domenica, dicembre 06, 2020

Ciao Giuliano

I buffi miei sensi di te altro 

non sapranno che antiche e cortesi parole. 

Sempre rimani quel dolce vento 

che guida alla rada.



Ciao Giuliano.

martedì, novembre 03, 2020

Naufraghi

Era la prima volta che andavano verso il mare. Il nonno lo aveva svegliato di prima mattina e nel farlo aveva usato una leggerezza che Antonio non conosceva. Sembrava emozionato.

Anche lui lo era. Gliene avevano parlato tanto del mare, i vecchi. Di quest’acqua che copriva ogni cosa, ma lui non aveva proprio idea di cosa, di come, potesse essere. Il nonno, invece, di sicuro lo aveva visto il mare,  anche se proprio con lui non ne aveva mai fatto parola. 

Antonio lo immaginava dai suoi occhi, dalle dita nervose che stringevano il bastone e lo guidavano mentre si allontanavano nel bosco, dal silenzio tra di loro: quel silenzio che li aveva accompagnati tutta la mattina. 

Si erano fermati solo dopo parecchie ore di cammino. Il vecchio aveva estratto del pane nero dalla cesta che aveva con se, tagliato una fetta per passarla al ragazzo e poi riposto ogni cosa.

“E tu, non mangi nonno?” aveva chiesto Antonio un po’ sorpreso, mordicchiando contento. Si erano fermati vicini a un piccolo rivolo. Sulle sponde nessuna traccia di vita. Solo uno scoiattolo li osservava curioso da un ramo poco lontano, aveva due buffe code ritorte che sembravano come pennacchi sulla sua testa e anche lui mangiava qualcosa, ma Antonio non riuscì a capire cosa fosse. Il nonno non aveva risposto. Si era seduto su una roccia coperta di muschio e aveva continuato a fissarlo in silenzio.

“Tu lo hai visto, vero?”

“Sì”

“E come è?”

“Non lo so più Antonio come sia”

“Sì, ma com’era? Ai tuoi tempi dico”

Il vecchio finalmente aveva sorriso.

“Ai miei tempi?” aveva risposto divertito “ma come ti permetti?”

“Dai nonno, lo so che sei ancora il più forte del villaggio”

“No, hai ragione. Hai proprio ragione” il nonno era ora pensoso “Beh... ai miei tempi lo vedevo spesso il mare. Avevo circa la tua età la prima volta che me ne ricordo bene,  ma mio padre mi raccontava spesso che c’eravamo sempre andati anche prima. Mi ripeteva che sin da piccolo gli sembravo un piccolo pesce”

“Pesci? Vivono nell'acqua?” Antonio era sorpreso, nessuno gliene aveva mai parlato e non riusciva nemmeno a immaginarsele quelle creature. Saranno stati simili a quei piccoli sgorbi che nuotavano nella pozza della sorgente? Al villaggio tutti ne avevano timore anche se i ragazzi amavano stuzzicarle con dei lunghi rami fin quando quelle non sparivano nascondendosi sotto la terra.

“Sono come quelli della sorgente?” chiese.

“No Antonio, quelli hanno forme diverse e luccicano al sole come le pietre di luce e alcuni si possono anche mangiare, altri sono enormi e ti ingoierebbero in un sol boccone e poi alcuni sono coloratissimi e insomma sono proprio diversi da quelli che conosci tu” 

“E tu li hai mai visti questi pesci?”

“Sì, sì. Ma ora poche chiacchiere, andiamo”

Il nonno era ridiventato silenzioso e Antonio seguendolo aveva così sempre più fatto caso al mutare del paesaggio. Il bosco diventava meno fitto e ogni tanto uno spazio di terra bruciata si affacciava tra il verde. Il nonno stava sempre ben attento a non passarci troppo vicino e, a volte, allungavano vistosamente il cammino per evitare di avvicinarsi troppo a quelle macchie. Erano spazi brulli dello stesso colore delle pietre che aveva visto un giorno indossare da sua nonna. “Cosa sono queste?” le aveva chiesto, ma lei aveva subito nascosto tutto ed evitato di rispondergli.

Prima di uscire definitivamente dal bosco il nonno si era fermato.

“Ecco, dormiremo qui stanotte”

“Ma siamo ancora lontani?” 

“Sei stanco?”

“No, no. Solo un poco”

“Ancora un giorno e saremo arrivati”

“E poi?”

“E poi cosa?”

“Perché stiamo andando lì nonno? Nessuno di noi ragazzi è mai uscito dal villaggio”

“E’ ora che succeda Antonio”

“Si, ma perché?”

“Lo scoprirai, dormiamo ora” 

Il nonno aveva raccolto in giro rami e foglie per farne giaciglio. Solo allora, da solo, Antonio sembrava essersi reso conto del silenzio che lo avvolgeva. Il rumore dei loro passi, lo scricchiolio degli alberi, le poche parole scambiate, lo avevano distratto, ma ora tutto era silenzio e buio. 

Aveva voglia di tornare a casa, anche se non lo avrebbe mai confessato. Di tornare indietro. 

Il lungo cammino lo aveva, però, stancato e non ci mise tanto ad addormentarsi quando tutto fu pronto. Nella notte vennero a trovarlo Anna che lo aveva salutato, come per la partenza, con un bacio sulla guancia e la nonna che lo aveva abbracciato in silenzio. “Stai bene nonna? Mi hanno detto che sei morta” aveva fatto in tempo a dirle, ma quella era svanita nello stesso istante in cui il nonno lo scuoteva per riprendere il cammino.

“Ho sognato la nonna” furono le prime cose che disse.

Il vecchio lo aveva guardato fisso negli occhi.

“Ti ha detto qualcosa?”

“No, nulla. Mi ha solo abbracciato, ma lei è morta nonno? Dico, è veramente morta?”

“Guarda quel riccio Antonio”

Il nonno si era portato il dito alle labbra a chiedergli silenzio, poi, con gli occhi, aveva indicato qualcosa che si muoveva proprio davanti a loro.

Antonio già conosceva quegli animaletti, ma vederne uno ora lo liberava quasi dal disagio che sembrava averlo preso. 

Avevano mangiato insieme un'altra fetta di pane per poi riprendere a camminare, come prima quasi sempre in silenzio. 

Dopo il bosco era come fosse scomparsa ogni cosa. Il nonno gli aveva fatto indossare, prima di ripartire, un cappello dalle larghe falde che faceva ombra al viso, dei guanti e una leggera sciarpa a coprire il collo. 

“Lo so che queste cose sono scomode, ma cerca di resistere. Sei un uomo ormai” 

Con un sorriso e una pacca lo aveva poi invitato a seguirlo. 

Era passato molto tempo così. Ad Antonio sembrava di aver camminato sempre in linea retta, ma il loro era solo un lungo susseguirsi di ripide e brevi salite e di discese che preannunciavano un nuovo arrampicarsi. La macchia verde del bosco alle loro spalle si faceva lontana e davanti a lui solo un riverbero di luce che pareva, a volte, accecarlo. Quando già il sole aveva da tempo abbandonato il suo zenit il nonno iniziò a deviare, era come se cercasse qualcosa. Antonio lo vide tirar fuori più volte dalla tasca uno strano oggetto tondo e fissarlo con attenzione, prima di decidere come proseguire. Al crepuscolo Antonio si ritrovò a un centinaio di metri da una roccia altissima dalla strana forma, gli ricordava quella di un uovo sepolto per metà al suolo. 

