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31/12/07

30/12/07

Si festeggi

Antonio Schiavone 36 anni
Roberto Scola 23 anni
Angelo Laurino 43 anni
Bruno Santino 26 anni
Rocco Marzo 54 anni
Rosario Rodinò 26 anni
Giuseppe Demasi 26 anni

L'operaio diventa tanto più povero quanto più produce ricchezza [...]
L'operaio diventa una merce tanto più a buon mercato quanto più crea delle merci.[...]
Il lavoro resta esterno all'operaio [...]
Il lavoro non è quindi la soddisfazione di un bisogno, bensì è soltanto un mezzo per soddisfare dei bisogni esterni a esso. La sua estraneità risalta nel fatto che, appena cessa di esistere una costrizione fisica o d'altro genere, il lavoro è fuggito come una peste. [...]
Il risultato è che l'uomo (il lavoratore) si sente libero ormai soltanto nelle sue funzioni bestiali, nel mangiare, nel bere e nel generare, tutt'al più nell'aver una casa, nella sua cura corporale, ecc., e che nelle sue funzioni umane si sente solo più una bestia. Il bestiale diventa l'umano e l'umano il bestiale.
Il mangiare, il bere, il generare, ecc., sono in effetti anche schiette funzioni umane, ma sono bestiali nell'astrazione che le separa dal restante cerchio dell'umana attività e ne fa degli scopi ultimi e unici. [...]
Se il prodotto del lavoro non appartiene all’operaio, e un potere estraneo gli sta di fronte, ciò è possibile soltanto per il fatto che esso appartiene ad un altro estraneo all’operaio. Se la sua attività è per lui un tormento, deve essere per un altro un godimento, deve essere la gioia della vita altrui. Non già gli dèi, non la natura, ma soltanto l’uomo stesso può essere questo potere estraneo al di sopra dell’uomo.

K. Marx, Manoscritti economico-filosofici

28/12/07

[Didascalie] Hans Holbein il Giovane


La Vergine e il
bambino con la famiglia del borgomastro Meyer (1528)

Basilea, n.i.
(fonte immagine: webmuseum)

Nel ritratto del più giovane dei figli (non più putto o angelo, come in molte delle simili rappresentazioni familiari che all'epoca iniziavano a diffondersi in Europa, bensì reale e quasi scenicamente "estraneo" protagonista) possiamo scorgere il sotterraneo avanzare, nella mentalità borghese, di una nuova visione del mondo, del gestaltico delinearsi dell'infanzia come entità altra.
Le età della vita, le divisioni per genere, la stessa fede assumono, allora, nuovi significati, si "riempiono" di nuovi valori.

Tapallara - 18 -

Da quando era fuori Catania Carmela vedeva a suo padre quasi tutti i mesi che lui saliva a trovarla con laereo e ogni vota ci dava una busta e un vasuni.
Lei lo salutava felice. Ci diceva che tutto andava bene e ci faceva vedere i risultati delluniversità. Se cera qualche esame che era riuscito meglio nella busta arrivata a casa trovava sempre più soddi ma Carmela non laveva mai voluto capire come ciarrinisceva suo padre a saperlo di questi successi prima di incontrarla.
Ogni tanto era anche cominciato a capitare che vedeva la faccia di Vincenzo in quacche giornale ma dopo le prime volte che aveva pianto per quello che aveva letto sera abituata anche a questa cosa. Non ci faceva più caso e manco ci voleva pensare a quelle notizie. Tanto era sicura che lì nessuno lo sapeva come faceva veramente di cognome e poi sera convinta da quello che gli altri dicevano sulle cose della Sicilia che non lavrebbero mai capito veramente quello che succedeva dassutta. Per la prima volta insomma il fatto di essere una Alimanni qualsiasi lei lo considerò come una cosa buona per la sua vita e importante macari.
A suo padre ciaveva raccontato quasi subito di Palmiro e poi anche di come lui sera ammalato e della niputedda macari che stava arrivando. Tanto lo sapeva che ancora non si parlavano con la mamma e poteva stare tranquilla per questo.
Vincenzo non aveva detto nemmeno pio per questi fatti. Nella sua testa aveva pensato che di sicuro era colpa di quacche vena di pazzia di Ninuzza che era andata a finire dentro a sua figghia.
Però non ci andava di fare storie con la sua picciridda.
Accussì nonostante tutto ciaveva aumentato lo stesso i soddi che ci dava anche se lei non celaveva chiesto e sera messo anche ammucciuni di Carmela a fare domande e a proporre soluzioni allamici suoi per un concorso nuovo che dovevano organizzare. Non importava dove. Al comune. Alla provincia. Alla reggione. Nazionale. Limportante era che poi chi vinceva arrivava a Catania con un posto sicuro e di prestigio. Tutti serano messi a disposizione che lavevano capito che per Vincenzo era una cosa personale e non ci tenevano a farselo nemico.

Era stato subito dopo il funerale di Palmiro. Carmela non cela faceva più a non dirci niente a sua madre anche pecchè Ninuzza da tempo sembrava che senera accorta che qualcosa era più come apprima e ogni volta ci scriveva lettere piene di punti interrogativi. Lei si sentiva in colpa per non avercene parlato subito. E poi mettendo munzignarie sopra a munzignarie ogni vota diventava più difficile raccontarle tutto quello che era successo.
Quella volta ci spedì insieme alla lettera anche un disco. Nella copertina ciaveva fatto due cerchietti rossi attorno a due faccie sfocate che ballavano in mezzo allaltra gente. Però non laveva scritto che quelle facce erano del suo uomo che era morto e la sua. Voleva fare una specie di sorpresa e nel suo cuore voleva soprattutto dirici la verità e avere tannicchia di cunottu.
Accussì ci restò male quando sua madre al telefono invece che di questo ciaveva chiesto se era diventata comunista. Lei il disco selera ascoltato tutto e tante volte anche e alla fine aveva sentito che cera quasi la stessa canzone che nisceva dagli altoparlanti quando al tempo dellelezioni passava la macchina per il comizio di Berlinguere.
Però a sua figghia invece non laveva riconosciuta che Palmiro invece nemmeno sapeva chi era. Pensava a due scarabocchi fatti a caso sopra alle fotografie. E poi anche il resto di quella musica non è che laveva capita assai. Cera sembrata tannicchia confusionaria. E le parole anche. Solo una cosa si ricordava bene "Giocare col mondo facendolo a pezzi". Che voleva dire? Ninuzza ciaveva chiesto a Carmela di spiegarcele queste parole e anche quella A dentro il cerchio che aveva visto nella copertina. Ma Carmela anche quella volta aveva fatto finta di dimenticarle tutte le domande della mamma e nella lettera che ci scrisse dopo cangiau discorso.

25/12/07

Natale

Si festeggiava e io ero ancora un carusazzo ca nisceva con lamici e se capitava non lo rifiutava quacche bicchiere di zibibbo di quello buono. Fu accussì che mi capitò questa avventura e anche se i ricordi sono tannicchia confusi quaccosa ancora arristau in questa testa.

"Talia!"
"A cui?"
"Là. No viri vicinu o cassunettu?"
"Aspetta... Sì. E' vero!"
"Ma è vivo!"
"E certo! Su si movi morto non può essere"
"Pigghiamulu"
"E unni u puttamu?"
"Pigghiamulu!"
"E su ci veni fami?"
"Su ci veni a fami ci putemu accattari du belli masculini"
"Cetto. E tu ci metti macari il peperoncino! Si proprio scemo!"
"Ma pecchè? Che ho detto?"
"Ah... ma sicunnu tia a un picciriddo unu ci runa i masculini?"
"Su boni"
"Pittia forse. Latte! Ci vuole latte!"
"E unni u pigghiamo u latti cà a piscaria?"
"No sacciu! Aspetta. Tenilu. Cerco a Puddu. Macari a stura già tunnau a casa."
"Se... iu non ciafazzo a tenerlo."
"Ma su dommi!"
"E se scappa?"
"Si propriu scemu!"
"Senti..."
"Dimmi..."
"E se lo rimettiamo dove labbiamo trovato?"
"Cetto. Accussì su mangianu i cani."
"Ma è Natale"
"Picchì a natale i cani noncinnannu fami?"
"Senti..."
"Dimmi..."
"Ciò unidea..."
"Mummaginu..."
"Sopra a dove labbiamo trovato cera una luce accesa. Se lo lasciamo dietro la porta di quella famigghia?"
"Sarà chi viristi!"
"Iu a visti a luci!"
"Tu si scemu! Tu rissi!"
"Aspetta. Mettiamolo un secondo cà. Supra al muretto. E poi cerchiamo a Puddu."
"Va bene! Tanto è qua vicino. Però facemu presto!"

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"Ma unni finiu?"
"Tu rissi ca cerano i cani!"
"E stu latti? Chinnifacemu?"
"Nu vivemu no?"
"Bonu! E bellu friscu... quasiquasi è megghiu del vino!"
"Se... Amuninni va..."
"Va bene. Va bene. Aspetta!"

Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

23/12/07

21/12/07

La signora Agnello

Appena vedevo la sua faccia pensavo ad un piatto di sarde a baccafico.
Non lo so spiegare bene il motivo. Forse pecchè ogni giorno dal suo balcone nisceva un ciauro di frittura che tutti appena lo sentivano trasevano di corsa le mutande stese al sole oppure pecchè aveva una faccia accussì chiatta che pareva che ciavevano tagliato la nasca.
Fatto sta che la signora Agnello cucinava sempre pisci.
Suo marito era morto tanti anni fa e la provvidenza non ci aveva arrialato nemmeno un figghiu. Però non mi pareva sciupata. Anzi ultimamente ogni volta che la vedevo mi sembrava sempre più giovane.
Lei scinneva ogni giorno presto la matina tutta allicchitiata e si fermava allangolo per aspettare lautobussu che arrivava alla pescheria. Quando tornava da questi sivvizza ciaveva sempre qualche cosa per i gatti che laspettavano alla fermata e una rosa per lei che se la teneva sopra la tavola della cucina.
La signora Anastasi una volta mi disse che laveva vista entrare nella casa di una fattucchiera ma io lo sapevo che non ce nè magie per queste cose.
Ieri poi cominciai a capire tannicchia.
Vinni un camion che si portò tutti i suoi mobili. Lei diriggeva tutti loperai e ogni tanto arrireva a un carusiddu che che se ne stava fermo senza fare niente.
Era così bello che pareva una statua di mammuru e forse per questo la signora Agnello ogni tanto quando ci sembrava che nessuno la taliava ciallisciava i causi.
Per vedere se era vivo.

20/12/07

Il nulla


Quest'alba negata
al sole che avanza su crine di mare
ai brandelli di sogni celati
sfuggiti
agli anfratti di bisogni e illusioni
cattura.
Null'altro che nulla qui sulle mani.
Repente l'odio che sale.
Poi di nuovo brandeggia la notte
m'inghiotte
scompare.

23 Dicembre 1999


Fonte immagine : Adolfo Gutiérrez

19/12/07

17/12/07

Tapallara - 17 -

Da qualche tempo cera quaccuno che aveva accuminciato a scassarici la minchia.
Non è che Vincenzo era uno facile a scantarisi. No. Questo no. Però ci dava fastidio questa cosa lo stesso.
Allinizio quando ancora non senera accorto celaveva confidato un suo amico giudice che dentro alla polizia cera chi sera fissato con lui. E in effetti dopo quella discussione Vincenzo accuminciau a giurare che quaccuno lo seguiva quando nisceva da casa sua. Era strana questa impressione.
Per non fare la parte del fissa ammuccalapuni lui ci vosi spiari anche agli altri amici che ciaveva al tribunale se era solo una fisima sua oppure no. Un poco però ciarristau lo stesso sorpreso quando loro ci rissuno che era vero. Che cera gente uno in particolare che voleva sapere cose sopra a iddu e faceva domande a tutti.
I primi tempi comunque si fice due risate lo stesso per questa impertinenza.
"Su proprio pacchiuttazzi se pensano che li porto da qualche parte" pensò e nello stesso momento promise a se stesso di non metterci più testa. Però non riuscì a dimenticarla completamente questa cosa anche pecchè la rottura di coglioni continuò per un bel pezzo e qualche notizia addirittura arrivò supra alla carta do pisci. Ai giornalisti insomma.
Di questi però non cera di che scantarisi. Erano tutti amici suoi e fidati anche. Quaccuno di loro doveva a lui quel lavoro e non se lo poteva dimenticare. Per non parlare poi del padrone dellunico giornale della città. Mischino. Ancora lo ringraziava e se lo ricordava bene quello di quanto Vincenzo ciaveva fatto avere i soddi giusti per alcuni debiti di gioco che si era fatto e che doveva a certe persone tannicchia incazzuse.
Non tutti quelli che scrivevano però si vutavunu a taliari il panorama. Un pugno di carusazzi comunisti serano messi a fare caciara in quellultimi tempi. Sopra alle pagine che stampavano cerano nomi e cognomi. E cosi inventate che parevano vere. E cose vere che parevano inventate.
Di sicuro qualche scemenza su di lui ce laveva passata quello sbirro. Quel pezzo di merda.
Per fare sgrusciu e vedere cosa succedeva. Per questo ora Vincenzo doveva stare più attento. Non poteva più parrari tranquillamente al telefono o ricevere a so casa chi cazzu vuleva. Nemmeno quando sinnieva a buttane ci davano pace quei motti di fame. Lui li vedeva che trasevano nella stessa vanedda e così sammusciava anche la vogghia.
"U carvuni se non tinge mascaria". A questo pensava Vincenzo e la cosa più preoccupante era che nello stesso momento che allocchi e allorecchie della gente arrivava la notizia che quaccuno poteva toccarlo aumentava il rischio che chi ci doveva favori incominciasse a scantarisi oppure provasse a fare il masculo.

"Pronto"
"Pronto... sono io..."
"Lo sai che ti chiamiamo noi. Soprattutto ora"
"Il telefono non è mio e funziona bene... e macari iu stassi bonu senza tutti sti muschitti vicino alla mia faccia"
"... uhm... e allora perché non te ne liberi?"
"Già. E' che non mi vulissi rari manati na facci"
"Vabbene và. Facciamo così. Dicci a Tano di passare a ritirare la bomboletta sprai che così ti viene un lavoro pulito"
"Cu stu cauru è quello che ci vuole..."
"Ti saluto"
"A presto"

Era una sira frisca per essere già luglio. Il poliziotto si stava ritirando a piedi alla centrale. Quello era lultimo giorno prima delle ferie e lui aveva già prenotato il posto al campeggio. Lo stesso dove andava ogni anno. Quello con la piscina e le rocce e la sala da ballo.
Ci sarebbe piaciuto cambiare per una volta. Partire. Magari da solo o ancora meglio con Ninuzza. Già. Era proprio bedda a mugghieri di Don Vincenzo. E duci macari. E anche se non era servito a niente starici dietro lui dopo un po' sera voluto inventare una scusa in ufficio per continuare a vederla. Ciaveva detto al giudice che forse cera la possibilità che lei collaborasse alle indagini e
quello ciaveva dato lo stabbene. Ci pensava spesso addà fimmina. Se non fosse stato che era in servizio... se si fossero incontrati solo per caso.
Il direttore del campeggio al telefono ciaveva ripetuto più di una volta che questanno cerano centomilalire chiossai da pagare pecchè era arrivata una nuova tassa. Ma lui aveva preso lo stesso il posto per la rulotte che allora chi li sentiva a sò mugghieri e ai suoi figghi. Dio cinni scansi e liberi. Appena arrivato pigghiau le chiavi per aprire il portone di casa.
"Voddiri che qualche sera rinunciamo alla pizza" pensò e mentre pensava a questa cosa nello stesso momento sarrustiu.

15/12/07

[Didascalie] Odilon Redon


Ritratto del figlio Ari (1897)
Chicago, Art Institute

Il ritratto eseguito da Redon sembra recuperare tutta la tematica della purezza dell'infanzia.
I magnifici colori della Natura, dea vivente, che avvolgono il fanciullo, pongono ancor più in risalto il di lui viso e nel totale distacco di questo volto, apparentemente chiuso alla stessa forza indagatrice del padre\pittore, possiamo rintracciare la sostanza dei miti; gli stessi che Redon, nelle loro forme più classiche, cercherà nella sua produzione successiva.
C'è in quest'opera un’armonia, fra il mondo sensibile ed il mondo spirituale, che per assonanza espressiva potrebbe essere accostabile a quella scritta del fanciullino pascoliano.
Facilmente allora potremmo intessere un gioco di rimandi, a volte palesi altre celati, tra tardo romanticismo e cattolicesimo, tra simbolismo e decadentismo, su cui far emergere una rappresentazione dell'infanzia debitrice di antichi temi ed immagini.

13/12/07

Tapallara - 16 -

La prima vota che era entrata al liceo a Carmela ci passi di fare festa e di essere libbera e ranni finalmente. Ma poi quei cinque anni furono come se non volessero scurare mai. Anche se si era divertita. Anche se aveva imparato tante cose e baciato e ballato anche.
Il fatto è che la sua testa era a pattiri. Per lunivessità. E già ne aveva parlato con i genitori di questa cosa che loro le avevano detto di sì. "Però sturia prima!" avevano aggiunto tuttedue che sembrava quasi che serano parlati o messi daccordo addirittura.
Lei celaveva messa tutta la volontà in questa cosa e i risultati per fottuna erano arrivati. Così tutta contenta la signorina sera potuta preparare le valigie.
Non laveva più scelta medicina però. Oramai tutte le bambole erano sfasciate e lei era diventata grande. Pissicologgia aveva scelto. Che pensava che le teste forse ancora quelle quacchecosa si poteva fare.

Ora da quando era arrivata nella sua nuova città ogni giorno continuava a scriverci a Ninuzza piccuntarici tutto come quando era nica. E soprattutto allinizio di cose che non conosceva e scopriva cenerano tante in quel posto cheppoi invece nelle cose niche tutti i posti sono uguali. Lei scriveva e sua madre nella lettera dopo o quando ci acchianava la curiosità spiava di altri particolari o ci diceva la sua anche e qualche vota loro due la pensavano nello stesso modo e qualche altra invece era come se parravano di cose diverse.
Certo ora Carmela non era più precisa come apprima. Non è che lei ci diceva tuttu tuttu. Quaccosa per forza scappava. Per esempio lo sapeva che Ninuzza lavrebbe inchiuta di raccomandazioni e sarebbe arrivata a chiederle di tornare a casa se ciavesse scritto che ora abitava insieme con un uomo.

Palmiro si chiamava il masculo di Carmela.
Il padre di lui era stato a tempo di guerra in mezzo ai russi e ancora lo ripeteva a tutti di quello che aveva visto e del comunismo e dei pattiggiani e degli italiani che erano stati traditi dallamericani e dalla chiesa. E non si stava muto neanche mentre accompagnava il figghio al cimitero. E parlando non ce la finiva di chiamarlo come se fosse ancora vivo. So figghiu. Lunico che ciaveva e che era morto di un mali tintu mentre lui vecchio ancora campava.

