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29/08/10

Italo Calvino e Sergio Liberovici, "Oltre il ponte"



O ragazza dalle guance di pesca
o ragazza dalle guance d'aurora
io spero che a narrarti riesca
la mia vita all'eta` che tu hai ora.

Coprifuoco, la truppa tedesca
la citta` dominava, siam pronti:
chi non vuole chinare la testa
con noi prenda la strada dei monti.

Avevamo vent'anni e oltre il ponte
oltre il ponte ch'e` in mano nemica
vedevam l'altra riva, la vita
tutto il bene del mondo oltre il ponte.

Tutto il male avevamo di fronte
tutto il bene avevamo nel cuore
a vent'anni la vita e` oltre il ponte
oltre il fuoco comincia l'amore.

Silenziosa sugli aghi di pino
su spinosi ricci di castagna
una squadra nel buio mattino
discendeva l'oscura montagna.

La speranza era nostra compagna
a assaltar caposaldi nemici
conquistandoci l'armi in battaglia
scalzi e laceri eppure felici.

Avevamo vent'anni...

Non e` detto che fossimo santi
l'eroismo non e` sovrumano
corri, abbassati, dai corri avanti!
ogni passo che fai non e` vano.

Vedevamo a portata di mano
oltre il tronco il cespuglio il canneto
l'avvenire di un giorno piu' umano
e piu' giusto piu' libero e lieto.

Avevamo vent'anni...

Ormai tutti han famiglia hanno figli
che non sanno la storia di ieri
io son solo e passeggio fra i tigli
con te cara che allora non c'eri.

E vorrei che quei nostri pensieri
quelle nostre speranze di allora
rivivessero in quel che tu speri
o ragazza color dell'aurora.

Avevamo vent'anni...

28/08/10

Dino Buzzati, da -Poema a fumetti-

 CHI FA DONDOLARE

IL COSO APPESO LÀ IN CIMA?

                 IL VENTO SE PERMETTETE

MA CHE COS'È? UN COMM UN CAV

UN PROF UN ING UN DOTT UN AVV?

E PERCHÉ MAI SI È IMPICCATO?

                 SIAMO NOI SIAMO NOI, COLPA NOSTRA

CHE LO ABBIAMO UMILIATO

CHE LO ABBIAMO SCHIFATO

CHE LO ABBIAMO...

             FACENDOGLI 

             CAPIRE CHE

ERA UN UOMO ANCHE LUI

COME NOI

COME VOI

COME TE

COME ME!

MA COME HAI FATTO SIGNORE SIGNORE

AD ATTACCARTI

IN CIMA AL PENNONE?

CON UNA SCALA

O CON L'AMBIZIONE?

O A PORTARTI LASSÙ

È STATO IL FIDO BANCARIO?

NON È VERO. È STATO L'AMORE,

ANCHE I COMMENDA HANNO UN CUORE.


Dino Buzzati, da "Poema a fumetti"

27/08/10

26/08/10

Harold Norse, "Non raccomanderei l'Amore"

ho sentito la testa trafitta
da una corona di spine ma ho scherzato e ho pigliato la metro
mi sono sprofondato nei cessi della scuola a masturbarmi
scrivendo segretamente
d'inferno e adolescenza
perché ero "diverso"
il primo e l'ultimo della mia razza
soffocando sensazioni acute
nelle piscine e negli spogliatoi
drogato di labbra e genitali
ammattito per le chiappe
ammirate da Whitman e Lorca
da Catullo da Marlowe
e Michelangelo
e Socrate


e ho scritto: Amici,
se ci tenete a sopravvivere
non vi raccomanderei
l'Amore


Harold Norse da "Beat Generation"

25/08/10

Per lei

Per lei voglio rime chiare,
usuali: in -are.
Rime magari vietate,
ma aperte: ventilate.
Rime coi suoni fini
(di mare) dei suoi orecchini.
O che abbiano, coralline,
le tinte delle sue collanine.
Rime che a distanza
(Annina era così schietta)
conservino l'eleganza
povera, ma altrettanto netta.
Rime che non siano labili,
anche se orecchiabili.
Rime non crepuscolari,
ma verdi, elementari.

