Quannu ammazzanu Carmelo Sapienza u pisciaru io ero ancora nico. Roba di unnici durici anni.
Lavevano pigghiato nella prima traversa arreri a me casa e io cero passato dopo una para di minuti. Purazzu! Era tutto elegante con la giacca e la cravatta e ammia mi passi macari di sentiri u ciauru di pino silvestre passannuci vicino. Ciaveva un peri fuori dalla machina e laltro abbiato nellaltro sedile e anche le braccia erano aperte che sembrava proprio spaparanzato come a uno che sè fatto una bella futtuta.
Lunica cosa strana era quel sangue che gocciolava dalla manica della giacca. Come quando mia madre appinneva le cammise ai fili tutte ritte per stirarle meglio e lacqua nisceva a vagnari il balcone di sotto.
Carmelo ciaveva un carretto con il ghiaccio e si faceva il giro del quartiere. La sua specialità erano le sicce che come quelle che vendeva lui se ne trovavano poche e nessuno lo sapeva il segreto ma quando cera la pasta con il niuru uno lo sapeva subito se era stato lui a procurarle quelle prelibatezze.
La polizia vinni presto e però già tutti nella strada erano spariti. Insomma finiu che nel giornale cera scritto che era stata la guerra di mafia. Era il periodo dei morti ammazzati quello.
Certo si sapeva che Carmelo ogni tanto a posto di sicci arrialava stummi ma però gli sbirri non la considerarono assai questa cosa. Eppoi picchì perdiri tempo? Carmelo era orfano e senza famigghia. Nessuno si sarebbe lamentato.
Alla scola il mattino dopo ci cuntai tutto ai miei compagni di quella avventura. Mi ricordo che Ciccio il figghio della za' Mena mi taliava tutto attento. Era u chiù nicu e io lo sapevo che simpressionava e accussì fici la minchiata di esagerare che i picciriddi quando possono fare male non si tirano mai arreri.
Parrai di testa spaccata. Di sangue a ciumi. Di iammi tagghiati. Insomma a fici accussi seria che chiddu attaccau a chianciri e passanu ionna prima di vederlo di nuovo assittato vicino al banco.
A Ciccio lho rivisto venti anni dopo che era diventato ippi e sascutava i bitols e i rollin ston come nella canzone. Taliannulo bonu con tutti quei capelli e iautu comera mi passi a copia preciso di Carmelo buonanima.
Ciaveva lautoradio accesa.
"Totò Totò comu stai? quannu tempo! Veni ascuta! Ti piaci Gion Lennon? Veni ascuta parra di dio sta canzuni!"
Non è ca ci capivo assai che io linglese no canusciu ma mi fermai volentieri che tempo ce ne avevo. Ciccio mi misi la mano nella spalla e mi passau una sigaretta strana. Tutta macchiata di giallo. Io ci resi una tirata e poi ci feci un sorriso.
"Ciccio! Ma u sai che quasi non tarricunusceva?"
Accussì pigghiamu a parrari che ammia a dire il vero maccuminciau a furiari tannicchia la testa e non lo so se per colpa della sorpresa o delle storie che mi cuntau ma alla fine scuncittai lanima.
Fu quando mi cuntau di come aveva sciolto nellacido a Saro u immirutu. Quello che aveva ammazzato per gelosia a so o pa'.
Scritto per l' EDS GIALLO proposto dalla Donna Camèl
Partecipano all'eds e ti invito a leggere:
Il numero 97
Giallo canarino
Ritratto in giallo, ocra e carboncino uno ( due e tre )
Il cane bianco
Giallo di provincia
Assassinio sull’Agreste Express
Dolce come la morte 1, 2 e 3
Ah, look at the lonely people 1, 2
I feel fine
Lo strano caso del signor D., investigatore
Il privilegio della memoria
Angelo e Lucifero