Visualizzazione post con etichetta Tapallara. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Tapallara. Mostra tutti i post

02/01/08

Tapallara - 19 - Fine

Era tutta il giorno che Ninuzza sallicchittiava.
Carmela tornava. Tornava la picciridda. Sarritirava na sò casa a dutturedda.
Ninuzza aveva pulizziato tutte le stanze pecchè sua figghia ciaveva scritto che allinizio veniva a stare con lei ma che però poi ora che ciaveva un travagghio e uno stipendio voleva vivere da sola. La madre un poco aveva mussiato per questa idea ma poi aveva pensato che forse ciavissi arrinisciutu a farici cangiari strada.
Ora era tutto pronto finalmente o almeno così Ninuzza pensava pecchè in realtà in quella casa mancava un letto nico in più.
Ma che ne poteva sapere Ninuzza di quella picciridda? Di quella cosa ruci che Carmela ci presentò quando lei ci aprì la porta. Antonia si chiamava. Sua nipote. E diceva parole in inglisi e francisi e arrireva sempre che non ci capiva assai quando la nonna ci carezzava la faccia e ci ripeteva:
"Quantu si bedda! Quantu si bedda!".
Sassittanu presto a tavola che Ninuzza aveva preparato un bendidio e u mangiari non si ietta. Una cena come se fossero state allultimo dellanno. E infatti si fece notte fino a quando ciarriniscenu a finire tutte quelle cose. Però per stabilire come sistemarisi per dormire non ci furono tante discussioni. Tutte e tre nel letto grande a continuare la scampagnata.
A picca a picca sua figghia finalmente arrinisciu a cuntarici tutte le cose che ciaveva tenuto ammucciate per tutto quel tempo e Ninuzza anche ci disse cose che prima mai le aveva detto. Accussì chiancennu e arrirennu si fici quasi giorno.
Carmela e la picciridda quagghianu sopra il suo petto. Lei no. Lei pensava. E ci sembrò come in sogno di capire ogni cosa. Si alzò senza fare rumore spostando pianopiano quelle teste che aveva continuato a coprire di baci e nisciu per andare a vedere il sole che stava spuntando.
Passò davanti alla porta dove sassittava un tempo per leggere con Carmela e dove ora sempre più spesso si mitteva adascutari il silenzio e arrivò finalmente sotto al grande albero di fico. Sera portata una coperta. Per il primo friscu della matinata. La mise sopra alle radici e si sdraiò un attimo con locchi fissi al cielo e la schiena appoggiata tannicchia al tronco. Non pensava più ora. Vedeva solo quella luce che a poco a poco si mangiava tutto.
Mise le braccia dietro la testa sorridendo. Era felice.

28/12/07

Tapallara - 18 -

Da quando era fuori Catania Carmela vedeva a suo padre quasi tutti i mesi che lui saliva a trovarla con laereo e ogni vota ci dava una busta e un vasuni.
Lei lo salutava felice. Ci diceva che tutto andava bene e ci faceva vedere i risultati delluniversità. Se cera qualche esame che era riuscito meglio nella busta arrivata a casa trovava sempre più soddi ma Carmela non laveva mai voluto capire come ciarrinisceva suo padre a saperlo di questi successi prima di incontrarla.
Ogni tanto era anche cominciato a capitare che vedeva la faccia di Vincenzo in quacche giornale ma dopo le prime volte che aveva pianto per quello che aveva letto sera abituata anche a questa cosa. Non ci faceva più caso e manco ci voleva pensare a quelle notizie. Tanto era sicura che lì nessuno lo sapeva come faceva veramente di cognome e poi sera convinta da quello che gli altri dicevano sulle cose della Sicilia che non lavrebbero mai capito veramente quello che succedeva dassutta. Per la prima volta insomma il fatto di essere una Alimanni qualsiasi lei lo considerò come una cosa buona per la sua vita e importante macari.
A suo padre ciaveva raccontato quasi subito di Palmiro e poi anche di come lui sera ammalato e della niputedda macari che stava arrivando. Tanto lo sapeva che ancora non si parlavano con la mamma e poteva stare tranquilla per questo.
Vincenzo non aveva detto nemmeno pio per questi fatti. Nella sua testa aveva pensato che di sicuro era colpa di quacche vena di pazzia di Ninuzza che era andata a finire dentro a sua figghia.
Però non ci andava di fare storie con la sua picciridda.
Accussì nonostante tutto ciaveva aumentato lo stesso i soddi che ci dava anche se lei non celaveva chiesto e sera messo anche ammucciuni di Carmela a fare domande e a proporre soluzioni allamici suoi per un concorso nuovo che dovevano organizzare. Non importava dove. Al comune. Alla provincia. Alla reggione. Nazionale. Limportante era che poi chi vinceva arrivava a Catania con un posto sicuro e di prestigio. Tutti serano messi a disposizione che lavevano capito che per Vincenzo era una cosa personale e non ci tenevano a farselo nemico.

Era stato subito dopo il funerale di Palmiro. Carmela non cela faceva più a non dirci niente a sua madre anche pecchè Ninuzza da tempo sembrava che senera accorta che qualcosa era più come apprima e ogni volta ci scriveva lettere piene di punti interrogativi. Lei si sentiva in colpa per non avercene parlato subito. E poi mettendo munzignarie sopra a munzignarie ogni vota diventava più difficile raccontarle tutto quello che era successo.
Quella volta ci spedì insieme alla lettera anche un disco. Nella copertina ciaveva fatto due cerchietti rossi attorno a due faccie sfocate che ballavano in mezzo allaltra gente. Però non laveva scritto che quelle facce erano del suo uomo che era morto e la sua. Voleva fare una specie di sorpresa e nel suo cuore voleva soprattutto dirici la verità e avere tannicchia di cunottu.
Accussì ci restò male quando sua madre al telefono invece che di questo ciaveva chiesto se era diventata comunista. Lei il disco selera ascoltato tutto e tante volte anche e alla fine aveva sentito che cera quasi la stessa canzone che nisceva dagli altoparlanti quando al tempo dellelezioni passava la macchina per il comizio di Berlinguere.
Però a sua figghia invece non laveva riconosciuta che Palmiro invece nemmeno sapeva chi era. Pensava a due scarabocchi fatti a caso sopra alle fotografie. E poi anche il resto di quella musica non è che laveva capita assai. Cera sembrata tannicchia confusionaria. E le parole anche. Solo una cosa si ricordava bene "Giocare col mondo facendolo a pezzi". Che voleva dire? Ninuzza ciaveva chiesto a Carmela di spiegarcele queste parole e anche quella A dentro il cerchio che aveva visto nella copertina. Ma Carmela anche quella volta aveva fatto finta di dimenticarle tutte le domande della mamma e nella lettera che ci scrisse dopo cangiau discorso.

17/12/07

Tapallara - 17 -

Da qualche tempo cera quaccuno che aveva accuminciato a scassarici la minchia.
Non è che Vincenzo era uno facile a scantarisi. No. Questo no. Però ci dava fastidio questa cosa lo stesso.
Allinizio quando ancora non senera accorto celaveva confidato un suo amico giudice che dentro alla polizia cera chi sera fissato con lui. E in effetti dopo quella discussione Vincenzo accuminciau a giurare che quaccuno lo seguiva quando nisceva da casa sua. Era strana questa impressione.
Per non fare la parte del fissa ammuccalapuni lui ci vosi spiari anche agli altri amici che ciaveva al tribunale se era solo una fisima sua oppure no. Un poco però ciarristau lo stesso sorpreso quando loro ci rissuno che era vero. Che cera gente uno in particolare che voleva sapere cose sopra a iddu e faceva domande a tutti.
I primi tempi comunque si fice due risate lo stesso per questa impertinenza.
"Su proprio pacchiuttazzi se pensano che li porto da qualche parte" pensò e nello stesso momento promise a se stesso di non metterci più testa. Però non riuscì a dimenticarla completamente questa cosa anche pecchè la rottura di coglioni continuò per un bel pezzo e qualche notizia addirittura arrivò supra alla carta do pisci. Ai giornalisti insomma.
Di questi però non cera di che scantarisi. Erano tutti amici suoi e fidati anche. Quaccuno di loro doveva a lui quel lavoro e non se lo poteva dimenticare. Per non parlare poi del padrone dellunico giornale della città. Mischino. Ancora lo ringraziava e se lo ricordava bene quello di quanto Vincenzo ciaveva fatto avere i soddi giusti per alcuni debiti di gioco che si era fatto e che doveva a certe persone tannicchia incazzuse.
Non tutti quelli che scrivevano però si vutavunu a taliari il panorama. Un pugno di carusazzi comunisti serano messi a fare caciara in quellultimi tempi. Sopra alle pagine che stampavano cerano nomi e cognomi. E cosi inventate che parevano vere. E cose vere che parevano inventate.
Di sicuro qualche scemenza su di lui ce laveva passata quello sbirro. Quel pezzo di merda.
Per fare sgrusciu e vedere cosa succedeva. Per questo ora Vincenzo doveva stare più attento. Non poteva più parrari tranquillamente al telefono o ricevere a so casa chi cazzu vuleva. Nemmeno quando sinnieva a buttane ci davano pace quei motti di fame. Lui li vedeva che trasevano nella stessa vanedda e così sammusciava anche la vogghia.
"U carvuni se non tinge mascaria". A questo pensava Vincenzo e la cosa più preoccupante era che nello stesso momento che allocchi e allorecchie della gente arrivava la notizia che quaccuno poteva toccarlo aumentava il rischio che chi ci doveva favori incominciasse a scantarisi oppure provasse a fare il masculo.

