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29/12/10

La scuola migliore / La scuola peggiore

1. La scuola peggiore è quella che si limita a individuare capacità e meriti evidenti. La scuola migliore è quella che scopre capacità e meriti lì dove sembrava che non ce ne fossero.

2. La scuola peggiore è quella che esclama: meno male, ne abbiamo bocciati sette, finalmente abbiamo una bella classetta. La scuola migliore è quella che dice: che bellaclasse, non ne abbiamo perso nemmeno uno.

3. La scuola peggiore è quella che dice: qui si parla solo se interrogati. La scuola migliore è quella che dice: qui si impara a fare domande.

4. La scuola peggiore è quella che dice: c’è chi è nato per zappare e c’è chi è nato per studiare. La scuola migliore è quella che dimostra: questo è un concetto veramente stupido.

5. La scuola peggiore è quella che preferisce il facile al difficile. La scuola migliore è quella che alla noia del facile oppone la passione del difficile.

6. La scuola peggiore è quella che dice: ho insegnato matematica io? Sì. La sai la
matematica tu? No. 3, vai a posto. La scuola migliore è quella che dice: mettiamoci comodi e vediamo dove abbiamo sbagliato.

7. La scuola peggiore è quella che dice: tutto quello che impari deve quadrare con l’unica vera religione, quella che ti insegno io. La scuola migliore è quella che dice: qui si impara solo a usare la testa.

8. La scuola peggiore rispedisce in strada chi doveva essere tolto dalla strada e dalle camorre. La scuola migliore va in strada a riprendersi chi le è stato tolto.

9. La scuola peggiore dice: ah! Com’era bello quando i professori erano rispettati, facevano lezione in santa pace, promuovevano il figlio del dottore e bocciavano il figlio dell’operaio.
La scuola migliore se li ricorda bene, quei tempi, e lavora perché non tornino più.

10. La scuola peggiore è quella in cui essere assenti è meglio che essere presenti. La scuola migliore è quella in cui essere presenti è meglio che essere assenti.

Da “Vieni via con me” elenco di Domenico Starnone

24/12/10

14/12/10

09/12/10

Joe Hill




Joe Hill come over from Sweden shores
Looking for some work to do
And the Statue of Liberty waved him by
As Joe come a sailing through, Joe Hill
As Joe come a sailing through.


Oh his clothes were coarse and his hopes were high
As he headed for the promised land
And it took a few weeks on the out-of-work streets
Before he began to understand
Before he began to understand


And Joe got hired by a Bowery bar
sweeping up the saloon
As his rag would sail over the baroom rail
Sounded like he whistled on a tune
You could almost hear him whistling on a tune


And Joe rolled on from job to job
From the docks to the railroad line
And no matter how hungry the hand that wrote
In his letters he was always doing fine
In his letters he was always doing fine


Oh, the years went by like the sun goin' down
slowly turn the page
And when Joe looked back at the sweat upon his tracks
He had nothing to show but his age
He had nothing to show but his age


So he headed out for the California shore
There things were just as bad
So he joined the Industrial Workers of the World
'Cause, The union was the only friend he had
'Cause, The union was the only friend he had


Now the strikes were bloody and the strikes were black
as hard as they were long
In the dark of night Joe would stay awake and write
In the morning he would raise them with a song
In the morning he would raise them with a song


And he wrote his words to the tunes of the day
To be passed along the union vine
And the strikes were led and the songs were spread
And Joe Hill was always on the line
Yes Joe Hill was always on the line


Now in Salt Lake City a murder was made
There was hardly a clue to find
Oh, the proof was poor, but the sheriff was sure
Joe was the killer of the crime
That Joe was the killer of the crime


Joe raised his hands but they shot him down
he had nothing but guilt to give
It's a doctor I need and they left him to bleed
He made it 'cause he had the will to live
Yes, He made it 'cause he had the will to live


Then the trial was held in a building of wood
And there the killer would be named
And the days weighed more than the cold copper ore
Cause he feared that he was being framed
Cause he found out that he was being framed


Oh, strange are the ways of western law
Strange are the ways of fate
For the government crawled to the mine owner's call
That the judge was appointed by the state
Yes, The judge was appointed by the state


Oh, Utah justice can be had
But not for a union man
And Joe was warned by summer early morn
That there'd be one less singer in the land
There'd be one less singer in the land


Now William Spry was Governor Spry
And a life was his to hold
On the last appeal, fell a governor's tear
May the lord have mercy on your soul
May the lord have mercy on your soul


Even President Wilson held up the day
But even he would fail
For nobody heard the soul searching words
Of the soul in the Salt Lake City jail
Of the soul in the Salt Lake City jail


For 36 years he lived out his days
And he more than played his part
For his songs that he made, he was carefully paid
With a rifle bullet buried in his heart
With a rifle bullet buried in his heart


Yes, they lined Joe Hill up against the wall
Blindfold over his eyes
It's the life of a rebel that he chose to live
It's the death of a rebel that he died
It's the death of a rebel that he died


Now some say Joe was guilty as charged
And some say he wasn't even there
And I guess nobody will ever know
'Cause the court records all disappeared
'Cause the court records all disappeared


Say wherever you go in this fair land
In every union hall
In the dusty dark these words are marked
In between all the cracks upon the wall
In between all the cracks upon the wall


It's the very last line that Joe Will wrote
When he knew that his days were through
"Boys, this is my last and final will
Good luck to all of you
Good luck to all of you"
Joe Hill arrivò dalla Svezia
Per cercare da lavorare
E la Statua della Libertà lo salutava
Mentre Joe arrivava per mare, Joe Hill,
Mentre Joe arrivava per mare.


Oh, aveva vestiti rozzi, ma sperava grandi cose
Mentre andava verso la terra promessa.
In due settimane per le strade dei senza lavoro
Cominciò a capire come andava
Cominciò a capire come andava


Joe fu assunto in un bar della Bowery
Per spazzare la sala,
Lo straccio che passava sulla barra del bancone
Sembrava quasi fischiettare un motivo,
Sembrava quasi fischiettare un motivo


E Joe passò via di lavoro in lavoro,
Fece lo scaricatore e l'operaio di ferrovia
Non importava quanta fame avesse la mano che scriveva,
Nelle sue lettere gli andava sempre bene
Nelle sue lettere gli andava sempre bene


Passarono gli anni come il sole che tramonta,
Gira la pagina lentamente.
E quando Joe si guardava il sudore colare ai suoi passi
Non aveva altro da mostrare che i suoi anni
Non aveva altro da mostrare che i suoi anni


E allora se ne andò in California,
E là le cose andavano pure male.
Entrò così negli Industrial Workers of the World
Perché il Sindacato era l'unico amico che aveva,
Perché il Sindacato era l'unico amico che aveva.


Allora gli scioperi erano tremendi e illegali
E tanto duri quant'erano lunghi.
Nel buio della notte Joe stava sveglio e scriveva,
E la mattina li faceva alzare con una canzone
E la mattina li faceva alzare con una canzone.


Scriveva le parole sui motivetti del giorno
Per innestarle sulla vite del Sindacato
E si facevan gli scioperi, e le canzoni si diffondevano,
E Joe Hill era sempre in prima linea,
E Joe Hill era sempre in prima linea.


Ora, a Salt Lake City fu commesso un omicidio,
E proprio non si trovava un indizio.
Le prove erano poche, ma lo sceriffo era sicuro
Che fosse Joe l'assassino in quel delitto,
Che fosse Joe l'assassino in quel delitto.


Joe si arrese, ma loro gli spararono,
Non aveva altro da dare che una colpevolezza.
“Ho bisogno di un dottore”, e lo lasciarono sanguinante,
Lo faceva perché aveva voglia di vivere,
Lo faceva perché aveva voglia di vivere.


Il processo si tenne in una costruzione in legno
Dove l'assassino avrebbe avuto un nome.
E i giorni pesavano più del freddo minerale di rame
Perché aveva paura che lo stessero incastrando,
Perché aveva paura che lo stessero incastrando.


Oh, strane sono le vie della legge là nell'Ovest,
E strane sono le vie del destino,
Perché il governo strisciò al volere del proprietario della miniera
Che il giudice fosse nominato dallo Stato,
Che il giudice fosse nominato dallo Stato


Oh, nell'Utah si può avere giustizia,
Ma non per un sindacalista
E Joe fu avvisato una mattina presto d'estate
Che ci sarebbe stato un cantante in meno nel Paese,
Che ci sarebbe stato un cantante in meno nel Paese.


Il governatore era William Spry
E lui poteva decidere su una vita.
All'ultimo appello versò una lacrima governatorale,
“Che il Signore abbia pietà della tua anima,
Che il Signore abbia pietà della tua anima.”


Persino il presidente Wilson cercò di fermare l'esecuzione
Ma neanche lui ce la fece
Perché nessuno udiva le parole strazianti
Di quell'anima in prigione a Salt Lake City,
Di quell'anima in prigione a Salt Lake City.


Visse i suoi giorni per trentasei anni,
E fece ben più che fare la sua parte.
Per le sue canzoni fu ben ricompensato
Con una pallottola piantata nel cuore,
Con una pallottola piantata nel cuore.