Carmela e Palmiro serano incontrati che era mattina e già cera la facoltà china di studenti che facevano festa. Però lui era arrivato solo pecchè la fabbrica era chiusa per la manifestazione e lì celavevano portato i suoi amici.
Palmiro travagghiava. Noncinnaveva tempo per fare la rivoluzione per tutti. Già ciaveva provato suo padre in questo gioco. A lui ci bastava la sua di liberazione anche se non lo sapeva ancora cosa sarebbe stata. E così per ora ogni giorno pigghiava con il muletto i bidoni di cento litri dalla fabbrica che laveva assunto e poi li caricava sopra il camion che ciavevano dato. Quando il camion era bello chino li portava in un deposito in mezzo alle campagne. Vicino al ciume. Due. Tre viaggi per ogni turno. Anche di notte se era necessario che cera stato tanto lavoro. Un suo amico della fabbrica ciaveva detto che era pericoloso lasciare allaperto quella munnizza ma a lui noncinnera mai fottuto assai di sapere pecchè e la stissa persona comunque ciaveva anche fatto sapere che per lui noncinneruno rischi. Bastava fare attenzione.
Palmiro era contento di quel travagghio. La paga era buona e lui in fondo non era costretto come agli altri a restare chiuso tutta la giornata dentro lo stabilimento per fare passare la vita.

Era stata lei che sera avvicinata. Lo taliava da un pezzo. Non laveva mai visto in quel posto e quel ragazzo ciaveva la faccia simpatica.
In effetti non si sbagghiava la carusa. Palmiro era veramente uno che pareva appena uscito mezzo imbriaco e felice dalla putia e così mentre lui per farsi bello babbiava lei aveva cominciato a ridere e non si era più fermata.
Laveva invitato quella sera stessa in un locale vicino alla facoltà per continuare la discussione ma quando dopo lui laveva seguita fino a sotto casa Carmela non ciaveva resistito a dirci di no e laveva fatto salire. Da quel giorno lei non ciaveva proprio più pensato a cacciarlo fuori e neanche lui del resto aveva trovato motivi buoni per andarsene da quel posto.

"Fatti baciare". Palmiro chiuse locchi. Non poteva dire di no. Era quacche giorno però che si sentiva sempre stanco. Ancora non ciaveva telefonato alla ditta ma pensava che se continuava accussì finiva che se li prendeva veramente le ferie che ciaveva arretrate. Quelle che voleva conservare per la nascita di sua figghia.
Carmela non parlava più. Continuava a baciarlo come fa un ciatu daria a primavera. "Sei bellissima" pensò Palmiro "Anzi no. Tu sei la mia liberazione".
Sorrise a fare questi pensieri ma non ce le disse però a lei queste cose. Senza nemmeno sapere pecchè. Che non cè mai un pecchè importante.
Avevano appena finito di fare lamore ma quella donna anche se si iniziava a vedere la panza non sembrava mai sazia o forse era proprio vero che lui stava male.
Ora sentiva la lingua di lei che punziddiava quel mascarato che non voleva più crescere. Si alzò un poco per sistemarsi meglio sopra il letto quando un filo di luce che vineva dalla finestra ci illuminò la faccia e ci fece rapiri locchi. Li chiuse in fretta senza pensare più a niente. Pareva che finalmente cera tornata la vogghia di travagghiari a quello sfaticato di sotto e Carmela se lo teneva al calduccio muovendo la testa lenta lenta.
Allimprovviso Palmiro sintiu un calore fortissimo.
Non si ricordò più niente di quello che era successo in quel momento ma quannu sarrusbigghiau era già o spitali.

11/12/07

Quale festa?

La Campagna di denatalizzazione lanciata da Petarda mi ha fatto venire in mente una vecchia mia "ricerca" che, rivista e ridotta, invio :-)
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Sin dall'antichità le festività invernali erano contraddistinte dal rovesciamento dei ruoli e dalla distribuzione di doni.
Un chiaro esempio di ciò è costituito dall'antica festa romana dei Saturnalia.
Durante questa festività dicembrina agli schiavi ed ai servi venivano donate delle statuette di cera o di pasta: le sigilla.
Questi riti probabilmente (lo testimonierebbero appunto le sigilla) erano legati al culto dei defunti, e proprio per catturare la benevolenza di quelle anime si offrivano loro dei doni. Le vergini, gli schiavi, i bambini impersonavano, in questi momenti, l'alterità rappresentata dai defunti; coloro ai quali fare doni, coloro che era necessario pacificare.
In epoca cristiana il periodo del solstizio invernale venne a coincidere con una serie di festività che dal 6 Dicembre (giorno della festa di San -Nicola) proseguivano fino al 6 Gennaio (Epifania).
Tali feste avevano il loro momento culminante, oltre che nel Natale, anche nella festa dei santi
innocenti del 28 Dicembre (commemorazione dei bambini sterminati da Erode).
Esiste, dunque, una rappresentazione del Natale comune alle culture storiche e letterarie degli abitanti del mondo occidentale e due sembrano i cardini fisici attorno a cui ruota tale rappresentazione: i bambini ed i doni. Questi due elementi sono da sempre legati alle festività invernali e proprio ciò sembra aver permesso la piena trasformazione consumista della festa senza che vi fossero eccessive proteste o tentativi moralizzatori.
Su di un nucleo centrale ben radicato e presente in tutti i paesi europei, il tema del Fanciullo Divino, sembrano essersi avviluppate tradizioni remote (i doni propiziatori a favore dei defunti) e meno antiche (i doni portati dai Re Magi o quelli notturni di San Nicola accompagnato da Ruprecht).
In tal modo la rappresentazione sociale della festività Natalizia è potuta crescere ed evolversi integrando l'evocata carica emotiva pubblica (la magia delle funzioni religiose natalizie ed i messaggi dalle stesse veicolati) e privata ( i sentimenti "narrati" nella gran parte dei ricordi familiari sono ovunque simili ) con la finalizzazione commerciale della stessa festa (l'obbligatorietà dei doni; gli alimenti della festa; le decorazioni della casa e della tavola; etc.) oggi realizzata.


10/12/07

Interdipendenza


In questi sogni che muoiono
sopravvive il bisogno di una
O
da colorare,
di un amore qualunque, rubato, inventato,
andato a male.

No, non c'è paura, no,
e neanche importa il non poter respirare.

Forse accettazione allora,
se penso a quando, lento,
sugli scogli del tempo s'inerpica
l'altrui ragionevole sale
e non si può fermare.

16 Marzo 2003


Fonte immagine : Blanca

09/12/07

08/12/07

07/12/07

Tapallara - 15 -

Ninuzza se lo ricordava ancora quando era capitato il giorno preciso che per la prima vota si erano salutati. Era di Settembre. Il quindici.
A lui lo vedeva sempre alla fermata dellautobussu che lei pigghiava per tornare a casa quando sinnieva alla biblioteca. Pareva che ciavevano appuntamento. Come se ogni vota lui era lì per aspettarla.
Nellultimi tempi capitava che non si portava sempre la picciridda dietro pecchè lei ciaveva i compiti da fare o si siddiava a nesciri e voleva stare a casa. Si capisce. Ora era una ranni che faceva il liceo e già qualche masculiddu ci passiava davanti alla porta. Non poteva seguirla sempre.
A Ninuzza però ci dispiaceva lo stesso assai di non avere la compagnia della figghia e si preoccupava anche del fatto che la nicuzza restava sola. Dalla morte di Mena non ciaveva più nessuno della famigghia e anche se qualche vota ci chiedeva il favore a Agata di darici un occhiata alla creatura non lo poteva fare sempre. Un po' comunque anche a questa novità sera abituata e poi le sue uscite erano velociveloci che non ci stava mai più di due ore a iri e tunnari.
Ma veniamo a noi. Dicevo che i due si incontravano alla fermata dellautobusso.
Non è che si notava assai quel masculu. In genere leggeva. Un giornale. Un libro. Un pezzo di carta. A lei mentre lo guardava di nascosto cera piaciuto immagginare che doveva essere quacche professore delluniversità. Ma non è che allinizio cimportava assai di sapere se era vero e del resto lui poi quando si parranu non ce lo disse mai se aveva indovinato.
Passau parecchio tempo però prima di scangiarisi qualche frase. Loccasione capitò pecchè Ninuzza non lo vide più per qualche mese e così quando chistu tornò a lei ci venne spontaneo di farici un sorriso e di salutarlo. Lui ci rispose con cortesia e così a picca a picca pigghianu a parrari. Erano frasi niche. Niente di particolare. Manco il loro nome si dissero. Lei quando ce lo aveva cuntato a Agata questo segreto diceva che per loro era come nei fotoromanzi che tante cose non ci entrano nei fumetti vicino alle fotografie. Però un po' a essere sinceri pareva quasi che quei due si scantavano a fare sentire la loro voce. Si taliavano soprattutto. Per tutto il tempo della strada. E tutto intorno era come in certe foto che cianno la nebbia fatta apposta e si vede chiaro e pulito solo quello che cè al centro dellimmaggine.
Agata a sentire questi racconti ci diceva che era arrivato il momento di finirla di sognare. Però poi non ciarrinisceva a insistere con lamica per questa cosa.
Oramai laveva imparato che era fatta accussì e quando Ninuzza parlava lei si limitava quasi sempre ad ascoltarla annaculiando solo la testa per farci capire come la pensava. La faceva sempre anche con me questa cosa che lo sapeva che mi dava fastidio e che avrei preferito litigare invece di suppurtari quella cannirola.
Comunque lassannu perdere queste cose che sono private secondo me Ninuzza lo sapeva che Agata in fondo ciaveva raggione. E tante volte lei stessa ci cuntau a idda che ciaveva pensato a chiedere a quelluomo di venirla a trovare a casa sua. Per scambiare qualche parola in più. Per prendersi un caffè. Ogni vota che ce lo stava per dire però arrivava la fermata. Quella prima della sua. E lui scendeva.
E lei pensava che la prossima vota. Sì la prossima vota.
Poi quelluomo sparì di nuovo. Era allinizio di Luglio. E passò un anno. E un anno ancora senza vedersi. E non capitò chiù.