Giorgio Caproni da "Il seme del piangere"

24/08/10

17/08/10

Masi, Lorusso, Cossiga

Scheda a cura di Paola Staccioli
Il 12 maggio 1977, nell'anniversario della vittoria referendaria sul divorzio, i radicali decidono di tenere un sit-in in piazza Navona, nonostante l'assoluto divieto di manifestare in vigore a Roma dopo la morte, il 21 aprile, dell'agente Passamonti nel corso di scontri di piazza. Il movimento e i gruppi della nuova sinistra aderiscono all'iniziativa, per protestare contro il restringimento degli spazi di agibilità politica e il pesante clima repressivo, favorito dall'appoggio esterno del PCI al cosiddetto "governo delle astensioni", il monocolore democristiano guidato da Andreotti. Per far rispettare, a qualsiasi costo, il divieto, il Ministro dell'Interno Francesco Cossiga schiera migliaia di poliziotti e carabinieri in assetto di guerra, affiancati da agenti in borghese delle squadre speciali, in alcuni casi travestiti da "autonomi". Fin dal primo pomeriggio la tensione è molto alta. A quanti difendono il diritto di manifestare con brevi cortei e fortunose barricate, le forze di polizia rispondono sparando candelotti lacrimogeni e colpi di arma da fuoco. Anche numerosi fotografi, giornalisti, passanti e il deputato Mimmo Pinto sono picchiati e maltrattati. Con il passare delle ore la resistenza della piazza si fa più decisa, e vengono lanciate le prime molotov. Mentre nelle strade sono in corso gli scontri, i parlamentari radicali protestano alla Camera contro le aggressioni e le violenze della polizia, fra gli insulti di quasi tutte le forze politiche. Mancano pochi minuti alle 20 quando, durante una carica, due ragazze sono raggiunte da proiettili sparati da Ponte Garibaldi, dove erano attestati poliziotti e carabinieri. Elena Ascione rimane ferita a una gamba. Giorgiana Masi, 19 anni, studentessa del liceo Pasteur, viene centrata alla schiena. Muore durante il trasporto in ospedale.
Le chiare responsabilità emerse a carico di polizia, questore, Ministro dell'Interno, porteranno il governo a intessere una fitta trama di omertà e menzogne. Cossiga, dopo aver elogiato il 13 maggio in Parlamento "il grande senso di prudenza e moderazione" delle forze dell'ordine, modificherà più volte la propria versione dei fatti. Costretto dall'evidenza ad ammettere la presenza delle squadre speciali - tra gli uomini in borghese armati furono riconosciuti il commissario Gianni Carnevale e l'agente della squadra mobile Giovanni Santone - continuerà però a negare che la polizia abbia sparato, pur se smentito da vari testimoni e dalle inequivocabili immagini di foto e filmati. L'inchiesta per l'omicidio si concluse nel 1981 con una sentenza di archiviazione del giudice istruttore Claudio D'Angelo "per essere rimasti ignoti i responsabili del reato". Successive indagini hanno tentato, senza risultati significativi, di individuare gli autori dello sparo mortale in un "autonomo" deceduto da tempo, oppure nel latitante Andrea Ghira, uno dei tre fascisti condannati per il massacro del Circeo.

Dal libro "In Ordine Pubblico" di autori vari - 2003 - curato da Paola Staccioli - Editore Associazione Walter Rossi