Sì, Joe Hill lo misero al muro
Dopo avergli bendato gli occhi.
Vita da ribelle lui scelse di vivere,
Morte da ribelle fu quella che morì,
Morte da ribelle fu quella che morì.


Qualcuno dice che Joe era colpevole,
Qualcun altro che nemmeno era là.
Scommetto che nessuno lo saprà mai,
Perché gli atti processuali sono tutti spariti,
Perché gli atti processuali sono tutti spariti


E dovunque andiate in questo bel Paese,
In ogni camera sindacale, si può dire
Che queste parole son segnate nel buio polveroso
Tra tutte le crepe del muro,
Tra tutte le crepe del muro


Sono l'ultimo verso scritto da Joe Hill
Quando seppe che i suoi giorni erano finiti:
“Ragazzi, queste sono le mie ultime volontà,
Buona fortuna a tutti voi,
Buona fortuna a tutti voi.”

Fonti:   http://www.iww.org/it         http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=8042〈=it

01/12/10

a margine

cosa è poesia?

sfogo, espressione, dolce, amara, liquame, magia

la poesia non si fa soltanto con le parole

la poesia metafora

costruire, creare, negare, rinunciare, smontare

può un soffio essere poesia?

Si può dare poesia senza gli umani?

mezzo espressivo, movimento,

finalità

tutto si fa poesia?

poesia-valore, poesia-dolore, poesia-respiro, poesia-necessità

ogni atto è  atto poetico

"non è tanto importante che ci sia un poeta, è importante che ciascuno lo sia"

26/11/10

Onde estará o meu amor?



Onde estará o meu amor?

(Chico César)
Como esta noite findará

E o sol então rebrilhará

Estou pensando em você

Onde estará o meu amor?

Será que vela como eu?

Será que chama como eu?

Será que pergunta por mim?

Onde estará o meu amor?

Se a voz da noite responder

Onde estou eu, onde está você

Estamos cá dentro de nós

Sós...

Onde estará o meu amor?

Se a voz da noite silenciar

Raio de sol vai me levar

Raio de sol vai lhe trazer

Onde estará o meu amor?

20/11/10

18/11/10

Sinestesia


Ieri mi hanno detto che ero morto,
avevo ancora il caldo della tazzina sul palmo della mano
- ricordo di averla stretta a cercarti -
e un piccolo tic all'occhio sinistro.
Oggi invece, fuori
i cachi lucidati dalla pioggia
annunciano il prossimo natale,
chissà se hai ancora paura della sperduta coccinella
o piuttosto fuggi ancora 
questi rari momenti di sole. 
Non dovresti, mi rispondo,
ma la memoria non riesce che a vederti bambina:
il volto, le mani un po' sporche di fango.
Ieri mi hanno detto che ero morto, 
dicevo.
Io non sono riuscito a far altro
che dare loro ragione.

Immagine tratta da: Il settimo sigillo

17/11/10

16/11/10

24/10/10

23/10/10

08/10/10

"Tele-comando" di Toppe

Vedo di riflesso – perché nonguardolatvnonleggoigiornali – su facebook, tra link e notizie che pubblica la gente, somma indignazione per quel tale necrofilo assassino. Video struggenti, frasi vendicative che traboccano emotività, come fosse successo alla propria sorella.
E penso che i media ci hanno proprio traviato i sentimenti. Ce li risvegliano a comando, anzi a tele-comando, montando insieme un po’ di lacrime in diretta, pescando dalla cronaca ogni tanto il mostro giusto per deviare l’attenzione, per indirizzare l’odio a capri espiatori ovvi, incontestabili. Anche Orwell l’aveva capito: per controllare le masse ci vuole l’Ora di Odio, da gridare collettivamente contro il nemico giusto.
Io riserverei alle notizie di violenza un angolino in fondo ai giornali, da mettere giusto per dovere di cronaca, per non censurare nulla. Perché non è su queste cose che la gente deve imparare a farsi un giudizio. Agli stupratori ci pensa le legge, Dio, o chi per lui. E’ inutile essere informati su morbosi dettagli investigativi riguardo a delitti che non giudicheremo.
Io voglio essere informata sui morbosi dettagli investigativi che riguardano le persone che voterò, ad esempio. Sui disservizi e gli sprechi che loro provocano. Sui particolari di una nuova legge che, zitta zitta, un giorno mi inculerà.
Sulle donne vessate regolarmente ma che non andranno mai in tv e non avranno mai giustizia. Su quello che succede nelle carceri, dove un borseggiatore impara a diventare serial killer, o, se gli va bene (!), si suicida. O nei CIE dove il diritto è sospeso.
E poi voglio le buone notizie. No, non quelle sull’economia che naturalmentelacrisièfinita o sul governo chevatuttoameraviglia. Voglio le buone notizie vere, che danno coraggio a chi ne ha bisogno. Quelle delle donne che denunciano gli aguzzini o delle vittime del pizzo che si ribellano. Quelle che un giovane può essere disoccupato ma anziché fare il punkabbestia sceglie di fare il volontario, e anziché sfogare la sua rabbia menando un africano mette su un’azienda sostenibile.
Vuoi mai che l’emulazione scatti verso qualcosa di meglio dei lanciatori di sassi dal cavalcavia.

Fonte:  http://toppe.altervista.org/

05/10/10

Non è un caso

Antonio Schiavone, Angelo Laurino, Roberto Scola, 
Rocco Marzo, Bruno Santino, Rosario Rodino' e Giuseppe Demasi.

''Non potevamo credere ai nostri occhi''. Cosi' il pm Raffaele Guariniello, al processo per i 7 operai morti in seguito all'incendio del 6 dicembre 2007 alla Thyssenkrupp di Torino ha cominciato questa mattina la sua requisitoria di fronte alla sezione della Corte d'Assise di Torino presieduta da Annamaria Iannibelli, per manifestare il suo sconcerto di fronte alle risultanze che le indagini seguite all'incidente stavano riscontrando.

Per Guariniello, l'amministratore delegato di Thyssenkrupp Italia Harald Espenhan, accusato di omicidio volontario, aveva accettato consapevolmente il rischio di un incidente anche mortale o di un incendio nella fabbrica torinese.

''Questo e' il primo grande processo in materia di sicurezza sul lavoro che si celebra in corte d'Assise - ha esordito il pm - perche' uno degli imputati ha agito con dolo''. Un dolo, ha spiegato Guariniello, contestato ''non per la gravita' delle conseguenze, ne' per la commozione che l'incidente suscito' nella opinione pubblica, ne' per dare una risposta alle famiglie delle vittime che invocano giustizia.

Certo - ha aggiunto Guariniello - sette persone morte e' una ferita non rimarginabile, ma la contestazione del dolo non e' frutto di una scelta emotiva o filosofica, e' una scelta meditata. Tant'e' che - afferma ancora Guariniello - nell'immediatezza dei fatti mai per un attimo abbiamo pensato di contestare il dolo''. Sono state le indagini, le perquisizioni nei locali e nei pc, spiega il magistrato, ''a farci scoprire perche' sette lavoratori sono morti'' a cominciare dalla decisione di ritardare investimenti di sicurezza sulla linea 5, dove divampo' il rogo, a dopo il trasferimento della stessa all'impianto di Terni. ''E' nostra opinione - ha detto Guariniello - che l'imputato Espenhan si sia rappresentato la concreta possibilita' di infortuni anche mortali e di incendi sulla linea 5 e che malgrado questo non abbia desistito dalla sua condotta. Non e' una caso che i lavoratori siano morti alla Thyssenkrupp di Torino - ha detto Guariniello - perche' sia l'impianto torinese che i dipendenti furono lasciati in condizioni di crescente insicurezza e abbandono''.

''Le vittime della Thyssenkrupp avrebbero potuto morire anche in altri modi in quello stabilimento e se non fosse capitato a loro avrebbe potuto capitare ad altri lavoratori in altri luoghi di quell'impianto''. Erano morti prevedibili, previste e nessuno ha fatto nulla per impedirlo. La tragedia della Thyssenkrupp e' insomma la cronaca di una tragedia annunciata in uno stabilimento alla deriva. Cosi' il pm Laura Longo ha proseguito la requisitoria avviata questa mattina dal collega Raffaele Guariniello nel corso del processo per i sette morti nell'incendio scoppiato il 6 dicembre 2007, giunto alla sua fase finale.

La Thyssenkrupp di Torino era una realta' anomala nel panorama del gruppo siderurgico, ha detto la Longo. La situazione di ''crescente abbandono e insicurezza della fabbrica torinese era la cornice in cui si inseriscono tutti i reati contestati''. Il pm ha sottolineato che lo stabilimento faceva parte delle industrie a rischio di incidente rilevante e che pero' era sprovvista del certificato di prevenzione antincendio. Gran parte dell'intervento della Longo e' stato dedicato a sottolineare il progressivo impoverimento di professionalita' dello stabilimento torinese, in vista della chiusura decisa nel 2005, a scapito della sicurezza, e a partire dai ruoli di gestione degli interventi di emergenza che progressivamente furono affidati, a persone non formate. Lo stesso capo turno Rocco Marzo, anche lui morto nel tragico incendio, e unico capoturno presente la notte della tragedia, non aveva avuto la formazione specifica per il ruolo che gli era stato affidato. Da parte dei responsabili dell'azienda, attraverso la prova delle numerose mail sequestrate ''non vi era nessuna intenzione di effettuare interventi di miglioramento della sicurezza (relativamente agli impianti antincendio, ndr)'', in vista del trasferimento delle linee allo stabilimento di Terni.