06/12/07

Sul fare finta



Eravamo da poche settimane in campagna.
Sul retro della vecchia casa colonica dei fili, tenuti su da nodosi e robusti pali di legno, ci aiutavano a tenere il passo alla voglia di inzaccherarsi dei bimbi. Una lotta continua! Quel giorno, complice un mattutino acquazzone, potevamo dire di aver vinto: i fili erano vuoti, a parte le mollette di legno ad essi attaccate.
Solo nel tardo pomeriggio Giulio uscì da casa. L'aria, già molto calda nelle ore precedenti, si era un po' rinfrescata. Io lo osservavo, col volto soddisfatto e attento del buon padre di famiglia, dalla finestra al primo piano che dava sul noceto.
Si avvicinò allo spartano stenditoio e credetti, dapprima, che volesse divellerne uno dei sostegni ma, evidentemente, ciò non era nelle sue forze, o nelle sue voglie, poiché presto parve rinunciarvi. Quindi la sua attenzione fu attirata dalle mollette.
Ne staccò quattro montandole a croce, poi vidi la sua opera volare.
Poco dopo si avvicinò la sorellina, trattenuta fino a quel momento in casa da una fiabesca conserva di frutta. La piccola guardò il lavoro del suo modello estivo preferito e subito tentò, per pronta emulazione, di afferrare quelle mollette così magiche. Non riuscendo nel suo intento chiese al fratello di aiutarla.
Giulio le offrì temporaneamente il proprio velivolo poi, costruitone uno nuovo, si accinse a tornare a giocare. La bimba, però, con gesto veloce aveva già distrutto, in leale combattimento, il primo aeroplano. Lo stesso che brevemente, aiutato dalla sua mano sinistra, aveva volteggiato nell'aria. Il fratello rise, poi, rimontati velocemente i pezzi necessari, partì per un nuovo giro di perlustrazione.
Un piccolo laghetto, una pozza, attendeva gli stessi oggetti che, in quel momento, il leggero vento della fantasia aveva trasformato in barche e che solo a fine giornata ci avrebbero nuovamente aiutato a smaltire il duro lavoro della nostra lavabiancheria.

Fonte immagine : Kandi blog

05/12/07

[Didascalie] Pablo Picasso -2-

Paolo in costume d'Arlecchino (1924)
Proprietà eredi

Negli anni successivi al 1920 molti artisti europei si muovono verso una riorganizzazione dei risultati della travolgente esperienza d'anteguerra.
Lo stesso Picasso, in quegli anni, unisce alle ricerche cubiste quelle figurative e la simbologia delle sue opere pare assumere contorni privati.
Scomparso lo sfondo psicologico su cui reggere la scena, scomparsi i riferimenti sociali su cui evidenziare i ruoli, rimane il fanciullo\attore. Rimangono, compiuti nell'incompiuto, il suo viso e la sua maschera.

04/12/07

[Didascalie] Pablo Picasso -1-

Poveri in riva al mare (1903)
Barcellona, Museo Picasso

Questo quadro è una delle opere maggiori del periodo blu picassiano.
Il ragazzo dipinto sulla tela appare essere l'unico, nel "Trittico Sacro", capace di esprimere, di fronte alla chiusa rassegnazione dei due adulti, quella forza ideale necessaria all'avveramento del sogno.
Successivamente l'arrivo traumatico e luttuoso della Prima Guerra Mondiale e lo scemare, nel totalitarismo, del progetto bolscevico cancellerà le sovrastrutture di cui era stata caricata dall'autore l'infanzia: l'incanto religioso\onirico e l'utopia palingenetica.



Fonte immagine : http://dinamico.unibg.it

01/12/07

30/11/07

(oral vs anal) Chloe Des Lysses

Un telo di pessimo gusto a ricoprire il divano. Cuscini su cui poggiare, forse comodamente, la testa. Quasi casualmente uno di essi è posto accanto al volto di Chloe . Reca impresso il simbolo della saggezza del Tao.
Poi il suo volto. Un volto in attesa, paziente, colmo d'assenza e d'armonia. Nessun segno di sofferenza su di esso, su tutto il corpo.
Gli occhi sicuri attendono che tutto sia finito, sembrano scrutarti curiosi. A poco a poco, ci si accorge che sono essi a reclamare da te ogni attenzione, ogni fremito. Solo allora si dilegua l'apparente centralità della sodomia raffigurata, dell'uomo ritratto non resta nulla, forse solo l'evidente disequilibrio, e sui quei muscoli, su quelle mani che aiutano l'obiettivo a fissare un presunto possesso, lo sguardo passa distratto.
C'è solo Chloe: il suo rilassato, impalpabile, sfidarti.

(oral vs anal) Heather Brooke

Sono qui da ore a guardare Heather e penso che lei
potrebbe pure sconfiggere Chloe cioè non è che lei
è più bella ma il fatto è che io non ho mai visto lei
in un filmato e ho sempre solo immaginato che lei
insomma doveva essere brava come nelle foto lei
però più con il culo perché in quelle i pompini lei
non li fa mai e poi quella bionda la Heather dico lei
secondo me è proprio insuperabile per come a lei
riesca ad entrare tutto in gola anche con i dildo lei
li fa sparire che fa impressione insomma come lei
c'era Linda ma ero piccolo e non ho visto il film lei
con l'uomo quello dal cazzo enorme erano bravi e lei
è diventata famosa per questo ma in fondo Chloe lei
mi da più soddisfazione e io riesco a sognare con lei.

28/11/07

Il baule


Io ciò tante cose messe dentro al baule che nemmeno lo apro più che tanto lo so che non ci entrerebbe niente. Allora certe volte lo guardo e penso a quello che ci potrei trovare. Secondo i miei ricordi. Per quello che non vedo.
Di sicuro ci sarà la foto dei nonni. Quella grande con la cornice che sembrava di legno e che poi una volta è caduta e abbiamo scoperto che era gesso invece. Fatto bene però che mai nessuno senera accorto.
In quella foto lui era vistuto da militare e lei era davanti a lui assittata tutta seria. Strano! Io me la ricordo sempre additta che ci prepara da mangiare e poi aspetta appoggiata alla credenza un poco più lontano mentre lui svuota il piatto. E lo guarda mia nonna quel suo uomo. E sorride contenta se mangia che poi dopo prepara anche per i figghi e per noi.
Forse cè anche il libro delle battaglie lì dentro. Quello con la copertina rossa del fascismo e le cose di guerra del popolo italiano che ci stanno nei quadri. E gli Orazi e Barletta e Adua e tutte quelle donne un poco a nura che io me le sognavo qualche volta anche se non dovevo.
Credo che ci ho messo anche il vecchio macinino del caffè nel baule.
"Fatti rari tannicchia di cafè do Zu Turi!"
E io partivo tutto contento che finalmente uscivo. Ero grande. E di sicuro sarebbe arrivata qualche avventura.
Il baule lo guardo qualche volta. Certe volte arrivo ad accarezzarlo anche. Ma tanto non ci entrerebbe più niente.


Fonte immagine: http://lubna.altervista.org

27/11/07

Papaleo style (Il signor Aiello)

Mr. Aiello was not many years old. I remember he. He has driven the Vespa of his brother and he has destroyed it muramura with his zita (the daughter of american woman) too.
Each of us has desired inficcarcela to the carusidda. Vincent has told that the girl was easy. It was easy sex with her how stirarici the neck to the hen.
Aiello now had done the dollars. He greets me still when he meets me.
He tells: "Totò! You are a face of minchia". He jokes.
I this morning have seen his body out in road as an open hamburger. I have spit to it. I have returned to sleep after. The police was about to arrive and I have not wanted questions.


Autocitazione :-) : Il signor Aiello

25/11/07

Tapallara - 14 -

Ora dopo tanto parlare di Vincenzo vi vorrei cuntare un po' megghiu di Carmela. Sua figghia.
Per farlo forse però mabbisognerebbe tornare a essere assai chiù nicu. Che a noi ci sembra sempre di capirlo quello che sti picciriddi cianno nella testa ma in realtà secunnu mia non ne sappiamo niente e nemmeno ciarriniscemo a ricordarcelo quello che vedevamo noi e quello che sognavamo macari. Insomma per fare bene avissaffari come se fossi stato io il suo angelo custode. Quello a cui lei diceva tutto.
Mah! Comunque! Basta con queste chiacchiere vah! Accuminciamo. Che annunca il piatto si fridda.

