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29/10/07

Tapallara - 9 -

Laveva cercata assai senza trovarla e sera preoccupata molto per quella assenza ma poi quando ogni cosa era stata chiarita la vecchia Alimanni non ciaveva voluto chiedere niente a Ninuzza di quello che era successo. E tante altre cose non cera mai riuscita a spiarici alla figghia anche se lo sapeva che molte volte e per molte cose importanti ce ne sarebbe stato bisogno. Ma alla finfine quali domande? Che le risposte le sapevano tutte e due e se le erano scambiate con locchi per anni tutti i giorni. Ora che era nonna a Mena ci bastava di vederla tranquilla alla sua nicuzza e di iucari con la niputedda.

Erano passati quasi tre anni. Il giardino a tannicchia a tannicchia fu circondato dalle case. Ma Ninuzza non ci badava assai a questa cosa. La matina arrusbigghiava con una carezza a Carmela e la portava fuori a farici respirare il sole. Fino a due anni e mezzo lei ciaveva dato il suo latte alla creatura ma uno nemmeno se lo immaginava questa cosa pecchè ciaveva ancora due minne tunni e chini che parevano ianca pasta di mandorla. Ne sapeva quaccosa Alfio che ogni sabato ci portava la spesa grossa dal mercato e che la taliava sempre come a un babbalecco. Ma tutto si fermava a quelle taliate. A quegli occhi che chiedevano. A quelle mani che ammucciavano voglie.

"Cumu stai?"
"Bene e tu?"
"Ci puttai una bambola alla picciridda. Talia. Ciavi macari u biberon"
"Grazie, ma lo sai. Io..."
"Finiscila. Non ti preoccupari. Iu sugnu cuntentu ogni vota che..."
"Che?"
"Su ti viru felice, ecco"
"Come sta tua moglie Alfio?"
"Bene, grazie. E' a casa pì cucinari"
"Vacci annunca! Caspetti?"
"Sì, sì... è ca iu ti vulissi..."
"Vai Alfio, a sabato. Non ci pensare a me. Sugnu tranquilla. E ora sta venendo mia madre per aiutarmi"
"A sabato allura... macchiè stu sgrusciu? Chissù sti vuci?"
"Corri Alfio. Corri. Viri chi successi"

Era allangolo della strada. Da sotto alla lapa china di bombole spuntava una striscia rossa. Nellasfalto dietro a quel carretto a tre ruote sintravvedeva quaccuno a terra.
"Ammazzau! Ammazzau!" "Ciacchianau di supra du disgrazziatu!" "Presto! Presto! Fimmati quacche machina!" "Forse è ancora viva!" "Non si movi! Non si movi!"
Tutti erano attorno a quello spettacolo. Ittannu voci. Taliando muti. Facendosi il segno della croce.
Il cistaro savvicinò al gruppo che ancora lautista doveva scendere. Se mai ciavissi arrinisciuto quel carusiddo senza vavva a capire quello che aveva fatto. Tutto iancu stringeva stretto stretto il volante e guardava avanti come uno che non riesce a svigghiarisi e preia. Ma non cera più niente di priari. Quaccuno arrivò presto con una coperta a coprire quello che restava di quella mischinazza.
Fu per caso che in mezzo a tutta quella confusione Alfio visti vicino al marciapiede una cosa niura con i manici dorati. Ora fu sicuro di sapiri cuiera la morta. Ci venne un colpo. Laveva vista tante volte quella borsa a casa di Ninuzza. Quella che Mena sera accattata per il matrimonio.
La pigghiò come una reliquia per portarcela al suo amore. Camminando verso il cancello accuminciò a sintirisi come tanti ruppa nello stomaco. E ci mancava la forza per dariccilla quella notizia. E per pensarla anche.

Ai funerali cerano solo tre fimmini e nemmeno un ciuri. Ma così era stato deciso.
Una di quelle era muta e con i palitti ritti.
Unaltra invece cullocchi vivi sannaculiava e iucava senza parlare.
Lultima nel suo cuore arriscurreva con la morte.

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