Visualizzazione post con etichetta eds. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta eds. Mostra tutti i post

27/10/17

Ciambella di ricotta


300 g di farina 00
300 g di zucchero
3 uova
300 g di ricotta
1 bustina di lievito 

La regola del tre è semplice da ricordare, del resto il tre è il numero perfetto: noi più l'altro, il pari e il dispari, il reale e il sogno.

Rompere le tre uova intere, aggiungere lo zucchero, la scorza di limone grattugiata, un pizzico di sale. Semplice. Poi, velocemente, montare l’impasto fino a farlo diventare gonfio, spumoso.

Lo spazio si trasforma. Ogni perimetro si rigenera in nuova materia. Ciascun senso indugia, si confonde nell'impossibilità di predominare sull'altro. Ricerca, felice, la sconfitta.

Ora e il momento di unire, poco per volta, la ricotta e  il lievito e la farina a pioggia. Densa neve da amalgamare, delicatamente.

Se si potesse sarebbe bello allontanare il momento del travaso, dello stampo, del già dato.
Fuggire dal buio infernale per godere del dubbio, della magia dell'incompiuto.

Attendere, pensarti. Ricordare ogni cosa.

Dopo il forno lo zucchero a velo è solo una maschera che precede l'addio. Il grido taciuto tra le labbra. La piccola morte dell'anima.

"Non ti avrò mai!" avrei dovuto urlarti. "Non mi avrai mai!" avrei dovuto dirti.


Fonte immagine: “Ciambellone allo Yogurt” by sunshinecity is licensed under CC BY 2.0

04/02/17

[eds] Soldatini


A luna ancora non ni vuleva sapiri di irasinni a dormiri e arristava appinnuta no cielu come alla stella cometa nello sfondo del presepe.
Carmelo Cicculata a taliava assittatu  no pisolu della chiesa. Cera friddu ma lui era coperto bene che sava accattatu un giubbotto di quelli che uno ci può andare anche al polo nord. Era entrato nel negozio e ciaveva detto: "Questo" che per lui non era un problema di soddi.
"Ah! Si cà!"
Carmelo si furiau che quella voce la conosceva.
"E unni ava stari? Era qua lappuntamento. Ciccio non è cuttia?"
Turi iamma di lignu ci fici di no con la testa prima daccuminciari a scatarrari nterra comu su avissi u focu nei polmoni. Era fattu siccu. "Sarà unni sammucciaiu" pensò Carmelo e nella testa ci passanu le scene di quellultimo mese. Era stata come a una condanna. Peggio do carciri.
"U sai ca non putemu stari fora tanto" ci disse allamico.
"Certo co sacciu!" rispunniu Turi che sembrava essersi ripreso anche se la faccia era russa russa.
"I documenti cillai?" continuò Carmelo.
"Frischi frischi" rispose quello e si misi la mano nella sacchetta del cappotto comu a essiri sicuro che cerano veramente.
Carmelo si susiu e saddumau una sigaretta.
"Chi facemu?" spiau.
"Aspittamu" disse con calma Turi che nel frattempo sera spostato che a lui dava fastidio il fumo.
"Sì ma su non spunta?"
"Altri dieci minuti. Arriva non ti preoccupari"
Cera poca gente in giro. Carmelo si sinteva nivvusu. Taliava a destra e a manca e fumava come a un condannato a morte. Stava per parrari di novu quannu di luntanu u visti. Ciccio u bummularu li salutava con il braccio alzato per farsi vedere. Pareva un bambolotto. Tutto panza che la testa quasi spareva  e poi iammitti e razza di un picciriddu. Turi lo guardava sorridendo:
"Visto ca e cà? E' sempri u stissu" ci scappau dalla ucca.
"Sì sempri u stissu" ripetè Carmelo.
Quando furono vicini si abbracciarono ma senza perdere tempo che era pericoloso e non era il momento di cuntarisi le ultime novità. Turi distribuì i documenti e i soddi spiegò quello che cera da fare.
"Allora deciso. Iu pigghiu lautobus, tu Carmelo invece vai alla stazione e ti fai il biglietto con tante tappe però che è più sicuro del treno diretto"
"E iu?" domandò Ciccio con la sua vocina di signorina di cresima.
"Tu pigghi la machina. E' posteggiata qua vicino. Anzi prima ci accompagni accussi parramu di dopo"
"Ma picchi iu? U sai camaddummisciu facili a viaggiare"
"E' proprio per questo fissa! Su ti scanti non corri e non fai minchiati mentre guidi" spiego ridendo Turi.
Erano misi a cerchio come a fare il girotondo. Il primo proiettile ne pigghiau dui di loro na panza facendo un puttuso che ci poteva passare una mano. Gli altri non si capiù unni trasenu che erano troppi.
Tre gruppi di carusazzi li avevano circondati senza farsi vedere. Sparavano a coppia. Uno con la mitraglietta e uno con la pistola. Carmelo crollò a terra subito ma prima riuscì a vederla tutta la scena dalla vetrina che ciaveva di fronte. Sembrava come quannu era nicu che giocava con i soldatini di prastica che si trovavano nelle bustine dal giornalaio. Ricordava bene. I mitteva supra a tavola e organizzava guerre e agguati fino a quando non arristava chiu nuddu vivo e tutti erano a panza allaria.
Fu una questione veloce comunque. I sò occhi cercavano ancora la luna quannu arrivau lultimo colpo na nesta. Poi turnau a notti.


EDS - in fuga:

-  Fino al Connemara di Hombre
- Gigliola cara di Hombre
- Attraverso le barricate di Lillina
- La rosa di Lillina
Nuvole di Lillina
- Come se di La Donna Camèl

29/01/17

[eds] Stelle


Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi. 
(Libro dei Salmi, LXXI (LXXII),10)

Le procedure di imbarco si erano rivelate più lunghe del previsto e la cosa lo aveva a tal punto preoccupato da fargli temere di non farcela proprio lì, quando tutto sembrava compiuto, ma ora che si trovava seduto sulle comode poltrone di quell'aereo M. si sentiva più tranquillo. Sarebbe arrivato in tempo.
Guardo gli ultimi messaggi sul cellulare per sincerarsi che anche i suoi due amici fossero riusciti a intraprendere il viaggio.
B. era già in volo, avrebbe dovuto effettuare due cambi prima di arrivare. Viaggiava in senso contrario al loro, “affari” aveva spiegato, ma sarebbe arrivato in tempo.
G, stava ancora abbracciando il figlio, nell’unico scalo europeo previsto.

M. ripete sul tablet, per l’ennesima volta, tutti i suoi calcoli. Erano ancora esatti, tra soli due giorni: il Sole, Giove, la Luna e Saturno si sarebbero trovati a essere allineati nella costellazione dell’Ariete, mentre Venere sarebbe stata nella vicina costellazione dei Pesci e Mercurio e Marte in quella del Toro. Tutto coincideva. Anche B. e G. avevano elaborato gli stessi dati, era così che si erano incontrati.
Ne avevano iniziato a parlare su un forum internazionale, la  PAC ( Predictive Astrologers' Community), ma gli altri studiosi avevano riso loro in faccia, nessuno aveva dato loro credito. In effetti sarebbe stato difficile, quasi nessuno, in quella comunità, teneva conto di  “Colui che regge il serpente”. Chiusi nei vecchi calcoli, incapaci di vedere.
Loro no, loro invece si erano sempre più convinti dell’esattezza della loro scoperta e sempre più, incrociando i dati in loro possesso, si erano isolati dagli altri.
In un inglese stentato avevano anche iniziato a conoscersi. Lui, M., era il più giovane dei tre e forse era stata proprio la sua giovinezza a renderlo così entusiasta, a fargli lanciare quell’idea, a insistere fino a riuscire a coinvolgere in quel sogno gli altri due: provare a verificare sul campo quello che avevano scoperto.
G, il più anziano, gli aveva raccontato del nipote morto mentre lui lo pensava al sicuro, dentro l’ospedale della sua città, prima che ogni cosa fosse bombardata. Quel nipote era l’unico che aveva. Gli altri suoi figli non avevano fatto in tempo a regalargliene altri. In tre di loro erano morti combattendo. Un quarto era riuscito a fuggire, ma, da tempo, ne aveva perso le tracce.
B. invece commerciava con il mondo (M. pensava fossero armi o petrolio, forse). Era stato lui a trovar loro i mezzi e il denaro per intraprendere l’impresa.
Quando M. aveva iniziato a parlare del viaggio B. si era tenuto in disparte, poi improvvisamente, poche settimane prima, aveva detto loro che aveva provato a organizzare tutto, che avrebbero potuto farlo se ne fossero stati veramente sicuri.
M. era rimasto sopreso, non riusciva a credere fosse stato possibile.
“How are you?” gli aveva chiesto in chat, ma B. non aveva risposto a quella domanda. Si era limitato a riscrivere i dettagli del suo piano, aveva parlato loro dei contatti a cui avrebbero dovuto rivolgersi e concluso solo con una preghiera:
“Ditemi solo sì o no entro domani. Se dovesse essere un no non ci sentiremo più, in caso contrario ci incontreremo lì dove è deciso.”

