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16/02/17

11/02/17

Imparare a leggere


Come se [...] non fosse occorsa molta energia e volontà da parte dei poteri politici, di destra e di sinistra, per sciogliere le briglie a questo capitalismo finanziario, che non è affatto una forma traviata di capitalismo, bensì la sua stessa essenza. «Essi vogliono, tutti, la concorrenza senza le conseguenze funeste della concorrenza. Essi vogliono, tutti, l’impossibile, cioè le condizioni della vita borghese senza le conseguenze necessarie di queste condizioni», scriveva Marx [...].
La crisi è dunque «il violento ristabilimento dell’unità tra (momenti) [la produzione e il consumo] indipendenti», ma che «sono una sola cosa».Questa violenza è dapprincipio la violenza sociale delle famiglie gettate per strada perché non hanno pagato le rate del mutuo, è la violenza dei licenziamenti di massa, della chiusura delle aziende e della delocalizzazione, delle code che si fanno sempre più lunghe davanti alle mense dei poveri, dei senzatetto che crepano di freddo, dei piccoli risparmi a discapito delle cure mediche. Ma è anche la criminalizzazione delle resistenze sociali, il potenziamento dello Stato penale in proporzione inversa allo Stato sociale, l’instaurazione di uno stato d’eccezione strisciante mascherato da antiterrorismo. È infine la guerra totale per l’accesso alle risorse energetiche, per la messa in sicurezza delle rotte del gas o del petrolio, per una nuova divisione dei territori e delle zone di influenza.
La crisi attuale, la crisi del presente, non è una crisi in più, che si andrebbe ad aggiungere a quella dei mercati asiatici o della bolla di Internet. È una crisi storica (economica, sociale, ecologica) della legge del valore. La misura di tutte le cose attraverso il tempo di lavoro astratto è diventata, così come annunciava Marx nei suoi Manoscritti del 1857, una misura «miserabile» dei rapporti sociali. Al di là della crisi di fiducia invocata dalla vulgata giornalistica, la credenza nell’onnipotenza del mercato è stata ferita a morte. Quando si smette di credere all’incredibile, alla crisi sociale si aggiunge una crisi di legittimità, ideologica e morale, che finisce per scuotere l’ordine politico: «Uno stato politico in cui alcuni individui hanno redditi milionari mentre altri muoiono di fame può sussistere allorché non vi è più la religione, con le sue speranze riposte in un altro mondo, a dare un senso a questo sacrificio?» domandava Chateaubriand alla vigilia delle rivoluzioni del 1848. E rispondeva profeticamente: «Provate a persuadere il povero quando saprà leggere e non crederà più, quando avrà la stessa istruzione che avete voi, provate a persuaderlo che deve sottomettersi a tutte le privazioni mentre il suo vicino possiede mille volte il superfluo: come ultima risorsa dovrete ucciderlo». All’accecante luce della crisi, milioni di oppressi sono dunque costretti a imparare a leggere.

Daniel Bensaid e Charb, Marx, istruzioni per l'uso

08/02/17

Poli, Gozzano e Brunilde

Gozzano madre amica.jpg

Oggi sfogliavo Paolo Poli e ho incontrato Gozzano:

Gozzano si è rifugiato in soffitta in mezzo alle cose abbandonate. Mentre D’Annunzio elogiava la sua bellez­za, i suoi successi con le donne, Gozzano diceva: «Non amo che le rose | che non colsi», e invece di queste bel­le donne, di queste Basilisse («la fiamma è bella!»), lui aveva la cuoca: « Signorina Felicita... a quest’ora che fai? Tosti il caffè: | e il buon aroma si diffonde intorno? | O cuci i lini e canti e pensi a me, | a l’avvocato che non fa ritorno?» Si è nascosto dietro i vasi di marmellata. Men­tre D’Annunzio aveva il tripode, il bucintoro, la nave con le vele che sbattono.
Gozzano è una specie di entomologo bambino che va acchiappando le farfalle e nel finale c’è un atropo, con la testa di morto, che minaccia e annuncia la fine. Di lui mi piace molto anche quel firmarsi minuscolo guidogozzano, anch’io ogni tanto mi firmo paolopoli, come se fossi una città greca.
Ci sono ancora nelle nostre case dei giornali vecchi di quando le zie ricamavano il corredo, che ora non si usa più perché si comprano le lenzuola di carta. C’erano delle poesie che informavano le donne sui fatti della vi­ta, gli affetti familiari. Ah, la grazia artigianale imbam­bolata di quei nostri giocattoli gozzaniani di cartapesta dipinta: cavallini che strizzano l’occhio per imperizia del pittore, barometri réclame con la santa che cambia di colore, cassette per elemosine col frate in piedi e il negretto inginocchiato che dondola la testa in ringra­ziamento della moneta. Riscalda il cuore il mondo delle stampe in bianco e nero, a tratteggi grossi ma non gros­solani e simmetrie prevedibili ma non sprovvedute, do­ve l’immaginazione anche la più modesta è sollecitata a intervenire, è stimolata a suggerire toni e timbri, lu­ci e atmosfere sulla povera scorta di quei magici segni. Come si rallegra il fanciullino che è in noi al ritrovare il volto di certe nostre avole e balie buonissime che ci condussero come a una festa alla visita domenicale del cimitero gremito di floreali angioli artistici o ci tiraro­no per mano su per la via crucis del finitimo santuario delle illustrate stazioni!