Carmela oggi ha dieci anni e sincominciano a vedere le minne e lei celo dice a suo padre che ciaccarezza i capelli lisci e lunghi e ride di quella innocenza.
Carmela non lo vuole sapere pecchè papà non ci sta nella stessa casa con lei e nemmeno pecchè lui non ci parla con la mamma. E' ancora nica. Ce lo dicono sempre quelli grandi. Che per ora non può capire. Che poi verrà il tempo e ci spiegheranno ogni cosa.
Anche le sue amiche lo sanno che Carmela è figghia di separati e quando litigano con lei come fanno i bambini a quelletà sono veloci a usarla questa parola. Si sono accorte che lei ci soffre a sentirselo ripetere e chianci quando succede e ce lo dice alla suora.
Le sue compagne pensano che non è giusto che ogni vota la monaca cunotta solo a lei e ci da ragione. Come se Carmela fosse una santa e forse proprio per questo loro tornano a ripetercela quella cosa. Per vendetta.
Secondo me comunque anche loro... non è che sono tinte. E' che non lo capiscono bene che cosa vuole dire quel discorso che non ce ne sono assai di mamme che vivono da sole. Loro sanno solo che a quella bimba ci fa male pinsarici e accussì se ne servono per giocare.
A volte per questo Carmela sarritira tutta triste dalla scuola e allora se cè una bella giornata si mette subito a camminare nel giardino. Lì ciavi tutti i posti dove lei pensa che nessuno può trovarla pecchè anche se la cercano si tira il ciato e non si muove neanche se una musca viene a darle fastidio.
Comunque nonostante queste cose ha tutti buoni voti la nicuzza. Anzi è proprio brava. La suora cià detto alla mamma che quella picciridda ha il dono della scrittura. E scrivere ci piace proprio a Carmela.
Lei lo fa sopra a tanti foglietti azzurrini che una vota cià regalato suo padre. Inizia con la data come si fa a scuola e poi ci scrive tutta ordinata le cose importanti che succedono così come ce le racconta alla mamma ogni giorno.
Quando uno di quei fogli è tutto chino dinchiostro lo mette in una borsa vecchia che ha trovato conservata sopra allarmadio un giorno che era rimasta sola.
Fu accussì che successe: la mamma era uscita e lei aveva iniziato a fare lesploratrice dentro la casa vuota. Cercando cercando sera messa con la seggia di fronte allarmadio per guardarsi bene allo specchio e lì alzando gli occhi prima di scinniri laveva vista. Quando era ritornata Antonia con il gelato Carmela aveva nascosto quel tesoro senza dirci niente. Forse però selera solo dimenticato a chiederci il permesso pecchè sera trovata a mangiare tutta contenta quella delizia. Era al limone il gelato. Tuttu iancu e asprignu che accusì buono lo sapeva fare solo il gelataro che passa ogni pomeriggio allangolo della via dove abita lei. Già. Forse proprio per questo sera dimenticata della borsa.
Là dentro ci sono anche le sue poesie e le foto. Quelle che ci piaciunu chiossai. E i segreti macari. Per questo ora la tiene ammucciata in un posto segretissimo che nessuno la deve scoprire.
Da oggi appoi non ciavrà più bisogno della carta azzurra pecchè la monaca per il suo compleanno cià regalato un quaderno grossogrosso e tutto profumato e cià scritto una cosa anche nella prima pagina:

"Voglio darti questo. Sarei felice se tu iniziassi a scrivere qui ogni tuo pensiero. Vedi... vorrei che questo quaderno riuscisse a seguirti, ad accompagnarti. Come se, per sempre, io fossi al tuo fianco. Fino al giorno in cui S. Giuseppe non deciderà di farti incontrare un bravo marito. E poi ancora, fino al momento in cui la Madonna non ti concederà la gioia della maternità. Fino a quando, un anno lontano, il nostro buon signore Gesù non ti chiamerà con sé nel suo gregge celeste"

Cetto la bimba lo sa che quella ci vuole bene e anche lei cinnivoli ma Carmela non glielà detto lo stesso che da grande non si voli maritari e che vuole fare la dottoressa che cura i bambini. Chinnipò capire una vestita di niuru di quello che sogna una picciridda?
Intanto lei sallena con le sue bambole. E le veste e le spogghia e ci fa le punture e ci da i medicinali dopo le operazioni che si inventa ogni giorno.
Cenà tante di bambole. Tutte quelle che ci ha regalato suo padre da quando lei ci ha detto che Alfio gliene ha portato una bellissima. E anche la mamma spesso ci gioca con lei e la guarda e ride e ripete che cià la casa piena e non sa più dove metterle tutte queste pupe.

Oggi è il suo compleanno. E vinni so o pà a pigghiarla che celaveva promesso. E ci saranno due torte anche. E baci.

23/11/07

22/11/07

[Bloggando] Aldo Nove e Nanni Balestrini

giovedì 22 novembre 07
alle ore 20.30


iSCRIPTA:

LETTURA SCENICA di GLI INVISIBILI di NANNI BALESTRINI


voci Nanni Balestrini Sergio Bianchi

percussioni Gianluca Ruggeri

La lettura scenica sarà preceduta da un dialogo tra Aldo Nove e Nanni Balestrini

Ingresso libero

Informazioni +39 02 8323156

TEATRO i

Via Gaudenzio Ferrari, 11

20123 Milano

Va eseguito in pubblico questo romanzo epico, la cui intensa tragicità è veicolata da una scrittura orale, corale.” Niva Lorenzini

L’invisibilità è la condizione toccata ai giovani protagonisti della grande fiammata di rivolta sociale che negli anni '70 invadeva le città. Giovani travolti poi dalla reazione al terrorismo, spazzati via dalla scena pubblica e politica, rimossi dalla memoria collettiva della società, frantumati e dissolti in vicende individuali spesso tragiche.
Raccontata tutta d’un fiato, la spirale vertiginosa in cui si consuma e si distrugge l’esperienza di una generazione, attraverso un linguaggio immediato e incalzante, articolato su una struttura ritmica e un montaggio visivo agilissimi, ripercorre e interroga una zona del nostro passato ancora recente e bruciante, rende visibile una realtà storica, politica e umana sommersa ma non cancellata.

Pubblicato nel 1987, Gli invisibili è attualmente disponibile nelle edizioni DeriveApprodi insieme alle altre opere di Nanni Balestrini: Vogliamo tutto, L'editore, I furiosi,La violenza illustrata, Blackout, Parma 1922, Con gli occhi del linguaggio, Milleuna, Tristano.

Fonte notizia e testo: aspettando godot

20/11/07

Ignazia Aragonese

Il suo primo figghio cera nato che lei ciaveva tredici anni.
Nel palazzo nessuno senera accorto di quella panza che unchiava. E non era facili sapiri del resto pecchè la carusidda nisceva poco dalla sua casa e sempre con la famigghia che mancu nella scuola andava.
Questi fatti però il giudice di sicuro non li conosceva. Pecciò ci livau la creatura. Pecché vide che lei non capiva nenti di quello che ci dicevano gli altri e la sua famigghia non ciaveva soldi per mangiare. E così la fece partorire e poi la rimandò di nuovo a casa.
Io non dico che fece male fatto sta però che dopo due anni e tannicchia di confusione che si sentiva ogni tanto arreri alla sua porta ce ne spuntò unaltro di picciriddu. Macari questo ce lavevano levato e per evitare altre cause e travagghi al tribunale decisero di metterla in un posto tranquillo con i pazzi e le monache.
Era da pochi giorni che era tornata e sera fatta ancora più bedda. La vedevo ogni tanto al balcone.
Cantava ora.
Stava ferma assittata con le mani a camuriarisi la faccia e dalla bocca le usciva una voce dangelo. Cantava tutto il giorno la stessa canzone. Forse laveva imparata in quella casa. Io non ci capivo nenti pecchè era una canzone degli inglisi però mi piaceva sentirla mentre ripeteva quella musica. Mi ricordo solo una parola di quello che diceva. Assomigliava a qualche cosa tipo "Immaggina" ma non sono sicuro che era questa.
La polizia dice che è stato un incidente. Io nel muro vicino a dove è caduta ciò messo un cartoncino per ricordarla:
Ignazia Aragonese 1981-2000.



Scarica il testo della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia (78 KB)


19/11/07

"Deh -poema sentimentale della ziasuora-" di Bartelio



cara ziasuora che vivi a torino
in un convento pieno di mistero
sposata con gesù da sessant'anni
(mia mamma dice, scuotendo leggermente la testa
come fa sempre quando la persona di cui parla
ha raggiunto la soglia di età,
mia mamma dice "ah, ha perso, eh, ha perso")
mi avvicinerò a te, però piano.

ricordo il tuo vestito blu liso,
ti immagino com'eri,
piccola ossuta con il velo sulla testa e vorrei dirti
ziasuora, ma tu li hai i capelli sotto al velo?
tanto tempo fa lessi di una suora
che si era ritrovata, chissà come chissà dove,
nel mezzo di un parapiglia, un cataclisma,
un'invasione di campo, chissà, e disse
"vede ho avuto paura soprattutto che mi strappassero il velo"
da allora mi sono sempre chiesto,
ma le suore hanno i capelli?
è peccato mortale se una suora fa vedere i capelli?
gesù si offende se sua moglie ha i ricci
sfiorati dall'aria e bagnati dalla pioggia?

non so nemmeno se questa sia una domanda di attualità
può essere benissimo che se ne sia già parlato
che persino il Vescovo abbia detto cose a riguardo
e mi siano sfuggite, mi possono essere sfuggite,
del resto sai non guardo molto la televisione,
"no certo" dirai "deh, la televisione è il diavolo"
dirai "deh" come dicevi sempre

ricordo che quand'ero piccino tu venivi dai miei
fuggendo da quel convento di torino e dicevi "deh"
dicevi deh ogni tre parole ma non come i poeti,
avevi i denti un po' larghi davanti,
come i bambini che hanno tanto spazio tra una paletta e l'altra,
tu eri così, avevi il velo, lo spazio e dicevi deh
e una camiciola bianca e le scarpe mocassine come da uomo,
le calze collant color carne,
eri fragile, credo sarebbe bastato solo un refolo,
un colpo di australe appena accennato
per farti volare nel cielo come una Mary Poppins fosforescente,
vagare sopra i tetti e le miserie del mondo
distribuire deh e amore e rosari a tutti quanti.

