24/10/07

Tapallara - 8 -

Ancora la fimminedda cercava il latte quando tutta la famigghia sinniu a stare in una casa nuova. In via Etnea. Come i nobili.
Vincenzo non solo era diventato assessore ma lavevano fatto anche presidente di tutti i commercianti catanisi e a lei ora tutti un poco per sbaddo e un poco per verità la chiamavano la presidentessa.
Ninuzza ciaveva vestiti e soddi. Di certo chiossai di prima. E una cammarera che ci cucinava. E una che ci faceva le pulizie della casa. E macari una machina anche. Con lautista che la portava dove voleva. Se voleva.
A lei però ci piaceva quasi solo crescere a sua figghia Carmela che così avevano deciso di chiamare la picciridda e poi a parte questo Ninuzza non sapeva nemmeno dove andare se ci fosse vinuta la vogghia pecchè Vincenzo con i suoi amici della politica aveva accuminciato a fare abbattere tutte le case del suo vecchio quartiere che diceva che era per fare più bella Catania e non cera rimasto più nessuno che lei conosceva da farci una visita. Una di quelle visite che ti assetti fora dalla porta e vedi la gente passare e parri di questo e di quello e arriri come solo la gente sincera arriri e saluti tutti anche e da tutti senza malizia si salutata.
Ora non cera chiù nenti. Erano partiti tutti per il nord oppure senerano andati a abitare nelle case che stavano costruendo attorno alla città.
Grazie a lei che celaveva chiesto a Vincenzo macari alla sua amica Agata ciavevano dato una abitazione nuova. Era la stessa dove ero andato a stare anchio. Anche pecchè a quellepoca io e Agata eravamo sposini frischi. Non ceravamo ancora divozziati. Ci volevamo bene e manco ci pensavamo a questa possibilità. Comunque. Lassamu perdiri. Che chistu non centra niente con quello che vi sto cuntando. Dicevo di quella casa. Era un palazzo in mezzo alle campagne che visto da lontano di essere bello era bello solo che ancora dentro ci mancava lacqua e la luce anche e la strada per arrivarci era una striscia di fango buona per quando passavano le pecore.
Ninuzza però anche se voleva non ci poteva proprio andare lì. Ora era una ricca e non stava bene frequentare i pizzenti. Macari se erano amici. Macari su puttavano voti. Questo ciaveva detto Vincenzo quando lei aveva chiesto il permesso di farici una visita a Agata. E sera incazzato anche che lei queste cose doveva capirle da sola e che ciaveva una reputazione ora e che poi per lei era arrivato il momento che si metteva nella testa che doveva imparare a fare la signora e a praticare alla gente giusta. Quella che contava.
Ninuzza aveva attaccato a chianciri pecchè non sapeva cosa risponderci ma non era stata quella la prima vota. Dopo il matrimonio suo marito ciaveva fatto sempre più spesso vuci. Certo mai a quel modo ma la verità è che con il tempo Vincenzo era addivintato sempre più nervoso. Lei aveva immagginato che era così pecchè ciavevano avuto una femmina e lo sapeva bene come invece lui e la sua famigghia avevano desiderato tanto un masculiddu. E poi cera anche tutto quel lavoro che lui faceva e laffari anche a stancarlo. Che a casa quasi non lo vedeva più. Passando i giorni però non è che poi era rimasta tanto sicura di quelle pensate. Cetto lei non era una che pigghiava liniziativa in queste cose ma sera accorta che suo marito... insomma... la cercava poco quando si cuccavano e accussì qualche brutto pensiero ci stava accuminciando a venire e per questo sera decisa a stare più attenta alle cose che sentiva casacasa.

"Allora hai deciso?"
"Dovrei lasciare qui mia moglie anche se..."
"E non è meglio per te? Te la immagini Antonia a cena con le mogli degli altri deputati? E se sono le donne che cerchi non credo proprio che troverai problemi"
"Lo so, lo so. Accumencio a pensare che mia madre aveva ragione: tinatilla pi futtiri adda fimmina e marititi cu una vera signora mi diceva. E io no, che sì le volevo far dispetto, ma... di fronte a quella donna non resisto neppure ora..."
"Ecchiciavi? U meli?"
"Già. Pittia è facile. Ma ci pinsai bene. Tra un paio di giorni... capitano tante cose brutte a questo mondo"
"Non penserai..."
"Già. A che servono allora gli amici?"