"Pronto"
"Pronto... sono io..."
"Lo sai che ti chiamiamo noi. Soprattutto ora"
"Il telefono non è mio e funziona bene... e macari iu stassi bonu senza tutti sti muschitti vicino alla mia faccia"
"... uhm... e allora perché non te ne liberi?"
"Già. E' che non mi vulissi rari manati na facci"
"Vabbene và. Facciamo così. Dicci a Tano di passare a ritirare la bomboletta sprai che così ti viene un lavoro pulito"
"Cu stu cauru è quello che ci vuole..."
"Ti saluto"
"A presto"

Era una sira frisca per essere già luglio. Il poliziotto si stava ritirando a piedi alla centrale. Quello era lultimo giorno prima delle ferie e lui aveva già prenotato il posto al campeggio. Lo stesso dove andava ogni anno. Quello con la piscina e le rocce e la sala da ballo.
Ci sarebbe piaciuto cambiare per una volta. Partire. Magari da solo o ancora meglio con Ninuzza. Già. Era proprio bedda a mugghieri di Don Vincenzo. E duci macari. E anche se non era servito a niente starici dietro lui dopo un po' sera voluto inventare una scusa in ufficio per continuare a vederla. Ciaveva detto al giudice che forse cera la possibilità che lei collaborasse alle indagini e
quello ciaveva dato lo stabbene. Ci pensava spesso addà fimmina. Se non fosse stato che era in servizio... se si fossero incontrati solo per caso.
Il direttore del campeggio al telefono ciaveva ripetuto più di una volta che questanno cerano centomilalire chiossai da pagare pecchè era arrivata una nuova tassa. Ma lui aveva preso lo stesso il posto per la rulotte che allora chi li sentiva a sò mugghieri e ai suoi figghi. Dio cinni scansi e liberi. Appena arrivato pigghiau le chiavi per aprire il portone di casa.
"Voddiri che qualche sera rinunciamo alla pizza" pensò e mentre pensava a questa cosa nello stesso momento sarrustiu.

13/12/07

Tapallara - 16 -

La prima vota che era entrata al liceo a Carmela ci passi di fare festa e di essere libbera e ranni finalmente. Ma poi quei cinque anni furono come se non volessero scurare mai. Anche se si era divertita. Anche se aveva imparato tante cose e baciato e ballato anche.
Il fatto è che la sua testa era a pattiri. Per lunivessità. E già ne aveva parlato con i genitori di questa cosa che loro le avevano detto di sì. "Però sturia prima!" avevano aggiunto tuttedue che sembrava quasi che serano parlati o messi daccordo addirittura.
Lei celaveva messa tutta la volontà in questa cosa e i risultati per fottuna erano arrivati. Così tutta contenta la signorina sera potuta preparare le valigie.
Non laveva più scelta medicina però. Oramai tutte le bambole erano sfasciate e lei era diventata grande. Pissicologgia aveva scelto. Che pensava che le teste forse ancora quelle quacchecosa si poteva fare.

Ora da quando era arrivata nella sua nuova città ogni giorno continuava a scriverci a Ninuzza piccuntarici tutto come quando era nica. E soprattutto allinizio di cose che non conosceva e scopriva cenerano tante in quel posto cheppoi invece nelle cose niche tutti i posti sono uguali. Lei scriveva e sua madre nella lettera dopo o quando ci acchianava la curiosità spiava di altri particolari o ci diceva la sua anche e qualche vota loro due la pensavano nello stesso modo e qualche altra invece era come se parravano di cose diverse.
Certo ora Carmela non era più precisa come apprima. Non è che lei ci diceva tuttu tuttu. Quaccosa per forza scappava. Per esempio lo sapeva che Ninuzza lavrebbe inchiuta di raccomandazioni e sarebbe arrivata a chiederle di tornare a casa se ciavesse scritto che ora abitava insieme con un uomo.

Palmiro si chiamava il masculo di Carmela.
Il padre di lui era stato a tempo di guerra in mezzo ai russi e ancora lo ripeteva a tutti di quello che aveva visto e del comunismo e dei pattiggiani e degli italiani che erano stati traditi dallamericani e dalla chiesa. E non si stava muto neanche mentre accompagnava il figghio al cimitero. E parlando non ce la finiva di chiamarlo come se fosse ancora vivo. So figghiu. Lunico che ciaveva e che era morto di un mali tintu mentre lui vecchio ancora campava.

Carmela e Palmiro serano incontrati che era mattina e già cera la facoltà china di studenti che facevano festa. Però lui era arrivato solo pecchè la fabbrica era chiusa per la manifestazione e lì celavevano portato i suoi amici.
Palmiro travagghiava. Noncinnaveva tempo per fare la rivoluzione per tutti. Già ciaveva provato suo padre in questo gioco. A lui ci bastava la sua di liberazione anche se non lo sapeva ancora cosa sarebbe stata. E così per ora ogni giorno pigghiava con il muletto i bidoni di cento litri dalla fabbrica che laveva assunto e poi li caricava sopra il camion che ciavevano dato. Quando il camion era bello chino li portava in un deposito in mezzo alle campagne. Vicino al ciume. Due. Tre viaggi per ogni turno. Anche di notte se era necessario che cera stato tanto lavoro. Un suo amico della fabbrica ciaveva detto che era pericoloso lasciare allaperto quella munnizza ma a lui noncinnera mai fottuto assai di sapere pecchè e la stissa persona comunque ciaveva anche fatto sapere che per lui noncinneruno rischi. Bastava fare attenzione.
Palmiro era contento di quel travagghio. La paga era buona e lui in fondo non era costretto come agli altri a restare chiuso tutta la giornata dentro lo stabilimento per fare passare la vita.

Era stata lei che sera avvicinata. Lo taliava da un pezzo. Non laveva mai visto in quel posto e quel ragazzo ciaveva la faccia simpatica.
In effetti non si sbagghiava la carusa. Palmiro era veramente uno che pareva appena uscito mezzo imbriaco e felice dalla putia e così mentre lui per farsi bello babbiava lei aveva cominciato a ridere e non si era più fermata.
Laveva invitato quella sera stessa in un locale vicino alla facoltà per continuare la discussione ma quando dopo lui laveva seguita fino a sotto casa Carmela non ciaveva resistito a dirci di no e laveva fatto salire. Da quel giorno lei non ciaveva proprio più pensato a cacciarlo fuori e neanche lui del resto aveva trovato motivi buoni per andarsene da quel posto.

"Fatti baciare". Palmiro chiuse locchi. Non poteva dire di no. Era quacche giorno però che si sentiva sempre stanco. Ancora non ciaveva telefonato alla ditta ma pensava che se continuava accussì finiva che se li prendeva veramente le ferie che ciaveva arretrate. Quelle che voleva conservare per la nascita di sua figghia.
Carmela non parlava più. Continuava a baciarlo come fa un ciatu daria a primavera. "Sei bellissima" pensò Palmiro "Anzi no. Tu sei la mia liberazione".
Sorrise a fare questi pensieri ma non ce le disse però a lei queste cose. Senza nemmeno sapere pecchè. Che non cè mai un pecchè importante.
Avevano appena finito di fare lamore ma quella donna anche se si iniziava a vedere la panza non sembrava mai sazia o forse era proprio vero che lui stava male.
Ora sentiva la lingua di lei che punziddiava quel mascarato che non voleva più crescere. Si alzò un poco per sistemarsi meglio sopra il letto quando un filo di luce che vineva dalla finestra ci illuminò la faccia e ci fece rapiri locchi. Li chiuse in fretta senza pensare più a niente. Pareva che finalmente cera tornata la vogghia di travagghiari a quello sfaticato di sotto e Carmela se lo teneva al calduccio muovendo la testa lenta lenta.
Allimprovviso Palmiro sintiu un calore fortissimo.
Non si ricordò più niente di quello che era successo in quel momento ma quannu sarrusbigghiau era già o spitali.

07/12/07

Tapallara - 15 -

Ninuzza se lo ricordava ancora quando era capitato il giorno preciso che per la prima vota si erano salutati. Era di Settembre. Il quindici.
A lui lo vedeva sempre alla fermata dellautobussu che lei pigghiava per tornare a casa quando sinnieva alla biblioteca. Pareva che ciavevano appuntamento. Come se ogni vota lui era lì per aspettarla.
Nellultimi tempi capitava che non si portava sempre la picciridda dietro pecchè lei ciaveva i compiti da fare o si siddiava a nesciri e voleva stare a casa. Si capisce. Ora era una ranni che faceva il liceo e già qualche masculiddu ci passiava davanti alla porta. Non poteva seguirla sempre.
A Ninuzza però ci dispiaceva lo stesso assai di non avere la compagnia della figghia e si preoccupava anche del fatto che la nicuzza restava sola. Dalla morte di Mena non ciaveva più nessuno della famigghia e anche se qualche vota ci chiedeva il favore a Agata di darici un occhiata alla creatura non lo poteva fare sempre. Un po' comunque anche a questa novità sera abituata e poi le sue uscite erano velociveloci che non ci stava mai più di due ore a iri e tunnari.
Ma veniamo a noi. Dicevo che i due si incontravano alla fermata dellautobusso.
Non è che si notava assai quel masculu. In genere leggeva. Un giornale. Un libro. Un pezzo di carta. A lei mentre lo guardava di nascosto cera piaciuto immagginare che doveva essere quacche professore delluniversità. Ma non è che allinizio cimportava assai di sapere se era vero e del resto lui poi quando si parranu non ce lo disse mai se aveva indovinato.
Passau parecchio tempo però prima di scangiarisi qualche frase. Loccasione capitò pecchè Ninuzza non lo vide più per qualche mese e così quando chistu tornò a lei ci venne spontaneo di farici un sorriso e di salutarlo. Lui ci rispose con cortesia e così a picca a picca pigghianu a parrari. Erano frasi niche. Niente di particolare. Manco il loro nome si dissero. Lei quando ce lo aveva cuntato a Agata questo segreto diceva che per loro era come nei fotoromanzi che tante cose non ci entrano nei fumetti vicino alle fotografie. Però un po' a essere sinceri pareva quasi che quei due si scantavano a fare sentire la loro voce. Si taliavano soprattutto. Per tutto il tempo della strada. E tutto intorno era come in certe foto che cianno la nebbia fatta apposta e si vede chiaro e pulito solo quello che cè al centro dellimmaggine.
Agata a sentire questi racconti ci diceva che era arrivato il momento di finirla di sognare. Però poi non ciarrinisceva a insistere con lamica per questa cosa.
Oramai laveva imparato che era fatta accussì e quando Ninuzza parlava lei si limitava quasi sempre ad ascoltarla annaculiando solo la testa per farci capire come la pensava. La faceva sempre anche con me questa cosa che lo sapeva che mi dava fastidio e che avrei preferito litigare invece di suppurtari quella cannirola.
Comunque lassannu perdere queste cose che sono private secondo me Ninuzza lo sapeva che Agata in fondo ciaveva raggione. E tante volte lei stessa ci cuntau a idda che ciaveva pensato a chiedere a quelluomo di venirla a trovare a casa sua. Per scambiare qualche parola in più. Per prendersi un caffè. Ogni vota che ce lo stava per dire però arrivava la fermata. Quella prima della sua. E lui scendeva.
E lei pensava che la prossima vota. Sì la prossima vota.
Poi quelluomo sparì di nuovo. Era allinizio di Luglio. E passò un anno. E un anno ancora senza vedersi. E non capitò chiù.