 Alfabeto Poli, Paolo Poli (a cura di Luca Scarlini) 

Non posso non collegare questo incontro alla serie di articoli (che invito a leggere) presenti sul blog "il cavallo di Brunilde"...

07/02/17

Quasi primavera

Appoi
attacca a chioviri e pari
ca st'acqua niura vulissi sulu cummigghiari
a iurnata.

Accumenciu, allura, ca testa a trafichiari:
pinseri babbi, cose successe,
cose ca putevunu accapitari.

No ricu a st'animedda c'aspetto sulu ca scampi,
c'arrivi u suli cauru ad asciugari,
ma è cu stu pinseru ca m'affacciu
alla finestra e l'occhi
arrirunu
quannu sentu a vuci china da terra
chiamarimi, u ciauru,
comu tra li tò jammi,
acchianari.

04/02/17

[eds] Soldatini


A luna ancora non ni vuleva sapiri di irasinni a dormiri e arristava appinnuta no cielu come alla stella cometa nello sfondo del presepe.
Carmelo Cicculata a taliava assittatu  no pisolu della chiesa. Cera friddu ma lui era coperto bene che sava accattatu un giubbotto di quelli che uno ci può andare anche al polo nord. Era entrato nel negozio e ciaveva detto: "Questo" che per lui non era un problema di soddi.
"Ah! Si cà!"
Carmelo si furiau che quella voce la conosceva.
"E unni ava stari? Era qua lappuntamento. Ciccio non è cuttia?"
Turi iamma di lignu ci fici di no con la testa prima daccuminciari a scatarrari nterra comu su avissi u focu nei polmoni. Era fattu siccu. "Sarà unni sammucciaiu" pensò Carmelo e nella testa ci passanu le scene di quellultimo mese. Era stata come a una condanna. Peggio do carciri.
"U sai ca non putemu stari fora tanto" ci disse allamico.
"Certo co sacciu!" rispunniu Turi che sembrava essersi ripreso anche se la faccia era russa russa.
"I documenti cillai?" continuò Carmelo.
"Frischi frischi" rispose quello e si misi la mano nella sacchetta del cappotto comu a essiri sicuro che cerano veramente.
Carmelo si susiu e saddumau una sigaretta.
"Chi facemu?" spiau.
"Aspittamu" disse con calma Turi che nel frattempo sera spostato che a lui dava fastidio il fumo.
"Sì ma su non spunta?"
"Altri dieci minuti. Arriva non ti preoccupari"
Cera poca gente in giro. Carmelo si sinteva nivvusu. Taliava a destra e a manca e fumava come a un condannato a morte. Stava per parrari di novu quannu di luntanu u visti. Ciccio u bummularu li salutava con il braccio alzato per farsi vedere. Pareva un bambolotto. Tutto panza che la testa quasi spareva  e poi iammitti e razza di un picciriddu. Turi lo guardava sorridendo:
"Visto ca e cà? E' sempri u stissu" ci scappau dalla ucca.
"Sì sempri u stissu" ripetè Carmelo.
Quando furono vicini si abbracciarono ma senza perdere tempo che era pericoloso e non era il momento di cuntarisi le ultime novità. Turi distribuì i documenti e i soddi spiegò quello che cera da fare.
"Allora deciso. Iu pigghiu lautobus, tu Carmelo invece vai alla stazione e ti fai il biglietto con tante tappe però che è più sicuro del treno diretto"
"E iu?" domandò Ciccio con la sua vocina di signorina di cresima.
"Tu pigghi la machina. E' posteggiata qua vicino. Anzi prima ci accompagni accussi parramu di dopo"
"Ma picchi iu? U sai camaddummisciu facili a viaggiare"
"E' proprio per questo fissa! Su ti scanti non corri e non fai minchiati mentre guidi" spiego ridendo Turi.
Erano misi a cerchio come a fare il girotondo. Il primo proiettile ne pigghiau dui di loro na panza facendo un puttuso che ci poteva passare una mano. Gli altri non si capiù unni trasenu che erano troppi.
Tre gruppi di carusazzi li avevano circondati senza farsi vedere. Sparavano a coppia. Uno con la mitraglietta e uno con la pistola. Carmelo crollò a terra subito ma prima riuscì a vederla tutta la scena dalla vetrina che ciaveva di fronte. Sembrava come quannu era nicu che giocava con i soldatini di prastica che si trovavano nelle bustine dal giornalaio. Ricordava bene. I mitteva supra a tavola e organizzava guerre e agguati fino a quando non arristava chiu nuddu vivo e tutti erano a panza allaria.
Fu una questione veloce comunque. I sò occhi cercavano ancora la luna quannu arrivau lultimo colpo na nesta. Poi turnau a notti.


EDS - in fuga:

-  Fino al Connemara di Hombre
- Gigliola cara di Hombre
- Attraverso le barricate di Lillina
- La rosa di Lillina
Nuvole di Lillina
- Come se di La Donna Camèl

01/02/17

Tutto è così facile


Tra le tue gambe l'amore,
il silenzio del dolore, la rabbia
che non vuole andare.

Tra le tue gambe è più facile tremare.

Tra le tue gambe ho pensato di morire
quando era solo un rinascere,
un inatteso iniziare.




Immagine: Reclining Nude, 1924 - Henri Matisse
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