Parlavano accussì lassessore e il ministro e non sapevano che la voce è come il vento. E se si lascia la porta aperta in una stanza il vento furia e furia e arriva dove non dovrebbe arrivare e cancia laria e gira e forma tempesta.
Quella notte stessa Ninuzza si pigghiò di nuovo il destino di sua madre. Tornò a essere Alimanni la carusa. E si portò dappresso a sua figghia anche. Lì dove la nicuzza era nata. In campagna. Che lo spazio cera e nessuno faceva domande.
Vincenzo non faticò assai a trovarle. Ninuzza per lunica vota della sua vita aveva usato lautista per raggiungere quel posto senza pensare a nientaltro che a stare lontano da quelluomo.
Lui anche se non ciaveva le prove selera immaginato subito il motivo di quella fuga. Non era sicuro però che lei avesse sentito e capito tutto. Fu per questo che allinizio da dietro alla porta tentò di convincerla e di farla parlare con le buone. Per sapere se aveva raggione nei suoi sospetti o se cera quacchecosaltro che lui non conosceva.
Ninuzza però stava muta e non ci dava conto. Stringeva tra le braccia a Carmela con le spalle appoggiate al legno e na sò testa priava.
Poi Vincenzo tentò di trasiri con la forza. Pigghiò a dare pugni allingresso. Accuminciò a fare voci macari. Malirissi a lei. Alla sua pazzia. Prima di decidere di andarsene ci gridò anche che si sarebbe ripreso a sua figghia. Ma era solo per fare tannicchia di scena. Per fare scumazza.
Lo sapeva anche lui che era megghio accussì. Chi celo faceva fare di dovere favori tanto importanti a certa gente. Chiccinnaveva di doversi crescere da solo una figghia.
Lui nel continente e Ninuzza nella campagna allora. Non era una cosa malvagia pinsau avere una mugghieri viva e vedova. Pecchè del resto Vincenzo non ci voleva avere più niente accheffare con una ca pareva che cerano nisciuti i senzi. Eppoi Roma oramai era vicina. O almeno questo lui credeva. Pecchè quella vota su iucanu per una ventina di voti e lo fecero stare a fare affari nella sua città che ci dissero che ci conveniva chiossai.
E Catania veramente stava diventando unaltra cosa. Tutti quelli che ciavevano due soddi accuminciano a fare i muratori. Ma soprattutto chi di soddi cenaveva assai capì che quello era il momento giusto per chiantarli e vederli crescere.
Fu accussì che spuntarono centinaia e centinaia di palazzine. Nel frattempo però sparirono giardini di frutta e pummaroru e il mare anche. Pareva che tutti lo volevano ammucciare a quello sfregio. Roba inutile che tanto non ci si poteva costruire di sopra. Ma tutto questo sembrava non interessare a nessuno pecchè anche se a quaccuno ogni tanto ci pigghiava la fantasia di dire che non si rispettava la legge tutto in poco tempo si aggiustava. Ma quale legge! Lo sapevano tutti e lo sanno ancora che la legge è una sola. Quella di chi ciavi munita e comanda e da travagghiu e sarricchisci.
Vincenzo ci mise impegno nel lavoro che ciavevano dato e senza perdere tanto tempo riuscì anche a diventare avvocato collaiuto di qualche amico prufissuri alluniversità. Che a farsi chiamare dottore cenerano tanti ma uno vero contava sempre chiossai.
Insomma la fulinia cresceva. E sallargava. E lui con le sue mani e la sua chiacchera si muoveva a meraviglia in queste cose e faceva e disfaceva e imparava a usare parole nuove che erano sempre giuste quando si trovava di fronte a qualche scassaminchia.
Aggiornare. Rielaborare. Riconsiderare. Ammodernare. Creare la Milano del sud.

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