25/11/07

Tapallara - 14 -

Ora dopo tanto parlare di Vincenzo vi vorrei cuntare un po' megghiu di Carmela. Sua figghia.
Per farlo forse però mabbisognerebbe tornare a essere assai chiù nicu. Che a noi ci sembra sempre di capirlo quello che sti picciriddi cianno nella testa ma in realtà secunnu mia non ne sappiamo niente e nemmeno ciarriniscemo a ricordarcelo quello che vedevamo noi e quello che sognavamo macari. Insomma per fare bene avissaffari come se fossi stato io il suo angelo custode. Quello a cui lei diceva tutto.
Mah! Comunque! Basta con queste chiacchiere vah! Accuminciamo. Che annunca il piatto si fridda.

Carmela oggi ha dieci anni e sincominciano a vedere le minne e lei celo dice a suo padre che ciaccarezza i capelli lisci e lunghi e ride di quella innocenza.
Carmela non lo vuole sapere pecchè papà non ci sta nella stessa casa con lei e nemmeno pecchè lui non ci parla con la mamma. E' ancora nica. Ce lo dicono sempre quelli grandi. Che per ora non può capire. Che poi verrà il tempo e ci spiegheranno ogni cosa.
Anche le sue amiche lo sanno che Carmela è figghia di separati e quando litigano con lei come fanno i bambini a quelletà sono veloci a usarla questa parola. Si sono accorte che lei ci soffre a sentirselo ripetere e chianci quando succede e ce lo dice alla suora.
Le sue compagne pensano che non è giusto che ogni vota la monaca cunotta solo a lei e ci da ragione. Come se Carmela fosse una santa e forse proprio per questo loro tornano a ripetercela quella cosa. Per vendetta.
Secondo me comunque anche loro... non è che sono tinte. E' che non lo capiscono bene che cosa vuole dire quel discorso che non ce ne sono assai di mamme che vivono da sole. Loro sanno solo che a quella bimba ci fa male pinsarici e accussì se ne servono per giocare.
A volte per questo Carmela sarritira tutta triste dalla scuola e allora se cè una bella giornata si mette subito a camminare nel giardino. Lì ciavi tutti i posti dove lei pensa che nessuno può trovarla pecchè anche se la cercano si tira il ciato e non si muove neanche se una musca viene a darle fastidio.
Comunque nonostante queste cose ha tutti buoni voti la nicuzza. Anzi è proprio brava. La suora cià detto alla mamma che quella picciridda ha il dono della scrittura. E scrivere ci piace proprio a Carmela.
Lei lo fa sopra a tanti foglietti azzurrini che una vota cià regalato suo padre. Inizia con la data come si fa a scuola e poi ci scrive tutta ordinata le cose importanti che succedono così come ce le racconta alla mamma ogni giorno.
Quando uno di quei fogli è tutto chino dinchiostro lo mette in una borsa vecchia che ha trovato conservata sopra allarmadio un giorno che era rimasta sola.
Fu accussì che successe: la mamma era uscita e lei aveva iniziato a fare lesploratrice dentro la casa vuota. Cercando cercando sera messa con la seggia di fronte allarmadio per guardarsi bene allo specchio e lì alzando gli occhi prima di scinniri laveva vista. Quando era ritornata Antonia con il gelato Carmela aveva nascosto quel tesoro senza dirci niente. Forse però selera solo dimenticato a chiederci il permesso pecchè sera trovata a mangiare tutta contenta quella delizia. Era al limone il gelato. Tuttu iancu e asprignu che accusì buono lo sapeva fare solo il gelataro che passa ogni pomeriggio allangolo della via dove abita lei. Già. Forse proprio per questo sera dimenticata della borsa.
Là dentro ci sono anche le sue poesie e le foto. Quelle che ci piaciunu chiossai. E i segreti macari. Per questo ora la tiene ammucciata in un posto segretissimo che nessuno la deve scoprire.
Da oggi appoi non ciavrà più bisogno della carta azzurra pecchè la monaca per il suo compleanno cià regalato un quaderno grossogrosso e tutto profumato e cià scritto una cosa anche nella prima pagina:

"Voglio darti questo. Sarei felice se tu iniziassi a scrivere qui ogni tuo pensiero. Vedi... vorrei che questo quaderno riuscisse a seguirti, ad accompagnarti. Come se, per sempre, io fossi al tuo fianco. Fino al giorno in cui S. Giuseppe non deciderà di farti incontrare un bravo marito. E poi ancora, fino al momento in cui la Madonna non ti concederà la gioia della maternità. Fino a quando, un anno lontano, il nostro buon signore Gesù non ti chiamerà con sé nel suo gregge celeste"

Cetto la bimba lo sa che quella ci vuole bene e anche lei cinnivoli ma Carmela non glielà detto lo stesso che da grande non si voli maritari e che vuole fare la dottoressa che cura i bambini. Chinnipò capire una vestita di niuru di quello che sogna una picciridda?
Intanto lei sallena con le sue bambole. E le veste e le spogghia e ci fa le punture e ci da i medicinali dopo le operazioni che si inventa ogni giorno.
Cenà tante di bambole. Tutte quelle che ci ha regalato suo padre da quando lei ci ha detto che Alfio gliene ha portato una bellissima. E anche la mamma spesso ci gioca con lei e la guarda e ride e ripete che cià la casa piena e non sa più dove metterle tutte queste pupe.

Oggi è il suo compleanno. E vinni so o pà a pigghiarla che celaveva promesso. E ci saranno due torte anche. E baci.

17/11/07

Tapallara - 13 -

A vederla da quella terrazza Roma pareva proprio una cartolina. Ci era spuntata la fame quella matina e mentre mangiava senza sapere pecchè si mise a pensare a Sua Santità. Chissà che stava facennu il Papa in quel momento. Priava? Leggeva il Vangelo? Futteva?
Maria era assittata nella sdraio che si stava tingendo lugna dei piedi. La gonna leggera senera calata sopra i cianchi ma a lei non sembrava che ci importasse assai di stare a cosce aperte e senza mutanni. Ogni tanto lo taliava e sorrideva.
A quella femmina cerano sempre piaciuti i masculi che non si sforzavano di fare i mammalucchi per passare una notte con lei. In genere però quelli che incontrava non la pensavano allo stesso modo.
Ne vedeva tanti: alcuni pensavano che la strada giusta era quella di mannarici ciuri e gioielli oppure di cuntarici minchiate sui loro matrimoni; altri invece facevano i cannaruzzuni e recitavano la parte dei fissa per fare intendere di essere tutti innamurati e pronti a qualsiasi cosa per un suo desiderio. Che scemenze. Avevano tutti una gran vogghia di futtiri. Era questa lunica verità. Non cera bisogno di nasconderlo. E poi macari a lei ci piaceva passare il tempo in quel modo e se ciaveva il desiderio non cera nemmeno bisogno di domandare.
Ora cera questo Vincenzo. Ce ne avevano parlato bene. Uno che pareva destinato a una grande carriera. Erano stati in tanti a dirici di frequentarlo che ci conveniva assai e a dire il vero anche per il resto non cera stato tanto bisogno di sforzarsi con lui.
Quando ce lavevano presentato selera immaginata subito quella lava che sammucciava sotto a quella presenza profumata e in ordine. Raramente Maria si sbagghiava in queste cose e infatti lonorevole laveva subito invitata a cena a casa sua e cetto celaveva fatto capire che non era solo per fare amicizia o parrari. Lei sperava però lo stesso di non sentire troppe discussioni inutili prima di cuccarisi. Era stata comunque una preoccupazione dei fissa pecchè lui non laveva fatta questa minchiata. Lei non era ancora arrivata a trasiri nella porta dingresso che quelluomo ciaveva subito piazzato la sua lingua nella ucca e una mano nivvusa in mezzo alle cosce. Sarebbero andati daccordo.

Vincenzo saccorse che ci stava diventando di nuovo duro. Sullavissuru saputo i suoi amici come celaveva sucata la signorina della televisione quella notte ci sarebbe venuto un colpo. Quella fimmina non ciaveva proprio rivali. Savvicinò vicino alla sdraio e senza parlare la fece mettere a culo a ponte.

"Lo facevi così con tua moglie?"
"Muta, buttana, muta!"
"Scommetto di no. Vero Vincenzo? Vero?"
Cianfilau a siccu a quella iaddina.
"Macchiminteressa -pensò- su tuttu funziona come devessere mi fazzu rari u divozzio a S.Pietro e macari lassoluzione a sta vacca ci rugnu. Tutto. Tutto"

Si stava pulizziannu quando suonò il telefono.

