Gozzano si è rifugiato in soffitta in mezzo alle cose abbandonate. Mentre D’Annunzio elogiava la sua bellezza, i suoi successi con le donne, Gozzano diceva: «Non amo che le rose | che non colsi», e invece di queste belle donne, di queste Basilisse («la fiamma è bella!»), lui aveva la cuoca: « Signorina Felicita... a quest’ora che fai? Tosti il caffè: | e il buon aroma si diffonde intorno? | O cuci i lini e canti e pensi a me, | a l’avvocato che non fa ritorno?» Si è nascosto dietro i vasi di marmellata. Mentre D’Annunzio aveva il tripode, il bucintoro, la nave con le vele che sbattono.
Gozzano è una specie di entomologo bambino che va acchiappando le farfalle e nel finale c’è un atropo, con la testa di morto, che minaccia e annuncia la fine. Di lui mi piace molto anche quel firmarsi minuscolo guidogozzano, anch’io ogni tanto mi firmo paolopoli, come se fossi una città greca.
Ci sono ancora nelle nostre case dei giornali vecchi di quando le zie ricamavano il corredo, che ora non si usa più perché si comprano le lenzuola di carta. C’erano delle poesie che informavano le donne sui fatti della vita, gli affetti familiari. Ah, la grazia artigianale imbambolata di quei nostri giocattoli gozzaniani di cartapesta dipinta: cavallini che strizzano l’occhio per imperizia del pittore, barometri réclame con la santa che cambia di colore, cassette per elemosine col frate in piedi e il negretto inginocchiato che dondola la testa in ringraziamento della moneta. Riscalda il cuore il mondo delle stampe in bianco e nero, a tratteggi grossi ma non grossolani e simmetrie prevedibili ma non sprovvedute, dove l’immaginazione anche la più modesta è sollecitata a intervenire, è stimolata a suggerire toni e timbri, luci e atmosfere sulla povera scorta di quei magici segni. Come si rallegra il fanciullino che è in noi al ritrovare il volto di certe nostre avole e balie buonissime che ci condussero come a una festa alla visita domenicale del cimitero gremito di floreali angioli artistici o ci tirarono per mano su per la via crucis del finitimo santuario delle illustrate stazioni!
Alfabeto Poli, Paolo Poli (a cura di Luca Scarlini)
Non posso non collegare questo incontro alla serie di articoli (che invito a leggere) presenti sul blog "il cavallo di Brunilde"...
l'atropo sta per arrivare :-) però sappi che è del tutto innocua, l'unico problema è per gli apicoltori perché mangia il miele, si infila negli alveari...
RispondiEliminagrazie dell'attenzione!
(ho provato a scriviri cumesiddeve, avrei voluto, ma il mio siciliano si è molto arrugginito da quando non vedo più i catanesi e gli ennesi...)
Ciao, Dario!:-)
RispondiEliminaGrazie per il link..
Giacinta
:)
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