M. ripensò ancora a quei mesi. Vivevano lontanissimi uno dall’altro e niente pareva legarli oltre alla guerra che li circondava e alla mancanza di quella che in occidente chiamavano libertà. M. si domandò se non fosse stato proprio quello a far loro credere in quell’impresa, ma un nuovo rapido sguardo al tablet, ai suoi calcoli, gli fece scuotere la testa. No, avevano ragione. Sarebbe successo e loro sarebbero stati lì, lontani dagli spari e dalle bombe, dalla morte e dalla distruzione.
Sorrise e iniziò a sfogliare la rivista della compagnia aerea. Quattro intere pagine mostravano le foto di dipinti  ricchi di un blu misterioso e di oro. In una rifulgeva una cometa.
M. provò a leggere la didascalia di quella foto. Recitava: Giotto, The Scrovegni Chapel.


EDS - in fuga:

-  Fino al Connemara di Hombre
Gigliola cara di Hombre
Attraverso le barricate di Lillina
La rosa di Lillina
Nuvole di Lillina
Come se di La Donna Camèl

21/05/14

Cicciuzzu Babbaluci

"Carusi cià finemu?"
Cicciuzzu Babbaluci arristau famoso per questa frase che toccava a lui chiudere il campetto quando faceva scuro oppure che iniziava a chioviri.
Ciaveva la baracca arreri alla chiesa. Ammucciata da una mimosa che a quei tempi era ancora gigantesca che non cerano ancora le feste dei fimmini a fare danni. Il prete lo lasciava stare che fastidio non ne dava e poi quello si sdebitava che teneva a posto il campetto e controllava i minchiuni che non facessero danno. Cicciuzzu era spuntato che nessuno sapeva da dove e neanche dallaccento si capiva che qualcuno diceva macari che non era catanisi e che di certo era del nordi. Tutti ciavevano dato quel nome perche era bravissimo a pigghiari i babbaluci nella campagna e sembrava che mangiava solo quelli. Doveva avere una quarantina di anni Cicciuzzu ma pareva già vecchio con la panza tunna ca nisceva senza crianza sutta a cammisa sempri lodda e i capiddi che sembravano spuntare a uno a uno unni cazzu ci pareva a loro.
Insomma non era proprio un belluomo e per questo una volta io e Vincenzo ci trovammo a fare i detectivi che era sira e lo vistimo entrare dentro alla sua casa con quella che pareva una fimmina. Certo erano fatti suoi ma insomma noi eravamo carusi e poi cera la possibilità di viriri cose nuove e uno non si poteva tirare indietro. La baracca però non ce ne aveva finestre e così noi lunica cosa che riuscimmo a scoprire fu che mentre si fa zummizummi la gente pare che si lamenta e ietta vuci macari e che la fimmina sarebbe tornata il giorno dopo che sarà che la cosa le era piaciuta.
Fu Vincenzo ad avere allora lidea. Che aveva notato un pezzo di lamiera messa male e così mentre Cicciuzzu ci faveva le linee al campo noi sistemammo il nostro posto del cinema che trovammo macari due bidoni per assittarici. Non lo sapevamo che lappuntamento era stato spostato oppure che era sautato e per un po' non ce ne furono altri che quasi ce ne scordammo di quellavventura.
Lanno dopo il prete ci portò al rifugio nella montagna che dovevamo priare a tempo di pasqua e portò anche lui con noi che nellautobusso si vedeva che era felice.
Fu la seconda matina che successe tutto. Ero andato a pisciare che il sole era appena spuntato e nellaria cerano ancora tante goccioline e friscu nelle mie ossa. Cicciuzzo era arreri a un castagno e non era da solo che la fimmina del campetto u stava priannu inginocchiata davanti a lui.
Ciaveva una faccia beata. Quel cristiano era proprio felice. Un santo pareva.
A mia un po' mi dispiaciu di spiarli ma tutta la scena era come a un film con leffetti speciali che dalla tigna ci partiva come a un arcobaleno e lui spingendole la testa o funnu allimprovviso gridò:
"Ifixcencen!"
E io lo capii solo in quel momento che u Babbaluci era Pontello. Mimmagginai di vederlo preciso preciso come nelle immaginette che tenevamo ammucciate sutta il letto. Era solo che era invecchiato e io prima non lavevo riconosciuto.

 Scritto per l’EDS arcobaleno della Donna Camèl, insieme a:

- Tramonti di Angela
- La grande bolgia di Stefano
- Il professore delle favole di Hombre 
- Bazar di Melusina
- Avventura al Policlinico di Il coniglio mannaro
- Il morbo infuria di Melusina
- Magia al Polo Sud di Michele
- Madonna segreta di Gordon

03/04/14

Austinu

Austinu ci aveva avuto la sfortuna verso i cinquantanni che fino a quel momento invece le cose ci erano andate bene. Cioè non è che era ricco ma la salute teneva e il travagghio non mancava che lui faceva u custureri e tagghiava e cuseva tutti i ionna.
A farici lo scherzetto fu la figghia di Ianu u panzutu uno dei suoi clienti migliori.
Sta carusa accuminciau ad accompagnare a so o pa’ a tutte le prove che prima Austinu non laveva mai vista e invece così dimprovviso se la ritrovò davanti. A lui che ciaveva passato una vita senza fimmini ci accumincianu a furiari locchi.
Non era una bellezza Enrichetta. Sirici anni. Du minni chini. La faccia a vastedda. Ma alla sua età la carni frisca ammuccia ogni cosa e Austinu non ci misi assai a perdiri la testa. Solo che insieme a quella perse il cliente e il negazio macari. Fu quando Iano li scoprì che passavano il tempo a iucari a nascondino.
Il fatto è che il padre ciaveva amici che bastava una parola. E accussì fu. Il giorno dopo la bottega era tutta distrutta. Austinu per questo fatto perse come il lume della ragione.
Non si fici chiù viriri a sò casa per una misata e poi turnau che pareva un vecchio di centanni. Iu u vireva acchianari le scale che pensavo che prima o poi savissa smuntatu tutto come i pupazzetti della lego talmente era siccu e malandato. Quando lo salutavo poi pareva che quasi non mi vireva. Pareva uno che è già morto. Un fantasma.
Lunico segno di vita che dava era quando arrivava il venerdì. Era quel giorno che in cambio di qualche lavoretto a domicilio u pisciaru ciarrialava gli scarti della giornata e con quelli e con qualche pummarureddu che si crisceva in casa in mezzo ai gerani e a qualche altro sapore Austinu si faceva un broru che il ciauro si sinteva in tutto il palazzo.
Un giorno che non avi assai lhanno trovato assittato nella seggia che non parrava chiù. Tineva stritta nella mano la testa di un pisci. E quello taliava a lui. E lui taliava a quello. E locchi erano i stissi: ianchi e persi.
Su purtanu accussì che quelli dellautombulanza non ce la fecero a levarcelo dalle mani a quel suo compagno.