con curiosità stamattina verrò vicino a te che ti sarai piegata
perché le persone della tua età sì perdono e si piegano
e forse avrai ancora le mocassine e gli occhialini dorati
e non parlerai in dialetto, tu che hai vissuto a torino
e hai studiato da suora non parlerai il dialetto,
mentre tua sorella sì,
tua sorella che festeggia sessant'anni di matrimonio
con un uomo alto capelli neri magro che non assomiglia a gesù,
che sa far tutto e che dopo l'otto di settembre
scappò a casa e si salvò dai rastrellamenti di tedeschi e fascisti
vestendosi da donna
l'uomo che una volta mi liberò dalle paure
e aprì la porta di casa mia
non so come fece, doveva avere delle chiavi di aria e di luce
che liberavano
io chiudevo tutte le porte di casa e poi mi perdevo
sai, insomma quelle cose di adolescenti e poi mi dimenticavo
uscivo e le porte restavano chiuse
lui venne e le aprì
il cognato di gesù

ziasuora, sai, ho pensato durante tutta la settimana
che se Gesù vuole può allontanarmi il calice di quest'incontro
ho pensato che era amaro,
lo devo bere tutto fino in fondo?
se fingo un malore, mi ammalo di nostalgia,
oh ziasuora tu che dici?
oh gesùmio deh ho pensato
se sopravvivo prometto di santificare le feste
e non gettare più i cotton fioc nel water

però poi non devo aver paura ziasuora
ho pensato non devo avere paura
mi avvicinerò piano e dirò ciao sono tuo nipote,
anche se non è vero
perché tu sei la zia di mia mamma
ma per semplificare dirò così
ziasuora ciao ti ricordi di me, sono tuo nipote
vittorio? chiederai,
no ziasuora non sono vittorio
e tu dirai vittorio quanto sei alto
diventi sempre più grande deh
in realtà non sono vittorio, penserò
e poi vittorio non è il più alto dei miei cugini
finirà che ti dirò di sì, ziasuora
non ha importanza, sono vittorio se lo vuoi
chiamami pure vittorio, lo dirò dentro di me
e mi chiederò diamine ma ho quarant'anni
a quarant'anni ziasuora non si cresce più
te lo hanno mai detto o forse è possibile
un ultimo spicchio di sviluppo a quest'età
può essere che cresco ancora come vittorio
può essere tutto
che il tempo non sia poi davvero passato, che dietro la porta,
basta stringere gli occhi,
ci sia mia nonna carmelina con la pignatta in mano,
la sta asciugando e io entro di corsa gridando
nonna aiuto una vespa
e lei spinta dalla mia corsa
finisca per battere la pignatta contro la porta del bagno
rompendo il vetro
sembra così il tempo immobile o circolare
tu sei mia ziasuora io non sono vittorio ma sono alto come vittorio
e se non lo sono lo diventerò
del resto sai basta che mi dai un mandarino
e ci vedo mio padre che faceva il razzo
con la carta plastificata del mandarino
e poi la accendeva con il minerva
io e mia sorella stavamo a guardare che bruciava
aspettavamo solo il momento, lo sai,
solo il momento in cui la carta bruciata nera a fili
si sollevava verso il soffitto come una presenza
come un soyuz tutto nostro del paese
ziasuora lo sai che l'odore di mandarino
a me fa sempre venire in mente il natale
a quando stavo seduto vicino al calorifero con il thé
e leggevo yolanda la figlia del corsaro nero?

e questi sono i miei figli, dirò
deh dirai quanti figli hai
due dirò vedi due figli
solo due, dirai
beh sai com'è zia suora
ma perché solo due, gesù è contento se tu fai tanti bambini
vedi come la povera nonna maria, sette figli deh, dirai
e io penserò ahi la povera nonna maria
e ti si inumidiranno gli occhi
e macinerai un deja-vu di due chilometri
e i camerieri finiranno di servire gli aperitivi
non rimarrà che un'oliva col nocciolo
e la crosta del parmigiano
ricorderai i nomi e le virtù di tutti i sette figli
e di quei due proto-cugini
dispersi nella ritirata di russia

beh questi sarebbero i miei figli dirò schiarendomi la voce
con un colpo di tosse
tre allora, dirai,
no veramente sono due
e sono piccoli deh come si chiamano
francesco e stefano
oh come i santi della chiesa
deh lo sapete voi che vi chiamate francesco e stefano
stefano non risponderà
e si aggrapperà alla gamba di sua mamma
io non dirò nulla,
francesco dirà sì perché è educato

poi ti allontanerai a braccetto con tua sorella, ziasuora
e io starò seduto al tavolo del ristorante
pregando gesù che mi mandi per un giorno la pelle della salamandra
cercando di mimetizzarmi con il beige delle pareti
invisibile ai più, rispondendo con un sorriso a tutti quanti
rispondendo deh con un sorriso scintillante a tutti quanti
guardando ognuno nel fondo degli occhi
dicendo deh a mio zio leghista
che mi racconterà del federalismo
è tutto, dirà, è un dono, dirà
i politici beh i politici, dirà mio cugino elettrauto
i politici ha ragione grillo
io ho partecipato al v-day
tu che idea hai, chiederà
io dirò che io i politici
io non me ne intendo, che non ne so niente,
mio cugino idraulico dirà che io sono comunista,
con le cozze in bocca alzerà il dito e dirà
tu sei comunista
e io dirò ti sbagli
in realtà sono la reincarnazione di gaetano bresci

mio cugino grafico che lavora per canale 5 dirà
che il politico più in gamba è fini
io dirò che in effetti fini
la nuova donna di fini è un gran pezzo di fica
e mangerò il grasso del prosciutto
quel grasso un po' giallo di prosciutto vecchio
ci saranno le mosche ubriache dell'inverno
e quadri scuri alle pareti
mi verranno le farfalle nella pancia
dovrò correre al cesso
per non farmela nei calzoni

tu zia suora
nel tuo tavolino nuziale
guarderai fissa davanti a te
senza vedere né sentire,
sorriderai, deh, come sorriderai
un po' malinconica chissà che penserai
con quella faccia di osso
che ha visto tante cose
penserai se ne è valsa la pena, forse
come facciamo tutti prima o poi

le tasse come si fa a pagare tutte le tasse
dirà mio cugino dentista,
la moglie avvocatessa dirà che è una sciagura
porcozzio dirà mio zio che vende le auto tedesche
dirà porcozzio ridendo
quando mio porcozzio veniva a cena a casa dei miei
mangiava tutta l'insalata e i pomodori e svuotava la formaggiera
perché sua moglie niente formaggio e niente insalata
chissà perché li aveva in odio
ma che diamine mangiavi, porcozzio
nella tua gioventù matrimoniale, ti chiederò

e poi ci saranno un sacco di marmocchi
tutti i figli dei cugini di cui io non ricordo i nomi
bambini che non ho mai visto
che correranno in lungo e in largo per il ristorante
e ogni tanto mia mamma ne fermerà uno e dirà indicandomi
sai chi è lui sai chi è lui
e io cercherò di assumere il tipico colorito del paramento funebre
mi volterò e dirò ma io, io chi
lui è alessio vedi lo zio alessio
zio alessio lo conosci maicol il figlio di clara, dirà mia mamma
lo conosci?
io dirò di sì ferendomi nello stesso tempo con una lisca di pesce

cara ziasuora di torino
sai che avevo anche un altro religioso nella mia vita di bambino
si chiamava padre ugo,
non so da dove sbucasse,
so che usciva da un certo corno d'africa
era missionario o chissà che
e veniva a trovare ogni tanto mia nonna carmelina
e toglieva dalla barba una pallina rossa
faceva i giochi di prestigio con una scatoletta di argento
dentro aveva monete strane che scomparivano
e riapparivano nel mio orecchio
una volta mandò una cartolina da quel suo corno d'africa
dicendo che mia sorella aveva una gallina rossa
non ricordo che avevo io, cara ziasuora
proprio non lo ricordo, ma poi che importanza ha
forse avevo un manubrio o un campanello o un topo ammaestrato
che diamine di importanza può avere

tu riesci ziasuora se ti concentri
-non temere, non ti si stacca il velo-
riesci a evocare padre ugo, se stendi le mani
e dici deh padre ugo deh
tu lo puoi riportare qui tra noi ovunque egli sia?
ce la fai se parli con gesù magari la sera
quando state in confidenza sotto le coperte del convento
gli puoi chiedere se ne ha poi più sentito parlare?