Fonte:  http://www.asca.it/

Janis Lyn Joplin (Port Arthur, 19 gennaio 1943 – Los Angeles, 4 ottobre 1970)



Big Brother and the Holding Company (Columbia, 1967)

Cheap Thrills (Columbia, 1968)

I Got Dem Ol' Kozmic Blues Again (Columbia, 1969)

Pearl (Columbia, 1971)

Joplin In Concert (Columbia, 1972)

Greatest Hits (Columbia, 1973)

Janis Soundtrack (Columbia, 1974)

Farewell Songs (Columbia, 1981)

Janis (anthology, Columbia, 1993)

18 Essential Songs (Columbia, 1995)

28/09/10

16/09/10

Porrajmos [2]





Durante la seconda guerra mondiale vennero uccisi oltre 500.000 zingari, vittime del nazionalsocialismo e dei suoi folli progetti di dominazione razziale. La storia dello sterminio degli zingari è una storia dimenticata e offesa dalla mancanza di attenzione di storici e studiosi: ancora oggi la documentazione risulta frammentaria e la relazione dei fatti lacunosa. Eppure l'argomento dovrebbe suscitare interesse anche solo per il fatto che la persecuzione degli zingari in epoca nazista risulta essere l'unica, ovviamente con quella ebraica, dettata da motivazioni esclusivamente razziali: proprio come gli ebrei, infatti, gli zingari furono perseguitati e uccisi in quanto " razza inferiore" destinata, secondo l'aberrante ideologia nazionalsocialista, non alla sudditanza e alla servitú al Terzo Reich, ma alla morte. Ma proprio questo è il nodo centrale del problema. Per molto tempo dopo la guerra, infatti, lo sterminio nazista degli zigani non è stato riconosciuto come razziale ma lo si è considerato conseguenza - in un certo senso anche ovvia - di quelle misure di prevenzione della criminalità che, naturalmente, si acuiscono in tempo di guerra. Una tesi che trova fondamento nella definizione di " asociali" con la quale, almeno nei primi anni del potere hitleriano, gli zingari vengono indicati nei vari ordini e decreti che li riguardano. Come sappiamo, però, la terminologia nazista non è sempre esplicativa dei fatti: in questo caso il termine " asociale" viene usato per indicare coloro che, per diverse ragioni, non sono integrabili o omologabili col nuovo ordine nazionalsocialista.
In realtà, gli zingari furono perseguitati, imprigionati, seviziati, sterilizzati, utilizzati per esperimenti medici, gasati nelle camere a gas dei campi di sterminio, perché zingari e, secondo l'ideologia nazista, " razza inferiore" , indegna di esistere. Gli zingari erano geneticamente ladri, truffatori, nomadi: la causa della loro pericolosità era nel loro sangue, che precede sempre i comportamenti.




"Sarkozy sta facendo bene - aggiunge il leader del Carroccio - la maggior parte dei furti li fanno i rom."

12/09/10

ANARCHICI di Giuliano

Gli anarchici sono quasi sempre persone tranquille e oneste. Quand’è stata l’ultima volta che un anarchico ha tirato una bomba? Forse cent’anni fa, e comunque i matti ci sono in ogni categoria, anche fra gli agenti d’assicurazione. Quanti morti e feriti hanno provocato gli anarchici negli ultimi cent’anni? Quasi niente, molti più danni hanno fatto le corse in moto e in automobile, per esempio la tanto mitizzata Mille Miglia (come tutti i rallies) ha un bilancio di morti spaventoso, quasi un centinaio tra morti e feriti. Eppure, gli anarchici continuano ad avere cattiva stampa (eufemismo).
Anarchici, o simpatizzanti anarchici, erano persone come Giorgio Gaber, come Fabrizio de André. Di Gaber, se fate un giro su youtube, troverete un bellissimo filmato dove canta “Addio Lugano bella” (quasi l’inno degli anarchici d’Italia) in ottima compagnia, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Fausto Cigliano, e altri ancora. Gli anarchici sono spesso persone fuori dal comune, magari davvero un po’ matti (vivere senza capi né padroni, figuriamoci) ma innocui e perfino simpatici.
Io non sono anarchico, o magari – chissà - sono così anarchico che non voglio far parte di nessuna organizzazione; ma so che anarchico era anche Luigi Veronelli, enologo e giornalista, che fu molto famoso negli anni passati per una sua rubrica televisiva di vini e gastronomia che conduceva con Ave Ninchi, attrice fiorentina allora famosissima e donna pacifica come poche altre. Insieme facevano un bel duo, ma io oggi vorrei ricordare Veronelli con una piccola raccolta dei versi (non suoi) che pubblicava nella sua rubrica settimanale su L’Espresso, negli anni ’90. La sua era una rubrica di vini e gastronomia, ma ovviamente uno come Veronelli non poteva fermarsi a questo. Buona lettura, con l’avvertenza che i primi versi citati sono un tantino – come dire? – beh, diciamo spinti.


Ma ti masnà, (ragazzo)
ch’it verde il cel
sercand le nivole
o ’n vol d’osej
podras diventé n’omo?
Walter S.Currel, poeta piemontese

Io brindo al sole,
che i grappoli indora;
io brindo al fico,
e alla sua signora.
anonimo, cit. da L. Veronelli

Deh, parliam de’ mosconi
quanta grazia abbia il ciel donato loro
che, trascinando merda,
si fan d’oro.
Domenico Burchiello ( ‘400, fiorentino )

soz ciel n'a homme por quant sit barbue
qui ne la veult avoir en si braz nue...
(poeta provenzale anonimo, cit. da L.Veronelli )

va' mangia con gioia il tuo pane
bevi con cuore allegro il tuo vino

ecclesiaste (citato da Veronelli)

Non ci sono scheletri
nel mio armadio,
solo un angelo rosso
che mi offre da bere
e mi scuote il cuore
tra due dita.
Ma poi,
che razza d’angelo,
è piuttosto uno scherzo del cielo.
Si è venduto le ali,
o forse le ha perse,
in una partita a dadi,
e non può più volare.
E io gli dico,
e io gli chiedo,
e io lo prego,
di andare via, o almeno
di non far rumore quando
sono in compagnia.
Ma lui resta lì, immobile,
beffardo e silenzioso,
e mi innonda la bocca
di desiderio.
( da Vinerotìe, di Gianni Toti e Mariella De Santis, cit. da L.Veronelli )

Amico, so che Venere ti tiene
ora in balìa.
Felice te ! ti corre
il sangue nelle vene più gagliardo,
ti si chiude la gola a volte e sosta
per troppa gioia il battere del cuore.
Ma se tempo verrà - né venga mai -
che del fuoco la cenere sol resti,
e tu allora a cercar vieni l'amico.
Lo troverai nella taverna che ha
ai vetri stinte tendine rosse
e scritto per insegna: Al Goto Grosso.
Io non ti chiederò di te e di lei.
Spingerò verso te colmo il bicchiere
perché in silenzio con l'amico beva
l'oblìo.
(Camillo Sbarbaro, cit. Veronelli)

Stanotte vorrei parlare con l’angelo
che forse riconosce gli occhi miei.
Se lui brusco chiedesse vedi l’Eden?
e io dovrei dir: sì, vedo fiamme.
(R.M.Rilke, citato da me medesimo in attesa di rivedere “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders.)
Fonte: deladelmur di Giuliano

11/09/10

10/09/10

Lawrence Ferlinghetti, Cosa è la poesia



Poesia è
notizie dalla frontiera
della coscienza

Poesia è
il grido che grideremmo
al risveglio in una selva oscura
nel mezzo del cammin
di nostra vita

Una poesia è uno specchio
che percorre una via alta
colma di delizie visive

Poesia è lamina luccicante
dell'immaginazione
deve risplendere
e quasi accecarti

Il sole che irraggia
nelle reti del mattino

È notti bianche e
bocche di desiderio

È fatta
di aloni in dissolvenza
in oceani di suoni

È battute di strada
di angeli e diavoli

È un divano ricolmo di cantanti ciechi
dimentichi dei loro bastoni

Una poesia deve levarsi all'estasi
in qualche punto tra parola e canto

Che canti una poesia
ti voli via
o è anatra morta
dall'anima di prosa

Poesia è anarchia dei sensi
che si fa senso

Poesia è tutto
quanto nato alato canta

Come un vaso di rose una poesia
non la si deve
spiegare

Poesia è una voce di dissenso
contro lo spreco di parole
e la pletora folle della stampa

È ciò che sta
fra le righe

È fatta
da sillabe di sogni

È grida lontane lontano
su una spiaggia al calar della notte

È un faro
che muove il suo megafono
al di sopra del mare

È una foto di Ma'
in reggiseno Woolworth
che guarda dal vetro
un giardino segreto

È un Arabo che trasporta
tappeti variopinti ed uccelliere
per le strade
in una grande metropoli

Una poesia la si può fare in casa
con ingredienti di tutti i giorni
Sta in una pagina sola
ma può riempire un mondo e
sta bene nella tasca di un cuore