Scritto per l'eds "La balena non è un pesce" proposto dalla Donna Camèl

Hanno scritto con me:

Angela, N.3 – Album di famiglia in un interno – bianco come il bagno nel mese dei lucci
WonderDida, Lamento di una giovane morta
Lillina, Il soffio della vita
Gordon, Caramelle
Melusina, Una mano di bianco
Hombre, Chi s’è mai sognato di mangiare una rondine?
Angela, L’agosto del pesce volante e del pettirosso timido
Melusina, Mississippi
Pendolante, La lista
La Donna Camèl, L’occhio del branzino deve essere bianco
Il coniglio mannaro, Diffidenza
Hombre, L'incanutito e la salata immensità
Singlemama, EDS in piccolo
Calikanto, Minnie
Il pendolo, La favola del pesciolino bianco e del principe pescatore
Per non sprecare una vita, Le diottrie del sig. Paolo
Back in Italy, La solitudine del sabato
Michela Rosa, Il pesce contacaratteri
L'inverno del nostro scontento, Peter e la sua Milena
Hombre, Neve dai pioppi

12/03/14

Carmelo Sapienza


Quannu ammazzanu Carmelo Sapienza u pisciaru io ero ancora nico. Roba di unnici durici anni.
Lavevano pigghiato nella prima traversa arreri a me casa e io cero passato dopo una para di minuti. Purazzu! Era tutto elegante con la giacca e la cravatta e ammia mi passi macari di sentiri u ciauru di pino silvestre passannuci vicino. Ciaveva un peri fuori dalla machina e laltro abbiato nellaltro sedile e anche le braccia erano aperte che sembrava proprio spaparanzato come a uno che sè fatto una bella futtuta.
Lunica cosa strana era quel sangue che gocciolava dalla manica della giacca. Come quando mia madre appinneva le cammise ai fili tutte ritte per stirarle meglio e lacqua nisceva a vagnari il balcone di sotto.
Carmelo ciaveva un carretto con il ghiaccio e si faceva il giro del quartiere. La sua specialità erano le sicce che come quelle che vendeva lui se ne trovavano poche e nessuno lo sapeva il segreto ma quando cera la pasta con il niuru uno lo sapeva subito se era stato lui a procurarle quelle prelibatezze.
La polizia vinni presto e però già tutti nella strada erano spariti. Insomma finiu che nel giornale cera scritto che era stata la guerra di mafia. Era il periodo dei morti ammazzati quello.
Certo si sapeva che Carmelo ogni tanto a posto di sicci arrialava stummi ma però gli sbirri non la considerarono assai questa cosa. Eppoi picchì perdiri tempo? Carmelo era orfano e senza famigghia. Nessuno si sarebbe lamentato.
Alla scola il mattino dopo ci cuntai tutto ai miei compagni di quella avventura. Mi ricordo che Ciccio il figghio della za' Mena mi taliava tutto attento. Era u chiù nicu e io lo sapevo che simpressionava e accussì fici la minchiata di esagerare che i picciriddi quando possono fare male non si tirano mai arreri.
Parrai di testa spaccata. Di sangue a ciumi. Di iammi tagghiati. Insomma a fici accussi seria che chiddu attaccau a chianciri e passanu ionna prima di vederlo di nuovo assittato vicino al banco.
A Ciccio lho rivisto venti anni dopo che era diventato ippi e sascutava i bitols e i rollin ston come nella canzone. Taliannulo bonu con tutti quei capelli e iautu comera mi passi a copia preciso di Carmelo buonanima.
Ciaveva lautoradio accesa.
"Totò Totò comu stai? quannu tempo! Veni ascuta! Ti piaci Gion Lennon? Veni ascuta parra di dio sta canzuni!"
Non è ca ci capivo assai che io linglese no canusciu ma mi fermai volentieri che tempo ce ne avevo. Ciccio mi misi la mano nella spalla e mi passau una sigaretta strana. Tutta macchiata di giallo. Io ci resi una tirata e poi ci feci un sorriso.
"Ciccio! Ma u sai che quasi non tarricunusceva?"
Accussì pigghiamu a parrari che ammia a dire il vero maccuminciau a furiari tannicchia la testa e non lo so se per colpa della sorpresa o delle storie che mi cuntau ma alla fine scuncittai lanima.
Fu quando mi cuntau di come aveva sciolto nellacido a Saro u immirutu. Quello che aveva ammazzato per gelosia a so o pa'.


Scritto per l' EDS GIALLO proposto dalla Donna Camèl

Partecipano all'eds e ti invito a leggere:


Il numero 97
Giallo canarino
Ritratto in giallo, ocra e carboncino uno ( due e tre )
Il cane bianco
Giallo di provincia
Assassinio sull’Agreste Express
Dolce come la morte 1, 2 e 3
Ah, look at the lonely people 1, 2
I feel fine
Lo strano caso del signor D., investigatore
Il privilegio della memoria
Angelo e Lucifero

01/03/14

[condomini emiliani] Bitols


Oggi chiovi ancora e allora non  mi resta che la televisioni. Furiu e furiu i canali ma non cè nenti che mi convince e allora accumenciu a cucinari che mi sono comprato un pezzo di secondo taglio in offerta e assira lho messo nel vino che me lo voglio fare al forno con le patate.
La carne fatta accussì ha bisogno di tempo che deve cucinare lenta lenta come quando nelle storie dei filmi uno cerca lassassino. E forse questo paragone mi è venuto nella testa che ora nella luci addumata in cucina cè il telefilmi di quella che scrive romanzi. Quella che dove arriva ammazzano a qualcuno. Che poi è sempre così in queste avventure.
A pinsarici ci sono cresciuto con queste storie che iu era nicu però me le vedevo tutte le puntate di magrette e di wolfe e poi cera anche sceridan con limpermeabile che ce laveva anche colombo tutta strapazzata e forse macari lodda ma quello è stato dopo che già cercavo di capire e mi appassionavo chiossai a quello che succedeva.
Io una cosa che ancora ricordo però non è un poliziotto ma è padre braun che  cera anche quello che è morto ora. Foà ecco. E lui prima era cattivo e poi invece diventava amico do parrinu.
Un altro che ricordo è quello tignusu. Cogiac. Mi ricordo che con lamici cerano tante storie su di lui e forse mi viene in testa più per questo a dire il vero.
Una volta con Vincenzo ciabbiamo giocato a fare linvestigatori che a lui ciavevano arrubbato il pallone che aveva lasciato ammucciato vicino al campetto e volevamo scoprirlo chi era stato. Era un pallone nicu come quello delle foche al circo però non avvulava come il supertell e per questo ci piaceva.
A Vincenzo a quel tempo ciavevano arrialato una machina fotografica tedesca che ciaveva una custodia bellissima di pelle  e che ancora stava dentro a una scatola di cartone gialla. Lui si scantava ad aprirla che si poteva sfasciare e poi non cera granchè di fotografari. Però questa volta se la pigghiau per questa impresa. Nella scatola cerano anche due flasc. Erano come i dadi solo che facevano la luce.
"E ora chi facemu?" ci spiai.
"Stasira u pigghiamu e ci facemu una fotografia come i detectiv" mi rispose.
"E poi?"
"E poi si pensa"
E così con il pallone nuovo iucamu tutto u pomeriggio ai passaggi. Poi iddu u pusau per finta nello stesso posto e noi nammucciamu arreri a una fila di cassette per la frutta. Non passau tanto tempo.  Da un puttusu vicino alla palla spuntau una cosa niura e pilusa. Furiava sutta i petri proprio vicino a noi. Un suggi di fogna ca pareva un iattu. Prima ciaurau il pallone e poi accuminciau ad ammuttarlo come per giocarci ma penso che voleva solo spostarlo. Fatto sta riuscì a spingerlo fino all'inizio della discesa che portava alla sciara e poi no vistumu chiù. La foto non ce labbiamo fatta però che Vincenzo non lha nemmeno aperta la scatola e accussì tannicchia contrariati siamo tornati a casa.
Vicino al portone cera ancora il carretto do gelataro. Ciaveva la radio a tutto volume come sempre. Ciava misu la cassetta stereotto che sera cangiato limpianto da poco. Forse aveva trovato solo quella o forse ce lavevano arrialato con la radio ma dalle casse nisceva una musica strana. Erano quelli inglisi. I bitols.
Io e Vincenzo ni pigghiamu una coppetta che era estate e cera cauro e lui che sapeva tutte le parole anche di quella lingua accuminciau a cantari. Ora io non le saccio scrivere che sono passati anni e poi non ne sarei nemmeno capace ma però mi pare a pinsarici che cè le ho ancora tutte nella testa:

Here come old flat top
He come groovin' up slowly
He got jew jew eyeballs
He want holy rollers
He got hair down to his knees
Got to be a joker
He just do what he please

He wear no shoeshine
He got toe jam football
He got monkey finger
He shoot Coca Cola
He say I know you, you know me
One thing I can tell you is
You got to be free

Come together, right now
Over me



Scritto per l' EDS GIALLO proposto dalla Donna Camèl

Partecipano all'eds:


Melusina con Il numero 97
Angela con Giallo canarino
Hombre con Ritratto in giallo, ocra e carboncino uno e due

