mi serve?"
"E se ti cercano?"
"Cui?"
Era stato un giro di domande che neanche alla giostra con i cavalli uno ci arrivava a quella velocità. Comunque finiu accussì la nostra discussione che per evitare problemi addumai la televisione e ficimu cena guardando disastri e facci di minchia.
Angelica sarrusbigghiau che cera un quiz che si vincevano soldi ma lei cercava solo le minne di sua madre che ancora era salva da queste cose inutili. Quando finì Suellen me la vosi mettere in braccio per addommentarla di nuovo.
Comera morbida. E calda anche. E niciula niciula che anche se non era la prima volta avevo sempre paura di poterle fare male.
Con la sua testa sopra alla mia spalla e un passo avanti e uno indietro mi passau tutto:
"Oh... oh... oh!" ed ogni cosa aveva senso
"Oh... oh... oh!" ed ogni cosa non cillaveva.

11/06/08

La picciridda - 13 -

Arrivai giusto in tempo a casa che spuntau Arcidiacono dietro alla porta.
Sera liberato di Nunzia e per un po' mi aveva anche aspettato ma poi troppo curioso per non cercare di sapiri le novità mera venuto di nuovo a cercare. Lo anticipai di netto:
"No! Non è lei"
"Picchì? Come puoi essere sicuro?"
Nella mia testa avevo già deciso che quelle dellAlicata non erano storie che mi riguardavano e neanche a loro dovevano interessare.
"Lo so e basta"
"Che significa Totò?"
Quando si faceva incazzusu al cavaliere ci addivintava mezza faccia rossa. Forse ciaveva qualche problema di circolazione pinsai mentre continuavo a starici davanti come se lui non si stesse rivolgendo a me.
"Pecchè io lo so chi è la madre"
"Davvero?"
Chi fissa! Questa proprio non se laspettava e il risultato fu quello giusto che ci passanu tutte quelle fisime che aveva in testa. Se cera da risolvere questa storia lunico poteva essere lui e per questo mi ero deciso a dire quello che sapevo. Chiamai le due picciridde che stavano ammucciate nella stanza da letto e aspettai di vedere la faccia a pisci morto del panzone.
Suellen non sembrò affatto sorpresa della mia trovata. Dopo avere salutato come fanno i carusiddi quando in classe entra il preside cominciò a parlare. Assittato bello comodo Arcidiacono ascutava serio serio. Ogni tanto si arrattava il naso o la fronte come se stesse pensando a cosa fare e una sola volta stava quasi per fermarla ma poi però non disse niente.
La mammina dal canto suo si sfogò per bene che a furia di sentiri il nome di Giorgi ammia mi venne lansia.
"Quando sono scappata era perchè io lo sapevo che mia madre non avrebbe voluto. Lontana da casa e con un niuro per giunta non me lavrebbe perdonato mai... come una di quelle. Come una di quelle mi avrebbe trattato ma io mi sono sposata... cè lo detto a lei... e anche voi lo dovete sapere questo. E' stato facile e la religione sua lo permette anche se ancora non ce lho le carte per dimostrarlo che lui è mio marito. E poi quando è nata la picciridda ho pensato che tutto si poteva sistemare... e insomma è sua nipote... un po' di amore penso che dovrebbe essere naturale. Vossignoria non ci voli beni ai suoi nipoti?"
Era da un cafolu di tempo che non sentivo più quella parola. Vossignoria. Pensavo che non si usasse più e che i giovani non la conoscessero ma Suellen ce la mise con tanta furbizia dentro alla sua storia che visti Arcidiacono susirisi di scatto tutto impettitto come a un granduomo e avvicinandosi tutto serio alla carusa dire:
"Non ti preoccupare. Ci penseremo noi. Tu non ti preoccupare"
Ma noi chi? Mi venne da pensare ma subito scartai questa preoccupazione che già ciavevo i miei cazzi. Non potevo essere io. Forse voleva dire lui e lamici suoi e questo mi sembrò più logico.
Arcidiacono si fece dare di nuovo tutti i nomi e le notizie importanti e se le appuntò in un pezzo di carta che tirò fuori dallinterno della giacca. Poi rimise lo stesso foglio nello stesso posto da dove lo aveva preso e si preparò per uscire.
" Allora... tu per ora rimani qua con Totò - e mi diede unocchiata che voleva dire tutto- io invece cerco di aggiustare tutta questa faccenda. Però devi dirmi una cosa in sincerità. Tu te la vuoi portare alla nicuzza nellAmerica? Sei sicura?"
Mi sembrò strana quella domanda. Forse che lui aveva capito qualche cosa a cui io non ero arrivato?