“Ecco ci siamo” disse il vecchio proseguendo. 

Sembrava più rilassato, quasi contento. Poco dopo Antonio inizio a intravedere anche una casa ai piedi di quello che ora gli appariva un monte altissimo. Ci passarono accanto e Antonio riuscì a notare, accanto alla porta d’ingresso, un grande pezzo di legno con dei disegni. Si avvicinò ad esso e non gli ci volle molto a capire che doveva essere una specie di mappa di montagna anche se faticava a capirne il senso e le indicazioni: “Pietra di Bism…”, gli sembrò di leggere in alto. Il nonno alle sue spalle, nonostante si sforzasse, non riuscì a trattenere una lacrima. 

“Cos'hai nonno? Che succede?”

Il vecchio si asciugò il volto con il braccio, gli prese la mano e lo invitò in silenzio a seguirlo. 

Erano arrivati su un sentiero segnato da delle pietre che sembravano essere state messe lì apposta, a fare da pavimento. “Che strano” pensò il ragazzo. I sentieri dei boschi che lui conosceva erano quelli tracciati dai suoi passi o da quelli degli altri abitanti del villaggio, nessuna pietra a segnarli o conservarli. 

Salirono ancora alcune centinaia di metri verso la cima, prima di fermarsi. Antonio notò come il nonno gli fosse improvvisamente sembrato più vecchio. Non tanto nell'aspetto, che in quel buio era difficile vedere, quanto nei gesti. Erano più lenti, anche se più rilassati. Anche il suo atteggiamento era cambiato. Quando finalmente gli diede da mangiare, dopo quella lunghissima camminata, non riuscì a evitare di accompagnare il cibo a una piccola carezza su quel viso così diverso dal proprio e chiese e si fece anche raccontare di Anna scoprendo di quel bacio. Antonio ne fu felice, era successo poche volte. In genere era stata sempre la nonna ad ascoltare tutti i suoi segreti. 

Si addormentò quasi subito, ma nessun sogno venne questa volta a trovarlo, forse anche perché quando il nonno lo svegliò era ancora notte.

“Dobbiamo già andare?”

“Sì, è importante” gli rispose quello con una voce dolcissima. 

Antonio si ritrovò a inerpicarsi senza riuscire a vedere bene neanche dove si trovasse. Poi improvvisamente la salita finì. Era ancora buio. Il nonno lo prese per mano e gli fece fare ancora una decina di passi poi gli chiese di sedersi, prese il pane, ne tagliò un'ultima fetta e la coprì con qualcosa di ambrato e dolce che aveva estratto da una scatola di coccio. 

“Questo è miele” disse, con aria complice, ad Antonio. 

Finalmente la notte iniziava a ritirarsi. Antonio non riusciva ancora a vedere bene l’orizzonte. Gli sembrava, quasi, di essere sopra una nuvola. Quando la luce ebbe finalmente il sopravvento un blu pieno di luci iniziò a lottare con il cielo a vista d‘occhio. 

Antonio rimase senza parole, mentre il nonno iniziava lentamente a raccontare.


martedì, ottobre 27, 2020

La bella copia di Antonio Lillo

 

Stamattina leggevo alcuni commenti entusiasti ai versi di un poeta riconosciuto post mortem – “sempre amato lui!”, ma sempre quando, quando faceva la fame e non se lo cagava nessuno? – e pensavo che un poeta che non è ancora arrivato al successo non è considerato “poeta” da nessuno, nemmeno quando scrive o legge i suoi versi. E se lo dice con troppa convinzione che scrive poesie, al massimo si vedrà rispondere quel certo sorrisino di chi ti compatisce o sfotte. Però un bel giorno, se il poeta arriva al successo, generalmente post mortem, vince questo premio: gli viene tolta la pelle della sua vita precedente. Nessuno più che dica che è stato maestro o impiegato o commesso o operaio ecc. Gli viene tolto l’unto del lavoro quotidiano. La poesia, che fino al giorno prima era un lusso per i poveri, diventa l’unica occupazione di una vita. E il lavoro, a meno che tu non possa romanzarlo nella sua bio, sembra quasi sia stato un blando incidente di percorso. Magicamente, sulle pagine web o nei manuali scolastici non si capisce più di che mangiava questo poeta, cosa ha dovuto subire dai suoi capi, gli vengono tolte l’occupazione, la casa, la famiglia, i piatti preferiti, le sue insonnie. Restano soltanto gli amori, meglio se clandestini, qualche litigio letterario, e la bruciante e passione per i versi. Tutto, insomma, si riduce a ben poco, al minimo indispensabile. Così l’uomo che stava dentro il poeta muore e finisce, e il poeta che stava dentro l’uomo diventa una bella copia dell’originale, ma una copia non proprio esatta, diversa, e mai completamente intera. Pronta e lucidata per essere da “sempre amata”.


Fonte: la bella copia 

domenica, ottobre 04, 2020

[Alfredo] Vento

Il vento è la più semplice delle metafore e si trasforma e vive quasi fosse la tua anima. Alfredo oggi vorrebbe solo che sparisse, che non facesse volare così senza meta i suoi pensieri, che tornasse morbidamente a cullarlo. 

"Forse è giunta solo l'ora" dice a se stesso, ma sa già che quella frase è rimbalzata così tante volte nei suoi disadorni pensieri, in tutti quegli ultimi mesi fatti di silenzio, che stenta ancora a credere sia vera, ad accettarla. 

Il vento non si cura di queste sciocchezze, continua a correre come fosse ancora quel giovane ragazzo che anche Alfredo è stato e scorrazza e abbraccia e impudico si insinua fin dove può, fin dove vuole.  

Sul prato piccole onde si infrangono su quel che resta dei sogni.

domenica, agosto 30, 2020

[Alfredo] Fine estate

Ora piove appena, prima gli alberi ancora tremavano e dalla terra si alzava un dolce lamento. Sembrava che quelli quasi avessero paura e Alfredo, sorpreso in strada da quel primo acquazzone, poteva solo osservarli di fretta. Del resto anche i suoi pensieri pareva bagnassero la strada. Scorrevano rapidi, fitti. Grigie perle che lo abbandonavano pur avendo di lui ancora possesso.

Se avesse potuto sarebbe piaciuto molto ad Alfredo abbracciare uno di quei tronchi intimiditi, qualcuno di quei suoi compagni. Sentirne forte la presenza, comunicare loro la propria, ma era già inzuppato e iniziava a sentire freddo. La casa, poi, era ancora lontana. Troppo per la sua età e i suoi acciacchi. 