Il poeta è un cantante di strada
che salva strade-gatte d'amore

Poesia è pensiero-cuscino
dopo un rapporto

È distillato di animali articolati
che si chiamano l'un l'altro
traverso un golfo immenso

È frammento pulsante
di vita interiore
musica senza collare

È dialogo
di statue nude

È suono d'estate nella pioggia
e di gente che ride
dietro persiane chiuse
al fondo di un vicolo di notte

È lampadina spoglia
di un hotel di vagabondi
che illumina nudità
della mente e del cuore

Lasciate che il poeta sia animale da canto
fattosi lenone
per un re d'anarchia

Poesia è
lirica intelligenza incomparabile
volta a significare
varietà cinquantasette di esperienza

Poesia è una casa alta di echi
di ogni voce che abbia detto mai
qualcosa di folle
o meraviglia

Poesia è un'incursione sovversiva
sull'obliata lingua
dell'inconscio collettivo

Poesia è vero canarino in una miniera di carbone
e noi sappiamo perchè l'uccello in gabbia canti

Poesia è l'ombra gettata dalle nostre
immaginazioni-lampione

È voce
della Quarta Persona Singolare

È voce
entro la voce della tartaruga

È faccia
dietro la la faccia della razza

Poesia è fatta di pensieri-notte
Se può strapparsi via dall'illusione
non sarà rinnegata
prima d'alba

Poesia si fa evaporando
la risata liquida della gioventù

Poesia è libro di luce nella notte
che disperde nuvole di inconsapevolezza

Ode il bisbiglio
di elefanti e vede
quanti angeli danzano
su una punta di spillo

È un ronzare un lamentarsi estatico
ridendo un sospirare all'alba
una risata soffice selvaggia

È Gestalt finale
dell'immaginazione

Sia poesia emozione
ritrovata in emozione

Le parole sono fossili viventi
Ricomponga il poeta la
fera feroce
e la faccia cantare

Grande è un poeta solo quanto il suo orecchio
peccato se di latta

Poesia è lotta continua
contro silenzio, esilio inganno

Il poeta è un baluardo sovversivo
alle soglie della città
che sfida costantemente
il nostro status quo

È maestro d'ontologia
che interroga costantemente la realtà
e la reinventa

Prepara drink
dai liquori insani
dell'immaginazione
e perpetuamente si stupisce
che nessuno barcolli

Dovrebbe essere oscuro imbonitore
alle tende dell'esistenza

Poesia è quanto si ode dai tombini
echi di fuga del fuoco di Dante

Poesia è religione
religione poesia

È il ronzio di falene
cerchio intorno alla fiamma

È una barca di legno ormeggiata nell'ombra
sotto un salice in lacrime
entro l'ansa di un fiume

Il poeta deve avere un grandangolo
sguarda un mondo ogni sguardo
e il concreto è più poetico

Poesia
non è tutta eroina cavalli e Rimbaud
È anche preghiere impotenti
di passeggeri d'aereo
cinture allacciate
per la discesa finale

Poesia è vero oggetto
di grande prosa

Dice l'indicibile
Pronuncia l'impronunciabile
sospiro del cuore

Ogni poesia una temporanea follia
e l'irreale è il più realistico

Sia poesia ancora
tocco ribelle
alle porte dell'ignoto

Una poesia è sua stessa Coney Island
della mente
proprio circo dell'anima
Far Rockaway del cuore

Lasciate che un nuovo lirismo
salvi il mondo da sé!


Lawrence Ferlinghetti, "Cos'è la poesia" (traduzione di Stefania Benini)

05/09/10

Anna Cascella, "Non mostrarmi troppo"

Non mostrarmi troppo
il tuo bacino bianco
perfetto come la seta
al filatore che un
giorno stanco io ti
dirò che è uguale a
tutti gli altri certo
mentendo per noia o
per stupore che an-
cora così perfetto
mi ricordi la tua
spalla girata verso
il sole
in Toscana si perderà
il ricordo e nei ci-
pressi di guardia alla
tua tana e tu salendo
per la scala interna su
alla torre arrivato agli
spalti del rifugio fin-
gendo la salute che non
hai, dirai: non era dunque
che questo. Poi ormai
immune dal contagio ma
internamente toccato dal-
la furia, l'insetto ti
starà, dovunque andrai

Anna Cascella da "Le donne in poesia"

04/09/10

Dylan Thomas, "Specialmente se il vento d'ottobre"

[...]

Chiuso dentro una torre di parole io stesso traccio
Forme verbose di donne sull'orizzonte che
Cammina come gli alberi, e nel parco
Le file dei fanciulli dai gesti stellari.
Lasciate che vi crei con vocali di faggi,
Alcune con voce di quercia, fino dalle radici vi dica
Di molte note una contea spinosa, lasciate
Che coi discorsi dell'acqua vi crei.
[...]

Dylan Thomas da "Poesie"

29/08/10

Italo Calvino e Sergio Liberovici, "Oltre il ponte"



O ragazza dalle guance di pesca
o ragazza dalle guance d'aurora
io spero che a narrarti riesca
la mia vita all'eta` che tu hai ora.

Coprifuoco, la truppa tedesca
la citta` dominava, siam pronti:
chi non vuole chinare la testa
con noi prenda la strada dei monti.

Avevamo vent'anni e oltre il ponte
oltre il ponte ch'e` in mano nemica
vedevam l'altra riva, la vita
tutto il bene del mondo oltre il ponte.

Tutto il male avevamo di fronte
tutto il bene avevamo nel cuore
a vent'anni la vita e` oltre il ponte
oltre il fuoco comincia l'amore.

Silenziosa sugli aghi di pino
su spinosi ricci di castagna
una squadra nel buio mattino
discendeva l'oscura montagna.

La speranza era nostra compagna
a assaltar caposaldi nemici
conquistandoci l'armi in battaglia
scalzi e laceri eppure felici.

Avevamo vent'anni...

Non e` detto che fossimo santi
l'eroismo non e` sovrumano
corri, abbassati, dai corri avanti!
ogni passo che fai non e` vano.

Vedevamo a portata di mano
oltre il tronco il cespuglio il canneto
l'avvenire di un giorno piu' umano
e piu' giusto piu' libero e lieto.

Avevamo vent'anni...

Ormai tutti han famiglia hanno figli
che non sanno la storia di ieri
io son solo e passeggio fra i tigli
con te cara che allora non c'eri.

E vorrei che quei nostri pensieri
quelle nostre speranze di allora
rivivessero in quel che tu speri
o ragazza color dell'aurora.

Avevamo vent'anni...

28/08/10

Dino Buzzati, da -Poema a fumetti-

 CHI FA DONDOLARE

IL COSO APPESO LÀ IN CIMA?

                 IL VENTO SE PERMETTETE

MA CHE COS'È? UN COMM UN CAV

UN PROF UN ING UN DOTT UN AVV?

E PERCHÉ MAI SI È IMPICCATO?

                 SIAMO NOI SIAMO NOI, COLPA NOSTRA

CHE LO ABBIAMO UMILIATO

CHE LO ABBIAMO SCHIFATO

CHE LO ABBIAMO...

             FACENDOGLI 

             CAPIRE CHE

ERA UN UOMO ANCHE LUI

COME NOI

COME VOI

COME TE

COME ME!

MA COME HAI FATTO SIGNORE SIGNORE

AD ATTACCARTI

IN CIMA AL PENNONE?

CON UNA SCALA

O CON L'AMBIZIONE?

O A PORTARTI LASSÙ

È STATO IL FIDO BANCARIO?

NON È VERO. È STATO L'AMORE,

ANCHE I COMMENDA HANNO UN CUORE.


Dino Buzzati, da "Poema a fumetti"

27/08/10

26/08/10

Harold Norse, "Non raccomanderei l'Amore"

ho sentito la testa trafitta
da una corona di spine ma ho scherzato e ho pigliato la metro
mi sono sprofondato nei cessi della scuola a masturbarmi
scrivendo segretamente
d'inferno e adolescenza
perché ero "diverso"
il primo e l'ultimo della mia razza
soffocando sensazioni acute
nelle piscine e negli spogliatoi
drogato di labbra e genitali
ammattito per le chiappe
ammirate da Whitman e Lorca
da Catullo da Marlowe
e Michelangelo
e Socrate


e ho scritto: Amici,
se ci tenete a sopravvivere
non vi raccomanderei
l'Amore


Harold Norse da "Beat Generation"

25/08/10

Per lei

Per lei voglio rime chiare,
usuali: in -are.
Rime magari vietate,
ma aperte: ventilate.
Rime coi suoni fini
(di mare) dei suoi orecchini.
O che abbiano, coralline,
le tinte delle sue collanine.
Rime che a distanza
(Annina era così schietta)
conservino l'eleganza
povera, ma altrettanto netta.
Rime che non siano labili,
anche se orecchiabili.
Rime non crepuscolari,
ma verdi, elementari.