Suellen giocava con una tazzina che era ancora sopra il tavolo e dava limpressione di non stare sentendo niente.
"Non lo so" ci nisciu alla fine dalle labbra. Come un sospiro a forma di voce.
"Bene se è così non cè premura. Diciamo che per ora cercherò di farvi partire insieme e quando sarà tutto pronto mi darai la risposta - poi rivolgendosi a me concluse- nel frattempo tu Totò comportati bene che ora sei due volte papà" E mi schiacciò locchio prima darririri come se
avesse fatto una battuta indimenticabile.
Feci un sorriso anchio e lo accompagnai alla porta. Avevo bisogno di stare un po' tranquillo.
Ora che la cosa era ufficiale non cera più bisogno che nascondevo le mie inquiline e accussì aspettai un attimo e uscii anchio per andare da Nunzia a sentiri che cosa voleva.
Prima però avevo bisogno di una passeggiata e di calmarimi che in fondo il Cavaliere non ciaveva tanto torto su certi miei pensieri.
Pigghiai lautobusso e decisi di andare verso il centro ma no nei negozi che non ciavevo niente da comprare e neanche i soldi. Volevo arrivare al lungomare. Assittarimi in mezzo agli scogli.
Cè una cosa che mi fa impazzire del mare. E' lacqua che scava i puttusi nelle rocce e si muove e va avanti e torna indietro che al confronto è proprio niente tutta la confusione che facciamo. Anche quando è tranquillo come in quella giornata il mare non si stanca mai. Io ciò un posto dove nessuno mi può vedere dalla strada e quando arrivo là sto fermo senza fari nenti che tutto è inutile.
Certe volte arrinescio senza volere pure a non fumare pecchè mi sono perso dentro a qualche sogno a pelo dacqua o che sto fissando una barca lontana oppure che gli spruzzi delle onde giocano cummia.
Quel giorno però qualcosa non andava. Ciavevo una frinisia nella mente e in mezzo alle gambe che conoscevo bene e cera sulu un modo per astutarla.
Si stava facendo scuro. Pigghiai lautobusso del ritorno e mi firmai da Nunzia. Cera anche Margherita da lei che si stava facendo una giocata. Appena mi videro entrare ciarrirenu locchi a tutte e due.
"Finalmente! Che ci vuole per parlare con te? Lo vedi a questo Margherita? Ciavi la fortuna nella testa però fa finta di non saperlo che accussì il mondo non ci prende linvidia di lui..."
Margherita arrirriu e mi resi una taliata come per dire che lo sapeva anche lei.
"... e scommetto che non è solo nella testa che non se la passa male" Aggiungiu quella malarucata.
Se cercava di farimi imbarazzare cera riuscita.
"Vabbene! Torno chiù tardi" ci rissi che già ci bastava il culo magnifico dellAzzara a farimi innervosire.
"Ma unni scappi? Veni cà che ti devo dire una cosa"
Margherita faceva finta di scegliere un portafoglio nuovo per suo marito ma lo sapevo che lei era piu curiosa di mia.
"Te li ricordi i numeri che mi hai dato? Nisceno tutti e tre! Mi facisti pigghiari un bel terno sicco Totò! E penso che questi te li sei meritati!"
Dalla sacchetta della camicetta tirau fuori una banconota. 500 euri. Novinovi come non lavevo mai visti.
Margherita si fici chiù vicino e io allungai la mano per pigghiarli. Inutile fare tanti storie. Se Nunzia aveva deciso così voleva dire che come minimo aveva pigghiato dieci vote tanto e a mia mi servivano.
"Che ti posso dire? Grazie! Ma tu te li iochi sempre le storie che ti racconto io?"
"Ma chi dumanni fai? Scemo! Perchè non dovrei? Diccelo anche tu Margherita! Non ti pari giusto fare accussì?"
Ma picchì tirava in ballo sempri a Margherita? Non lo vireva come mi faceva surare quella fimmina? Lilluminazione mi venne allimprovviso. Approfittando che era entrato unaltro cliente ci rissi piano allAzzara.
"Stavo pinsando di fari una passiata al cinema perchè non mi fai compagnia?"
Era dal giorno che ciavevo cuntato una favola a sua figghia che non ci parlavo così con quella donna. Lei accalau la testa poi a vuci di testa ci disse a Nunzia.
"Questi portafogli non mi piacciono! Sai cosa ti dico? Approfitto che la picciridda è a casa della nonna e me ne vado al centro. Però prima passo dal benzinaio allangolo che allora non ciarrivo con la macchina"
Nunzia non ci rispose niente ma appena lei nisciu prima mi sorrise tutta soddisfatta e poi mi lassau perdere.