"Tornerò da voi appena posso e ci racconteremo anche questa avventura, vedrete che ne rideremo o solo la ricorderemo con malinconia" pensò Alfredo tentando di andare ancora più veloce. Un lampo vicinissimo e un forte boato parvero rispondergli. Sulla terra lacrime e pioggia scorrevano veloci.

venerdì, luglio 24, 2020

Cine Eliseo

Oltre le saracinesche,
le poltrone, ancora macchiate di sperma,
testimoniano l'antico splendore.

domenica, giugno 28, 2020

benevolenza

La rosa è andata.
Un magnifico sbocciare,
un respiro e, in quel rapido rinsecchire,
l'ultimo prodigio:
non avrai tempo di ricordare.

giovedì, giugno 25, 2020

Botrytis cinerea

Bisognerebbe accettare l'ombra cinica delle frasi
su questi noi immobili,
l'estenuante pioggia del non detto,
del non chiesto, in questo continuo mutare.
Bisognerebbe solo,
tra bucce e vinaccioli,
macerare la torbida gioia del presente.

domenica, giugno 21, 2020

[condomini] Saro Amendolia

No casciolo vicinu o lettu ciavevi tri cosi: mparu di mutanni di riserva, i cuasetti e ncuteddu. U restu do so vistuariu su purtava sempri ncoddu. Na cammisa cava statu ianca e i pantaloni di tila chini di puttusa.
Quannu ogni du simani su cera u suli si lavava prima si preoccupava di sti robbi. Una sciacquata co sapuni e subitu a stinnirili o ventu. Su capitava ca iddu ava finutu di puliziarisisi e quelle erano ancora vagnate allora furiava casa casa che mutanni puliti e additta additta si mangiava na cipudda di chiddi chini di sapuri. Ci piacevano assai accussì. Cruri. A scartava do cestinu unni cerano macari le patate e lagghiu e i pummaroru. Insomma ciò ca sivveva pi campari.
I scappi erunu intra nsacchetto vicino a porta. Ma iddu non le usava mai.
Nisceva da casa sulu pi zappari u giardino di cinque metri davanti alla porta. Non cinnaveva bisogno di fari a spisa o di pavari bulletti che la luci non cera e l'acqua era chidda do puzzu.
Quannu Don Saro muriu i niputi attruvarunu ntesoro a banca. Quarantanni di pensione di guerra mai pigghiata. Iu però mancu u sapeva ca ciaveva famigghia che mai ci visti qualcuno entrare a so casa. Solo buongiorno e buonasera quando capitava e un sorriso vero di anima bona.

sabato, giugno 20, 2020

[condomini] elegia d'amore

A iunnata era china di suli. A temperatura chidda giusta. Tannicchia di ventu a rinfriscari na testa e la sensazione di essiri a mità strada. No cori come a una leggerezza. Nciauru di gelsomino.
Totò camminava attento a tuttu chiddu che ciaveva attorno e fu accussì che u visti. Un ciuri di campagna meraviglioso. Come a quello dei buchè di sposa. Però chistu era vero che quelli invece parunu tutti di prastica. Qualcosa che Totò non si aspettava. Qualcosa ca ci pigghiau tutti i pinseri.
Si firmau a taliarlo meglio. A odorarlo. A carezzare come a un ciato leggero i delicati petali.
Era in dubbio. Pigghiarlo e portarlo no so viaggiu? Lasssallu na sò terra a crisciri e moriri?
Tuttu chinu di sti pinseri mancu saccurgiu do tempu ca cangiava. Delle nuvole ca tingevunu di niuru u munnu. Quannu lacqua pigghia na testa improvvisa non poi fari nenti. Ti tocca circari riparu o assuppari e iri avanti. E accussì Totò fici.

venerdì, giugno 19, 2020

Scrivere

“Perché si scrive è una domanda a cui posso rispondere facilmente, dato che me lo sono chiesto così spesso. Penso che un autore scriva perché ha bisogno di creare un mondo in cui poter vivere. Io non potrei mai vivere in nessuno dei mondi che mi sono stati offerti: il mondo dei miei genitori, il mondo della guerra, il mondo della politica. Dovevo crearne uno tutto mio, come un luogo, una regione, un'atmosfera in cui poter respirare, regnare e ricrearmi quando ero spossata dalla vita. Questa, credo, è la ragione di ogni opera d'arte. L'artista è l'unico a sapere che il mondo è una creazione individuale, che c'è una scelta da fare, una selezione. E se anche riesce a raggiungere questa seconda fase, l'artista continua tuttavia coraggiosamente a tentare. Pochi momenti di comunicazione con il mondo valgono la pena, perché è un mondo per altri, un'eredità per altri, un dono. Ma scriviamo anche per accrescere la nostra consapevolezza della vita. Scriviamo per lusingare e incantare e consolare altri. Scriviamo per fare una serenata ai nostri amanti. Scriviamo per gustare la vita due volte, nell'istante presente e nel ricordo. Scriviamo, come Proust, per rendere tutto eterno, e per convincere noi stessi che è eterno. Scriviamo per poter trascendere la nostra vita, per arrivare al di là di essa. Scriviamo per insegnare a noi stessi a parlare con gli altri, per testimoniare il viaggio nel labirinto. Scriviamo per ampliare il nostro mondo quando ci sentiamo soffocati, o limitati, o soli. Scriviamo come gli uccelli cantano, come il selvaggio danza i suoi rituali. Se nella scrittura non respiri, se non piangi, se non canti, allora non scrivere, perché la nostra cultura non contempla alcuna utilità per la scrittura. Quando non scrivo, sento che il mio mondo si restringe. È come se fossi in prigione. Sento che ho perso il mio fuoco e il mio colore. Deve essere una necessità, come il mare ha bisogno di incresparsi, e io questo lo chiamo respirare”.
Anaïs Nin, La mistica del sesso, traduzione di Anna Chiara Gisotti, Fazi editore 1997

Ho letto il brano sul blog "FRAMMENTI DEL TREDICESIMO MESE" di Elena Petrassi

resipiscenza

di me di te
cosa dire
di me di te
cosa fare
attendere ancora
rinsavire
favoleggiare di un lontano abbagliare

giovedì, giugno 18, 2020

[Alfredo] sensi

A volte Alfredo rimane senza parole, e queste non escono dalla bocca e rifiutano anche di affacciarsi  in testa come se avessero deciso di abbandonarlo senza neanche prima avvertirlo. Come un amore improvvisamente finito. Come una colpevole fuga.
A volte, invece, Alfredo avrebbe solo bisogno di sentire sulla pelle gli oggetti, le persone, di percepire il mutare del proprio corpo nel contatto. Altre ancora, di guardarsi attorno lasciandosi solo stupire dal mondo, ascoltando ogni suono senza cercare in esso alcun significato, sfuggendo alla voglia di immaginare storie, vicende. Impedendosi ogni salvifica rappresentazione.
Più di ogni cosa Alfredo sogna di poggiare le labbra a scoprire il sapore dell'acqua.

domenica, giugno 14, 2020

[interviste] Turi Dominici

1. Chi sei?

Turi Dominici di anni 88

2. Cosa ti piace?

Alla mia età mi piaci tuttu e chiddu ca non mi piaci mancu u considero. Non esiste pimmia. U senti stu ciauru? E' il gelsomino. Come non ti può piaciri? E stu suli cauru mentre tinnistai cà cummia allombra vicino o mari. Non ti piaci? Macari sta seggia tutta scunuccchiata e sti mura chini di puttusa e di intonaco sautato. Macari sti ita tutti storti per lartrite e sta ucca  ca mastica a fatica. Macari sta facci di minchia ca ciai ca veni cà a scassarimi lanima con le tue interviste. Ecco macari chistu mi piaci. E se non mi piaci non cè.