12/02/14

Consigli

"Ma tu chinni pensi?"
     "Mah!"
"Comu ma?!"
     "Ecchissacciu..."
"Insomma ti piaciunu chiossai  viddi o niuri?"
     "Iu sugnu pa spiranza"
"Viddi allura!"
     "Po essiri"
"Insomma! Deciditi!"
     "Senti bedda! Non ciaia nesciri iu a fin fine"
"U sacciu ma un aiuto"
     "Ma comè?"
"Comu comè?"
     "Comè. Comè iddu?"
"Simpatico"
     "E certo simpatico. Ci mancassi! Ma comè?"
"Ciavi a so età. E i mustazzi macari. E tannicchia di panza. Però il giusto che fà macari a palestra. Eppoi è gentile. Su virissi come è gentile! Oggi non mi vuleva fari nesciri da machina picchì chiuveva e maccattau un ombrello nuovo. Sè tuttu vagnatu per arrivare al negozio"
     "Purazzu. E u portafogghiu?"
"A mantice"
     "Ah ecco! Simpatico allura!"
"Chissì tosta! Sì è simpatico"
     "Allura viddi"
"Picchì?"
     "Tantu su ti va bona ti levi e mancu te li talia. Spiranza ci voli"
"Già"
    "Già"


Questo dialogo partecipa all'EDS proposto da La donna Camèl
Puoi leggere anche:

- Opera numero 1 di Angela
- La sciarpa di Michele
- Un mare d'erba  di Melusina
- O’ nipote mascalzone di Hombre
- A proposito della Prinz verde di La Donna Camèl
- Fili spezzati di Lillina
- Onda verde di Calikanto

02/01/14

[ritratti inutili] Turi Pappalardo

A me che quando mi hanno eletto non ci volevo credere che io lavevo fatto per fare un favore a un amico mi ha fatto sempre schifo la politica. Tutti mangiatari che bisogna levarci anche le mutande che ci hanno rubato a questi farabbutti e io così ci ho detto ai miei compaesani che loro erano stanchi come a me e mi hanno votato. Ora sono assittato da un mese in questo posto e non è che ci abbia capito ancora assai. Che questi la fanno difficile e ci sono regole e norme e trucchi che appena ti furii ti futtunu. E tu non te ne sei neanche accorto.

Cè uno della vecchia giunta che mi telefona ogni giorno e mi fa i complimenti e mi suggerisce le cose anche se a quelli della sua parte ci fanno danno.
"Vedi Turi io sono stato sempre a favore del nuovo. E' che non posso ora, non posso. Non si sputa nel piatto in cui si è mangiato"
"Visto che lo dici macari tu? E' ora di finirla!"
"Giusto Turi, giusto. Per questo ti voglio aiutare"
"Dillo ca ti scanti. Ieri vi abbiamo fatto cadere il piano regolatore"
"Non siete stati voi Turi. C'era chi voleva fare il furbo"
"Sì! Sì! Cuntaccilla a Tofulu. Siete tutti morti"
"Ah! Ah! Ah! Allora stai parlando con un fantasma?!
"Che centra! Vi abbiamo circondato"
"Ok! Ok! Senti... voglio aiutarti ancora. Tu però non fare il mio nome"
"Sintemu"
"Domani cè la seconda votazione. Devi dire ai tuoi di aspettare. Qualcuno mi chiamerà fuori dal centro, dal partito a Roma. Se siete bravi mancherà il numero legale..."
"E tu? Chi ci varagni?"
"Io? La tua stima Turi. La tua fiducia. Magari quando sarete voi a comandare ti ricorderai di questo tuo vecchio amico segreto"
"Viremu. Viremu. Intanto ciao che devo chiudere ora"

Alla riunione li abbiamo fermati a quegli stronzi. Che loro hanno dovuto cambiare tutto e il giorno dopo hanno approvato una cosa tutta diversa. Ormai ci stiamo dietro. Lo devono capire che se ne devono andare. Il mio amico continua a telefonarmi. Ora è diventato segretario e mi ha fatto trovare un cellulare nuovo tutto rosso sotto allalbero dellufficio. Non cera il nome ma io lo so che è stato lui. Che io non lo volevo. Che a me non mi compra nessuno.

A mia moglie invece ci è piaciuto. Io lavevo portato a casa come prova. Per farlo vedere agli altri del movimento.
"E questo di chi è?" mi ha chiesto lei.
"E' un regalo per te" ci ho risposto e dopo ci siamo baciati.


Scritto per l'EDS rosso come il peccato proposto da La Donna Camel

Partecipano:
- Melusina con Gloria mundi
- Gordon Comstock con Il peccato più grande 
- Fulvia con Biancaneve 
- Melusina con Red Velvet 
- Hombre con Present continuous 
- Angela con Pensiero stupendo - trilogia
- Gabriele con Cave cave deus videt 

- La Donna Camèl con Vedo rosso
- Melusina con L'amore ai tempi dei nonni
- Pendolante con La confessione
- Melusina con Mille papaveri rossi
- Gabriele con Pesci bianchi, pesci rossi
- Michela con Apple
- Pendolante con Generazioni 

 - Lillina con Iago
- Cielo con il pantone, altro che rosso

- Calikanto con Tabarin 
- Hombre con nove primi venerdì 
- Melusina con I salami della Beppina 
- La Donna Camèl con La casa rossa
- Leuconoe con Sogno di un pomeriggio di mezzo autunno 
- Il Pendolo con Il treno rivelatore

01/01/14

[ritratti inutili] Lisa Borletti

Lisa Borletti sa benissimo che quella non è la sua casa, che quello non è il suo letto, che lui non è il suo uomo, eppure continua a non curarsene che questi non son certo pensieri da far venire in testa mentre si sta per scopare: sì, perché Lisa Borletti in questo momento è impegnata in quelli che le riviste chiamano "preliminari dell'atto amoroso". Preliminari che, a giudicare dal rossetto rosso che segna la pelle dell’uomo, dai mugolii che ne disegnano la voce, la vedono garbata protagonista.

Tutto è iniziato la mattina, nell'attimo esatto in cui la curiosa suoneria dello smartphone appena regalato al marito ha annunciato l'arrivo di un messaggio.
"Quel coglione lo ha dimenticato nuovamente a casa!" ha pensato la signora Lisa prima di lasciare le proprie impronte digitali sul vetro ancora privo di graffi.
Il signor Carlo è nudo alle spalle di una donna, nuda anche lei. Avvenente, si direbbe.
"Sarà almeno una quarta" pensa Lisa confrontando subito quell'immagine con il seno un po' calante che le sagoma la t-shirt.
Poco sotto la foto un “sei stato fantastico”, accompagnato da un cuore, la sorprende parecchio.
“Fantastico? Carlo?” pensa, e allora riguarda quell’uomo e sì, il ventre è proprio quello di suo marito e le spalle e le mani e il volto, anche.
Lisa Borletti poggia il telefono e continua a spolverare che i ragazzi ritornano tra poco e ci sarebbe anche da pensare al cenone.
"Oggi esco" dice a tavola decisa.
"Vai al super?" bofonchia Francesco.
Mastica ancora la carne appena portata alla bocca, poi pulisce le labbra con il bordo della tovaglia prima di alzarsi per dirigersi verso la propria stanza.
“Francesco quante volte ti ho detto…” inizia a urlargli dietro il padre interrotto dalla voce del ragazzo.
“Ma’! Se vai al super, mi compreresti un pacco di quadernoni?”
“E tu non gli dici niente?”
Lo sguardo di Carlo cerca gli occhi della madre, ma lei ha già iniziato a raccogliere i piatti e solo sussurra:
“No. Non non vado al supermercato”.

Quando ha iniziato a prepararsi Clara l'ha guardata sorpresa.
“Ma dove vai, mamma?”
“Esco”
“Sì. Lo vedo che esci, ma dove vai?”
“Già, dove vado?” pensa tra sé e sé Lisa ma poi si ricorda di un vecchio invito di Letizia, l'unica amica che le è rimasta. “Vieni con me al Colibrì?” “Quel Colibrì?” “Certo! Perchè no?” “Lo sai cosa si dice di quel posto”
“E allora? Mi hanno detto che è carino”. Poi non se n'era fatto nulla, però.
“Vado in giro” dice alla figlia e sono appena le quattro quando parte con l'auto di famiglia, quella dei grandi viaggi mai fatti, quella delle grosse spese.