"E allora Vincenzo com'è la situazione?"
"Tutti gli amici sono pronti. Ma mi hanno detto che il Principe vuole un elenco con tutti i loro nomi e prima ci vogliono garanzie"
"Non preoccuparti. Parlerò io con lui. Piuttosto... lo sanno che è tutto a posto con gli americani?"
"Certo. Si aspettano molto da voi"
"Bene. Di' loro di iniziare a muoversi"

Erano passati solo due mesi. Già sera stancato dei puttusi di Maria e del bordello che cera stato per quelle ammazzatine in Sicilia. E manco lì le cose della politica stavano andando bene. Tutto era stato sospeso e per giunta avevano attaccato a quacche amico innocente.

"Qui si sta scatenando il finimondo"
"Te l'ho detto, lo abbiamo addormentato"
"Sì ma intanto ora ci sono i processi"
"Dovresti saperlo che non ti devi preoccupare per questo. Pensa a futtiri. Anche i tuoi amici lo sanno che è tutto a posto"
"Ma io..."
"Ritornerai un po' a casa. Ci servi di nuovo lì. Non vogliamo che qualcuno pensi che abbiamo abbandonato gli affari"
"Bene"
"Bene"

Vincenzo a Roma non cera più dovuto salire per fare presenza al Parlamento. Parlava con chi di dovere e quando era il momento al suo posto ci mandava a quelli che voleva lui. Poi questi qua ci riferivano le novità e ubbidivano. Senza fari tanti problemi che lo sapevano quanto cuntavano.
Laltri amici fidati invece avevano continuato i loro affari come prima. I processi sono cose che ci vuole tempo e su sempri chini di fumo anche quando si parla di un colpo di stato. E poi se cè proprio bisogno qualche liggi si può sempre fare per aiutare chi cià problemi o primura. Ma questa è cosa che si sa. Limportante fu che quasi nessuno in quelloccasione si ritrovò a rancurarisi.

"Allora parti..."
"Sì"
"Ed io?"
"Ed io cosa?"
"Niente... mi verrai a trovare?"
"Ti spaventa restare sola?"
"Non sei divertente"
"E perchè dovrei esserlo? Per farmela sucare megghiu?"
"Vaffanculo"

La prima manata arrivò precisa e senza risposta. Dieci minuti dopo Vincenzo ci stava come un pazzo in mezzo alle cosce mentre lei invece cullocchi vagnava i linzola e con le gambe cercava di farici un ruppo dietro la schiena.
Fu lultima futtuta quella che poi non si vistero più.

13/11/07

Tapallara - 12 -

Nella capitale quacche cosa non era funzionata bene e Vincenzo senera tornato in Sicilia. Ora cerano nuovi affari.
I piu importanti erano fatti con quella polvere ianca che attraverso gente fidata si mannava allamerica. In cambio di questa arrivava a carrettate la munita. Bella pronta per essere pulizziata e spinnuta. E questa era la parte della storia che cinteressava di più a lui che per le altre cose cerano i suoi amici di sempre. Il fatto è che se uno ci sapeva fare veramente a maniare quei soldi il guadagno era alto e rischi noncinnerano.
Poi però cerano anche i soliti travagghi. Quelli dove la genti ci andava fino a casa a chiederci lamicizia e a portarci regali. Per questi lavori non cera mancu bisogno di farisi chiamare onorevole o di faticare assai. Bastava poco per sistemare una firma che non arrivava o trovare un documento che mancava. Solo una parola giusta a quelli che aveva sistemato negli uffici. Una telefonata. E se ce lo chiedevano lui era anche sempre pronto a darici quaccosa in prestito a chi ciaveva problemi di munita.
Ogni tanto si faceva macari quacche futtuta. Ma a parte il fatto che non era riuscito più a trovare una fimmina intelligenti e stuppagghiara come a quella che aveva conosciuto e lasciato a Roma a parte questo dicevo non erano i fimmini che a Vincenzo cinteressavano chiossai.
Lui voleva i soddi. Tanti soddi e rispetto. Dovevano accalari la testa tutti quanti quando lui passava. E pisciarisi nei causi se arrivava a incazzarisi.
Soddi e potere. Questo era quello che Vincenzo voleva. Quello che aveva.

Lo so che ora vi vinni la curiosità e volete sapere di quella fimmina e di quello che era successo fuori dalla Sicilia. Nel continente. Ma ve lo giuro che non è niente di particolare.
Lui sera ambientato bene che laveva preparata da tempo la trasferta e le amicizie non mancavano. Poi però cera stata loccasione di tagghiari la strada. Di prendere una scorciatoia. E Vincenzo ciaveva voluto provare.

08/11/07

Tapallara - 11 -

Non cera la televisione nella casa di campagna e nemmeno le canzoni entravano li dentro che mancava la radio. Ma Ninuzza non sinquietava per questo. Aveva scoperto che ci piaceva leggere. Era cominciata subito questa cosa della carta scritta. Nei primi tempi che lei era lì. Ci passava la collera sfogliando tutte quelle belle storie con le fotografie.
I giornali ce li faceva avere la sua amica Agata quando veniva a trovarla. Ogni giorno si può dire. Che ora non cera più nessuno a impedirlo.
Poi era capitato che ciavevano messo una fermata dellautobusso che portava in centro. Proprio vicino al cancello della sua casa. E a lei cera cambiato il mondo.
Lidea celaveva data la parrucchiera. Ninuzza leggeva così assai ed era tanto accanita in questo anche se cerano sempre gli stessi giornali dentro a quel negozio che tutte le altri clienti quando la vedevano assittata passavano avanti pecchè tanto lo sapevano che lei non se ne sarebbe nemmeno accorta impegnata comera a finire qualche storia:
"Ninuzza ma invece di veniri cà per sforzare locchi... ma picchì non tinni vai alla biblioteca e te li porti a casa tò i libri?".
Certo forse la stava prendendo in giro ma Ninuzza invece pensò che quella era una buona idea e accussì una vota a settimana vestiva a festa a Carmelina e sinnieva in Biblioteca a farsi prestare un libro. Non è che allinizio era molto pratica di queste cose però una persona che laiutava la trovava sempre e così quando ritornava a casa era sempre tutta soddisfatta. Solo una vota uno tentò di fare lo spetto e ci fece pigghiari un libro che già alla seconda pagina lei era diventata di mille colori e cò focu di intra. Lo chiuse quasi subito macari se ancora celaveva la vogghia di continuare e per quella settimana ci resi lacqua alle piante.
A lei ci piacevano di più le storie damore. Quelle chine di difficoltà che si arrisolvevano quasi sempre con un bacio o un matrimonio alla fine della vicenda. E ogni vota che dopo le prime pagine si accorgeva che il libro era come voleva lei pigghiava a so figghia e sassittava davanti alla porta di casa a leggere a vuci di testa.
Quellangelo lascoltava tutta attenta arripetendo tutte le sue espressioni e anche se a volte non capiva le parole lo sapeva che il loro significato poteva trovarlo nella faccia della madre.
Un giorno mentre erano cumminati accussì Vincenzo spuntò allimprovviso che Ninuzza non si potè ammucciari.
"Voglio mandare Carmela in collegio" ci disse. E quelle erano le prime parole dopo quattro anni.
Antonia accalau la testa. Si sentiva moriri. Ma non parlò però. Entrò dentro casa per pigghiare carta e penna e ci scrisse le sue condizioni a quelluomo.
Accettò tutte cose Vincenzo che ora che a Roma finalmente cera arrivato non cenaveva vogghia di fare discussioni con quella pazza.
Accussì ogni mattina una macchina veniva a pigghiari la picciridda per portarla dalle suore e poi il pomeriggio laccompagnava di nuovo a casa.
Sua madre laspettava sempre davanti al portone e la stringeva ogni vota forteforte prima di farisi raccontare tutto quello che aveva fatto. Non cera niente che non la interessava. Voleva sapere ogni cosa. Chi cera e chi non cera. E le lezioni. E il mangiare. E i vestiti. E le preghiere. Carmela iniziava a cuntari e a rispondere. E continuava. E non cià fineva fino a quando dopo cena non saddummiscevano insieme nel letto grande.

01/11/07

Tapallara - 10 -

Vincenzo ci faceva sempre avere i soddi per la figghia a sua mugghieri e si faceva viriri anche. Quando era festa. Quando uno che è padre non può mancare. Si comportava come se ci volesse bene veramente a quel sangue suo e forse era proprio così.
Quando lui arrivava che prima la faceva avvertire da quaccuno Ninuzza si chiureva nella sua stanza. Non ci voleva parrari. Non lo voleva vedere. Poi però non resisteva e li guardava lo stesso a Vincenzo e alla figghia. Dalla finestra. Appoggiava locchi alle striscie di luce in mezzo alle serrande abbassate e stava lì fino a quando riusciva a seguirli.
Spesso chianceva di gioia vedendo a Carmelina e a quel diavolo che laveva fatta innamorare che schezzavano e giocavano nel giardino come se niente fosse. Qualche vota capitava anche che a guardarlo ci venivano pensieri strani. Allora la chiureva tutta lavvolgibile e chiureva locchi macari. Dà. In quella stanza maliritta. La mano veloce curreva come se non fosse stata la sua. Cercava la conca addumata sotto alla gonna e lastutava. Per un attimo così le finivano tutte quelle pene che le altre non le passavano mai.
Cerano volte però che neanche le dita da sole ciabbastavano. E ci sarebbe piaciuto sentiri quel calore furastero di intra. Il ciato nel collo. Le parole accarizzati. Sarrusbigghiava subito però da queste fantasie. Lei non ciaveva bisogno solo di questo. "Su tutti i stissi" si diceva. Macari Alfio. Macari gli altri. E allora Ninuzza sinnieva a rapiri il frigorifero oppure si sciacquava la facci con lacqua fridda immodochè poi per quella volta ci passava ogni cosa.