3. Quale è stato il giorno più bello della tua vita?

Il giorno più bello di sicuro è quannu cu me nonnu ni pigghiamu a terra che ci apparteneva. Dove ciavevano lavorato tutti i Dominici di generazione in generazione per il padrone e per un pezzo di pane. Comunisti ni chiamavunu. E quello il padrone ci mandò i carabbinieri quando lo venne a sapere epperò la liggi per una vota ci dava ragione ca iddu ciarristau imminchilutu. Me la ricordo ancora la festa con i parenti e i vicini e tanti del paese. Eravamo tutti felici e di sicuro saccuminciava tutti a essere felici pensavamo.

4. E quello più brutto?

Quannu vinni il maresciallo che avevano trovato il nonno incaprettato come a un animale. Pistatu come a settembre a racina che cera finito anche il sangue dentro a quella pelle niura mentre lo mettevamo sopra il letto per le preghiere prima di vurricarlo.

5. Come vorresti morire?

Cu tu rissi ca si mori?

giovedì, giugno 11, 2020

[interviste] Cristiano Crocetta

1. Chi sei?

Cristiano Crocetta di Bernardino Crocetta bonanima. Anni 24. Incensurato.

2. Cosa ti piace?

Mi piaci iri alle partite cullamici e iucari a palluni. Però ci sunu voti che mi addivetto anche mentre travagghiu ca vinnu i cosi a fera. Semu tutti amici nel posto della mia bancarella e poi passunu tante carusidde azzuccarate ca pari che cè sempre il sole.

3. Quale è stato il giorno più bello della tua vita?

Il giorno più bello è stato quando me o pà mi porto con lui a caccia e mentri eravamo campagne campagne mi misi una pistola vera ne manu e mi fici sparari macari. Mabbruciai quasi quando partì il colpo ma ora invece a sacciu usari bona quellarma che quannu iddu mossi passau ammia.

4. E quello più brutto?

Quannu ammazzanu me cucinu Sebastiano. Ci dovevamo vedere poco lontano ma io non ciarrivai a incontrarlo a difenderlo che arrivai tardi. Ci sparanu che erano in tre e iddu cià fici a pigghiarini unu ma non ciabbastò.

5. Come vorresti morire?

Macchinnisacciu! Io non ci penso mai alla morte che quello mette tristezza. Comu ammatti ammatti.

martedì, giugno 09, 2020

[Alfredo] pioggia

"Ha presente quella pioggia fitta, ma sottile, che arriva quando magari c'è ancora il sole e che ti coglie di sorpresa che tu non ti sei attrezzato e, quasi sempre, sei ancora lontano da casa? Ecco io la amo quella pioggia lì, e sarò un pazzo lo so, ma certe volte, quando succede (oh succede spesso dalle mie parti) allungo il mio percorso per godermela tutta prima che torni il sole ad asciugarmi e a farla diventare solo un piccolo ricordo. Non so cosa sia... forse quelle gocce che sembrano massaggiarti con dolcezza il viso o lo sparire della gente attorno a te o i colori del cielo che si confondono e quelle nuvole che non sanno più che tonalità scegliere... forse anche perché quella pioggia sembra sempre partecipare del mio umore e può essere malinconica o birichina o avere solo voglia di farmi compagnia così come fa lei ora, qui ad ascoltarmi".
Alfredo sorride al suo sconosciuto compagno. Ogni tanto annuisce, ché lui conosce anche qualcuno di quei misteri, e pensa che in fondo non c'è cosa più bella; sì, non c'è cosa più bella che condividerli con qualcuno quei segreti lì.

lunedì, giugno 08, 2020

Instagram

Ho sbagliato il momento,
l'attimo,
indugiando a cercare la giusta angolatura,
la perfetta distanza.
L'antica porta lentamente si è richiusa
lampeggiando sui miei occhi
come a dirmi: addio,
coglione.

giovedì, giugno 04, 2020

Quelle est la nature de temps?

È passato così tanto che
i ricordi sono ora solo un indefinito presente
e il giorno e la notte e le stagioni e gli anni
l'istante
di un romanzesco fluire.
Chiudo gli occhi e tu
ritorni,
quando non sei mai andata.

sabato, maggio 30, 2020

[Alfredo] pensieri

Poggiato al vecchio stacconato, tra crepe e spaccature, Alfredo segue lento il sole.
Le ombre dei rami proiettano scomposte nuvole su quel giallo sbiadito, sull'antico legno; sembrano, tuttavia, ignorarlo, impegnate, come sono, a distrarsi, inoffensive, con un piccolo sauro. 
Anche Alfredo pare, apparentemente, non aver cura di loro; eppure i suoi occhi fanno di quelle macchie forme e mostri, chimere, e i suoi pensieri vagano, in quel rincorrersi di luci e ombre che vive sul suo corpo, come cercassero un senso, un nesso tra la gioia dei bimbi, che giocano poco lontano, e la follia umana.

martedì, maggio 26, 2020

[interviste] Salvatore Ferrigno

1. Chi sei?

Salvatore Ferrigno detto Turi u zampugnaru di anni 38

2. Cosa ti piace?

Mi piaci taliari la gente e parrarici ogni tantu e soprattutto ascutari e pinsari e farimi i filmi nella testa che poi me li taliu quannu ciaiu tempo e vogghia

3. Quale è stato il giorno più bello della tua vita?

Iu pensu ca tutti i ionna sù belli macari chiddi in cui ti tagghiassi i vini o ti ittassi dalla finestra. È comu u scuru ca luci che senza di chiddu na virissi mai a differenza. Appoi certo ci sù i momenti speciali ca tu ti senti luniverso e tuttu u munnu è dentro di tia. Epperò quannu succeri tu mancu u sai che a tutto pensi in quel momento tranne che a fare classifiche. E allora poi è quello che ti cunti dopo ca ti spiega ca sì proprio quello è stato il giorno più bello. Indimenticabile.
E invece iu pensu macari che quannu ciarrivi a capire questa cosa te la dovresti proprio dimenticare subito che allora poi diventa difficile che arriva un altro giorno più bello ancora chiossai del giorno più bello di prima.

4. E quello più brutto?

Già ta resi prima la risposta.

5. Come vorresti morire?

Comu nascii. Dentro a una fimmina.