Giorgio Caproni da "Il seme del piangere"

24/08/10

17/08/10

Masi, Lorusso, Cossiga

Scheda a cura di Paola Staccioli
Il 12 maggio 1977, nell'anniversario della vittoria referendaria sul divorzio, i radicali decidono di tenere un sit-in in piazza Navona, nonostante l'assoluto divieto di manifestare in vigore a Roma dopo la morte, il 21 aprile, dell'agente Passamonti nel corso di scontri di piazza. Il movimento e i gruppi della nuova sinistra aderiscono all'iniziativa, per protestare contro il restringimento degli spazi di agibilità politica e il pesante clima repressivo, favorito dall'appoggio esterno del PCI al cosiddetto "governo delle astensioni", il monocolore democristiano guidato da Andreotti. Per far rispettare, a qualsiasi costo, il divieto, il Ministro dell'Interno Francesco Cossiga schiera migliaia di poliziotti e carabinieri in assetto di guerra, affiancati da agenti in borghese delle squadre speciali, in alcuni casi travestiti da "autonomi". Fin dal primo pomeriggio la tensione è molto alta. A quanti difendono il diritto di manifestare con brevi cortei e fortunose barricate, le forze di polizia rispondono sparando candelotti lacrimogeni e colpi di arma da fuoco. Anche numerosi fotografi, giornalisti, passanti e il deputato Mimmo Pinto sono picchiati e maltrattati. Con il passare delle ore la resistenza della piazza si fa più decisa, e vengono lanciate le prime molotov. Mentre nelle strade sono in corso gli scontri, i parlamentari radicali protestano alla Camera contro le aggressioni e le violenze della polizia, fra gli insulti di quasi tutte le forze politiche. Mancano pochi minuti alle 20 quando, durante una carica, due ragazze sono raggiunte da proiettili sparati da Ponte Garibaldi, dove erano attestati poliziotti e carabinieri. Elena Ascione rimane ferita a una gamba. Giorgiana Masi, 19 anni, studentessa del liceo Pasteur, viene centrata alla schiena. Muore durante il trasporto in ospedale.
Le chiare responsabilità emerse a carico di polizia, questore, Ministro dell'Interno, porteranno il governo a intessere una fitta trama di omertà e menzogne. Cossiga, dopo aver elogiato il 13 maggio in Parlamento "il grande senso di prudenza e moderazione" delle forze dell'ordine, modificherà più volte la propria versione dei fatti. Costretto dall'evidenza ad ammettere la presenza delle squadre speciali - tra gli uomini in borghese armati furono riconosciuti il commissario Gianni Carnevale e l'agente della squadra mobile Giovanni Santone - continuerà però a negare che la polizia abbia sparato, pur se smentito da vari testimoni e dalle inequivocabili immagini di foto e filmati. L'inchiesta per l'omicidio si concluse nel 1981 con una sentenza di archiviazione del giudice istruttore Claudio D'Angelo "per essere rimasti ignoti i responsabili del reato". Successive indagini hanno tentato, senza risultati significativi, di individuare gli autori dello sparo mortale in un "autonomo" deceduto da tempo, oppure nel latitante Andrea Ghira, uno dei tre fascisti condannati per il massacro del Circeo.

Dal libro "In Ordine Pubblico" di autori vari - 2003 - curato da Paola Staccioli - Editore Associazione Walter Rossi

La mattina dell'11 marzo 1977 a Bologna, in seguito a un contrasto sorto nell'Istituto di Anatomia fra alcuni militanti del movimento e il servizio d'ordine di Comunione e Liberazione, i giovani del gruppo cattolico si barricano all'interno di un'aula, invocando l'intervento delle forze di polizia. Appena giunti sul posto, con mezzi spropositati, i carabinieri si scagliano contro gli studenti di sinistra intenti a lanciare slogan. La carica fa subito salire la tensione. Nel corso degli scontri successivi, che interessano tutta la zona universitaria, Francesco Lorusso, 25 anni, militante di Lotta Continua, viene raggiunto da un proiettile mentre sta correndo, insieme ai suoi compagni, per cercare riparo. Muore sull'ambulanza, durante il trasporto in ospedale. Alcuni testimoni riferiranno di aver visto un uomo, poi identificato nel carabiniere ausiliario Massimo Tramontani, esplodere vari colpi, in rapida successione, poggiando il braccio su un'auto per prendere meglio la mira. Lo sparatore, arrestato agli inizi di settembre e scarcerato dopo circa un mese e mezzo, sarà in seguito prosciolto per aver fatto uso legittimo delle armi.
Quando si diffonde la notizia dell'assassinio, migliaia di persone affluiscono all'Università. Dopo che il corteo, partito nel pomeriggio, viene disperso da violente cariche, una parte dei manifestanti occupa alcuni binari della stazione ferroviaria, scontrandosi con la polizia, mentre altri si dirigono verso il centro della città e sfogano la propria rabbia anche infrangendo le vetrine dei negozi. Le iniziative di protesta dei giorni successivi sono duramente represse. Numerosi i fermi e gli arresti. Finiscono in carcere, tra gli altri, i redattori di Radio Alice, emittente dell'area dell'Autonomia Operaia chiusa dalla polizia armi alla mano.
I fatti di Bologna caricano di tensione l'imponente corteo nazionale contro la repressione che si svolge il 12 marzo a Roma. Bottiglie molotov vengono lanciate contro sedi della DC, comandi di carabinieri e polizia, banche, ambasciate. Gli scontri nelle strade sono violenti, e in alcuni casi si svolgono a colpi di arma da fuoco.
Ai compagni, ai familiari e agli amici di Lorusso si impedisce intanto di svolgere il funerale in città e di allestire la camera ardente nel centro storico, mentre il contatto ricercato dai militanti del movimento con i Consigli di Fabbrica e la Camera del Lavoro è reso difficile dalla posizione intransigente assunta dalle organizzazioni della sinistra storica. La frattura con il PCI raggiunge il suo apice nella manifestazione contro la violenza, organizzata per il 16 marzo a Bologna dai sindacati confederali, con la partecipazione, tra gli altri, della DC, partito che il movimento aveva indicato quale principale responsabile dell'assassinio. In quell'occasione al fratello di Francesco fu vietato l'intervento dal palco. 


Francesco Cossiga
Da un'intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale, 22 ottobre 2008

''Maroni dovrebbe fare quello che feci io quando ero ministro dell'Interno.
In primo luogo lasciare perdere gli studenti dei licei, perche' pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni rimanesse ucciso o gravemente ferito..."
''Lasciar fare gli universitari.
Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle universita', infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le citta''
''Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovra' sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri''
''Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pieta' e mandarli tutti in ospedale"
"Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in liberta', ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano''.
''Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine si'."

15/08/10

Don Tano

Sono trentanni che Don Tano passa sutta a me casa con la lapa per vendere la frutta e la verdura. Si può dire che lui mi ha visto crescere e io invece lho studiato invecchiare.
Certo non è che lui ha mai fatto grandi affari qua nella zona. U giustu per vivere che le signore ci calavunu u panaru dalla finestra solo quando mancava di corsa qualcosa di importante per la giornata o per un capriccio di quelli di quando una è incinta. Chinnisacciu una cipudda per linsalata o a mulinciana pa sassa o na zucchina se era tempo di farla fritta con la ricotta salata e a pasta frisca o a bananuzza e u muluni di ciauru pi passarisi a ucca.
Insomma Don Tano è sempre stato come uno della famigghia nel quartiere. U caruso che ti aiuta e non ti fa nesciri di casa se ti manca qualcosa. Lamico ca ti porta a spisa fino alla porta.
I primi tempi arrivava con la sua voce potente a vanniari la mercanzia e pareva un cantante della radio quannu simpegnava e babbiava con le fimmine. Poi saccattau un microfono che rimbombava e fiscava a ogni curva e con quello avvisava via per via ca stava arrivannu che uno ciaveva tutto il tempo per pinsari a quello che si doveva cucinare nella giornata e a cosa sivveva e a quello che mancava macari.
Altri cambiamenti importanti non ce nerano stati a parte che sera fatto sempri chiù rossu che tutti lo sapevano ca so mugghieri ci faceva i conna e che però lo trattava bene in cucina e il vino non ciu faceva mancari mai. Era per questo che girava sempre solo che nella lapa per quanto sera fatto spazio non ce nera e figghi poi non ne erano arrivati.
Laltro giorno ciaccapitau un incidente che io fici in tempo solo adaffacciarimi e a viriri la lapa accapputtata. Una machina era spuntata allimprovviso e per evitarla lui sava abbiato a destra cu tutta a so panza. Misa di latu da machinuzza azzurra pareva una bestia ferita. A terra cera di tutto che le cassette serano tutte sparpagliate e le pesche e i puma rotolavano lenti che strada era tannicchia in discesa. Io ero tannicchia preoccupato per lui a dire il vero ma poi mi passau ogni cosa che una vuciuzza nisciu dallaltoparlante:
"Aiuto! Aiuto! Aiutatemi! Susitimi!" e non si firmau chiù.

24/07/10

Bologna, 2 Agosto 1980

"Mi ha detto di aver avuto un padre, una madre e una sorella più grande, che l'ultima volta che li ha aveva visti stavano tutti quanti litigando con lei che voleva a ogni costo un ghiacciolo all'amarena proprio mentre l'altoparlante della stazione diceva che stava per arrivare il loro treno. Mi ha detto che l'ultima cosa che sua madre le ha detto è stata: smettila, per favore. E lei l'avrebbe smessa comunque, perché non aveva mai visto sua madre così esasperata, e sudata. [...] Mi ha detto che si ricorda di suo padre voltato di spalle, imbronciato con lei che era la sua preferita; era così alto che se voleva fare la pace con lui doveva ancora arrampicarsi su per le gambe, e poi aggrapparsi alla sua citsa, e poi ancora su per un metro, prima di arrivare a strofinarsi contro la sua guancia spinosa di barba."