“Ma che sto facendo?” improvvisamente si trova a pensare.
“Che sto facendo? Non me ne frega nulla di lui. Sono anni che non mi interessa più. Che non ci cerchiamo più”
Eppure Lisa continua a pensarci, e lo sguardo si ferma sulla bottiglia di olio essenziale appesa allo specchio retrovisore interno che le ha regalato la figlia, sul libro dimenticato da Francesco sul sedile accanto.
“Tutto suo padre!” pensa lei e non si accorge di essere già sulle prime salite. Lontana dalla città, dal Colibrì, da casa sua.
Si ferma al secondo paesino che incontra; deve andare in bagno e poi ha voglia di un caffè, di una sigaretta.


Scritto per l'EDS rosso come il peccato proposto da La Donna Camel

Partecipano:
- Melusina con Gloria mundi
- Gordon Comstock con Il peccato più grande
- Fulvia con Biancaneve 
- Melusina con Red Velvet
- Hombre con Present continuous
- Angela con Pensiero stupendo - trilogia
- Gabriele con Cave cave deus videt 

- La Donna Camèl con Vedo rosso
- Melusina con L'amore ai tempi dei nonni
- Pendolante con La confessione
- Melusina con Mille papaveri rossi
- Gabriele con Pesci bianchi, pesci rossi
- Michela con Apple
- Pendolante con Generazioni 

 - Lillina con Iago
- Cielo con il pantone, altro che rosso 
- Calikanto con Tabarin 
- Hombre con nove primi venerdì 
- Melusina con I salami della Beppina 
- La Donna Camèl con La casa rossa
- Leuconoe con Sogno di un pomeriggio di mezzo autunno 
- Il Pendolo con Il treno rivelatore

07/12/13

zebre e savane

io a quella voce che mi urla nella testa a quella voce che azzanna che ordina io a quella voce non ci ho mai creduto e neanche le prime volte che tappavo le orecchie e chiudevo gli occhi e la mia bocca si serrava e lei mi diceva mi sussurrava io non ci ho mai creduto e cercavo di farla capire questa cosa a quelli e ripetevo e ripetevo ma loro i bianchi i medici i dottori che mi guardano i dottori che mi strappano il vestito nuovo della festa che mi tirano le braccia i dottori che mi uccidono i dottori non mi vogliono credere non mi vogliono credere i dottori e mi spogliano e mi tolgono tutto e le mani le mani mi toccano tra le gambe le mani le loro mani nella mia faccia sopra il mio seno le mani e poi il sangue il sangue che cola tra le gambe che scende che macchia il vestito nero il vestito della festa il sangue e ora la voce è la mia voce che urla che piange e qualcuno poi mi manda nella stanza della luce e tante volte tante volte ancora che tutto passerà dicevano tutto passerà e non ci sarà più nessuna voce e tornerai a casa e potrai bere la tua cioccolata che a me è sempre piaciuta la cioccolata che a me è sempre piaciuta e io lo ricordo ancora che avevo la mia tazza con Pluto che addenta un osso nella mia tazza solo che i colori erano tutti sbagliati tutti capovolti e Pluto era viola nella tazza che quella invece rimaneva bianca tutta bianca e avevo la mia mamma anche e la mia mamma diceva brava brava e rideva che a me è sempre piaciuta la cioccolata e la voce ancora non c'era e mamma rideva e poi piangeva piangeva tanto mamma che io non lo sapevo mica perchè piangesse ma poi lo ha fatto di nuovo che la casa bruciava e io ero dentro e poi anche lei bruciava e io avevo quei fiammiferi nelle mani quei fiammiferi e la faccia tutta nera e gli occhi e le mani nere e il vestito della festa anche che poi non l'ho più vista e la voce allora è arrivata e prima però mi hanno portato qui prima mi hanno legata stretta mi hanno legata e io piangevo anche io piangevo come la mamma come la casa che bruciava.
io a quella voce che mi urla nella testa io a quella voce non ci ho mai creduto anche se lei mi mostra le cose e mi dice guarda hanno lasciato qui quella forchetta prendila prendila guarda nascondila e io non l'aveva presa però avevo resistito che era stata la voce era stata lei che lei mi odia e lo sa che poi se la trovano c'è la camera c'è la camera se la trovano e io la volevo consegnare  la volevo solo consegnare ma nella stanza invece nella stanza attorno c'era solo sangue e quelli mi hanno trovato così che il dottore ha detto che se lo aspettava e la voce urlava uccidili uccidilo ma io ero legata ero legata e non sono stata non sono stata io non.
io a quella voce che mi urla nella testa io a quella voce non ci ho mai creduto non ci ho creduto a quella voce.

Il testo partecipa all'EDS Nero di Natale by La Donna Camèl. con:

http://lalineadhombre.blogspot.it
http://callmeleuconoe.wordpress.com
http://melusina.altervista.org
http://pendolante.wordpress.com
http://kermitilrospo.blogspot.it
http://milanocongliocchiali.blogspot.it
http://oraequilillina.blogspot.it
http://calikanto.blogspot.it
http://blog.libero.it/LaDonnaCamel

01/11/13

Matilda

 

Io a Bellafonte lho conosciuto pecchè cera Filippo che ci passau una estate intera mentre che eravamo insieme. Era stato che quellanno avevamo fatto un mese di collegio per colpa di una vecchia che sera messa a tirare la borsetta così forte che io ero caduto dalla vespa e per fortuna non mi ero fatto male solo che il tempo di risalire mero trovato con le mani di uno sbirro addosso e la faccia unchiata di coppa.
Insomma comunque ci era andata bene che il giudice aveva visto che era la prima vota e poi eravamo nichi e allora ceravamo stati solo un mese a cuntari i muschi e dopo era arrivato il caldo e il prete ci aveva preso nella colonia che ci dava il comune per laltro mese che ci mancava.
Filippo spariva dopo la preghiera della mattina che non lo diceva mai a me cosa faceva e dopo spuntava  direttamente a mare che sera accattatu una radio con le cassette e ciaveva questa di bellafonte che ce la metteva sempre e poi macari era anchelunica.
Diceva che ce laveva data sua madre ma io lo sapevo che non poteva essere che sua madre allargava le cosce nel continente e nessuno lo sapeva in che città travagghiava mentre lui stava cu sò nanna. Comunque queste non sono cose che si possono rimproverare a un amico che poi ognuno è libero di credere quello che vuole. Lui dicevo veniva con questa radio piazzata nellaricchi e il volume al massimo e camminando si annacava per la gioia di qualche volontario di quelli che aiutavano a Don Gino.
Che noi lo sapevamo che per passare qualche capriccio in più ci sarebbe bastato darici il biscottino a qualcuno di quelli ma per un mese non ne valeva la pena e così ci divertivamo solo a farli sbrugghiari tannicchia che di più non ci interessava..
La spiaggia era quasi sempre vuota che la stagione non era ancora iniziata anche se si stava bene al sole e già ci eravamo abbronzati e si puteva fari il bagno macari. Quelli che montavano le cabine nel lido vicino travagghiavano dalla matina fino alla sira e noi ci avevamo fatto amicizia che quando si fermavano per mangiare noi ci avvicinavamo. Il fatto è che il nostro pranzo era a ora di colazione. Che un cristiano non mangia alle dodici. E noi invece sì e per giunta dopo non si puteva manco fare il bagno.
"Ma a scola ci iti?"
"Ma quali scola? Chicciiemu a fari?"
"E bravi! Accussì ni viremu macari lanno prossimo"
"Macchiddici Franco? Fu una disgrazia la nostra!"
Franco era quello più simpatico e anche il più caruso che di sicuro ancora non ciaveva mancu vintanni. Ammucciuni ogni tanto ci dava nacari tannicchia di vino e noi ciavevamo cuntato dello scippo.
"E quanto cera nella borsa?"
"Cinque euri"
"Un lavoro di fino insomma"
"Ahu! Chistu cera!"
Filippo laveva guardato incazzusu che non lo sopportava di essere pigghiatu po culu ma Franco laveva smontato arrirennu che dopo un pò anche noi lo avevamo seguito.
Lui cera stato macari al collegio ma ciaveva passato due anni che aveva pungiuto a uno per una questione di onore. Però non aveva voluto cuntari chiossai solo che non ci voleva tornare e che era stato fortunato che aveva trovato questo travagghio che lo chiamavano o spissu per i lavori di fatica.
Io e Filippo aspettavamo che fineva di mangiari e poi ci salutavamo e noi tornavamo a priari che nel pomeriggio cera anche il rosario. Lui invece si allontanava che non capivamo bene dove andava solo che scumpareva ogni giorno dietro a una casetta arancione che era lunica in muratura che cera in tutta la spiaggia.
"Sarà ca caca" diceva Filippo e io ridevo che quello era un appuntamento preciso come con la zita.
Lultimo giorno Filippo arrivò nella spiaggia tutto pulito e ordinato e  fischiettando che io la conoscevo quella canzone che lavevo sentita tante volte. Aveva posato la radio sopra alla sabbia e sera spogliato come negli spogliarelli della televisione aspettando che tutti lo taliassero. Poi quando ciaveva fatto venire la bava a tutti i chierichetti aveva messo la radio a tutto volume e aveva accuminnciato a ballare. Furiava a piedi nudi nella spiaggia con una mano allaria e con laltra che si teneva la minchia dura. Ero scoppiato a ridere e dopo lavevo seguito anche io che era troppo divertente anche se ero meno bravo di lui.
"E bravi! E bravi! Unaltro mese non ve lo leva nessuno!"
Era la voce di Don Gino che lavevano avvertito ed era corso fuori dalla chiesa tuttu suratu con la sua panza che abballava insieme a noi.
Insomma per quella minchiata veramente ci fecero fare un mese dentro in più che questa veramente fu una ingiustizia. Ma in quel momento non ci pensavamo che ancora ridevamo.
Mentre salivamo dietro la rete che separava la colonia dal lido vistumu a Franco che ci guardava e sorrideva come a uno che se lo immaginava. Vicino a lui cerano sei cuccioli che giocavano e cialliccavano le scarpe.