sabato, maggio 23, 2020

[Alfredo] nuvole

Il sole non aveva ancora accarezzato i piccoli vicoli, le finestre chiuse. Alfredo era uscito quasi sicuro di incontrare poca gente. Era quello che voleva, in fondo.
Era arrivato al parco in tranquillità anche se già sul percorso aveva avuto la percezione che il numero di persone e di auto fosse, in realtà, più alto delle sue previsioni. "Continuerò a camminare" si era detto e così invece di fermarsi nella sua tana preferita, aveva preferito avanzare con passo lento godendo dell'inframezzarsi di luce e ombra donata dai lunghi rami dei pioppi, dei piccoli balzi dei merli intenti a selezionare il giusto materiale per il loro prossimo nido.
"Ma l'hai vista?”
“Sì certo. Ma io non la conoscevo prima di...”
“Tutta rifatta, ti dico”
“Sì ha belle gambe, un bel seno... certo in viso si nota”
“Ma se è diventata una maschera” E anche il seno… ma dai, era piatta prima”
“Se per lei va bene...”
“No, no. Te lo dico io cos'è. Una folle! Una insicura!
“Si, ma...”
“E poi le senti le cose che dice? Quello che fa?”
“Magari è questo periodo...”
“Ti dico di no! Tu facci caso”
Le due donne sbucano da un piccolo viottolo trotterellando e precedendolo di pochi passi. In tuta attillata e candida maglia di cotone, smuovono i larghi fianchi a fatica tentando così di amministrare fiato e parole.
Alfredo è costretto ad ascoltare e quasi parteggia per quella terza assente che non conosce, che non vuole immaginare.  Pochi passi e le donne imboccano un piccolo sentiero che, dopo poche centinaia di metri, si ricongiungerà alla strada principale. Così Alfredo può perderle di vista e tornare al suo silenzio.
Si ferma a odorare dei piccoli fiori bianchi e gialli che ornano una palizzata in parte divelta e guarda il cielo. Una nuvola solitaria solca, bianca, il cielo. Alfredo non può fare a meno di ricordare, attraverso quella, la magia delle forme delle donne che ha conosciuto, che ha amato. La poesia del loro repentino o lento mutamento negli istanti e nel tempo. Per pochi attimi tutto è pace.
 

venerdì, maggio 22, 2020

[interviste] Luciano Avallone

1. Chi sei?

Luciano Avallone nato il quattordici di aprile del duemila. Impiegato

2. Cosa ti piace?

Mi piace travagghiare e pensare al futuro e vivere in pace e in giustizia. E poi invece non mi piace parrari

3. Quale è stato il giorno più bello della tua vita?

Il giorno più bello è stato quando ho preso il posto al comune che sono il più giovane lì dentro e questo lo devo a quel granduomo di Michele Torregrossa che mi volle aiutare.

4. E quello più brutto?

Quello più brutto è stato quando non mi vollero pigghiare dentro ai carabinieri che dicevano che non avevo superato il test fisico. Ma io lo sapevo che invece era solo che non avevo i santi giusti pecchè avevo fatto tutti i controlli prima che volevo essere sicuro.

5. Come vorresti morire?

Come a tutti. Quando è il momento.

giovedì, maggio 21, 2020

[interviste] Catena Musmarra

1. Chi sei?

Cioè iu tu ricu però perchè lo voi sapiri? Insomma un nome è un nome. Chi cangia? Mi putissi chiamari Ciccia o Nedda iu non fussi sempri a stissa? Sì va bene tu ricu. Mi chiamo Catena Musmarra è di misteri faccio lestetista che ciò macari il diploma. Se ti serve iu vegnu a to casa che il negozio non ce lho e però accussì ti costa chiù picca e poi no pì vantarimi ma tutti riciunu ca sugnu brava e ti fazzu addivintari comu a una carusidda.

2. Cosa ti piace?

Ammia mi piaci u misteri ca fazzu che certe vote mi sento comu su fussi una artista e quasi quasi mi piacissi che quelle persone arristassuru bloccate come le ho sistemate io per sempre. Comu fussiru statue o fotografie dei giornali.

3. Quale è stato il giorno più bello della tua vita?

Il giorno più bello è stato quando mi resunu il diploma che nessuno nella mia famigghia ci crireva ca iu mu pigghiava. "A chi ti sevvi?" mi dicevano. Attrovati un marito e impara a fari i suvvizza. Questo è importante. Che poi tinni penti di questi anni appizzati a scola. E invece ora iu ciaiu un misteri e i clienti e su mi sevvi qualche cosa me laccatto con i miei soddi senza duviri chiedere a nuddu.

4. E quello più brutto?

Il giorno più brutto è stato quannu mi chiamanu a casa dei Torregrossa per una pulizia del viso e du pezzu di merda do maritu mi misi i manu ncoddu ca so mugghieri era dovuta uscire un momento e non cera nessun altro nella casa. Iu non sapeva bonu cava affari che mi bloccai che non mi era mai accapitato e mi scantai soprattutto. Poi per fortuna sunanu alla porta ca so figghiu aveva nisciuto dalla scuola senza permesso e non lo trovavano. Iu ne approfittai subito per scappare e in quella casa non ci torno mancu su mammazzunu.

5. Come vorresti morire?

Comu capita. Però prima di moriri vulissi furiari tannicchia u munnu e viriri tanti cosi belli ca sugnu sicura ca ci sù. E anche persone macari.

mercoledì, maggio 20, 2020

[interviste] Carmelo Anzalone

1. Chi sei?

Mi chiamo Carmelo Anzalone e ciaiu 44 anni. Di misteri fazzu u pitturi che allatto le case delle persone e ciabbessu i mura ogni tanto se mi chiedono di farlo.

2. Cosa ti piace?

Non tu sacciu addiri veramente. Quannu eru carusu mi piacevano assai i fimmini che no per vantarimi ma ma livai qualche bella soddisfazione che tutte dicevano che ci sapevo fare e i faceva sentiri tranquille. Oggi forse mi piaci viriri tannicchia di televisioni senza pinsari a nenti prima ca si chiurunu locchi quannu tonnu do travagghiu e un bicchiere di vino ogni tantu.

3. Quale è stato il giorno più bello della tua vita?

Questo ancora me lo ricordo che ciavrò avuto tredici quattordici anni e insomma cera sta carusidda caveva quasi a me stessa età che io ciappizzava arreri da tanto tempo e lei invece non ne vuleva sentiri. Poi un giorno accapitò sutta a me casa che io stavo uscendo e lei cercava il mio nome nei citofoni e insomma era venuta per me. Per dirmi se volevo fare un giro con lei e così abbiamo passato la mattinata insieme passiannu per il centro a parlare e guardare e poi verso gli scogli vicinu o mari che lì ni vasamu. Solo che quello però pimmia era il primo e insomma è stata una giornata indimenticabile.

4. E quello più brutto?

Forse è che sono romantico o che in fondo di giorni veramente tinti cinnaiu avutu picca ma quello più brutto è stato quando ho saputo che Nella, sta carusidda insomma, si maritava anche se erano anni che non ci nisceva insemula


5. Come vorresti morire?

Iu non vulissi moriri, come a tutti penso. Però saccapitari mi piacissi ca capitassi di botto. Un colpo siccu e via.

martedì, maggio 19, 2020

[interviste] Maicol Torregrossa

1. Chi sei?

Iu mi chiumu Maicol che il nonno sincazzò per questa cosa e lui ammia mi chiama Michele e ciaiu 9 anni però tutti mi rannu chiossai che sono alto e forte. Di cognome faccio Torregrossa che tutti la sanno questa cosa dove abito e non cè bisogno di dirlo.

2. Cosa ti piace?

Ammia mi piace giocare a pallone e cantari le canzuni che ascutu alla radio. Ci fazzu macari i video di questa cosa che li metto sopra a iutubbi e ciaiu un cafolu di gente che lascuta e tutti dicono ca sugnu bravu e vulissi fari i concerti e le feste nelle piazze macari. Eppoi mi piaci macari abbiarimi a mare quannu cè cauru.

3. Quale è stato il giorno più bello della tua vita?

Io sono stato contento quannu a Maria ci ho fatto vedere il mio primo video e a lei ci è piaciuto così assai che mi ha abbracciato e io ero felice però non ce lo volevo fare vedere e insomma è stato bello anche se però cè anche il giorno che ho fatto il primo gol nel campionato. Di testa come a Ronaldo.