29/10/07

Tapallara - 9 -

Laveva cercata assai senza trovarla e sera preoccupata molto per quella assenza ma poi quando ogni cosa era stata chiarita la vecchia Alimanni non ciaveva voluto chiedere niente a Ninuzza di quello che era successo. E tante altre cose non cera mai riuscita a spiarici alla figghia anche se lo sapeva che molte volte e per molte cose importanti ce ne sarebbe stato bisogno. Ma alla finfine quali domande? Che le risposte le sapevano tutte e due e se le erano scambiate con locchi per anni tutti i giorni. Ora che era nonna a Mena ci bastava di vederla tranquilla alla sua nicuzza e di iucari con la niputedda.

Erano passati quasi tre anni. Il giardino a tannicchia a tannicchia fu circondato dalle case. Ma Ninuzza non ci badava assai a questa cosa. La matina arrusbigghiava con una carezza a Carmela e la portava fuori a farici respirare il sole. Fino a due anni e mezzo lei ciaveva dato il suo latte alla creatura ma uno nemmeno se lo immaginava questa cosa pecchè ciaveva ancora due minne tunni e chini che parevano ianca pasta di mandorla. Ne sapeva quaccosa Alfio che ogni sabato ci portava la spesa grossa dal mercato e che la taliava sempre come a un babbalecco. Ma tutto si fermava a quelle taliate. A quegli occhi che chiedevano. A quelle mani che ammucciavano voglie.

"Cumu stai?"
"Bene e tu?"
"Ci puttai una bambola alla picciridda. Talia. Ciavi macari u biberon"
"Grazie, ma lo sai. Io..."
"Finiscila. Non ti preoccupari. Iu sugnu cuntentu ogni vota che..."
"Che?"
"Su ti viru felice, ecco"
"Come sta tua moglie Alfio?"
"Bene, grazie. E' a casa pì cucinari"
"Vacci annunca! Caspetti?"
"Sì, sì... è ca iu ti vulissi..."
"Vai Alfio, a sabato. Non ci pensare a me. Sugnu tranquilla. E ora sta venendo mia madre per aiutarmi"
"A sabato allura... macchiè stu sgrusciu? Chissù sti vuci?"
"Corri Alfio. Corri. Viri chi successi"

Era allangolo della strada. Da sotto alla lapa china di bombole spuntava una striscia rossa. Nellasfalto dietro a quel carretto a tre ruote sintravvedeva quaccuno a terra.
"Ammazzau! Ammazzau!" "Ciacchianau di supra du disgrazziatu!" "Presto! Presto! Fimmati quacche machina!" "Forse è ancora viva!" "Non si movi! Non si movi!"
Tutti erano attorno a quello spettacolo. Ittannu voci. Taliando muti. Facendosi il segno della croce.
Il cistaro savvicinò al gruppo che ancora lautista doveva scendere. Se mai ciavissi arrinisciuto quel carusiddo senza vavva a capire quello che aveva fatto. Tutto iancu stringeva stretto stretto il volante e guardava avanti come uno che non riesce a svigghiarisi e preia. Ma non cera più niente di priari. Quaccuno arrivò presto con una coperta a coprire quello che restava di quella mischinazza.
Fu per caso che in mezzo a tutta quella confusione Alfio visti vicino al marciapiede una cosa niura con i manici dorati. Ora fu sicuro di sapiri cuiera la morta. Ci venne un colpo. Laveva vista tante volte quella borsa a casa di Ninuzza. Quella che Mena sera accattata per il matrimonio.
La pigghiò come una reliquia per portarcela al suo amore. Camminando verso il cancello accuminciò a sintirisi come tanti ruppa nello stomaco. E ci mancava la forza per dariccilla quella notizia. E per pensarla anche.

Ai funerali cerano solo tre fimmini e nemmeno un ciuri. Ma così era stato deciso.
Una di quelle era muta e con i palitti ritti.
Unaltra invece cullocchi vivi sannaculiava e iucava senza parlare.
Lultima nel suo cuore arriscurreva con la morte.

24/10/07

Tapallara - 8 -

Ancora la fimminedda cercava il latte quando tutta la famigghia sinniu a stare in una casa nuova. In via Etnea. Come i nobili.
Vincenzo non solo era diventato assessore ma lavevano fatto anche presidente di tutti i commercianti catanisi e a lei ora tutti un poco per sbaddo e un poco per verità la chiamavano la presidentessa.
Ninuzza ciaveva vestiti e soddi. Di certo chiossai di prima. E una cammarera che ci cucinava. E una che ci faceva le pulizie della casa. E macari una machina anche. Con lautista che la portava dove voleva. Se voleva.
A lei però ci piaceva quasi solo crescere a sua figghia Carmela che così avevano deciso di chiamare la picciridda e poi a parte questo Ninuzza non sapeva nemmeno dove andare se ci fosse vinuta la vogghia pecchè Vincenzo con i suoi amici della politica aveva accuminciato a fare abbattere tutte le case del suo vecchio quartiere che diceva che era per fare più bella Catania e non cera rimasto più nessuno che lei conosceva da farci una visita. Una di quelle visite che ti assetti fora dalla porta e vedi la gente passare e parri di questo e di quello e arriri come solo la gente sincera arriri e saluti tutti anche e da tutti senza malizia si salutata.
Ora non cera chiù nenti. Erano partiti tutti per il nord oppure senerano andati a abitare nelle case che stavano costruendo attorno alla città.
Grazie a lei che celaveva chiesto a Vincenzo macari alla sua amica Agata ciavevano dato una abitazione nuova. Era la stessa dove ero andato a stare anchio. Anche pecchè a quellepoca io e Agata eravamo sposini frischi. Non ceravamo ancora divozziati. Ci volevamo bene e manco ci pensavamo a questa possibilità. Comunque. Lassamu perdiri. Che chistu non centra niente con quello che vi sto cuntando. Dicevo di quella casa. Era un palazzo in mezzo alle campagne che visto da lontano di essere bello era bello solo che ancora dentro ci mancava lacqua e la luce anche e la strada per arrivarci era una striscia di fango buona per quando passavano le pecore.
Ninuzza però anche se voleva non ci poteva proprio andare lì. Ora era una ricca e non stava bene frequentare i pizzenti. Macari se erano amici. Macari su puttavano voti. Questo ciaveva detto Vincenzo quando lei aveva chiesto il permesso di farici una visita a Agata. E sera incazzato anche che lei queste cose doveva capirle da sola e che ciaveva una reputazione ora e che poi per lei era arrivato il momento che si metteva nella testa che doveva imparare a fare la signora e a praticare alla gente giusta. Quella che contava.
Ninuzza aveva attaccato a chianciri pecchè non sapeva cosa risponderci ma non era stata quella la prima vota. Dopo il matrimonio suo marito ciaveva fatto sempre più spesso vuci. Certo mai a quel modo ma la verità è che con il tempo Vincenzo era addivintato sempre più nervoso. Lei aveva immagginato che era così pecchè ciavevano avuto una femmina e lo sapeva bene come invece lui e la sua famigghia avevano desiderato tanto un masculiddu. E poi cera anche tutto quel lavoro che lui faceva e laffari anche a stancarlo. Che a casa quasi non lo vedeva più. Passando i giorni però non è che poi era rimasta tanto sicura di quelle pensate. Cetto lei non era una che pigghiava liniziativa in queste cose ma sera accorta che suo marito... insomma... la cercava poco quando si cuccavano e accussì qualche brutto pensiero ci stava accuminciando a venire e per questo sera decisa a stare più attenta alle cose che sentiva casacasa.

"Allora hai deciso?"
"Dovrei lasciare qui mia moglie anche se..."
"E non è meglio per te? Te la immagini Antonia a cena con le mogli degli altri deputati? E se sono le donne che cerchi non credo proprio che troverai problemi"
"Lo so, lo so. Accumencio a pensare che mia madre aveva ragione: tinatilla pi futtiri adda fimmina e marititi cu una vera signora mi diceva. E io no, che sì le volevo far dispetto, ma... di fronte a quella donna non resisto neppure ora..."
"Ecchiciavi? U meli?"
"Già. Pittia è facile. Ma ci pinsai bene. Tra un paio di giorni... capitano tante cose brutte a questo mondo"
"Non penserai..."
"Già. A che servono allora gli amici?"