La mattina dell'11 marzo 1977 a Bologna, in seguito a un contrasto sorto nell'Istituto di Anatomia fra alcuni militanti del movimento e il servizio d'ordine di Comunione e Liberazione, i giovani del gruppo cattolico si barricano all'interno di un'aula, invocando l'intervento delle forze di polizia. Appena giunti sul posto, con mezzi spropositati, i carabinieri si scagliano contro gli studenti di sinistra intenti a lanciare slogan. La carica fa subito salire la tensione. Nel corso degli scontri successivi, che interessano tutta la zona universitaria, Francesco Lorusso, 25 anni, militante di Lotta Continua, viene raggiunto da un proiettile mentre sta correndo, insieme ai suoi compagni, per cercare riparo. Muore sull'ambulanza, durante il trasporto in ospedale. Alcuni testimoni riferiranno di aver visto un uomo, poi identificato nel carabiniere ausiliario Massimo Tramontani, esplodere vari colpi, in rapida successione, poggiando il braccio su un'auto per prendere meglio la mira. Lo sparatore, arrestato agli inizi di settembre e scarcerato dopo circa un mese e mezzo, sarà in seguito prosciolto per aver fatto uso legittimo delle armi.
Quando si diffonde la notizia dell'assassinio, migliaia di persone affluiscono all'Università. Dopo che il corteo, partito nel pomeriggio, viene disperso da violente cariche, una parte dei manifestanti occupa alcuni binari della stazione ferroviaria, scontrandosi con la polizia, mentre altri si dirigono verso il centro della città e sfogano la propria rabbia anche infrangendo le vetrine dei negozi. Le iniziative di protesta dei giorni successivi sono duramente represse. Numerosi i fermi e gli arresti. Finiscono in carcere, tra gli altri, i redattori di Radio Alice, emittente dell'area dell'Autonomia Operaia chiusa dalla polizia armi alla mano.
I fatti di Bologna caricano di tensione l'imponente corteo nazionale contro la repressione che si svolge il 12 marzo a Roma. Bottiglie molotov vengono lanciate contro sedi della DC, comandi di carabinieri e polizia, banche, ambasciate. Gli scontri nelle strade sono violenti, e in alcuni casi si svolgono a colpi di arma da fuoco.
Ai compagni, ai familiari e agli amici di Lorusso si impedisce intanto di svolgere il funerale in città e di allestire la camera ardente nel centro storico, mentre il contatto ricercato dai militanti del movimento con i Consigli di Fabbrica e la Camera del Lavoro è reso difficile dalla posizione intransigente assunta dalle organizzazioni della sinistra storica. La frattura con il PCI raggiunge il suo apice nella manifestazione contro la violenza, organizzata per il 16 marzo a Bologna dai sindacati confederali, con la partecipazione, tra gli altri, della DC, partito che il movimento aveva indicato quale principale responsabile dell'assassinio. In quell'occasione al fratello di Francesco fu vietato l'intervento dal palco. 


Francesco Cossiga
Da un'intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale, 22 ottobre 2008

''Maroni dovrebbe fare quello che feci io quando ero ministro dell'Interno.
In primo luogo lasciare perdere gli studenti dei licei, perche' pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni rimanesse ucciso o gravemente ferito..."
''Lasciar fare gli universitari.
Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle universita', infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le citta''
''Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovra' sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri''
''Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pieta' e mandarli tutti in ospedale"
"Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in liberta', ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano''.
''Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine si'."

15/08/10

Don Tano

Sono trentanni che Don Tano passa sutta a me casa con la lapa per vendere la frutta e la verdura. Si può dire che lui mi ha visto crescere e io invece lho studiato invecchiare.
Certo non è che lui ha mai fatto grandi affari qua nella zona. U giustu per vivere che le signore ci calavunu u panaru dalla finestra solo quando mancava di corsa qualcosa di importante per la giornata o per un capriccio di quelli di quando una è incinta. Chinnisacciu una cipudda per linsalata o a mulinciana pa sassa o na zucchina se era tempo di farla fritta con la ricotta salata e a pasta frisca o a bananuzza e u muluni di ciauru pi passarisi a ucca.
Insomma Don Tano è sempre stato come uno della famigghia nel quartiere. U caruso che ti aiuta e non ti fa nesciri di casa se ti manca qualcosa. Lamico ca ti porta a spisa fino alla porta.
I primi tempi arrivava con la sua voce potente a vanniari la mercanzia e pareva un cantante della radio quannu simpegnava e babbiava con le fimmine. Poi saccattau un microfono che rimbombava e fiscava a ogni curva e con quello avvisava via per via ca stava arrivannu che uno ciaveva tutto il tempo per pinsari a quello che si doveva cucinare nella giornata e a cosa sivveva e a quello che mancava macari.
Altri cambiamenti importanti non ce nerano stati a parte che sera fatto sempri chiù rossu che tutti lo sapevano ca so mugghieri ci faceva i conna e che però lo trattava bene in cucina e il vino non ciu faceva mancari mai. Era per questo che girava sempre solo che nella lapa per quanto sera fatto spazio non ce nera e figghi poi non ne erano arrivati.
Laltro giorno ciaccapitau un incidente che io fici in tempo solo adaffacciarimi e a viriri la lapa accapputtata. Una machina era spuntata allimprovviso e per evitarla lui sava abbiato a destra cu tutta a so panza. Misa di latu da machinuzza azzurra pareva una bestia ferita. A terra cera di tutto che le cassette serano tutte sparpagliate e le pesche e i puma rotolavano lenti che strada era tannicchia in discesa. Io ero tannicchia preoccupato per lui a dire il vero ma poi mi passau ogni cosa che una vuciuzza nisciu dallaltoparlante:
"Aiuto! Aiuto! Aiutatemi! Susitimi!" e non si firmau chiù.
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