4. E quello più brutto?

A scola con quella pazza ca maddumanna sempri se ho studiato e iu ciù rissi che non mi interessa però un giorno ha chiamato il nonno e lui turnati a casa mi resi du papagni na testa che ancora me li ricordo epperò chidda ancora maddumanna.

5. Come vorresti morire?

Come a Ianu Minna che quannu ummazzanu prima sputtusau a unu che iddi cià ficiunu sulu picchì erano tri. Dì bastaddi.

lunedì, maggio 18, 2020

[interviste] Nella Riccobono

1. Chi sei?

Nella Riccobono di anni 43.

2. Cosa ti piace?

Mi piaci cucinare e poi viriri i programmi alla televisione quannu non ciaiu chiu nenti di fari eppoi macari farimi una passiata ogni tanto al lungomare e accattarimi un gelato e assittarimi in una panchina a viriri passare la gente

3. Quale è stato il giorno più bello della tua vita?

Quannu mi maritai che tutti erano felici e macari iu

4. E quello più brutto?

Quannu mi maritai che no sapeva comu ieva a finiri

5. Come vorresti morire?

No me letto e senza chianti

domenica, maggio 17, 2020

[Alfredo] accogliere

Quando poi le voci tornano, dopo tanto silenzio, una domenica Alfredo apparecchia la tavola con cura: la tovaglia senza pieghe; i tovaglioli, seppur di carta, abbinati; i piatti, le posate, due bicchieri…
Sul fuoco l’acqua ha appena iniziato, allegra, a bollire proprio nel momento in cui lui spegne la fiamma e decide di uscire.
I pochi che incontra per strada gli sembrano già tanti, molesto ogni brusio.
Quando arriva al parco la panchina pare stranamente non riconoscerlo. Flirta, verniciata di fresco, con due ragazzini. Anche il frondoso albero gli appare distante impegnato come è a bisbigliare al vento. Nascosto dalla siepe sempre più alta, solo il piccolo ruscello sembra ricordarsi di lui. Alfredo riesce a donargli, a donarsi, una lieve carezza e porta quell'acqua al viso.
Al rientro ha poca fame, rimette tutto a posto e va a dormire.

mercoledì, maggio 06, 2020

[Alfredo] passerotti

Le due amiche parlano a voce alta,  incuranti della possibilità che qualcuno possa ascoltarle. Probabilmente sono fuori dal loro territorio casalingo, dai loro confini, e così tutto può essere detto, senza star lì tanto a preoccuparsi degli amici, dei genitori, di qualche molesto impiccione.
Un tempo era qualcosa che apparteneva quasi solo agli adolescenti questo impudico ciarlare, questo quasi pubblico confessarsi. Una dichiarazione di sfida, di esistenza.
Alfredo le ha di fronte. Lui è seduto a spiare i raggi del sole, li vede intrufolarsi tra i rami e le giovani foglie per tuffarsi per gioco a terra prima che lo facciano le ancora acerbe ombre. Loro sono in piedi.
Una è poggiata a un palo, anzi con un braccio stringe quello e ondeggia in bilico tra una danza e una palese dimostrazione di timidezza, Sembra triste, corrucciata. Ha labbra dipinte pesantemente e capelli di un nero che non può essere naturale.
L'altra è troppo presa dal proprio discorso per far caso ad Alfredo. Alza e abbassa gli occhi ad ogni pausa mentre sta un po' a fianco della prima. Ogni tanto la sfiora con le mani mentre gesticola e un bracciale allora luccica sul polso prima di essere di nuovo nascosto dalla larga manica del maglione colorato di cotone.
I discorsi sono sempre gli stessi, Alfredo si sorprende ogni volta eppure ormai dovrebbe saperlo che è cosi. Cambiano i luoghi di incontro, magari, o i tempi dedicati, forse anche la disponibilità dei corpi... eppure il resto è sempre rintracciabile in modo uguale. Anche ora, anche qui.
“Primo tu non lo devi cercare più! E poi secondo lo devi cancellare, capito? Cancellare proprio!” dice, sicura, una. 
“Ma come faccio?” pigola l'altra.
“Come fai, come fai... lo blocchi! Lo elimini”
“E se non volessi?”
“Allora tu sei scema, ma non lo vedi come sei ridotta?”
“No, no, lo so”
“Ecco! E allora?”
“Allora farò come dici tu, ma non è che poi lui va con un'altra seriamente però...”
“Speriamo, speriamo sia così – ride - così ti passa più in fretta questa malattia”
“Ma dai... se piaceva anche a te”
“Il tempo di limonarci, per quello sì”
È bravo vero?”
“Stai di nuovo a parlare di lui?”
“Ma se hai iniziato tu”
“Ecco parliamo di altro allora. Hai visto questo?”
Dalla tasca posteriore dei jeans estrae un telefonino e mostra all'amica qualcosa. Alfredo sente solo della musica un po' tamarra e vede il volto divertito delle ragazze. Quando il video finisce le due si spostano verso la strada, fanno qualche foto, saltellano come passerotti spensierati, ridono fino al prossimo effimero pianto.

martedì, maggio 05, 2020

[Alfredo] anni

Alfredo inizia a correre e va incontro alla neve dei pioppi, al vento leggero che gli bacia il viso, all'adolescente sole che gli si struscia addosso.
Alfredo inizia a correre e poi incespica e cade e si rialza e riprende e ogni passo è un giorno in meno, un mese e poi un anno.
Alfredo inizia a correre e lì in fondo ci sono la sua vecchia palla e la "Graziella" che lo aspettano clementi.
Alfredo inizia a correre e si fa sera.

lunedì, maggio 04, 2020

cronache cittadine

Chittaia diri?
A genti na strada passa, comu sempri,
ora però, allatu alla cassa - na merceria -
ci misunu un cartello: "andrà tutto bene" c'è scritto acculuratu.
Na festa.
Comu fussi nautru munnu e non chistu, unni vivemu,
comu fussi sulu
questione di testa
e la santa morte leggenda, favola di picciriddi,
insomma cosa lontana, poco onesta.
Ne me ossa ancora u suli spunta 
e sprofonda mentre la notti
sadduma e do to ciatu
cunta.
Di novu mi pari non cè nenti
na sti iurnati, na ni sti momenti.
Accussì mentri minterrogo su chiddu ca sentu
mancu stu disiu mi pari novu,   
stu disiu caddiventa tormento.

domenica, maggio 03, 2020

[Alfredo] locura

"Un cavaliere errante senza amore è come un albero spoglio di fronde e privo di frutti, è come un corpo senz'anima, andava dicendo a se stesso"
Come un Don Chisciotte, Alfredo si sposta e cammina ma non trova giganti tra le vie e Aldonza è solo uno specchio spezzato, una fanciulla che si riflette in mille forme prima di svanire.

Come un Sancho, Alfredo vorrebbe solo dormire in una delle mille isole che mai saranno sue, ma è proprio del dormire il sognare.