sai ziasuora a questo punto forse non è poi
nemmeno tanto male né tanto pauroso il pensiero di vederti
di passare la domenica con i miei parenti e i marmocchi sconosciuti
e i leghisti e i comunisti e i reduci del v-day
a parlare di auto ciclismo tasse cancellate e calderoli,
zisuora, sai che i leghisti del mio paese hanno fatto la borolada
qualche giorno fa, il quattro novembre c'erano tutti 'sti tricolori
e loro hanno messo un gazebo davanti al cimitero
e stavano in piedi tetri davanti a un bidone arrugginito fumante
come fanno i negri di harlem
e muovevano la griglia delle castagne
borole padane e vin brulè
mi facevano tenerezza

io non so niente dirò, io sono una salamandra ziasuora
mimetizzata nel fondale
datemi ancora un po' di risotto con lo champagne
un bicchiere di dolcetto igt
forse mi ubriaco ziasuora
mi ubriaco e sogno di menare veltroni
di dargli un sacco di calci nelle palle o di pugni in faccia
sono cattivo ziasuora sono molto cattivissimo
che importa tutto quanto
tienimi un posto al caldo
e dì una buona parola per me con gesù,

ciao, tuo
alessio


Fonte testo e immagine : http://blog.libero.it/bartelio

18/11/07

Appunti modenesi

a gridarlo non fa rumore
questo t'amo lontano
a cercarlo lo trovo
aprendo questa mano
ché la tua mi manca
e anche questa notte
che mi stanca d'assenza
non voluta non cercata
faccio finta mai sia stata
e vivo

1 Novembre 2001


Fonte immagine : çläu

17/11/07

Tapallara - 13 -

A vederla da quella terrazza Roma pareva proprio una cartolina. Ci era spuntata la fame quella matina e mentre mangiava senza sapere pecchè si mise a pensare a Sua Santità. Chissà che stava facennu il Papa in quel momento. Priava? Leggeva il Vangelo? Futteva?
Maria era assittata nella sdraio che si stava tingendo lugna dei piedi. La gonna leggera senera calata sopra i cianchi ma a lei non sembrava che ci importasse assai di stare a cosce aperte e senza mutanni. Ogni tanto lo taliava e sorrideva.
A quella femmina cerano sempre piaciuti i masculi che non si sforzavano di fare i mammalucchi per passare una notte con lei. In genere però quelli che incontrava non la pensavano allo stesso modo.
Ne vedeva tanti: alcuni pensavano che la strada giusta era quella di mannarici ciuri e gioielli oppure di cuntarici minchiate sui loro matrimoni; altri invece facevano i cannaruzzuni e recitavano la parte dei fissa per fare intendere di essere tutti innamurati e pronti a qualsiasi cosa per un suo desiderio. Che scemenze. Avevano tutti una gran vogghia di futtiri. Era questa lunica verità. Non cera bisogno di nasconderlo. E poi macari a lei ci piaceva passare il tempo in quel modo e se ciaveva il desiderio non cera nemmeno bisogno di domandare.
Ora cera questo Vincenzo. Ce ne avevano parlato bene. Uno che pareva destinato a una grande carriera. Erano stati in tanti a dirici di frequentarlo che ci conveniva assai e a dire il vero anche per il resto non cera stato tanto bisogno di sforzarsi con lui.
Quando ce lavevano presentato selera immaginata subito quella lava che sammucciava sotto a quella presenza profumata e in ordine. Raramente Maria si sbagghiava in queste cose e infatti lonorevole laveva subito invitata a cena a casa sua e cetto celaveva fatto capire che non era solo per fare amicizia o parrari. Lei sperava però lo stesso di non sentire troppe discussioni inutili prima di cuccarisi. Era stata comunque una preoccupazione dei fissa pecchè lui non laveva fatta questa minchiata. Lei non era ancora arrivata a trasiri nella porta dingresso che quelluomo ciaveva subito piazzato la sua lingua nella ucca e una mano nivvusa in mezzo alle cosce. Sarebbero andati daccordo.

Vincenzo saccorse che ci stava diventando di nuovo duro. Sullavissuru saputo i suoi amici come celaveva sucata la signorina della televisione quella notte ci sarebbe venuto un colpo. Quella fimmina non ciaveva proprio rivali. Savvicinò vicino alla sdraio e senza parlare la fece mettere a culo a ponte.

"Lo facevi così con tua moglie?"
"Muta, buttana, muta!"
"Scommetto di no. Vero Vincenzo? Vero?"
Cianfilau a siccu a quella iaddina.
"Macchiminteressa -pensò- su tuttu funziona come devessere mi fazzu rari u divozzio a S.Pietro e macari lassoluzione a sta vacca ci rugnu. Tutto. Tutto"

Si stava pulizziannu quando suonò il telefono.

"E allora Vincenzo com'è la situazione?"
"Tutti gli amici sono pronti. Ma mi hanno detto che il Principe vuole un elenco con tutti i loro nomi e prima ci vogliono garanzie"
"Non preoccuparti. Parlerò io con lui. Piuttosto... lo sanno che è tutto a posto con gli americani?"
"Certo. Si aspettano molto da voi"
"Bene. Di' loro di iniziare a muoversi"

Erano passati solo due mesi. Già sera stancato dei puttusi di Maria e del bordello che cera stato per quelle ammazzatine in Sicilia. E manco lì le cose della politica stavano andando bene. Tutto era stato sospeso e per giunta avevano attaccato a quacche amico innocente.

"Qui si sta scatenando il finimondo"
"Te l'ho detto, lo abbiamo addormentato"
"Sì ma intanto ora ci sono i processi"
"Dovresti saperlo che non ti devi preoccupare per questo. Pensa a futtiri. Anche i tuoi amici lo sanno che è tutto a posto"
"Ma io..."
"Ritornerai un po' a casa. Ci servi di nuovo lì. Non vogliamo che qualcuno pensi che abbiamo abbandonato gli affari"
"Bene"
"Bene"

Vincenzo a Roma non cera più dovuto salire per fare presenza al Parlamento. Parlava con chi di dovere e quando era il momento al suo posto ci mandava a quelli che voleva lui. Poi questi qua ci riferivano le novità e ubbidivano. Senza fari tanti problemi che lo sapevano quanto cuntavano.
Laltri amici fidati invece avevano continuato i loro affari come prima. I processi sono cose che ci vuole tempo e su sempri chini di fumo anche quando si parla di un colpo di stato. E poi se cè proprio bisogno qualche liggi si può sempre fare per aiutare chi cià problemi o primura. Ma questa è cosa che si sa. Limportante fu che quasi nessuno in quelloccasione si ritrovò a rancurarisi.

"Allora parti..."
"Sì"
"Ed io?"
"Ed io cosa?"
"Niente... mi verrai a trovare?"
"Ti spaventa restare sola?"
"Non sei divertente"
"E perchè dovrei esserlo? Per farmela sucare megghiu?"
"Vaffanculo"

La prima manata arrivò precisa e senza risposta. Dieci minuti dopo Vincenzo ci stava come un pazzo in mezzo alle cosce mentre lei invece cullocchi vagnava i linzola e con le gambe cercava di farici un ruppo dietro la schiena.
Fu lultima futtuta quella che poi non si vistero più.

16/11/07

Il poeta



"Se la poesia deve essere ormai - come tu dici -

considerata né più né meno d'un semplice

strumento di comunicazione
uguale a tantissimi altri ebbene
sia
Comunicare tramite l'arte del resto fu ognora
la mia ambizione suprema
pur se non giunsi mai e poi mai
a sperare di riuscirci persino con te
coglione" *

Ieri alla scuola di scrittura mi hanno spiegato come il mio pensiero manchi di spazialità e forza evocativa. Ho chinato il capo un po' disperato, pensavo già ai soldi buttati via.
Il Maestro, forse intuendo quel vergognoso pensiero, mi ha subito dopo incoraggiato e rivelato, con quelle belle frasi che gli sono proprie, lo spessore autobiografico delle parole da me elencate. Forse non tutto è perduto.
Il fatto è, caro lettore, che io (Didattico Dorelli, di anni Quaranta, di professione Disoccupato) lo so già da me di non essere capace! Ma la mia fidanzata sostiene il contrario e, complici le innumerevoli poesie a lei dedicate, e segretamente, nonché diligentemente, copiate, mi son visto così costretto a seguire il suo "consiglio" (metto tra parentesi quest'ultima parola perchè forse qualcuno di voi sa già di cosa parlo e di come sono certe donne) dando, per questa nobile causa, fondo ai miei ultimi risparmi.

"Ma dobbiamo continuare
come se
non avesse senso pensare
che s'appassisca il mare" *

Alcune volte, confesso, ho tentato di rivelarle tutto, ma come? Insicuro della risposta da dare a quest'ultima domanda ho sempre rimandato ed ora spero solo di riuscire a mettere, su carta, qualche poetica parola in un momento di grazia; magari oggi dopo aver fatto l'amore o in altra pari o strana occasione. Dopo, mi son detto, potrei sempre dire di aver perso la grazia suprema del compositore. Fino ad ora, però, la vena non è mai arrivata.

"Oh nella notte il cane
che abbaia di lontano.
Di giorno è solo il cane
che ti lecca la mano." *

Mio buon lettore, cosa dirti? Chiudo qui i miei pensieri che ad andar oltre non son capace; certo però la prossima volta, la prossima donna, mi accontenterò di pronunciare un "ti amo".


* Poesie di Giorgio Bassani, Elio Pagliarani, Sandro Penna.



Fonte immagine : .CECILIA.

