“L'amore ti rimane appiccicato addosso come fosse chewing gum sulla
punta delle scarpe e diventa inutile che tu ti dia pena a sfregare
che tanto qualcosa resta sempre, anche solo la macchia sulla pelle”
Era la quarta volta
che il vecchio mi ripeteva questa frase e io non facevo altro che
sorridere e muovere il capo ad acconsentire. Cosa altro potevo fare?
L'uomo mi raccontava
la sua vita e, in quel momento, io ero lì per lui; del resto sono
stato sempre un buon ascoltatore.
Forse è proprio
vero che la gente si divide tra chi parla e chi ascolta e poi tra chi
parla sbraitando e chi lo fa con calma e tra chi ascolta con
attenzione e chi, invece, con sufficienza e ancora tra chi sbraita
c’è chi lo fa per paura o per stupidità mentre tra quelli che
parlano con calma di sicuro c'è chi lo fa pesando bene le parole,
ponderandole, e chi invece esercita solo una professione e, ancora,
tra chi ascolta con attenzione c'è il buono di cuore e chi, per
interesse, ha imparato a fingere così come tra chi lo fa con
sufficienza emergono l'uomo cortese e lo stupido. Insomma potremmo
giocare e fare un po’ di ordine a questo mondo, trovare le giuste
intersezioni. Consegnare, ad esempio, l'urlatore stupido al suo
stolto pubblico o il pauroso all'interessato, ma sono così tante le
variabili e i sottogruppi di queste poche voci che solo a immaginare
mi passa la voglia. Allora rimango qui ad ascoltare il vecchio e a
sorseggiare il mio pinot grigio.
Quando ritorno al
mio borgo mi aspettano i pianti continui del bimbo dei vicini di casa
e le urla serali della pazza in fondo alla via. Confesso che mi
stanno entrambi simpatici.
Il primo per come
viene rincuorato dai genitori, la seconda per quel suo urlare frasi
sconnesse in perfetto italiano. Stasera, mentre sto per aprire il
portone, mi sorprende con un “bricconcello” che mi ricorda
l'infanzia. “Prendila nel culo” aggiunge.
Come non essergliene
grato?
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