08/06/08

ME SIM ROM

1) Circolo "Giustizia e Libertà" di Sassari <- Fonte
Dalla mailing list dell ANED di Torino riproduciamo con il cortese consenso dell'autore; ma soprattutto con l'invito a seguirne collettivamente e individualmente l'esempio.

Anche perchè in questa Italia non c'è motivo di vergognarsi a essere schedato come Rom: molto di più ce n'è ad essere, che so, leghista.... fascista... Se dobbiamo dire chi davvero sono i nostri compatrioti, non c'è dubbio nella scelta.

Anche perchè l'abbiamo fatta tanto tempo fa, noi: quando a sinistra eravamo già des juifs allemands, gli attuali Tutori della Sicurezza facevano il saluto romano e scrivevano sui muri "Ebrei al forno". Ne hanno da imparare, poveretti ...

* * *

Franzese 01

From: Sergio Franzese
Date: 2008/6/6
Subject:
sono zingaro / me sim rom


Da oggi in poi il mio documento di cittadinanza italiana attesterà anche la mia condizione di "zingaro"…


Se la schedatura dei Rom si estenderà sul territorio italiano come è avvenuto oggi a Milano, dove rom cittadini italiani (tra cui ex deportati, figli e nipoti di internati morti ad Auschwitz-Birkenau) sono stati censiti e fotografati su base etnica, mi presenterò anche io in Prefettura chiedendo di essere schedato.

E spero che allora saremo in molti pronti ad affermare di essere Rom …

Sergio Franzese


2) EVERYONE <- Fonte




3) ETNIE.ORG <- Fonte


Petizione Fotografica

Ciao a tutte/i
la campagna prosegue molto bene, con una buona risposta della gente.
La prossima settimana dopo altri 3 giorni in piazza Repubblica, iniziamo
anche il banchino itinerante, gireremo per le piazze di Firenze per fotografarvi tutti!
Potete vedere le foto fatte fino ad oggi su http://ilprossimosonoio.blogspot.com/
Quando ne avremo migliaia realizzeremo un mega collage in piazza Signoria.
Chiunque sia a conoscenza di iniziative che possono ospitarci e chi vuole iscriversi ad una mailing list in cui faremo
girare tutta l’informazione di base (non manipolata) può mandare la propria email a info@etnie.org

Invitiamo le associazioni che vogliono aderire alla campagna a contattarci e a mandarci al solito indirizzo il proprio link essere linkato al blog.

Ci vediamo Lunedì alle 16,00 in piazza Repubblica!