15/11/07

ABP


E cera questo caruso anche che il nome e il cognome pimmia era difficile a ricordare pecchè a lui tutti ci dicevano Abbipi invece di chiamarlo.
E Abbipi mi faresti questo e Abbipi mi faresti questaltro ci gridavano a lui quelle lavannare del palazzo e iddu a tutte ci rispondeva di sì e poi però faceva i cazzi suoi ca sinni futteva. Nonostante questo però nessuna ci diceva mai niente e anzi ciarrialavano caramelli come se fosse stato utile davvero.
Io ero già più vecchio e per questo non giocavamo assai insieme. Solo una volta mi ricordo ce ne siamo stati vicini un po' più di tempo.
Era piovuto tutta la notte e la mattina anche e io non c'erò potuto andare a scuola che non si passava con quel fango. Poi allimprovviso era spuntato vento e un sole come destate e io ero sceso sotto a giocare. Non cera nessuno. Anzi no. Cera Abbipi davanti a una pozza ranni come a un laghetto che ci ittava pettri dentro. Massittai sopra a un muretto poco distante e mi misi a taliari quello specchio di terra e acqua. Dopo un poco vinni anche lui.
Il cielo azzurro e le nuvole passavano veloci lì sopra. E i muscuni e lacidduzzi e i pinseri anche.
"Quando addivennu ranni ci potrò ittari pietre in faccia a tutti" mi rissi. Però è assai che non lo vedo.


Fonte immagine : A.B.Previtera

14/11/07

13/11/07

Tapallara - 12 -

Nella capitale quacche cosa non era funzionata bene e Vincenzo senera tornato in Sicilia. Ora cerano nuovi affari.
I piu importanti erano fatti con quella polvere ianca che attraverso gente fidata si mannava allamerica. In cambio di questa arrivava a carrettate la munita. Bella pronta per essere pulizziata e spinnuta. E questa era la parte della storia che cinteressava di più a lui che per le altre cose cerano i suoi amici di sempre. Il fatto è che se uno ci sapeva fare veramente a maniare quei soldi il guadagno era alto e rischi noncinnerano.
Poi però cerano anche i soliti travagghi. Quelli dove la genti ci andava fino a casa a chiederci lamicizia e a portarci regali. Per questi lavori non cera mancu bisogno di farisi chiamare onorevole o di faticare assai. Bastava poco per sistemare una firma che non arrivava o trovare un documento che mancava. Solo una parola giusta a quelli che aveva sistemato negli uffici. Una telefonata. E se ce lo chiedevano lui era anche sempre pronto a darici quaccosa in prestito a chi ciaveva problemi di munita.
Ogni tanto si faceva macari quacche futtuta. Ma a parte il fatto che non era riuscito più a trovare una fimmina intelligenti e stuppagghiara come a quella che aveva conosciuto e lasciato a Roma a parte questo dicevo non erano i fimmini che a Vincenzo cinteressavano chiossai.
Lui voleva i soddi. Tanti soddi e rispetto. Dovevano accalari la testa tutti quanti quando lui passava. E pisciarisi nei causi se arrivava a incazzarisi.
Soddi e potere. Questo era quello che Vincenzo voleva. Quello che aveva.

Lo so che ora vi vinni la curiosità e volete sapere di quella fimmina e di quello che era successo fuori dalla Sicilia. Nel continente. Ma ve lo giuro che non è niente di particolare.
Lui sera ambientato bene che laveva preparata da tempo la trasferta e le amicizie non mancavano. Poi però cera stata loccasione di tagghiari la strada. Di prendere una scorciatoia. E Vincenzo ciaveva voluto provare.

12/11/07

Falsa indagine


Cerchi forse riparo dalla pioggia
ma il tuo giocare - la falsa ritrosia,
il lucido cuore su cui nulla poggia -
sterile appare, spenta fantasia.

Forse è sangue ciò di cui hai paura,
ma se, nell'affrontare le battaglie,
nascondi la più vera tua natura,
chi vorrà vivere tra quelle maglie?

Non sono feroce - come tu credi -
e cerco inutilmente di esser vero,
ma è solo quell'inutile che vedi

quando, vicino te come straniero,
mi affaccio, nudo ora, a indagare.
Ancora mare. E picchi da scalare.

9 Marzo 2000


Fonte immagine: LORE Y RORRO

09/11/07

Malinconiche ricerche canterine

Erano formaggini, ed io li odiavo, a volte, però, succedeva che:

"Guarda cosa ti ho portato!"
"Oh... grazie mamma ma è bellissimo!
"Lo davano in regalo"
"Posso ascoltarlo?
"Certo"



I primi frammenti di coscienza, comunque, rubarono la voce di Endrigo e le parole di Vinicius de Moraes .



Quando ho scoperto le poesie (quelle scelte da te intendo, che le altre da tempo le avevo recitate ad ogni natale) ascoltavo ancora la radio.



Debbo aggiungere che da li a poco avvenne, per quello, il mio primo ed unico furto, o per lo meno sentito come tale* Ma questa è un'altra storia.
Iniziava, invece, proprio allora, la ricca stagione. L'amore:



e poi la politica, la ricerca di una forma di ribellione.



Credo di essermi divertito, magari anche imparando, a non prendermi sul serio.



Poi altre cose sono arrivate,



ma non a tutti è dato invecchiare.


*"Poesia russa del 900" Feltrinelli

Il pregante interrogativo

Non riusciva proprio a crederci, eppure... ripensando a certe parole, allo strusciare casuale nei giorni di festa, al leggero tremolio di quelle mani quando la domenica sfioravano le sue... avrebbe dovuto capire, avrebbe dovuto intuire... ed ora? Non sapeva proprio cosa fare...
"Maria vieni è pronto"
La voce di sua madre la fece trasalire, rialzò in fretta gli slip e scappò in cucina.
"Cos'hai? Sei tutta rossa!"
"Credo di avere un po' di febbre"
"Vieni qui! Fai sentire. Ah! Benedetta figliola! Ti avevo detto di non uscire per Natale, magari è..."
"Ma mamma!"
"E sì, e sì... ne avrai tante di feste! Che vuoi che..."
"Non vedo niente di pronto"
"Non senti questo profumo? Guarda dentro il forno"
Il sorriso nascosto dietro quell'ultima frase le fece capire tutto; magari sottraendole il gusto della sorpresa ma, di certo, restituendole la fame.
"Don Aldo mi ha chiesto se di pomeriggio passavi per le prove"
"E' stato qui? Ma perché non mi hai..."
"Dormivi"
Maria abbassò il capo. Il pane caldo le bruciava le dita. Avrebbe deciso dopo, c'era tempo.

08/11/07

Tapallara - 11 -

Non cera la televisione nella casa di campagna e nemmeno le canzoni entravano li dentro che mancava la radio. Ma Ninuzza non sinquietava per questo. Aveva scoperto che ci piaceva leggere. Era cominciata subito questa cosa della carta scritta. Nei primi tempi che lei era lì. Ci passava la collera sfogliando tutte quelle belle storie con le fotografie.
I giornali ce li faceva avere la sua amica Agata quando veniva a trovarla. Ogni giorno si può dire. Che ora non cera più nessuno a impedirlo.
Poi era capitato che ciavevano messo una fermata dellautobusso che portava in centro. Proprio vicino al cancello della sua casa. E a lei cera cambiato il mondo.
Lidea celaveva data la parrucchiera. Ninuzza leggeva così assai ed era tanto accanita in questo anche se cerano sempre gli stessi giornali dentro a quel negozio che tutte le altri clienti quando la vedevano assittata passavano avanti pecchè tanto lo sapevano che lei non se ne sarebbe nemmeno accorta impegnata comera a finire qualche storia:
"Ninuzza ma invece di veniri cà per sforzare locchi... ma picchì non tinni vai alla biblioteca e te li porti a casa tò i libri?".
Certo forse la stava prendendo in giro ma Ninuzza invece pensò che quella era una buona idea e accussì una vota a settimana vestiva a festa a Carmelina e sinnieva in Biblioteca a farsi prestare un libro. Non è che allinizio era molto pratica di queste cose però una persona che laiutava la trovava sempre e così quando ritornava a casa era sempre tutta soddisfatta. Solo una vota uno tentò di fare lo spetto e ci fece pigghiari un libro che già alla seconda pagina lei era diventata di mille colori e cò focu di intra. Lo chiuse quasi subito macari se ancora celaveva la vogghia di continuare e per quella settimana ci resi lacqua alle piante.
A lei ci piacevano di più le storie damore. Quelle chine di difficoltà che si arrisolvevano quasi sempre con un bacio o un matrimonio alla fine della vicenda. E ogni vota che dopo le prime pagine si accorgeva che il libro era come voleva lei pigghiava a so figghia e sassittava davanti alla porta di casa a leggere a vuci di testa.
Quellangelo lascoltava tutta attenta arripetendo tutte le sue espressioni e anche se a volte non capiva le parole lo sapeva che il loro significato poteva trovarlo nella faccia della madre.
Un giorno mentre erano cumminati accussì Vincenzo spuntò allimprovviso che Ninuzza non si potè ammucciari.
"Voglio mandare Carmela in collegio" ci disse. E quelle erano le prime parole dopo quattro anni.
Antonia accalau la testa. Si sentiva moriri. Ma non parlò però. Entrò dentro casa per pigghiare carta e penna e ci scrisse le sue condizioni a quelluomo.
Accettò tutte cose Vincenzo che ora che a Roma finalmente cera arrivato non cenaveva vogghia di fare discussioni con quella pazza.
Accussì ogni mattina una macchina veniva a pigghiari la picciridda per portarla dalle suore e poi il pomeriggio laccompagnava di nuovo a casa.
Sua madre laspettava sempre davanti al portone e la stringeva ogni vota forteforte prima di farisi raccontare tutto quello che aveva fatto. Non cera niente che non la interessava. Voleva sapere ogni cosa. Chi cera e chi non cera. E le lezioni. E il mangiare. E i vestiti. E le preghiere. Carmela iniziava a cuntari e a rispondere. E continuava. E non cià fineva fino a quando dopo cena non saddummiscevano insieme nel letto grande.
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