Parlavano accussì lassessore e il ministro e non sapevano che la voce è come il vento. E se si lascia la porta aperta in una stanza il vento furia e furia e arriva dove non dovrebbe arrivare e cancia laria e gira e forma tempesta.
Quella notte stessa Ninuzza si pigghiò di nuovo il destino di sua madre. Tornò a essere Alimanni la carusa. E si portò dappresso a sua figghia anche. Lì dove la nicuzza era nata. In campagna. Che lo spazio cera e nessuno faceva domande.
Vincenzo non faticò assai a trovarle. Ninuzza per lunica vota della sua vita aveva usato lautista per raggiungere quel posto senza pensare a nientaltro che a stare lontano da quelluomo.
Lui anche se non ciaveva le prove selera immaginato subito il motivo di quella fuga. Non era sicuro però che lei avesse sentito e capito tutto. Fu per questo che allinizio da dietro alla porta tentò di convincerla e di farla parlare con le buone. Per sapere se aveva raggione nei suoi sospetti o se cera quacchecosaltro che lui non conosceva.
Ninuzza però stava muta e non ci dava conto. Stringeva tra le braccia a Carmela con le spalle appoggiate al legno e na sò testa priava.
Poi Vincenzo tentò di trasiri con la forza. Pigghiò a dare pugni allingresso. Accuminciò a fare voci macari. Malirissi a lei. Alla sua pazzia. Prima di decidere di andarsene ci gridò anche che si sarebbe ripreso a sua figghia. Ma era solo per fare tannicchia di scena. Per fare scumazza.
Lo sapeva anche lui che era megghio accussì. Chi celo faceva fare di dovere favori tanto importanti a certa gente. Chiccinnaveva di doversi crescere da solo una figghia.
Lui nel continente e Ninuzza nella campagna allora. Non era una cosa malvagia pinsau avere una mugghieri viva e vedova. Pecchè del resto Vincenzo non ci voleva avere più niente accheffare con una ca pareva che cerano nisciuti i senzi. Eppoi Roma oramai era vicina. O almeno questo lui credeva. Pecchè quella vota su iucanu per una ventina di voti e lo fecero stare a fare affari nella sua città che ci dissero che ci conveniva chiossai.
E Catania veramente stava diventando unaltra cosa. Tutti quelli che ciavevano due soddi accuminciano a fare i muratori. Ma soprattutto chi di soddi cenaveva assai capì che quello era il momento giusto per chiantarli e vederli crescere.
Fu accussì che spuntarono centinaia e centinaia di palazzine. Nel frattempo però sparirono giardini di frutta e pummaroru e il mare anche. Pareva che tutti lo volevano ammucciare a quello sfregio. Roba inutile che tanto non ci si poteva costruire di sopra. Ma tutto questo sembrava non interessare a nessuno pecchè anche se a quaccuno ogni tanto ci pigghiava la fantasia di dire che non si rispettava la legge tutto in poco tempo si aggiustava. Ma quale legge! Lo sapevano tutti e lo sanno ancora che la legge è una sola. Quella di chi ciavi munita e comanda e da travagghiu e sarricchisci.
Vincenzo ci mise impegno nel lavoro che ciavevano dato e senza perdere tanto tempo riuscì anche a diventare avvocato collaiuto di qualche amico prufissuri alluniversità. Che a farsi chiamare dottore cenerano tanti ma uno vero contava sempre chiossai.
Insomma la fulinia cresceva. E sallargava. E lui con le sue mani e la sua chiacchera si muoveva a meraviglia in queste cose e faceva e disfaceva e imparava a usare parole nuove che erano sempre giuste quando si trovava di fronte a qualche scassaminchia.
Aggiornare. Rielaborare. Riconsiderare. Ammodernare. Creare la Milano del sud.

18/10/07

Tapallara - 7 -

Cè una cosa importanti che mi scordai di dire.
La famigghia di Vincenzo già a quel tempo ciaveva un piccolo giardino vicino alla città. Tutto chino di limoni e di ficu e di ceusa. Di ciauru e di friscu.
Nel mezzo di questa campagna cera una casa di quattro stanze. La cucina. Il soggiorno. Un cesso messo a nuovo. La camera da letto. Anzi a essere precisi di questultima stanza già vi avevo parlato. Ma in certe occasioni non serve dire altro.
Insomma. No sacciu se vinteressa anche questa informazione ma forse prima quella era come a una piccola massiria e serviva a metterci tutti gli attrezzi per travagghiare la terra e la frutta che si cugghieva anche. Ma ora lavevano aggiustata così bene che pareva quasi come a una reggia. Sempri frisca e asciutta. Estati e inverno.
Fu lì che Ninuzza partorì. Una fimmina. A continuare la stirpe.
I dottori ciavevano detto che ancora mancavano due mesi alla nascita e perciò non cera nessuno quella sera a farle compagnia anche pecchè tutto pareva tranquillo e lei poi sera intestardita che voleva stare sola. Vincenzo era già da una settimana a Palermo a fare un congresso e Ninuzza si sentiva ogni giorno sempre più triste per questa mancanza e con strani presentimenti nel cuore.
Ma lassamu stari queste cose. La nicuzza nasciu dicevo.
Tutta rosa saffacciò in mezzo alle cosce della madre quasi ammucciuni. Senza farla soffrire troppo. Lei fino a quel momento aveva visto partorire solo a Merilin. La cagnuledda che furiava sempre incinta frisca nel suo quartiere. Ma fu come se sapesse lo stesso. Di quello che succedeva e di che cosa doveva fare. E così tutto andò bene.
Cerano le stelle e un silenzio cicalato quella notte e Ninuzza se la stringeva al petto quella sua creatura e ci cantava e si sentiva felice e triste e di nuovo felice e di nuovo triste. Pensava che sua figghia avesse diritto a avere gioia a questo mondo e nel mentre continuava a tenerla in mezzo alle sue minne quella carne. Cantando e stringendo. Baciandola e piangendo. Fino a quando ci finiu la voce. Fino a quando vide la nicuzza dormire tranquilla e anche la notte passò e spunto unaltro giorno e unaltro sole.

13/10/07

Tapallara - 6 -

Si maritanu che era primavera. Il suo patrigno era morto due mesi prima ma non cera stata vogghia di rispettare il lutto e così ci fecero il cunsolo il giorno dopo e poi tutto quello che era stato di quelluomo finì sotto alla terra. Mancu soddi lasciò Don Iano pecchè negli ultimi anni aveva ricominciato a mangiarisi tutto a divertimenti e puttusa ipotecando e vendendo quasi ogni cosa di quello che aveva.

Ninuzza con una mano sulla panza unchiata e laltra sotto il braccio di suo marito guardava drittodritto il fotografo e non pareva poi così felice nella foto che aveva conservato anche se la sua creatura doveva nascere presto e per prete ciavevano avuto il viscovo in persona.
Tutti gli altri invitati ceccavano di sistemarisi in posa e quaccuna ci diceva ai suoi figghi di stare fermi. Quaccunaltro saggiustava locchiali. Qualche fimmina schietta sallisciava la gonna.
Solo sua madre sembrava taliarla rittaritta. Era lontana da lei nella foto. Un gradino sotto a Ninuzza. A destra. Nel mezzo cera qualche cliente fidato della famigghia dello sposo. Di quelli che fa prestigio e sustanza averli come ospiti.
Forse non era stato Vincenzo a metterla lì. Forse era stata una decisione del fotografo. Per il suo vestito a lutto o pecchè non la conosceva bene o non sapeva chi era. Oppure ancora era Mena stessa che si stava abituando a stare in quel modo. In disparte. Del resto oramai il suo dovere laveva fatto e non sivvevano altre sceneggiate al mondo per stare in pace.
Ma nonostante questo proprio lei pareva lunica cosa sincera e felice dentro a quei pochi cartoncini a due colori che Antonia aveva tenuto con se. Gente morta e gente viva. Tutti bianchi e neri. Neri e bianchi.

Vincenzo aveva dovuto fare il masculo per sposare a quella picciotta. Tutti lamici lavevano sconsigliato che la famigghia di lei era quello che era e che forse la carusa era una bastarda e che una disposta a farsi unchiare la panza non è una fimmina seria. Anche a sò casa cerano state discussioni e fino allultimo la sua famigghia sera rifiutata di nesciri una lira per quel matrimonio disgraziato. Ma a lui non cinteressavano queste chiacchere. Certo forse ciavevano ragione per quacche cosa. Ninuzza non parrava bene litaliano. Ciaveva amicizie di due lire. Non si sapeva vestiri. Però era una cosa viva e le cose vive cè sempre tempo per aggiustarle e poi si vedeva anche che lo voleva bene veramente. Non come a quelle quattro strafallarie che gli volevano fare sposare. Le conosceva a tutte lui. Una per una. Che quanderano a casa o dentro la chiesa ubbidivano alle famigghie e priavano il Signore ma che poi appena ciavevano il ciato libero e la compagnia giusta sammucciavano dentro le vanedde. O scuru. E facevano certi lavori con le mani e con la funcia a farici nesciri u sucu che un masculo serio dopo quasiquasi non ce la faceva più a camminare. Tutte sante e vergini erano. Fino a quando non si sapeva nenti e si campava tranquilli.
A Ninuzza invece lui laveva convinta a picca a picca. Con la mano ferma. Certo. Ma anche con laffetto. E lei non ne faceva cose di cui vergognarsi come a quelle. Cera anche dispiaciuto la prima vota a vederla piangere dopo che aveva finito. Lo sapeva che laveva fatto solo per lui e che quellangelo ciaveva sofferto per quel sacrificio. Non era riuscito a dirci niente di questo quella vota ma nella sua testa aveva preso la decisione di sposarsela. E poi ora cera quel figghio che stava arrivando e la sua carriera anche che lo stava facendo diventare uno importante davvero.
Perchè lui quando nella Sicilia le acque serano calmate sera abbiato nella politica che celaveva consigliato un suo amico parrino. Questultimo laveva anche presentato alla gente giusta e Vincenzo non cera stato assai a capire che quellambiente ci piaceva. Sembrava come se fosse nato con questo dono. Tutto ciarrinisceva facilefacile e in pochi mesi era riuscito a farisi sentiri dentro al partito che già ciavevano promesso un posto di assessore alle prossime elezioni.

08/10/07

Tapallara - 5 -

Erano già quasi usciti. Vincenzo pigghiò le chiavi per chiudere la porta ma poi saccorse che nella stanza doverano stati era rimasta addumata la cannila.
Rientrò veloceveloce e lastutò tra le dita.

Un paio di ore prima tenendola per mano aveva guidato Ninuzza in mezzo allombre dell'ingresso e solo quando erano arrivati davanti a quellultima porta aveva tirato fuori dalla tasca della giacca per addumarlo quel pezzo di cira che sera portato da casa. Erano entrati così in camera da letto. Come in una processione. Poi lui aveva posato il lumino e i pospira sopra al comò e aveva iniziato a baciarla.