07/06/08

La picciridda - 12 -

Quando arrivai nel pianerottolo davanti alla mia casa la porta dellascensore si stava aprendo.
"Totò! Dove sei stato? Sono tre ore che citofono!"
Cu minchia era? Il cielo sera fatto scuro e la luce del condominio nel pomeriggio non cera nessuno che lattaccava. Ciavevo poi anche la testa che mi faceva male e mi furiava come una trottola per la botta che avevo preso e quella voce in quel momento non mi diceva proprio nenti.
"Totò! Totò! Macchiffai dormi? Ora capisco picchì sogni sempre"
"Nunzia!"
Un attimo di lucidità mi aveva fatto pigghiari ciato.
"Senti Totò ti devo dire una cosa. E' importante! Mi fai entrare?"
E come facevo ora? Il uochitochi era muto e sarà che sera sfasciato ma anche da dietro alla porta non se ne sentivano voci. Forse Suellen aveva capito e si era ammucciata ma potevo rischiare? E la bambina? In fondo Nunzia non era del palazzo e non doveva sapere. Fu il Cavaliere a salvarmi. Penso che fosse curioso di sapere comera finita la storia del filmino e per questo spuntò intrasatta dalle scale. Appena però vide a quella vicino a mia con lesperienza del vecchio lupo cercò di mascherare ogni cosa.
"Nunzia cheffai non apri oggi?" ci disse con una di quelle domande che domande non sono.
"E' ancora presto. - arrispunniu lei tutta seria - Cinque minuti me li posso permettere"
"Allora visto che è così venite con me che a te ti offro un caffè e ti rugnu le giocate che avevo preparato e a Totò invece ci faccio assaggiare un liquore speciale che mi hanno regalato"
"No! Non posso Cavaliere. Veramente" Io ava parratu ma tanto per cambiare non ciavevo capito niente delle sue manovre.
"Ecchè ci vuole?" ribattè allora lui facendomi locchiolino.
"Vabbene. Vabbene. Aspettatemi a casa però che io devo entrare per forza".
Dissi questultima cosa facendo un sorrisetto da teatro e stringendomi le cosce come a una fimminedda.
"Ma io..." si lasciò scappare Nunzia. Però dire di no a Arcidiacono non era una grande spittizza e così la poverina lo seguì ricordandomi solo sottovoce che non me lo dovevo scordare. Che mi doveva parlare. Che era importante.
Trasii subito e mi misi a cercare. Madre e figghia erano sparite che come ci potevano essere riuscite in quelle due stanze era un mistero.
Minchia! E se selera portata? Difficile a quellora non farsi vedere dentro o fuori il palazzo. Allora? Ma certo. Di sicuro erano dalla nonna. Comè che non ciavevo pensato?
Niscii di nuovo e di corsa mi fici le scale senza nemmeno aspettare lascensore che più tempo passava e più mi sembrava che mi mancava la picciridda.
Quando suonai alla porta mi rapenu subito. Nemmeno se ciavevano la sfera magica. Comè che potevano essere sicure che ero io? Fimmine! Giurai a me stesso che appena questa storia sarebbe finita avrei tentato di battere il record delle casce di birra con Discreto.
"Entra Totò! Entra!"

Assittato nella curva del salotto quello messo nella stanza dove cera la televisione taliavo le tre fimmine. Mi parevano come a un quadro antico.
Anzi sono sicuro che una cosa simile lho vista dentro a qualche chiesa o alla televisione macari quelle certe volte che mi addummiscio e mi risveglio di notte tardi che a volte nel vetro cè qualche documentario con i pittori.
Loro erano mute. La madre con Angelica in braccio che seguiva la figghia e ogni mio movimento e la nonna misa dietro di loro che non levava gli occhi di supra a loro.
Era in quel momento come quando a fine anno aspetti il botto del tappo della sciampagna e quello non arriva e tu avresti proprio voglia di quella liberazione.
Dopo tannigghia di quellattesa fu la carusa a espodere.
"Forza diccelo tu! Diccelo come è andata!"
Suellen continuava a fissarmi però nello stesso tempo si sapeva che quella frase era indirizzata a sua madre e tutta questa scena un poco mi imbarazzava che se fossi stato sicuro per tranquillizzare a tutti ce lavrei cuntato io come erano andate le cose e invece lAdonia sembrò convincersi e attaccò tutta una tiritera sopra agli ultimi avvenimenti.
"Tu lo sai Totò come sono stata male quando questa pazza è sparita accussì senza dire niente senza neanche il conforto di sapere che avevamo litigato per qualche cosa che così potevo macari immaginare che lei se ne era voluta andare... e invece no e... beh comunque chistu è passato e non ci dovrei pensare più che quando lho rivista la settimana scorsa mi pigghiau un colpo e... ti giuro!... era tanta la contentezza che tutte le sofferenze sparenu e non ciavevo più nenti da accusarla o da rimproverarci che lei cera ed era nella nostra casa con me"
Fece una pausa e tentò di darici un vasuni a quella sua figghiola accussì scapestrata. Non ci riuscì però che Suelluen si tirò di lato e parrau anche lei.
"Sì sì mamma! Cerca di tagghiarla però! Diccillu anche che appena ti ho detto che mera nata una picciridda facisti avvulari tutti i piatti e..."
"Ma che centra chistu? Io sono tua madre! Vogghiu il tuo bene! La mia picciridda non si doveva appizzare con le sue stesse mani"
Mi scappau una risata a pensare a Suellen come a una nicuzza. Una risata muta però che non li volevo interrompere. Ladonia comunque se ne accorse lo stesso e mi rimproverò tutta seria.
"Non cè nenti darririri Totò! Che questo non è il cinema. Avissi vulutu viririti con una bastarda niura che furia casa casa"
A sentire questa cosa Suellen si susiu di scatto e chiancennu venne a mittirisi vicino a mia.
"Andiamo" ci dissi. Prima ancora che la vecchia avesse avuto il tempo di continuare.

