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11/02/17

Imparare a leggere


Come se [...] non fosse occorsa molta energia e volontà da parte dei poteri politici, di destra e di sinistra, per sciogliere le briglie a questo capitalismo finanziario, che non è affatto una forma traviata di capitalismo, bensì la sua stessa essenza. «Essi vogliono, tutti, la concorrenza senza le conseguenze funeste della concorrenza. Essi vogliono, tutti, l’impossibile, cioè le condizioni della vita borghese senza le conseguenze necessarie di queste condizioni», scriveva Marx [...].
La crisi è dunque «il violento ristabilimento dell’unità tra (momenti) [la produzione e il consumo] indipendenti», ma che «sono una sola cosa».Questa violenza è dapprincipio la violenza sociale delle famiglie gettate per strada perché non hanno pagato le rate del mutuo, è la violenza dei licenziamenti di massa, della chiusura delle aziende e della delocalizzazione, delle code che si fanno sempre più lunghe davanti alle mense dei poveri, dei senzatetto che crepano di freddo, dei piccoli risparmi a discapito delle cure mediche. Ma è anche la criminalizzazione delle resistenze sociali, il potenziamento dello Stato penale in proporzione inversa allo Stato sociale, l’instaurazione di uno stato d’eccezione strisciante mascherato da antiterrorismo. È infine la guerra totale per l’accesso alle risorse energetiche, per la messa in sicurezza delle rotte del gas o del petrolio, per una nuova divisione dei territori e delle zone di influenza.
La crisi attuale, la crisi del presente, non è una crisi in più, che si andrebbe ad aggiungere a quella dei mercati asiatici o della bolla di Internet. È una crisi storica (economica, sociale, ecologica) della legge del valore. La misura di tutte le cose attraverso il tempo di lavoro astratto è diventata, così come annunciava Marx nei suoi Manoscritti del 1857, una misura «miserabile» dei rapporti sociali. Al di là della crisi di fiducia invocata dalla vulgata giornalistica, la credenza nell’onnipotenza del mercato è stata ferita a morte. Quando si smette di credere all’incredibile, alla crisi sociale si aggiunge una crisi di legittimità, ideologica e morale, che finisce per scuotere l’ordine politico: «Uno stato politico in cui alcuni individui hanno redditi milionari mentre altri muoiono di fame può sussistere allorché non vi è più la religione, con le sue speranze riposte in un altro mondo, a dare un senso a questo sacrificio?» domandava Chateaubriand alla vigilia delle rivoluzioni del 1848. E rispondeva profeticamente: «Provate a persuadere il povero quando saprà leggere e non crederà più, quando avrà la stessa istruzione che avete voi, provate a persuaderlo che deve sottomettersi a tutte le privazioni mentre il suo vicino possiede mille volte il superfluo: come ultima risorsa dovrete ucciderlo». All’accecante luce della crisi, milioni di oppressi sono dunque costretti a imparare a leggere.

Daniel Bensaid e Charb, Marx, istruzioni per l'uso

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