La sua faccia era russa come quella del diavolo ma le sue dita erano fredde a sentirle dentro le mutanne di tila. A Ninuzza ci scappò una risata muta quando Vincenzo iniziò a trafficare con i ganci del reggipetto che pareva un carusittu della chiesa. Uno di quelli che non lanno conosciuta e tuccata mai una fimmina vera.
Ummuttau sopra il letto e astutò quella fiamma traditrice. Poi voltandosi cominciò a spugghiarisi lentalenta.
Quel giorno sava misu una camicetta tutta ianca con gli sbuffi nel collo e una gonnellina blu rittaritta che celaveva regalata una vicina di casa.
Cera rimasta male per questo quando serano incontrati. Lui non ciaveva fatto nemmeno un complimento. Come se lei non ciavesse studiato tanto prima di scegliere e mittirisi quelle cose.
Voleva sembrare bella. Farlo sentire orgoglioso. E invece...
Aveva comunque fatto finta di niente per quella scortesia e laveva seguito come se non ciavesse avuto importanza. Ora però voleva stare solo attenta a posarli bene quei vestiti. Poteva sempre capitare che quacche conoscente virennula nella strada si fissassi a taliari una piega di troppo della sua gonna per poi cuntari cose strane in giro oppure che nella foga Vincenzo strappasse quacche cosa.
Ma la causa più vera di quello scuro era che Ninuzza saffruntava di livarisi tutto davanti a lui. Di ristari a nura davanti a un masculo. Quando finì però si rese conto che locchi oramai serano abituati addù niuru e vutannusi saccorse anche che a Vincenzo non cera dispiaciuto assai di taliare. Anzi. Tutto a nura e senza cummigghiarisi dove cera bisogno pareva un signore messo comodo in prima fila a teatro.
Tirò un sospiro la palummedda. Oramai non poteva più tornare indietro. Era tardi. E non voleva correre il rischio darritirarisi di nuovo a casa con la faccia russa che quando cera capitato dopo che erano andati al cinema ciaveva dovuto raccontare minchiate supra a minchiate a suo madre. Per non metterla in agitazione. Per continuare a nesciri.
Senza parlare addumau di nuovo la cannila e poi si sdraiò vicino a iddu aspettando con locchi chiusi.
Laveva sempre immaginato quel momento e anche se laveva visto fare allanimali quella cosa e aveva sentito le voci e i sospiri dei cristiani quando si cuccavano la notte e conosceva bene le puccarie che voleva farci fare il vecchio ancora non lo sapeva veramente quello che succedeva nellamore. Quello vero intendo. Pensava a baci e carizzi. A giochi e parole. Vincenzo invece pareva addivintato muto. Con una mano ci fece aprire le cosce e poi ciacchianau di sopra. Non è che Ninuzza sentì dolore assai. No chistu no. Anzi forse nemmeno ci dispiaciu. Ma quando iddu si levò che aveva finito lei era come se non ciaveva più parole per lui. E continuò.

02/10/07

Tapallara - 4 -

La strada niura di lava e fatica scottava sotto i calcagni. Non ci voleva assai per arrivare allangolo della strada e lacqua ca nisceva dalla fontana era frisca e sapurusa quasi come il ciauru dei gelsomini.
"Ninuzza chiffai mu runi un vasuni?"
Ciaveva tre denti doro Alfio il cestaro. E una moglie. E cinque figghi. Ma "u pacchiu e duci" ci diceva allamici e rideva. E "a parrari non si fanno puttusa" aggiungeva. Già loro nel frattempo serano tutti lanciati a babbiare di corna e di futtuti.
Ogni matina però quella fimminedda ci canciava il cuore. Le cose che ci diceva a idda ci nascevano nella testa senza malizia. Come quando taliava un suo travagghio ben fatto e ci veniva vogghia di tenerselo per se e di accarezzallo e di dire grazie a Dio e a tutti i Santi per quella gioia. Ninuzza queste cose non le poteva sapere tutte ma capiva lo stesso e arrireva a quellimpertinente e ci passava di nascosto sopra con locchi a quelle dita di seta come se non avessero padrona. Certo sua madre ci ripeteva che "su talii la strada non sbagghi traversa" macchì ci poteva fare lei se ogni tanto inciampava e poi quel giorno cerano un paio di causi di signore vicino a Alfio. E scarpe lucidate. E una cammisa bianca. E mani pulite. E occhi sopra i suoi occhi. E lamore.
"No. No. Non vogghiu. Non mi piaciunu sti iochi".
Era la prima vota che si vedevano ammucciuni.
Laveva portata al cinema che facevano "Due soldi di speranza" e lei pensava che quellattore... come si chiamava? Musolino! Era proprio un belluomo quello. E poi si chiamava come al suo zito. Vincenzo. Di diverso cera che quello nel filmi non ciaveva le mani lunghe come al suo. E mancu gli stessi soddi. Che la famigghia del suo zito savamisu a fare il mercato con la guerra e ora ciavevano negozi e campagne che potevano scegliere loro che cosa mangiare e quando travagghiari.

La mamma sua invece non lo sapeva che lei era al cinema.
"Sugnu a casa di Agata checciaiutu a fare le pulizie" ciaveva detto.
Ma Agata era unamica e ci faceva il cummogghio. Era stata lei a pristarici un vestito bellissimo tutto scampanato con i quadretti bianchi e neri che se non stava attenta a muoversi si vedevano le minne pecchè le sue erano grosse e non ci stavano tutte dentro come a quelle dellaltra.
Ninuzza però ora nello scuro della sala si sinteva più tranquilla.
Di sicuro nessuno che la conosceva laveva vista. Il cinema era lontano dal centro e non ciandava molta gente a quellora. Ciaveva pensato tanto prima dincontrarlo a questo rischio e anche al fatto che non sapeva come si sarebbe comportato du masculu appena si fossero astutate le luci.
Le cose in pochi giorni erano andate avanti velociveloci. Vincenzo sera presentato la mattina dopo che serano visti la prima vota e lei ciaveva sorriso e ciaveva parlato. Lui era uno abituato a farisi rispettare e lei non cera riuscita a dirci di no quando dopo una settimana lui ciaveva detto:
"Domani andiamo al cinema".
Ci piaceva quando Vincenzo parlava in italiano come i signori e si vireva che era uno importante pecchè aveva fatto le scuole che era maestro e lo venivano a trovare dal continente per fare affari. Anche Alfio lo diceva a tutti di comera muntuato e preciso e simpatico quel suo cliente.
Le mani addosso però non li voleva. Ci pareva di essere una tapallara. Come se il suo patrigno ciavesse raggione quando quelle volte che arrinisceva a pigghiarla a solo le diceva piano naricchi:
"Si na buttana comu a to matri e tu giuru prima o poi macari tu ma suchi!".
No! Non era accussì! Lei era riuscita a non farceli fare mai i propri comodi addu poccu. Macari se lui per ripicca con la scusa di darici leducazione la prendeva sempre a pugni e cauci facendola chianciri tutti i ionna.

Lei non li voleva fare questi iochi. Lei sognava. E vireva principi e principesse e fiori e castelli.
Ma quando arrivò la prima manata del suo zito ci passò tutta questa poesia. E Vincenzo non era più Musolino. E lei non era più la stessa fimmina del filmi. E il cinema non era più il cinema.

27/09/07

Tapallara - 3 -

Passò il tempo e passò macari la faccia tunna collelmetto e la guerra dellamericani. Ora era arrivata la libettà. O almeno accussì dicevano.
Quaccuno a dire il vero non sera fatto incantare da sta badda e come se niente fosse aveva proseguito la sua vita. La maggiopparte della gente invece sera misa a sognare di terra e di giustizia come a quando era arrivato Garibbaddi. E aveva accuminciato a movirisi anche.
Pensavano che tutto poteva essere diverso.
Non lavevano considerato il fatto che per i puvirazzi le cose che succedono supra a questa terra pari ca si ripetono sempre i stissi. Senza guadagno.
"Dui su i putenti. Cu ciavi assai e cu non ciavi nenti". Accussì dice il proverbio e accussì ripetevano loro quando si incontravano. Ma come a centanni prima tanta gente prima di svigghiarisi senza mutanni si ritrovò in carcere o peggio ancora suttaterra. A comandare mancu a dirlo tornarono presto i panzi di canigghia. Le stesse facce di prima insomma. Che così fino ad ora è sempre successo.
Queste cose Ninuzza in quel momento non li sapeva e non sapeva nemmeno che poi un giorno a lei ci sarebbe piaciuto leggerla nei libri la vita che aveva fatto quandera nica anche se non tutto quello che cera scritto era come lei se lo ricordava. Forse pecchè è sempre stato ca è cu teni u vastuni che poi ti cunta la novena o forse pecchè alla fine tutta la vita è come la nostalgia dellemigrante e se pensi alla mela russa sopra allalbero capita che ti scordi del verme che se la mangiava. Comunque. Cangiamo discorso.
Quella carusidda era proprio bedda quando sinniieva a prendere lacqua alla fontana che già i primi occhi si furiavano e le mani incominciavano a farsi pesanti. Come quelle del suo patrigno che cercava ogni scusa pinfilaraccilli in mezzo alle cosce o quelle di sua madre che quando lei non ci rispondeva scangiava i pizzicuni che ci dava per carezze.

"Ninuzza. Ninuzza. Veniccà!"
"Chiccè papà?"
"Fatti viriri... sei fatta grande. Dimmi... cillai u zito?"
"Ma no papà. Macchidici"
"Megghiu accussì... veni. Avvicinati. Ti fazzu viriri una cosa. Avvicinati. U viri chistu? U sai acchì serve? Veni... tocca. Talia comu è cauru!"
"Ma..."
"Veni ti rissi! E isiti sta gonna... fatti viriri megghiu... Si fatta ranni oramai"
"No. No papà! Ma chiffai? Papà..."
"Finiscila. Non ti rissi nenti to o ma'? Non cinnè sangue mio ne to vini. Non sugnu capace dicono. Però tu si mia u stissu! Comu a idda! Comu a sta seggia! Comu a sta casa! Ti pari ca taia crisciutu per niente? Veni! Fatti tuccari!"
"No! Fermo! Fermo!"
"Non fari vuci! Non fari vuci e non ti fari sentiri ca ora ti fazzu una bella visita... comu u dutturi..."
"Lassami! Lassami!"
"Ahia! Bastarda! Sì. Sì. Scappa. Scappa. Tantu sempri cà ti trovo. Bastarda!"