06/06/08

03/06/08

Angelo Quattro Dita



"E che a me mi piace questa nuova la Castà come apprima mi piaceva Brigitte. La Bardò intendo. Nosacciu se vossignoria la canusci a questa nuova. E' che io me la vedo già misa a priari davanti a mia che mi fa felici mentre io ci spingo la testa che mi veni duro solo a pensarlo e che quasi quasi me la minassi ora che non si siddiassi per quello che dico ma vossignoria no sapi che cosa è la fame di sticchio"
Angelo Quattru Ita non se ne fa problemi di raccontarti le fantasie che ci passano nella testa che lui è fatto così. Sincero come una calata di ciciri nel piatto.
Quando ciaveva ventanni e che il mese dopo si sposava nelle campagne mentre travagghiava ci scuppiau una bummitta tra le mani e da quel momento in poi ci ebbe problemi anche a pisciare. Ma u signuruzzu era stato preciso nelle sue cose e così lui con le due dita della sinistra se la teneva e con le altre due della destra se la scappellava. La sua zita visto che lui travagghio non ne aveva più e che la pensione non arrivava mai aveva pensato bene di farisi inchiri la panza dal suo amico migliore ma alla fine neanche di questo Angelo si era lamentato che lui era un uomo buono. Aveva aspettato e nel frattempo era unchiato anche lui che a viviri tanta birra oggi e domani prima o poi la panza ti spunta.
Angelo ci dava a tutti il vossignoria anche se ormai la settantina laveva passata e una volta sola si era incazzato che per dieci anni il sindaco nuovo che cera stato dopo la guerra ciaveva detto che laiutava a prendere la pensione e poi lui aveva scoperto invece che ci toccava da sempre. Quello là quando lui celaveva detta questa cosa aveva fatto finta di niente. Anzi laveva pigghiato tannicchia po culu davanti a tutti. Ma u signuruzzu ciò che leva a volte dà e così il primo cittadino si era ritrovato la machina che ci era saltata in aria e due gambe di meno da mittirici sangue.
Ora dopo tanti anni ogni tanto niscevano insieme. Uno assittato sopra la carrozzella e laltro che lammuttava con i polsi.

01/06/08

Cinque fischietti



"E allora dimmi come potremo riuscire ad ucciderlo senza farlo morire?"
La voce del ragazzo aveva spento l'euforia del piccolo gruppo.
"Semplice!" ribatté Angelo, era lui il capo e nessuno metteva in discussione questo dato di fatto, "Semplice!" ripeté portandosi meccanicamente la mano alla testa per scostare con rapidità i lunghi capelli dal viso.
"Per prima cosa dobbiamo fare finta d'essere come lui. Andare nei posti che frequenta, mangiare quello che lui che mangia, usare gli stessi nascondigli".
"Si, ma poi?" abbozzò timidamente Francesco.
Angelo continuò a parlare senza neanche guardarlo."Poi lo aspetteremo. Ho qui cinque fischietti. Chi per primo lo avvisterà chiamerà subito gli altri".
"Ma se scappa? ". Ancora una volta Roberto aveva interrotto con un dubbio il fantasioso materializzarsi di quel piano di battaglia.
"Se scappa ognuno di noi assumerà le proprie colpe subendo la stessa pena."