Scritto per l'Eds arancione del grande cocomero proposto da La Donna Camèl.

Lo hanno fatto anche:
Melusina con Latte o limone?
La Donna Camèl. con Condomini 
Lillina con PC gate
Pendolante con Giuseppe
Hombre con Essere Johann Cruijff
Calikanto con La torta di amarene
Angela con Notte insonne con gatti rosso arancio
Cielo con Jamaica discromatica
Melusina con La pappa!
Singlemama con In pirlo veritas
Leuconoe con Tequila sunrise
Marco C. con La stessa tonalità
Fulvia con Il quadro capovolto
Lillina con Maracaibo
La Donna Camèl con Pronto soccorso

23/06/13

Michelino e Filippo

Filippo tu non devi ridere. Non è che perché sto diventando vecchio accumencio a rimbambire. Certo ne dico di minchiate ma come a tutti mi pari e se ti dico che avi un misi che dentro la mia casa ci sono questi rumori non è che è perché sono diventato impressionabile o chennesoio.
Accuminciano giusto un misi fa ti ricu. Te lo ricordi? E’ stato il giorno ca vinni la polizia ad arrestare a Michelino linglisi. Era amico tuo no? So mugghieri mi rissi che eravate sempre in giro insieme che tu ci stavi insegnando u misteri. U sacciu! U sacciu! Ti è dispiaciuto assai. Non te la pigghiari però se ti dico che io anche se abitava a fianco di casa mia non ci parravo  assai con quel caruso che mi dava fastidio quella cosa che vaviava in continuazione  e che per farci una discussione ci vuleva ancirata.
Comunque  ti dicevo accumincianu quel giorno i rumori. Quel giorno che i poliziotti ci cercavano la droga ma non lhanno trovata a sò casa e però su puttano u stissu che ciavevano fatto il film con la telecamera e  il giudice diceva che cerano le prove.  Una para di giorni prima a dire il vero io avevo sentito ritornando dalla spisa che stavo aprendo la porta un colpo a sicco come una martellata ma forse non centrava niente che poi invece dal giorno dellarresto i rumori sono arrivati. Ed erano è sono come quando acchiana il cafè  dalla cafittera che borbotta ma senza ciauru però. E alle volte poi più forte si sentono. Come quando manca lacqua e le tubature pari che cianno a  tussi.
Io allinizio non ci ho dato tanto peso. E che sarà mai pensavo. Una mia impressione.
E invece questi rumori hanno  continuato che non cera orario o duminica.
Accuminciai allora a taliare le tubature. A seguire il percorso. Appoggiavo lorecchio al muro al pavimento e però non succedeva niente  che lunica cosa che sentivo erano la genti ca  futtuva o litigava e Iano macari dal piano di sutta che russava come a un treno. Che per sentire a quello però non cera nemmeno bisogno di stare così attento.
Allora ogni tanto ho provato anche a staccare la luce che forse erano i fila che facevano contatto ho pensato e però quelli i rumori stavano muti non si facevano sentiri in quel momento e poi invece riprendevano quando non me li aspettavo più come se lo facessero apposta. Uno scherzo.
E’ per questo che te ne ho parlato che tu le case le fai. Che la muratura è il tuo mestiere. E allora può essere che di sicuro ne sai chiù di mia. Cosa? Crepe? Non mi pari! Certo quannu ci fu u terremoto cascau qualche cosa ma sautau solo l’intonaco dal muro  che con due colpi di scupa  tutto era pulito.
Aspetta. Aspetta. Ora che mi ci fai pinsari cè stato che nella stanza da letto da un pò cè più polvere ma mi veni nella testa solo ora che me lo dici tu. Sì! Sì! Ciai raggiuni! E' proprio attaccato alla stanza di letto di Michelino. Ciavi larmadio anche lui supra a quella parete che io lo so che quando quello fici il trasloco lanno scorso laiutai tannicchia con qualche scatolo. Chiddici ce la facciamo a spostare l’armadio? Cosa? Ti basta sulu virirlu? Ok! Perfetto! Allora se è così ne approfitto che io  mi sono ricordato che ciò una commissione importantissima. No! Non ti preoccupari! Mi fido! Ti lassu a casa libera che ho capito che tu mi puoi aiutare! Na menzurata e torno! Ti lassu ca allura. Grazie Filippo! Grazie!


Scritto "in recupero" per l'EDS - Cos'è questo rumore?  proposto a inizio anno da  La Donna Camèl

14/06/13

Incanto


Io di quella donna non sacciu dire assai. Nemmeno il nome. Non lo so quali erano i suoi segreti.
Nunzio quando ce la feci vedere indicandola con la testa disse solo: “Minchia! “
E dentro a quella parola  lui però non ci misi niente di volgare. Era più sorpresa direi. Come a quando uno ciavi vogghia di un gelato e allimprovviso tarriva sutta u naso un cono con la panna  pronta per essere alliccata.
Io la canuscii quasi un anno prima. Il primo giorno di marzo. Ero andato a mangiare una fetta di carne di cavallo da Don Ciccio u scarparu. Nella sua chianca vicino al cimitero.
Lui lo chiamavano così perché quando era nico suo padre non lo voleva con lui nella macelleria e allora lo aveva mandato a fari u caruso da Tino Indelicato u curtignu. Tutto il giorno ad attaccare tacchi e a respirare veleno. Ciccio cera rimasto solo una para di anni . Poi quella colla gli aveva spaccato i polmoni. Ancora adesso sputacchiava a destra e a manca mentre con il muscarolo teneva vivo il fuoco.
Lei era spuntata la davanti allimprovviso. Da una vanedda scurusa. Alta. Bionda. Un culu a mannulinu pronto a fari musica e un sorriso come a un sogno.
Non era però un fatto di biddizza. Ci sono donne più belle di sicuro. E anche altre fimmine create per fariti sbrugghiari.  E però a tutte quelle ci mancava  qualcosa.  Ora lo capivo. Ora lo sapevo.
Passando lei laria fermadella via si era spostata come dincanto e tutti ci eravamo girati fino a vederla sparire in mezzo alla notte. Fino a quando rimase solo la fiamma alta e caura del fuculari. E locchi di Don Ciccio. Due occhi come a un cane in calore.
Poi arrivò lestate e io la incontrai di nuovo un pomeriggio vicino al chiosco. Lei si era fermata a prendere un selz limone e sale e io invece ciavevo la mia birra a  farimi frisco.  Era come essere al cinema. Insomma lei era lì  ma però era come se non cera. Noi potevamo solo goderci lo spettacolo. Essere contenti. Sognare. Non continuò assai però. Il tempo di sentire di nuovo quellaria spostarsi come a un ciato di mare e tutto finiu.
Lultima volta infine fu una misata dopo di averla incontrata con  Nunzio. Lei ciaveva una foto  grande nel giornale. Ci avevano tagliato la gola come a un capretto e poi lavevano ittata in una sciara.
“La polizia brancola ancora nel buio “ cera scritto.