Crisciu lo stesso la picciridda. Senza troppe puccarie. Bedda e pulita come un ciuri di campo. E sammucciava sempre quando era sola a casa pecchè cercava di evitarli quei guai con il patrigno e faceva la muta con sua madre pecchè sperava che lei non capisse. Non vedesse. Non sapesse niente di quelle cose.
Finì le scuole anche. A leggere e a scrivere ciarrinisceva oramai e non serviva altro a una fimmina onesta. Questo ci fece capire un giorno a scoppole quelluomo che Ninuzza nonostante tutto continuava a chiamare papà. Poi però ci fu un momento macari che tutti i cosi pigghianu culuri.

24/09/07

Tapallara - 2 -

"Non cantu l'armi; li lassamu stari
in manu di li vappi e spataccini.
Li fimmini, li masculi, l'amuri,
li purcarii, l'audaci imprisi iu cantu."

Così cera scritto in un quadro allingresso della sua casa con la firma di Micio Tempio a fianco e sotto a una figura di un masculo e di una fimmina che cera poco da immaginare quello che stavano facendo.
Ma in fondo non era una mala persona Don Iano.
Quando era stato giovane prima di trasferirsi nella città sera sposato con una bedda carusidda della sua strada che lui però già allora superava la trentina mentre lei pareva sua figghia tanto era ancora un bocciolo. Tutti erano rimasti contenti di quel matrimonio. Le famigghie erano ricche e muntuate e dentro il paese uno per bene non si poteva desiderare altro dalle cose del mondo.
Ma non era solo questo il motivo di tanta cuntintizza pecchè anche gli sposini i loro i primi anni li avevano campati felici nel miele e tra li carizzi. Ma tutti lo sanno che unnicè il grano cè anche la gramigna e che linvidia come la fame è facile a spuntari.
Il fatto grave fu il tempo che passava.
I figghi non arrivavano e la gente cominciava a parrari e diceva che era lui che non era buono pecchè lei era ancora giovane e china. Forse per questo a quelluomo cera pigghiata la fantasia del fottere in zi chitanza o forse anche pecchè sua moglie con il tempo la sera faceva sempre di più la santuzza devota e senza vogghia. Comunque sia a picca a picca tutti accuminciarono a sapere delle sue uscite fatte con la iaggia aperta e le femmine della città pigghiarono a spiarlo ammucciuni quando lo vedevano passare tutto elegante in mezzo alla strada che un poco facevano loneste e un poco lo sticchio ciavvampava. Quando la sposa morì con la spagnola a Don Iano per quacche tempo ci passano i spittizzi che anche per lui letà cera e oramai quasi solo con i soldi sastutava la cannila.
Larrivo di quella palummedda però ci diede di nuovo fuoco.
Tutto ci passi come una vota. Fresco e pulito. Macari quella figghia attruvata che allinizio mezzo arrirennu e mezzo serio faceva vedere a tutti. "Minnii a fare un giro in campagna e mi tunnau la simenza" diceva. Macari quella fimmina che nellamore non ciaveva più niente da imparare ma che ci stava accanto fedele e che senza lamintarisi in tutti i modi lo faceva contento.
Fu però in questa sua ultima impresa che perse petto e baddi. Forse pecchè a scoprirsi vecchio rimase muto e sincattiviu. Oppure fu solo il troppo sburrari che cullanni ci salì alla testa. Fatto sta che sempre più spesso infatti capitò che stava giornate intere davanti allo specchio della camera da letto tutto a nura. E si taliava. E sa minava se ci riusciva. E bestemmiava. Fu così che si fece pigghiari dalla morti. Cazzu rittu e mano a pugno per questultima novità che laspettava.
Ma questo successe dopo e ancora non ci siamo arrivati a questo punto della storia. Per ora ci interessa sapere che Ninuzza grazie a quel matrimonio di sua madre non ciaveva avuto tanti problemi di soddi pecchè anche se non era Biancaneve da mangiare cera e ciabbastava e cresceva e accuminciava a darici cauci al patrigno e risposte a sua madre e vedeva come si cucinava e sentiva come si futteva e imparava a capiri comè nasciri fimmina e bastarda.

21/09/07

Tapallara - 1 -

La salma era sopra il letto.
Allicchittiata come a quando era festa Ninuzza guardava il tetto con locchi sirrati. Un crocifisso sopra il petto. Due cannili. Quaccosa però cera che stonava. Cominciai a ridere ammucciuni che non sta bene farlo davanti ai parenti quando ci visti le braccia che erano messe con le mani dietro la testa. Come quando uno si riposa in campagna sotto a un albero che ancora arutta la sasizza e il vino della festa del primo di Maggio. In pace. Beato.
Per un momento pinsai anche di avvicinarmi e di diriccillu di susirisi e di finirla di fare questi scherzi. Per fortuna mi fermai in tempo prima di farla questa minchiata.

E' così che mi ricordo la scena del cunsolo.
"Di chi?" quaccuno si sta spiannu. Lo so! Lo so che accuminciata in questo modo la storia che vi voglio contare non ciavrebbe senso pecchè questa in verità era lultima cosa che vi dovevo dire e ognuno di voi invece giustamente saspettava che fosse questo linizio.
A pensarci bene poi ho anche dimenticato a presentarmi. Ma questo è semplice di riparare. Totò. Come a quello dei filmi.
Bene. Ora che sapete con chi ve la dovete pigghiare se per caso queste vicende non vi parunu raccontate bene possiano continuare. O megghiu. accuminciamo dalla testa che la coda labbiamo vista.

Le campagne di Pedara acchianano sopra u monti. Nel niuro della terra. Lì dove i pampini fanno festa al cielo. Certo ora cenè molta di gente che ci abita in quei posti pecchè Catania è a due passi e laria è ancora pulita ma a quei tempi era un paisittu niconico come a tanti. Una chiesa e qualche casa attorno a farci compagnia.
In questi posti nasciu la morta: Antonia Alimanni. Alimanni sì. Che questo era il cognome di sua madre. E il suo.

Ancora si stava cugghienno la racina e il tempo era bello anche se qualche nuvola ciaveva messo paura al massaro. La nicuzza era stata sfornata sotto a un peri di fico vicino al pagghiaro con laiuto di due coperte e della ZaRosa che ciaveva fatto da levatrici alla madre.

"U sentu! U sentu! Sta arrivannu!"
"Macchiddici Mena! Ancora è prestu. E poi tu rissi ca è fimmina. No viri chi panza tunna cacciai?"
"Aiutatimi! Aiutatimi. Vi prego"
"Aspetta. Assettiti cà ca pigghiu quacche cosa"
"Non mi lassati! Non mi lassati!"
"Eh... santa figghia! Ecchissarammai un furettu sta criatura? Aspetta! Non ti preoccupari!"

Ma forse solo la picciridda non sera preoccupata veramente di nasciri in quel posto. Idda pensava solo a respirare e a chianciri. Sembrava una sampugna. Che se ci levavano la minna di sua madre era capace di farsi sentire nel paese vicino. Niente ci poteva. Né lacrime e né vasuni. Nè preghiere e nè canzuni.

San Filippo d'Argirò
a nica dormi e iu no.
Idda dormi e vui vigghiati
tutti i diavuli ci cacciati

Santu Paulu de li serpenti,
mazzu d'addauru,
spina pungenti,
non muzzicari alla me figghia
caccia li diavuli dalla famigghia

Sant'Aituzza, viniti, viniti,
ca de me minni ciavi siti.
Do me latti è divutedda
sta creatura. Sta figghia bedda.

Quando quella picuredda diventò una signora muntuata quasi nessuno però seppe che era nata paesana pecchè Filumena se la portò subito a Catania per farsela registrare cittadina.
Era stato anche merito del massaro questa cosa. Lei ciaveva bisogno di travagghiare e lui laveva raccomandata ancora incinta frisca al figghio di un suo compaesano che ora viveva nella città in una via vicino a dove cè il liafante.
"Questa è una cortesia che mi dovete fare" ciaveva detto il massaro a quello.
Senza però spiegarici chiossai che tra uomini ci si capisce.

Il nuovo padrone si chiamava Don Iano. Era vedovo da tempo. E senza figghi. Però tutti lo sapevano che sfrazziava con le femmine e i soddi per questo a picca a picca ci stavano finendo. Che ci poteva fare? Ciattisava sempre mischino e non ciaveva pace senza abbagnari.
Prima di pigghiare quella picciotta aveva voluto vederla. Si fidava solo dei suoi occhi e anche quando non era necessario a tutti ci ripeteva che la carne doveva essere frisca per metterla sopra al fuoco e mangiarisilla con gusto. La visità funzionò bene e accussì un paio di giorni dopo il parto decise di chiamare la mammina per cominciare a farci fare le pulizie del palazzo e ci resi
una stanza anche. Vicino al portone grande. Per dommiri e badare alla figghia.
Mena travagghiava lesta e precisa e a Don Iano ci piaceva quella gioventù che furiava casacasa. Quelle minne pesanti e quasi a nura cabballariavano mentre lei puliziava gli specchi. Quei cianchi di iumenta. Fu accussì che una sera ci venne la pensata di provare a farla mettere a picurina. Per vedere se era brava anche a lucidare a caldo il vecchio battagghio.
In verità doveva essere solo il divertimento di una vota ma da quella notte ci tornò così viva la vogghia di sperimentare altri lavori di precisione e fu accussì contento dei risultati che otteneva che decise di portarsela davanti al prete a quella donna.