"Quando a diciott'anni è andata a studiare a Bologna, non le ha dato nessun particolare fastidio passare ogni mattina e ogni sera dalla sala dove a cinque anni aveva litigato per il colore di un ghiacciolo un attimo prima di perdere la sua famiglia.[...] Solo, ogni volta, si fermava un attimo davanti alla targa di pietra dove sono scritti i nomi di suo padre, di sua madre e di sua sorella. E già che c'era dava una scorsa a tutti gli altri nomi. Così che li ha imparati a memoria. [...] La mette a suo agio l'idea di poterli chiamare ciascuno con il proprio nome e ricordarsi di loro a quel modo tutte le volte che gliene viene voglia. Preferisce così: sapere di essere orfana di tutti quanti e ottantacinque; preferisce non fare preferenze."  

Maurizio Maggiani, Meccanica Celeste, Feltrinelli







Il 2 agosto 1980, alle ore 10,25, una bomba esplode nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, il bilancio finale sarà di 85 morti e 200 feriti. 
 
ANTONELLA CECI anni 19
ANGELA MARINO "23
LEO LUCA MARINO " 24
DOMENICA MARINO " 26
ERRICA FRIGERIO IN DIOMEDE FRESA " 57
VITO DIOMEDE FRESA " 62
CESARE FRANCESCO DIOMEDE FRESA " 14
ANNA MARIA BOSIO IN MAURI " 28
CARLO MAURI " 32
LUCA MAURI " 6
ECKHARDT MADER " 14
MARGRET ROHRS IN MADER " 39
KAI MADER " 8
SONIA BURRI " 7
PATRIZIA MESSINEO " 18
SILVANA SERRAVALLI IN BARBERA " 34
MANUELA GALLON " 11
NATALIA AGOSTINI IN GALLON " 40
MARINA ANTONELLA TROLESE " 16
ANNA MARIA SALVAGNINI IN TROLESE " 51
ROBERTO DE MARCHI " 21
ELISABETTA MANEA VED. DE MARCHI " 60
ELEONORA GERACI IN VACCARO " 46
VITTORIO VACCARO " 24
VELIA CARLI IN LAURO " 50
SALVATORE LAURO " 57
PAOLO ZECCHI " 23
VIVIANA BUGAMELLI IN ZECCHI " 23
CATHERINE HELEN MITCHELL " 22
JOHN ANDREW KOLPINSKI " 22
ANGELA FRESU " 3
MARIA FRESU " 24
LOREDANA MOLINA IN SACRATI " 44
ANGELICA TARSI " 72
KATIA BERTASI " 34
MIRELLA FORNASARI " 36
EURIDIA BERGIANTI " 49
NILLA NATALI " 25
FRANCA DALL'OLIO " 20
RITA VERDE " 23
FLAVIA CASADEI " 18
GIUSEPPE PATRUNO " 18
ROSSELLA MARCEDDU " 19
DAVIDE CAPRIOLI " 20
VITO ALES " 20
IWAO SEKIGUCHI " 20
BRIGITTE DROUHARD " 21
ROBERTO PROCELLI " 21
MAURO ALGANON " 22
MARIA ANGELA MARANGON " 22
VERDIANA BIVONA " 22
FRANCESCO GOMEZ MARTINEZ " 23
MAURO DI VITTORIO " 24
SERGIO SECCI " 24
ROBERTO GAIOLA " 25
ANGELO PRIORE " 26
ONOFRIO ZAPPALA' " 27
PIO CARMINE REMOLLINO " 31
GAETANO RODA " 31
ANTONINO DI PAOLA " 32
MIRCO CASTELLARO " 33
NAZZARENO BASSO " 33
VINCENZO PETTENI " 34
SALVATORE SEMINARA " 34
CARLA GOZZI " 36
UMBERTO LUGLI " 38
FAUSTO VENTURI " 38
ARGEO BONORA " 42
FRANCESCO BETTI " 44
MARIO SICA " 44
PIER FRANCESCO LAURENTI " 44
PAOLINO BIANCHI " 50
VINCENZINA SALA IN ZANETTI " 50
BERTA EBNER " 50
VINCENZO LANCONELLI " 51
LINA FERRETTI IN MANNOCCI " 53
ROMEO RUOZI " 54
AMORVENO MARZAGALLI " 54
ANTONIO FRANCESCO LASCALA " 56
ROSINA BARBARO IN MONTANI " 58
IRENE BRETON IN BOUDOUBAN " 61
PIETRO GALASSI " 66
LIDIA OLLA IN CARDILLO " 67
MARIA IDRIA AVATI " 80
ANTONIO MONTANARI " 86

29/06/10

Le mirabolanti avventure del ragioniere Saladino (prima stesura)

Solo due cose sono importanti: arrotolare bene tra le dita la sigaretta prima di accenderla, ricordare che il lavoro termina, i m p r o r o g a b i l m e n t e, alle venti.

"Insomma! Non c'è nessuno qui?"
"No, signore. No."
"E lei?"
"Io? Io immagino di sì"
"Ma non mi faccia incazzare. Non lavora qui lei? La vedo sa, ogni giorno con le sue sigarette! E i colleghi? Ci pensa, lei, ai suoi colleghi?
"Sono solo"
"Vabbe' comunque, può essere così gentile da aiutarmi?"
"No"
"Guardi, è solo un attimo"
"Lei non fuma?"
"No... ogni tanto, dopo pranzo... a volte"
"E' utile sa? La notte. Soprattutto la notte. Quando è notte, bisogna fare attenzione..."
"Lei è pazzo, mi faccia parlare con un suo superiore!"
"...perché di giorno è più semplice..."
"Mi ha sentito? Vuole rispondermi?"
"...ogni cosa ha il suo colore..."
"Basta! Ci rinuncio! Ma non finisce così... vedrà!"
"...e ride."

La settimana scorsa c'era una gran nebbia. Gli oggetti, le persone, uscivano dal nulla e poi sparivano e la fermata dell'autobus era lì, ma se facevo un passo indietro iniziava a volare con le sue scritte rosse... o nere? Insomma volava, ma tutti facevano finta di niente: chi guardava l'orologio, chi sonnecchiava.
Siamo sempre gli stessi qui alla fermata, anche se non ci siamo mai salutati. Siamo sempre gli stessi in queste mattine, uguali.
Immaginavo che anche loro sapessero, ma Giorgio ha detto "Basta!" e mi son dimenticato di chiederlo per esserne sicuro, di urlare pieno di sorpresa:
"Ha visto? Volava via il cartello! Ha visto?".
Giorgio si è un po' spaventato. Non ha capito cosa fosse quella grande ombra che si avvicinava.
"Vieni! Saliamo" gli ho detto per rincuorarlo, ma lui mi è scappato dalle mani e così ci siamo rivisti solo la sera.
Aveva fame, e anch'io.

Vicino al fiume il puzzo cresce e ti entra nei vestiti che quasi sembra di essere lì, tra i morti che stanno a guardia dei vivi, dei loro ricordi. A Giorgio però piace e io e lui passeggiamo come vecchi amici. A volte improvvisamente sparisce... lo so, lo so... amoreggia - hi, hi, hi - poi però torna da me e mi saluta come se non fossimo stati insieme sino a solo venti minuti prima. E' fatto così lui, e a me non resta che rispondere al suo saluto e dirgli ogni volta: "Ciao Giorgio! Come è andata oggi?".
E' bello ascoltare le sue storie. Sono sempre le stesse, lo so, ma a me ogni volta appaiono nuove come un gelato appena comprato, e io lecco le sue ferite e lui le mie, e si cammina, insieme.
Certi giorni capita, poi, che la luce dei lampioni si diverta a tagliare le nostre ombre, a farne casuali rivoli, allora la mia mano destra cerca un punto, che non trova, e la sinistra anche, finché Giorgio, o i suoi baffi, mi indicano la strada.

"Ha finito?"
"Debbo solo completare le note finali"
"Bene Saladino, mi raccomando, so di poter contare su di lei"
"Certo, grazie"
"Quasi mi dimenticavo..."
"Dica."
"Ieri... il Dottor Graziosi... ha registrato un reclamo."
"Sì...?
"Un tale... ne sa niente lei?
"No, certo."
"Sa quel tipo... insomma... quello è il nipote del Dottor Guarino."
"Chi?"
"Guarino, sa... il proprietario del giornale."
"Quale?"
"Insomma ragioniere! Stia attento, mi raccomando... la vedo stanco ultimamente."
"Saranno le code"
"Cosa?"
"Le code. A volte perdono i peli e anche i lupi, dicono"
"...sì... ma..."
"Hi, hi, hi. Completerò il lavoro stasera dottore, non si preoccupi."
"Bene Saladino, bene."