Alfredo vive e cerca la sua Dulcinea anche se non lo sa, anche se dovrebbe saperlo.
"Essa combatte in me, in me riporta vittoria; ed io vivo e respiro in lei, e da lei mi viene vigore ed assistenza."

venerdì, maggio 01, 2020

[Alfredo] primo maggio

Quando le finestre si aprono le voci hanno accenti diverse e i discorsi si possono seguire solo immaginando ché altro Alfredo non riesce a fare.
Cosa vorrà dire quel ridere continuo del disoccupato polacco? E il pianto di quel bambino? Con chi sta discutendo da ore in video di tessuti quella donna? Di chi sono le voci che cantano vecchie canzoni di successo? E perché litiga la coppia di vicini che si urla addosso e sbatte porte e anime e si accusa?
L'artista burocrate passa ogni giorno con il telefono in mano e discute di contratti e sovvenzioni, di regione e di stato, di onorevoli e assessori, mentre l'anziana rifatta rimbrotta i canterini e porta per l'ennesima volta il cane in giro ad annusare i muri.
Il polacco rimprovera la moglie e il bambino, poi esplode in un "Vaffanculo" che diventa silenzio dentro quelle mura. Un silenzio che per un attimo sembra comprendere tutto prima di disperdersi.
La donna dice che così non può più andare avanti, che non rientrerà mai nelle spese, poi finalmente chiude e scoppia a piangere e sbatte a terra qualcosa. Un rumore sordo, anch'esso destinato a svanire. Le ragazze iniziano a flirtare a distanza con l'artista ed è un ridere sul nulla, un desiderato sopravvivere.
La coppia inizia a scopare.

giovedì, aprile 30, 2020

Al pozzo di Giacobbe

Chissà dove sei nascosta
perché ci sei da qualche parte
lo so anche se
magari non riesco più e
a confondermi poi
non ci vuol molto
che sempre si aspetta
e Godot... e Godot...
ma il tempo poi
non conta
che vuoi che sia il tempo
è solo quello che fa di un istante
un miracolo e
del tuo giorno acqua
da offrire al pozzo
buona per i viandanti
buona per chi ha sete
e cammina
e cerca
e non trova
e mai forse troverà
ciò che già possiede

[Alfredo] gite

Non ricordava proprio quando fosse successo.
Giuseppe continuava ancora a dare calci al pallone senza averne molta voglia e Luna sorrideva felice al mondo. Alfredo li guardava come si guarda un alba da ubriachi, nel modo in cui si sta in attesa di un domani che non potrebbe essere se non radioso.
Il declivio che li ospitava dava verso un piccolo ruscello e attorno altra gente, non tantissima, godeva dello stesso sole, della stessa pace. Non era necessario comunicarlo e Alfredo ne era sicuro. In aria vagava lieve l'emozione di un giorno di festa.
Ecco se tutto si fosse fermato in quel momento, Alfredo avrebbe potuto dire di essere felice. Ma lui già in quell'istante sapeva che non sarebbe successo. Che non è mai possibile abdicare dalla gloria. Chissà perché gli veniva in mente ora. Forse perché abbiamo solo bisogno di sapere che a volte può succedere, che a volte c'è una perfezione che non ci aspettiamo, che non si ripeterà, che non dipenderà mai dai nostri sforzi. Poi chiudiamo gli occhi da vecchi e sorridiamo.

martedì, aprile 28, 2020

assioma

Sastuta u suli
ni sta notti di stiddi,
sastuta l'acqua
unni vugghi a fami,
sastuta a vuci
ca ti cattigghia...
picchì non savissa astutari
macari stammuri?

[Alfredo] bugie

Le panchine sono vuote.
Alfredo ci gira intorno, le osserva, cerca, senza neanche rendersene conto, nuovi graffiti su cui costruire strampalate storie, poi desiste. Sceglie quella più illuminata. Lì dove il sole ha già riscaldato il legno, baciato il grigio scuro della ghisa.
Allunga un po' le gambe, Alfredo, poggia la schiena con delicatezza e chiude gli occhi. Ecco, lei è di nuovo lì e insieme bevono qualcosa e parlano, ridono anche.
Lui si è portato da casa (vicina, pochi passi) una candela e tenta di accenderla senza riuscirci, forse non è a suo agio, forse è soltanto felice. Lei, velocemente, afferra l’accendino da quelle mani e risolve la scena.
Le parole continuano ad accumularsi come fossero fiocchi di neve e bagnano le dita e i volti e gli abiti e il cuore anche, eppure, è come se non ci fossero, come se tutto fosse concentrato in un gioco di misteriose attese, di dichiarata finzione.
Alfredo non riesce a staccare i suoi occhi da quel volto, a cercare con le mani quelle di lei. Sa benissimo di avere ancora una volta perso, che quello è solo un istante, ma non intende lo stesso rinunciare a quella sconfitta.
“Rientriamo? Ho freddo” lei gli sussurra, quasi sentisse quel pensiero, sicura, però, di poter evitare qualsiasi timido tentativo di strappare quella comoda fiaba. I due si alzano. Alfredo le cinge la vita, lei si abbandona per un attimo quasi avesse dimenticato, quasi fosse tutto vero.
Sulla panchina la candela continua lentamente a illuminare quello che è già solo ricordo.

lunedì, aprile 27, 2020

[Alfredo] tortore

Alfredo si domanda spesso se poi, alla fine, tutto non sia scontato, prevedibile. Se questo lungo esercizio fatto di luoghi comuni e ripetizioni altro non sia in fondo che un lungo prendere le misure tra due inesistenze già date. Forse si dovrebbe vivere solo fino all'attimo, qualunque sia l'età, in cui sparisce lo stupore, la magia, ma, forse, anche questa è una frase fatta.
Alfredo guarda fuori dalla finestra e immagina il momento in cui potrà uscire, libero di farlo solo per il gusto di farlo. Sul selciato un piccolo ciuffo verde, dai tetti un continuato tubare.

giovedì, aprile 23, 2020

[Alfredo] epifanie

Lui cammina quasi saltellando, ha un sorriso aperto e un maglione leggero a fare primavera.
Lei, jeans e camicia, ha mani in tasca a stringersi e capelli lunghi a coprirsi.
Alfredo li vede avanzare con una lentezza che è solo un rimandare.
Ognuno di loro su un lato della  strada, si guardano come chi parla senza interruzioni in un silenzio che è solo un incanto.
Proseguono così fino a sparire alla sua vista e nessun rumore li accompagna: come se la stessa strada avesse deciso di non distrarli, come se tutti gli abitanti avessero capito, come se l'amore fosse ancora una volta possibile.

martedì, aprile 21, 2020

scienze esatte

"Non ha senso dire ti amo"
ripeti
mentre accarezzi i capelli e
i miei occhi. Sul tuo volto
una piccola ruga
si affaccia a sorridermi.
Fosse per la prossemica avremmo già capito.