La casa era una piccola abitazione di campagna, due stanze appena ed un cucinino in cui muoversi con estrema prudenza.
Il bagno ufficiale era ad una ventina di metri, mimetizzato da maestosi fichidindia; quello più usato si estendeva invece per circa tremila ettari. I ragazzi erano lì dalla fine della scuola. Lunghe giornate di gioco interrotte solo dalle urla dei genitori per l'ora di pranzo o di cena, e dal rito serale del bagno nella gran vasca esterna alla casa.
Angelo era il più piccolo, sette anni appena, ma aveva subito assunto il comando del gruppo forte della sua militanza nel vivaio della squadra di calcio della città e di una lunga gavetta tra le strade polverose del proprio quartiere.
Roberto parlava poco, ma sembrava attendere con certosina pazienza ogni momento utile per mettere in imbarazzo Angelo e buttare giù le sue venti parole quotidiane.
Francesco era l'altro maschietto della fortunata cinquina. Otto anni e mezzo, capelli scurissimi e piedi da gigante su di un corpo sgraziato quanto basta a non far dire alle amiche di sua madre "Come sta crescendo bene, sembra un angelo!".
Carmela e Clotilde erano le due femminucce. Non sempre si univano agli altri tre. Preferivano correre senza meta tra gli alberi od arrampicarsi sui muretti a secco semicrollati. A volte parlavano fittofitto tra loro, indicando qualcuno dei ragazzi e ridendo, ma mai nessuno degli altri era riuscito ad ascoltare quello che avevano da dirsi in quelle occasioni.
Clotilde in realtà si lamentava spesso del suo nome e di quel grasso che le stava spuntando sul petto. "Ma a nove anni è una cosa normale" le aveva detto la mamma, e anche lei lo sapeva che le donne hanno tutte il petto più cresciuto e che ai maschi piace toccarle, ma perchè allora non era spuntato subito?
Aveva sempre pensato che la mamma fosse nata così, con tutti i suoi peli e con quel seno enorme su cui spesso poggiava la testa. Carmela la prendeva spesso in giro per questi discorsi e dall'alto della sua esperienza di ragazzina già fatta, cresciuta a sofficini e tv ("Perchè la mamma fa tardi stasera, e mi raccomando spegni la luce prima di dormire e non aprire a nessuno che più tardi ti chiamo"), deliziava l'amica con i resoconti delle immagini viste durante le pubblicità dei telefoni erotici. Avevano anche provato ad imitare qualcosa di quelle scene, ma non avevano proprio capito che cosa si potesse dimostrare.

Il problema si era presentato improvviso un pomeriggio dei primi d'agosto. Carmela si era abbassata per la pipì, ed un'ombra l'aveva fatta scattare in piedi: spaventata e bagnata. Aveva raccontato l'accaduto all'amica e subito tutti ne erano venuti a conoscenza.
"E' sicuramente un cane" aveva sentenziato Francesco.
"No! No! L'avrei riconosciuto" obiettò Carmela.
"Allora è un topo" decise Angelo, e nessuno seppe trovare altre ipotesi.
In effetti, l'unico cane che erano riusciti a scorgere era quello triste e vecchio dei vicini, un bastardo legato perennemente ad una lunghissima catena che si rifiutava persino di rispondere ai loro (per fortuna sua) imprecisi lanci di pietre. Non c'era altro lì attorno o perlomeno nient'altro che fosse loro visibile.

Ogni ragazzo aveva a disposizione un fischietto e un piccolo sacco di canapa ripescato tra le cianfrusaglie della cucina. Nessun indizio (tranne il luogo d'avvistamento) e neanche un'idea di come si comportasse o di che cosa vivesse un topo.
I primi giorni furono assolutamente infruttuosi ma poi, a poco a poco, iniziarono a credere di saper riconoscere le tracce del passaggio del nemico. C'è da dire che, durante la caccia, a volte, qualcuno di loro incontrava qualcun altro e Clotilde vide parecchie volte l'amica allontanarsi con Roberto in direzione dei limiti della proprietà, ma non aveva avuto il tempo di chiederle se lì avessero trovato tracce più evidenti dell'intruso. Un giorno fu lei stessa a fischiare a perdifiato. Qualcosa si era mosso tra le viti basse ed il muretto di cinta, ma quando arrivarono gli altri non si riuscì a trovare nulla.
Angelo propose per punizione agli altri che Clotilde fosse condannata a dare un bacio sulla bocca a tutti i ragazzi, ma la piccola con una pernacchia ed una risata si allontanò da loro e solo da lontano si sentì la sua voce gridare:
"Presto che tra poco è buio ed anche oggi ci scappa".

Due settimane dopo più nessuno ricordava quel gioco. Avevano scoperto una vecchia cisterna nascosta da canne e fitti rovi, e l'unica tentazione era divenuta quella di esplorarla.
Carmela riuscì a sottrarre, non vista, una corda dal bagagliaio dell'auto della mamma. La botola della cisterna sembrava però pesantissima. Spinsero tutti insieme per una buona mezzora fin quando non riuscirono a vincerne la resistenza. Poi, ad uno ad uno, si calarono nel pozzo, alto un paio di metri, usando la corda legata da Francesco ad un albero vicino. Un fascio di luce illuminò la costruzione. Era stato Angelo a portare, all'insaputa degli altri, una torcia potentissima.
Non seppero mai, purtroppo, in che modo riuscì a richiudersi il buio sulla loro testa.

Settembre 2000
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