Collegando con una linea il marciapiede alla basilica e questa al bar e poi tracciando una curva tra l'uscita a sinistra di quest'ultimo ed il negozio di giocattoli quasi alla fine del viale si ottiene un arco, e se poi mi ci metto in mezzo sono una freccia, e corro, e non riesco più a fermarmi, e uuuuurlo... uuuuurloooooo... e la mia scia sono decina di altri me, centinaia, migliaia, e mi seguono; ma io smetto di urlare, e la piazza è vuota, silenziosa.

La casa è appena fuori città, non ci vuole molto ad arrivarci, venti, trenta minuti: secondo il passo, la volontà.

Insomma Giorgio fammi dormire! Ho visto anch'io le luci, e tutte quelle parole, ma chissà se anche tu hai perso a volte, è così? Oggi cercavo la spilla, quella con le tre stelle sai? Quella del secondo anniversario. No! Tu non c'eri... dimenticavo. E allora Giorgio, ce la faremo a perdere? Oppure, anche oggi... senti? Una civetta, la senti? E il cigolio di una bici e le cicale anche, e i grilli, i tordi, i sordi, i morti.
Prima avevo imparato tante filastrocche; potevano servire, mi dicevo, e le ripetevo per strada, che la strada si accorciava e non mi accorgevo di essere arrivato e toh! Sono già qui, e "buongiorno direttore", e "buongiorno collega", "buongiorno!".

"Crede che dovremmo licenziarlo?
"Veda lei stesso..."
"I grafici dice? Ma analizzano solo gli ultimi sei mesi"
"Le sembrano pochi?"
"E' stato un ottimo elemento in passato"
"Già"
"Potremmo assegnarlo ad un altro incarico"
"Quale?"
"Non so... è ancora presto per..."
"Tre mesi"
"Cosa?"
"Le do tre mesi"
"Ma..."
"Dovrà risalire ad almeno settanta sul grafico"
"Proverò"
"Deve"
Ho aspettato di sentire cadere le prime gocce dai rami prima di decidermi ad aprire l'ombrello. Giorgio è rimasto a casa, "ti raggiungo dopo" mi ha detto, anche se è domenica, anche se.
Non ho molti luoghi da visitare: il necessario, che poi mi ci perdo; e così mi ritrovo ancora una volta al parco, e siamo soli io e lui. La pioggia a farci compagnia.
La panchina non è ancora inzuppata, il legno ha solchi profondi, ferite inferte da ragazzi e innamorati, medaglie al valore date dal tempo. Mi sono chinato a raccogliere della terra, luccicava, e improvvisamente anche le mie labbra avevano sete, ed era buona la terra come mai nessuna cosa prima. Poi mi sono seduto sul prato, accanto al grande cirmolo, e con le dita ho scavato, ma non c'era nulla sotto, nessun tesoro, ed i segni che avevo visto sparivano sotto le mie mani ecco... venti gradi ad est, quaranta ad ovest, tre passi prima della roccia con inciso il tuo nome.
All'improvviso ho sentito Giorgio accanto a me, l'ombrello piantato a bandiera ci proteggeva. "Cantiamo?" mi ha chiesto alle spalle, ma poi non mi ha dato il tempo di pensare a cosa mi sarebbe piaciuto ascoltare. "Oggi potrebbe essere festa, come ogni giorno, del resto" ha aggiunto ed è stato allora, solo allora, che ho pianto.

A tratti tutto accelera e la testa inizia a dondolare forte sempre più forte prima di fermarsi improvvisamente, come di fronte al mare. A tratti mi ritrovo in altri luoghi, e mi osservo, e mi spoglio, e mi rivesto, a tratti.
A tratti sono di nuovo immobile e mi sembra di sentirti muovere, sopra di me, ed allora tutto di nuovo procede velocemente, e noi, sì, noi, a tratti. Poi ogni cosa esplode e mi ritrovo di nuovo a fuggire, veloce, sempre più veloce, fino a.
A tratti mi manchi, a tratti.

"Conosci Ettore, Giorgio? Figlio di Priamo e marito di Andromaca. Padre di Astianatte e uccisore di Patroclo. Conosci Ettore, Giorgio? Ed i suoi giri attorno alla rocca, e le paure, ed il coraggio. Lo conosci? Dimmi! Dimmi!"

Con un pensiero cancello parole, intere frasi dalla mente. Con un pensiero sono simile a Dio e poco altro conta.

"Sì, è pronta"
"Le va una birra dopo l'ufficio?"
"Non so"
"Impegni?"
"No, a parte Giorgio..."
"Il suo gatto, vero?"
"Sì!"
"Saprà aspettarla per una sera, non crede?"
"...ssssì... credo di sì"
"Bene, a più tardi allora"
"A più tardi"

"E allora, come va? Tu.. possiamo darci del tu, vero?... cosa prendi? Sì, va bene... due spine grandi e ... sì... un momento... per te va bene? Sì allora, anche quelli, mi raccomando però, non troppo piccanti... dunque, torniamo a noi, non mi hai risposto... come va? Lo so, lo so che non hai mai amato molto parlare... però, ogni tanto... ci conosciamo da così tanto tempo. Dimmi, quanti anni saranno? Tre... quattro? Insomma, anche io ho conosciuto la tua... beh... sai abbiamo sofferto tutti per te quando... ma ora è passato del tempo, sì, certo, lo so che non è solo questione di tempo, ma hai delle responsabilità... ecco, verso te stesso innanzitutto, non puoi permetterti di rinunciare anche a quelle, sì! Certo! Rinunciare! Perché se vai via è solo colpa tua"

E' solo colpa tua dice e intanto i bicchieri si fanno meno pesanti e la schiuma, quella sì, è andata via, tra i suoi baffi, un rivolo. E da lì che si affaccia un omino, e mi saluta anche. Simpatico però! Ha uno strano costume a righe, come... come quello che si usava al mare il secolo scorso ecco, azzurro e bianco. Ora è appeso all'ultimo pelo sul viso del mio superiore. Tranquillo svolazza nel vuoto poi si tuffa dentro il boccale eseguendo un doppio salto, carpiato. Riemerge contento, proprio bravo, non c'è che dire. Lo applaudirei se non fosse un po' sconveniente, e gli direi: "Ancora!", ma non so se l'altro capirebbe, e poi lui sta gia risalendo sul maglione bordeaux, sul colletto della camicia, e da lì con un balzo e di nuovo tra la barba del mio dirimpettaio. "Dove vai? Dove ti nascondi?" penso, "Stai attento!" mi scappa, ma Borghetti, il suo trampolino, mi guarda stupito, ed io, allora, non so più che dire.

Borghetti, lo so, è una brava persona. Lui, quando ci siamo conosciuti, indossava una camicia bianca ed aveva una cravatta anche, con delle piccole racchette da tennis in rilievo, rosse, ricordo... che la cravatta era blu, come il computer sul tavolo, come la sedia, come la cornice che custodiva la foto della sua famiglia. E' una brava persona Borghetti, anche se non lo ascolto stasera, che non ho voglia, e penso a Giorgio che mi aspetta, e poi, finalmente, ci lasciamo, e "Certo! Farò come tu dici" e "A domani", "A domani."

Giorgio aspetta in giardino, sembra triste anche se lo so che non lo ammetterebbe mai. Mi saluta come ogni giorno infatti, con quel suo annusare che ricorda la faccia di una vecchia zia fintamente scontrosa, e poi entriamo insieme per andare a casa a cenare.

"Com'è andata? Vi ho visto parlare"
"Mi sembra bene..."
"Ricordi Borghetti i tempi che le ho dato"
"Certo, anche se..."
"Non intendo ritornare più su questo"
"Sì, sì, mi scusi... va bene"

Quando l'hanno operata non sapevo bene cosa volessero fare, avevo chiesto a qualcuno, fatto supposizioni, ma i medici mi avevano detto che era indispensabile intervenire tempestivamente, proprio quelle erano state le parole, ed io avevo accettato, non potevo negare quel sì. No, non potevo.

Poi improvvisamente arriva l'estate e molti però si ritrovano impreparati. Come se non sapessero, come se.

Giorgio sparisce per ore, per giornate a volte. Quando rientra ha sempre una cicatrice in più, un sorriso soddisfatto e una dolce assenza negli occhi. Si dirige verso la cucina e raccoglie quello che gli ho preparato. Non ha mai voglia di raccontare quando arriva la stagione e sospetto che sarebbe felice se potesse rimanere solo, almeno un po'. Gli sono grato per il suo ragionevole silenzio e spesso cerco di trovare delle scuse per uscire. "Vado a comprare il latte" sussurro, e poi sparisco mentre lui finge di seguirmi con lo sguardo.

Borghetti è sempre più gentile. A volte, quando arriva un nuovo cliente, appare misteriosamente accanto a me e prende in mano la situazione come se fosse casuale quel suo intervenire, quel suo tecnico cicalare.

"Hai mai provato a passeggiare sulle nuvole?"
"Cosa?"
"Sulle nuvole, dico"
"Non credo sia possibile!"
"Dovresti, dovrò farti vedere un giorno. A volte è dura. Sono salite ripidissime o funi che si avvolgono quasi fossero liane, trecce di principesse. Io preferisco quelle un po' solitarie, le nuvole dico. Pensose si direbbe, ma per me solo distratte dal sole, svagate come giovani adolescenti, innamorate"
"Credo sia meglio se ora torniamo a lavorare!"
"Sì, dovresti"


"Allora Borghetti, sembrerebbe che lei ci sia riuscito..."
"Sembrerebbe, sì"
"Che fa Borghetti mi si mette a rispondere anche lei come quello?"
"No, no dottore... ci mancherebbe"
"Bene, perché non voglio avere altre grane qui. Sa cosa mi è costato calmare il Dottor Guarino? No che non lo sa. Cosa mai potete sapere voi?"
"Certo, le assicuro..."
"Lei non mi deve assicurare un bel niente Borghetti. Vigili, vigili!"