Scritto per l'EDS - Il sesto senso - proposto da La Donna Camèl  con le seguenti regole:
Racconta una cosa che non sai definire.
Entro il 24 giugno a mezzanotte.
Non usare mai la parola che.

Partecipano:

Melusina con C’era quella cosa
Melusina con Serenissima
Hombre con Io, L’amministratore e la signora grassa
Pendolante con Il viaggio
*Cla con Mercoledì
Lillina con Quel certo non so che
La Donna Camel con Io non c'entro

26/05/13

Cuncittina

Quando trasii nella stanza tutto era loddo di sangue.
Era come se ci avissero gettato una sicchiata per fare le pulizie del pavimento e ora a terra era tutto vagnatu che io ci camminavo sopra e le mie scarpe ci lasciavano le impronte.
Ero con Vincenzo che mi aveva chiamato lui al telefono:
"Curri! Curri!" mi aveva detto "Cuncittina non apre alla porta e io ho la sensazione che sia successo qualcosa di lariu"
Cuncittina era stata la nostra prima fimmina. Cioè no insieme che quello nemmeno lei lo voleva ma prima diciamo così era stata la sua zita e poi dopo un po’ la mia che tutto era stato certo per caso ma comunque così era andata.
Ora Cuncittina viveva sola in una vecchia casa di dopo la guerra che era rimasta non si sa come in mezzo ai palazzi nuovi che avevano fatto a Librino e io lo sapevo che quel pezzo di terra lo volevano in tanti e a lei ce lo avevo detto: "Vendila questa casa che con i soldi ci fai la signora" ma lei non aveva voluto ascoltarmi che: Ormai sono vecchia e vogghiu moriri cà!" maveva risposto e cera riuscita pareva.
Vincenzo aveva pigghiato una scala ed era entrato dalla finestra del primo piano che portava alla cucina e io lavevo seguito anche se facevo più fatica di lui a fare queste spittizze acrobatiche. In mezzo al sangue ci guardavamo in silenzio che nessuno sapeva bene che fare. Se continuare e trovare il cadavere o fermarsi e chiamare la polizia macari che forse era questa la cosa migliore.  Alla fine in effetti fu questa la decisione. Che allora rischiavamo non si sa mai di essere accusati noi di quello che era successo. Vincenzo pigghiò il telefono e spiegò ogni cosa poi nassittamo e naddumamu una sigaretta.
"Io quando lho conosciuta non lo sapevo mica come era fatta una fimmina. Cioè lavevo viste le foto e i film e tutte le altre cose ma non lo sapevo lo stesso che una fimmina è tutta unaltra cosa da quello che uno si immagina e anche da quello che ti dicono”
"Io mi ricordo che sparivi e non lo sapevo più dove eri finito che ci mancava sempre uno per la partita al pomeriggio e però non ti volevo chiedere niente che lo sapevo che saresti tornato”
"E' che era una cosa solo mia e poi tannicchia mi vergognavo di questa spittizza che mi sembrava peccato che lei ciaveva dieci anni chiossai di mia e di tia e u zito macari. Poteva essere pericoloso”
"Io invece quando lho incontrata già era muntuata che quello lo zito aveva detto a tutti ai suoi amici che ai masculi quella donna ci faceva vedere le stelle”
“Ma su mancu ciarrinisceva! Cuncittina mi cuntava che lui arrivava che non cerano i suoi e si spugghiava subito di primura e tutto pareva andare bene solo che poi chianceva perché non ciattisava e si rivestiva e non si faceva viriri per mesi.”
“A mia mi piaceva quando che avevamo finito mi accarezza i capiddi come a un picciriddu e sorrideva che pareva una madonna”
“Cummia invece cumannava e io ero il suo pupazzo che non potevo disubbidire e se non facevo come lei diceva non mi voleva più e passava tempo”
"E comu finiu?”
“U sai! Poi ho conosciuto a Francesca”
"Ah vero! Io invece non ci siamo mai lasciati che però non siamo mai stati insieme. Io passavo a prendere un caffè oppure lei mi chiedeva di venirla a trovare e insomma eravamo amici.”
Nella cucina cera silenzio. In tutta la casa non si sinteva nenti.
Noi continuavamo a fumare e a parlare che di spostarsi nuddu ciaveva voglia. E poi quanto arrivò la polizia invece Vincenzo si affacciò alla finestra e si fici viriri mentri quelli scassavano la porta.
Cuncittina era proprio allentrata che lavevano squartata come a un agnidduzzu e quando siamo scesi cera un lenzuolo sopra a quel corpo e però ci niscevano le mani e i piedi e io ci visti una fede nel dito e Vincenzo invece un braccialetto nella caviglia ma di questo poi non siamo sicuri che tutti e due volevamo solo vomitare. 


Scritto per l'EDS - Non cosa ho veduto, ma come l'ho veduto - proposto da La Donna Camèl - come anche:

- Dove una madre, di Hombre
- Trasposizione di un amore, di Lillina
- Foto di classe, di Pendolante
- Il fazzoletto bianco, di Pendolante
- Povero edipo di Melusina
- L'amore informale di due anime in guerra di Lillina
- Essere nutria oggi di La Donna Camèl
- Il fotografo di Effe

27/04/13

Bastardi affucati


Io ho imparato solo ora a fare i bastardi affucati che non ci vuole assai però non mi è entrato mai nella testa quello che era necessario oppure che forse siccome mia madre li faceva che mi ci allisciavo i baffi allora un poco mi scantavo dei paragoni.
La ricetta è semplice semplice che il solo trucco è avere pazienza come nella vita insomma che ora tutti currunu e si perdono u megghiu di ogni cosa.
Aviri pazienza dicevo perchè poi di suo ci voli la paredda e la cipudda longa e il pepato vecchio lacciughe e lalivi niuri e il vino della muntagna a darici pisu.
Ecco se ciai tutte queste cose e i bastardi naturalmente sei a posto. Ci devi mettere dentro alla pentola i rametti a coprire tutto e poi fare come quando si consa u pani. Con le verdure sotto e sopra e il resto nel mezzo e poi di nuovo a strati prima di cucinare a fuoco lento. Lentissimo. Una abbagnata di olio buono allinizio e quasi alla fine. Unaltra di vino e finisti.
Sopra alla pignata poi ci devi mettere un coperchio più piccolo ma pisanti però che così ogni tanto fai pressione che nei bastardi ci nesci u broru che ci serve per cucinare.
Ecco ora aspetta. Na menzurata almeno che così ti puoi pigghiari un cafè e fumari una sigaretta o fare due chiacchiere con la vicina di casa oppure autru se sei fortunato che magari ciai la persona giusta vicino e ciaviti vogghia. 
Quando è arrivato il momento che sei a metà cottura li furii e poi li rimetti nella pentola. E' come per la frittata solo che u ciaru è qualcosa ca pigghia a testa.
Se tutto è andato bene alla fine spunta fuori una specie di torta che tu la puoi mangiare come vuoi.
Ammia mi piaciunu in mezzo alla pasta oppure nella scacciata o con il pane di casa friscu e il vino a fare compagnia.

Scritto per l'EDS "ipogeusia" proposto da La Donna Camel. Altri testi:

Caffè alla Norma di La linea d'Hombre
Lettera alla donna che ami sulla felicità e il ragu’ di Fevarin e Carnazza
La prima volta che ho mangiato i piselli davvero di Singlemama
Lu vinu di Lillina
Per un piatto di risi e bisi di Melusina
Mia nonna era google di La Donna Camel
Antichi sapori di Pendolante
Raneclode di Effe