Borghetti non può capire, lui non sa del mio posto segreto, della arrendevolezza delle nuvole. Quando arriva la bella stagione con Giorgio arriviamo fino dentro la pineta, vicino al mare. C'è un punto lì. Un luogo in cui gli alberi lasciano libero un triangolo. Un segreto protetto da della sterpaglia che sembra impedirne l'accesso. E' stato Giorgio a scoprirlo. Mi chiamava, ma a me sembrava si fosse perso e non riuscivo a trovarlo, non riuscivo a vederlo. Fintanto che.
Ora quando ci andiamo lui attende che io entri e mi distenda su una piccola stuoia che conservo lì, poi sparisce. Non mi preoccupo più ormai, so che non si perderà.
A me piace sentire quel contatto con la terra, la fresca gioia dell'ombra, ed allargare le braccia e le gambe anche, e l'essere pupilla nell'occhio di Dio.
E' lì che quando passa una nuvola le mie dita si inerpicano a conquistarne il segreto. Indice e medio, indice e medio fin quando quella scompare.

Continua a far caldo, la gente si muove lentamente ma non riesce ancora a guardarsi attorno, a vedere. Ieri, ad esempio, un piccolo sbuffo azzurro accarezzava il cielo. Veniva fuori da un vecchio palazzo del centro, uno di quelli non ancora recuperati ed uccisi per farne piccole cellette di clausura. Mi ricordava il timido uscire di un gattino alla sua prima passeggiata, il soffio di un sogno. Mi sono fermato a guardare e poi Giorgio mi ha indicato una panchina poco lontano. Siamo rimasti cosí, in silenzio, ad osservare quel piccolo miracolo.

In ufficio tutti correvano, una strana fila di persone attendeva davanti al mio sportello.

"Finalmente! Le è successo qualcosa?"
"No, perché? Anzi sí..."
"Ragioniere ma si rende conto che è in ritardo di quasi venti minuti?"
"... il cielo era contento"
"Che dice?"
"Crede che tornerà a piovere?"
"No, non cosí presto, almeno. Ma cosa importa? Lei ha un ritardo spaventoso Saladino, ho come la sensazione che fatichi a rendersene conto!"
"Oh, no! Sa il perché di tutta questa gente?"
"Come? Non ha visto la tivvù? Ma dove vive lei ragioniere?!"
"Giorgio mi basta"
"Comunque, è crollata una palazzina stanotte..."
"Capisco..."

Non siamo mai preparati alla morte. Se anche dovessimo sapere con assoluta sicurezza il momento del suo arrivo non riusciremmo a farci trovare pronti, ad accettarla. Giorgio dice che tutto questo è molto umano; non posso dargli torto, credo.

Mi piace andare al cinema. Fuori ora è freddo e Giorgio viene con me. Lo nascondo, e lui non protesta, tira solo fuori la testa per guardare, per mangiare.
Ce ne sono tanti di cinema qui. Prima ancora di più. Penso fossero più belli, tanta gente, le poltrone logore, un po' sporche forse, l'unto delle patatine ed il loro rumore a fare da colonna sonora, le file ben ordinate. Ora è difficile trovarli, è difficile godere della rilassante malinconia del pubblico abbandono.
Ho tentato, poco tempo fa, ho provato in uno di questi nuovi. Mi guardavano tutti un po' strano. Per via di quell'evidente rigonfio del cappotto, penso.
"E' la mia borsa d'acqua calda" ho detto loro e quelli mi hanno sorriso che già avevo pagato il biglietto e il film stava per iniziare.
"E' la mia borsa d'acqua calda" ho ripetuto, mentre Giorgio iniziava a muoversi, a chiedermi di farla finita con quel gioco, a sussurrarmi di tornare a casa.

Con Borghetti ora andiamo spesso insieme a bere una birra dopo l'ufficio.
Lui, nello stesso tempo, poco alla volta ha abbandonato il mio sportello. Un po' mi dispiace. Mi piaceva quella sua presenza silenziosa, la gentilezza dei modi, il cauto intervenire di fronte alle proteste di certi clienti.
Quando siamo insieme seguo i suoi discorsi, ascolto le sue fantasie. Capita frequentemente che io percepisca il suo desiderio di parlare della famiglia, credo sia quella che lo osserva ogni giorno dalla cornice posta sul suo tavolo di lavoro, anche se non ne sono sicuro, anche se non si è mai sicuri in queste cose.
Quando è con me lo vedo allora faticare sulle parole, arrampicarsi sulle metafore, sulle disillusioni, virare veloce su premi, viaggi e diplomi, ridere di piccole bugie, delle proprie paure.
Credo che Borghetti abbia un'amante, anzi ne sono sicuro. L'ho intravista affacciarsi più volte da una piccola ruga che bacia le sue labbra. Lui sembra accorgersene e veloce la ricaccia sempre dentro, con gentilezza però, accarezzandola, massaggiandola dolcemente con l'interno del pollice della mano sinistra, ma forse è solo la compagna di quell'omino buffo che a volte continua a giocare tra i suoi baffi. Forse è solo un suo modo per distrarmi. Forse è solo il riflesso un po' amaro della schiuma.
Non so. Credo che gliene parlerò un giorno, quando anche lui potrà capire. Quando tornerà a ricordarsi di essere ancora vivo.
A volte mi spiace lasciarlo di fretta, il Borghetti, ma in questo inverno di neve Giorgio vuole rientrare presto a casa ed io non posso certo lasciarlo fuori. Così lo saluto, li saluto, e sparisco con un "puff!" da fumetto, che quello rimane sempre a bocca aperta quando succede, mentre i suoi ospiti ne approfittano per baciarsi.

"Bene, mi è stato detto che siete amici, ora"
"No, no... non proprio, prendiamo una birra insieme ogni tanto"
"Non ci sarebbe nulla di male, anche se..."
"Mi sembra sia salito sui grafici"
"Sì, sì. Solo pensavo che forse ci siamo lasciati sfuggire una buona occasione, sa la crisi... di certo non avremmo avuto problemi"
"Non è molto tempo che..., insomma poteva essere giustificato, e poi..."
"Sì lo so Borghetti! E' inutile che lei me lo ricordi, comunque... non è di questo che volevo parlarle ora, cioè non è per Saladino che l'ho chiamata qui. Ho intenzione di metterla a capo delle risorse umane, credo sia la persona adatta..."
"Non posso esserne che contento..."
"Mi faccia finire, e non mi guardi con quella faccia stupita, ho visto come si muove. Mi è piaciuto il suo impegno, il suo legarsi ai dipendenti, penso che farà molto bene nell'opera di svecchiamento dell'azienda"
"Svecchiamento?"
"Sì, svecchiamento Borghetti, svecchiamento. Dobbiamo tornare ad essere competitivi, abbiamo bisogno di potare, di tagliare i rami secchi. Via, via quelle vecchie comari ingrigite legate alla poltrona, dobbiamo essere dinamici, liberi..."
"Quanti?"
"Cento, ottanta per iniziare"
"Ma è quasi metà dell'azienda"
"Sì certo, non avrebbe senso allora, crede che io ne sia contento? Pensi agli altri Borghetti, pensi a quelli che salverà da un fallimento definitivo, pensi a quelle famiglie"
"E loro?"
"Faremo in modo che accettino, farà in modo che abbiano tutta la nostra solidarietà. Lei è bravo Borghetti, troverà la soluzione, ne sono sicuro"


E' tornato il sole. Le nuvole, ormai bianche, passano veloci e a volte lo coprono per lungo tempo, quasi a volerci lasciare sonnecchiare ancora un poco. Passano anche sulla mia testa quelle vecchie scapestrate, ed ognuna è un frammento. Un nuovo pensiero.
Giorgio è tornato a uscire e io mi ritrovo spesso in silenzio sul balcone, ad attenderlo. Sulla strada hanno fissato un piccolo specchio convesso, mi piacerebbe un giorno scorgervi un lampo, un raggio a illuminarmi, ma forse non è possibile, non è probabile.
In ufficio Borghetti è sempre più silenzioso. Ha già avvisato una ventina di persone del loro licenziamento, ma credo saranno molti di più alla fine. Magari ci sarò anch'io. Magari no. Magari non ha importanza. Ecco, ieri invece, ieri, una signora mi ha sorriso. Le avevo restituito la pratica per una firma "non apposta" (sì, si dovrebbe dire così, penso) per una firma che mancava insomma, spingendo con delicatezza il documento sotto il vetro... e l'ho vista sorridere. Odio le pieghe agli angoli del foglio, la carta stropicciata. Deve averlo capito e mi ha sorriso, di un sorriso spezzato.
Credo sia necessario segnalare quel graffio sul vetro in direzione: non va bene, non è opportuno.
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