23/04/13

Sarde a baccaficu


“La sarda si deve lavare e poi rapiri come a un libro che uno dentro ci legge il profumo e ci vede largento”
La Za Mela quando cucina che cè qualcuno vicino a lei diventa come una maestra che vorrebbe insegnarle a tutti le cose che sa  e usa paroli difficili soprattutto se si accorge che la talii che la faccenda ti interessa.
Io ci vado a mangiari volentieri quando mi invita che lo so che cucina che è una meravigghia e poi sacciu macari che ci piace se ci arrivo prima che così possiamo parlare mentre è ai fornelli.
“Ma chiffà puttasti i pasticcini?”
“E certo! Chi puteva veniri con una mano davanti e una darreri?”
Lei ciavi un fornello messo nel balcone chiuso dalle vetrate che accussì può friiri le cose senza che poi lodore arriva dentro alle stanze o il vento ciastuta la fiamma. Io sto sempre vicino alla finestra che così ogni tanto pozzu fumari e nel frattempo parliamo o laiuto se ci aggiuva qualche cosa.
“Ma chi ti rissi Arcidiacono?”
“E che mi doveva dire? Oramai si fa i cazzi sò che lunica cosa che ci interessa a lui è sistemare a sò niputi”
“Ma comu? Chi ci mancano lamicizie a chiddu?”
“Cangianu tanti cosi”
“Mah! Forse. Forse sì. Però u pisci continua a fetiri dalla testa”
A Za Mela è vitua da sempre e io non lho mai canusciuto a so maritu o a qualcuno dei suoi parenti ma questo non è importante che lei pimmia è come se fosse nata con il palazzo e del palazzo oramai ciavi lanni e di quello canusci tutti i segreti. Eppure a virirla accussì ogni volta è come se non sapissi mai nenti che non ci scappa mai una parola di quello che non si può dire.
“Ce la fai a rattarimi tannicchia di muddica?”  Mi furiai a guardarla con un sorriso e andai a lavarmi di corsa le mani nella pila che era un onore pimmia quella richiesta.
Il pane di casa era duro da passare nella rattarola e ci voleva forza. Ogni tanto mi scappava di mano e a Za Mela allora mi diceva: “ Attento ca ti ratti tutti i ita” ma si vireva che scherzava. Che mi trattava come a un picciriddu venuto a farle compagnia.
Nel frattempo comunque lei aveva quasi finito di puliziari u pisci per metterlo nellacitu e accuminciava a preparare limpasto con le foglie di prezzemolo e il sale e il pepe che dal frizzer aveva già nisciuto il parmigiano grattuggiato e il pecorino e le uova anche.
“Io laccatto intero quando cè lo sconto al supermercato e poi lo ratto e lo metto nel frigidere che accussì resta friscu.”
Non celavevo mai visto fare questa cosa ma anche io ho imparato tanti trucchetti che in questi tempi di crisi ogni muddichedda arrispammiata è sustanza.
“Ma so figghiu non lo mise nella provincia?”
Era come se ciavesse pinsato fino a quel momento a quel fatto ma io non me ne ero accorto.
“U figghiu di Arcidiacono? Sì! Ciavi lufficio. Dice che ora sinni va macari in pensione”
“Pinsioni? Ma su ciavi i tò anni!”
“Eh…”
“Finisti ca muddica?”
“Sì. Ma non ci voli lagghiu?”
“Aspetta! Aspetta! Ma chivvoi cucinari tu?”
“No! No! Nonsiamai!”
L’olio accuminciava a fari fumo nella paredda e io ciavevo a ucca china di saliva. Lei arrireva e ciaveva un sorriso di vecchia ma a guardarla bene con attenzione intendo pareva invece una carusidda. Una di quelle birbantelle che trovi al parco a giocare. A fare comunella con i ciuri.



Scritto per l'EDS "ipogeusia" proposto da La Donna Camel. Altri testi:

Caffè alla Norma di La linea d'Hombre
Lettera alla donna che ami sulla felicità e il ragu’ di Fevarin e Carnazza
La prima volta che ho mangiato i piselli davvero di Singlemama
Lu vinu di Lillina
Per un piatto di risi e bisi di Melusina
Mia nonna era google di La Donna Camel

Antichi sapori di Pendolante
Raneclode di Effe

17/03/13

L'incontro



"E poi c'è questo sogno, questo sogno in cui sono le tue dita a segnarmi il cuore, questo sogno dove voliamo insieme, vento e polvere a carezzare, a coprire, ogni cosa".
Carlo ha gli occhi quasi chiusi, parla e gesticola con la mano destra mentre la sinistra è stretta tra le spalle e il volto di Clara.
"Non puoi dirmi così. Non puoi. Sarà solo un giorno, lo sai. Sarà solo questa notte per noi".
Clara lo guarda e sorride, prona sul lato sinistro dell'uomo. I corpi sono quasi attaccati: il gomito poggiato sul letto, la mano destra sotto la nuca di lui. Muove leggermente la testa a cercare una carezza mentre la mano sinistra scivola tra le gambe di Carlo.
"Insomma in questo sogno noi non eravamo noi e, ah... così amore, non m'interessava, sì non m'importava più sapere chi ero, chi eri".
Carlo chiude completamente gli occhi, la mano destra ora inizia a stringere il lenzuolo, le gambe si aprono un poco. Tra le dita della sinistra ha i capelli di lei, il suo pollice le carezza il mento.
"Lo sai ora? Lo sapevi prima che c'incontrassimo? Lo saprai domani quando tornerai a casa, quando io riapparirò a casa?".
Clara si alza sul palmo della sua destra e continua a fissarlo, l'altra mano si muove più rapida, più stretta su quello strano trofeo.
E' una giornata di sole e di pioggia, dalla finestra, a tratti, frecce di luce. Pulviscolo.

Scritto per l' EDS Toccami  proposto dalla DonnaCamèl 

Partecipano all'EDS:

La Linea d'Hombre con Laß Dir raten, trinke Spaten
Ora e qui con Argento vivo
Fevarin e carnazza con Pornodirivinewelsh
MaiMaturo con Cantando nella luce
Poco mossi gli altri mari con La conquista del Nuovo Mondo
Pendolante con Outing
La Donna Camel con Ciat

16/02/13

S.Sebastiano





Cara Mamma sono il tuo figlio Franco che ti scrivo da questa città dove sono arrivato la simana scorsa. Perdonami che non lho fatto prima che solo ora lho potuto fare e spero che arriverà presto a casa questo mio pensiero.

Il viaggio è andato bene che quando sono arrivato alla stazione cera tanta gente ma un posto lho trovato lo stesso che ci siamo messi tutti a parlare fino a quando non cè venuto sonno e poi la mattina dopo ho tirato fuori il formaggio che mi avevi dato e quel profumo ha svegliato tutti che ognuno ha preso qualcosa e chi il vino e chi il pane e insomma era come se ancora non ero partito.
A Torino cera il cugino Nitto che mi aspettava e lui mi ha portato a dormire in una casa che cerano tanti compaesani e poi il giorno dopo siamo andati al cantiere e il padrone mi ha controllato e ha detto che ciavevo le braccia forti e mi poteva prendere per il travagghio. Ancora non abbiamo parlato di soldi ma il cugino Nitto dice che quello è sicuro e la paga qui è buona.
Io non ciò avuto tempo di girare assai in questa città che dopo dieci ore di travagghio non cè ne ho molta voglia però cara mamma ti voglio dire che qua non si sta male è solo che la differenza sta nella nasca che qui mi manca il ciauro della nostra casa e a volte nella giornata ci ho come dei sogni che mi sembra di sentirlo lodore del pane che fai tu o quello delle pecore mentre le porto nelle campagne ma poi marrusbigghiu e insomma ho solo sognato che se non sto attento rischio anche di cadere.
Oggi è domenica della festa di San Sebastiano come da noi e il cugino Nitto mi ha fatto andare a casa sua che cera il bagno e sò mugghieri del nord che io non la conoscevo ma mi è sembrata una brava carusa. Mi sono lavato e siamo andati a messa che mi sono messo anche il vestito che io non lho volevo portare ma tu hai insistito tanto e ci stavo un po' stretto e nello specchio quasi non mi riconoscevo ma quella donna ha detto che sembravo un signore messo così e mi ha dato anche le scarpe pulite che dice che erano di suo padre.
Ora ti lascio che tra un poco torno nella mia stanza e prima però metto la lettera nella buca che domani così parte. Abbracciami a tutti e soprattutto ai miei fratelli e alle mie sorelle che appena posso scrivo anche a loro. Io qui sto bene e spero di tornare presto che mi piacerebbe sentire anche il mare e il ciauro delle arance che qui ci sono pure ma non è la stessa cosa.
Un bacio dal tuo figlio Franco

Domenica 20 gennaio 1957

Fonte Immagine: http://www.radio3.rai.it ( Emilio Franzina racconta gli emigranti italiani: dal sud al nord della penisola)

Scritto per l' EDS Sniff sniff  proposto dalla DonnaCamèl

Partecipano all'eds:

Terre lontane di Melusina
Ucci ucci di Hombre
Odori di ricordi di Lillina
Buon compleanno nonno di Lillina
L'odore della SIPE di Pendolante
Profumo di marsiglia di Lillina 
Il profumo del rinnovamento di Maimaturo
L’abbondanza di cozze di Fevarin e carnazza
Odore della domenica di F.
La puzza di La Donna Camel