lunedì, aprile 20, 2020

[Alfredo] amici

Capita, a volte, che un amico venga a cercare Alfredo nei momenti più strani; ecco, mentre quello è attento al primo allegro scoppiettare della salsa di pomodoro sul fornello o finalmente impegnato con un bel sogno, addirittura è capitato che, sempre lo stesso amico, arrivasse in una di quelle belle mattine in cui il sole illumina ogni cosa e tutto attorno il mondo sparisce in un alone biancastro che è come fiato sul vetro, come zucchero filato, come dolce ricordo di un amore.
Alfredo non si arrabbia mai per questo, ormai lo conosce, sa che in fondo l’amico non lo fa apposta per disturbarlo, che vuole solo metterlo un po' in guardia e che, anche se non lo confesserà mai, gli vuole un po' di bene.
A volte sta pochissimo con lui, come volesse solo assicurargli di essere ancora lì, altre i due si fermano a parlare. Può durare ore questo parlottio continuo, asfissiante. Anche giorni, a volte.
Quando va via, Alfredo ritorna a fare la vita di sempre. Sembra non domandarsi mai quando quello tornerà.

domenica, aprile 19, 2020

fake news

A volte si ha come la voglia di dirsi qualcosa,
magari si crede anche di farlo.
Che ne so:
“Stai bene oggi" o
"Guarda che così non sei proprio messo male".
Ci si danno carezze, a volte.
Piccole frasi di cui non sappiamo la fonte,
a cui siamo grati.

giovedì, aprile 16, 2020

[Alfredo] attese

Alfredo l'aveva scorta subito, appena data la prima occhiata alla silenziosa strada. Potevano essere le cinque, le sei del mattino, poiché in quello stretto budello ancora il sole faticava a cacciare le ombre. La tazza del caffè in mano, si era affacciato. Era quello il primo gesto, poi ci sarebbe stata solo l'attesa di un giorno nuovo.
La vecchia era a una decina di metri da lui. Seduta su una vecchia sedia di legno e paglia, guardava davanti a sé. Alfredo sapeva che avrebbe potuto solo osservare il muro scrostato che divideva il suo portone da quello successivo eppure questo non lo sorprendeva affatto. Sapeva da tempo come un muro a volte fosse come un enorme cielo a saperlo guardare bene. Più che altro non capiva cosa lei aspettasse ed era sul punto di chiederglielo, sfidando la propria ritrosia a dover quasi urlare per raggiungerla con la voce, quando la vide animarsi.
"Buongiorno signora, come va?" chiedeva quella a una donna impegnata nel giro mattutino con il proprio cane.
"Bene, grazie. E lei? Cosa fa qui fuori a quest'ora"
"Io? Aspetto. Io sto bene sa, non sono mica malata. Aspetto che passi"
La donna aveva salutato abbastanza in fretta e poi proseguito sulla propria strada. Altre e altri erano passati e sempre la vecchia li salutava e a chi le chiedeva qualcosa rispondeva con le stesse parole. Alfredo aveva sentito tutto quel giorno, chiesto con loro ogni volta.
Verso sera, come ormai succedeva da settimane, il gran teatro aveva chiuso le porte. La vecchia però era rimasta lì. Alfredo non aveva più guardato, ma lo sapeva. Ne era certo.
Era quasi mezzanotte quando sentì avvicinarsi la sirena di una autoambulanza. Una fermata veloce. Rumori soffocati, cigolanti. Il motore sempre acceso. Quasi nessun verso umano, poi di nuovo silenzio.

mercoledì, aprile 15, 2020

[Alfredo] la cassiera

"I pensieri dovrebbero sempre essere fermati. Ogni istante. Perché poi si nascondono o cambiano così tanto da non riconoscere più i precedenti o si perdono per non ritrovarli mai più"
"E tu come faresti?" chiede Luigi all'amico.
"Non so... potremmo appuntarli sui fogli, registrarli, fare possenti nodi per ricordarli meglio..."
"E credi veramente che tutto ciò sia un progresso? Che poi, Alfredo, lo sai come sono quelli. Arrivano che tu fai altro e poi fuggono via ancora prima che tu possa iniziare a capire. Ti immagini alla cassa del supermercato dire "mi scusi signorina, ho qui un pensiero che devo per forza segnare" e così mollare tutto e cercare di corsa il foglio, la penna mentre le persone in coda iniziano a guardarti con odio e la cassiera non sa bene cosa fare. Poverina, è in imbarazzo. Non ti spiace Alfredo metterla così in imbarazzo? Ma no. Certo tu hai questo pensiero e alla fine ci riesci a trovare tutto. Ed è allora che non sai più cosa volevi scrivere"
Alfredo ride. Luigi da dietro la finestra lo fissa smembrato in piccole cornici di ferro. Le buste della spesa a fargli da piatti. Una maschera bianca a fermargli il fiato.
"Hai ragione - gli risponde - meglio lasciarli liberi. Più liberi di noi"

martedì, aprile 14, 2020

ma il cielo è sempre più blu

Inizio e fine lottano
come fratelli  sempre pronti a
sedersi
alla stessa tavola.
La madre li guarda un po' corrucciata, poi
serve loro qualcosa:
che si acquetino
in un sazio presente.

[Alfredo] orologi

Alfredo non ha orologi. Non li ha mai amati.
A pensarci bene Alfredo non ha nulla sulle dita e sulle braccia. Non è mai riuscito a sopportare nulla addosso.
Alfredo non ha orologi, personali almeno, perché in casa,  in effetti uno lo ha portato: anche se prima non lo guardava mai e ora ancor meno. E poi ha anche delle clessidre, ma quello è un altro discorso.
"Bisognerebbe soltanto seguire il proprio corpo e il sole" ama pensare Alfredo, poi però lo sa che non sempre è possibile o che almeno per quasi tutti non è possibile.
Alfredo, a volte, guarda le sue piante e si convince di aver ragione. Alfredo non ha orologi.

domenica, aprile 12, 2020

[Alfredo] rinascere

Mettiamo questo momento. Fuori qualcuno fa gli auguri. Amici che si parlano da un marciapiede all'altro. Quel piccolo fiume di pietre che li separa sembra insormontabile, un muro più vero di ogni altro reale. Sono auguri semplici: buona Pasqua, buona Pasqua, che faremo, che farete, come state.
Alfredo non può fare a meno di sentire eppure il suo ascoltare è già lontano e nella sua testa le immagini sono diverse: donne, fiori, strisce di mare che brillano al sole. Capita sempre più spesso che si faccia trasportare dalle sue fantasie e che si interessi poco al presente.
Le voci si esauriscono, rumore di passi che si allontanano. Alfredo ha ancora in testa altro.
La campagna ha i colori più ricchi e un vento leggero lo accompagna tra l'erba già alta. Sa che dopo l'ultimo ciliegio troverà i primi meli. Ha fatto tante volte quel piccolo percorso. Sul muro a secco, che segnava gli antichi confini, si è posato uno strano uccello, Alfredo non ne ha mai visto uno così ricco di riflessi, di colori. Lo osserva approfittando della distrazione di quello e improvvisa, senza ragione, gli monta in testa una strana gioia e, contemporaneamente, la soluzione del dilemma: "Sei una cinciallegra, ecco. Non ti avevo mai vista"
Vorrebbe avvicinarsi a lei per osservarla meglio, ma rimane immobile per paura che quella si allontani. Alfredo però inizia a pensare che ancora qualcosa gli sfugga e in effetti riaffiora un ricordo vecchio di decenni.
Lui, da ragazzino, collezionava scatole di fiammiferi. Portavano tutte la foto di un animale sull'apertura e sul retro, invece, il nome di quello e alcune delle caratteristiche. Ne aveva tante di quelle scatole, Alfredo. Le chiedeva al padre, ai parenti, ai vicini. Fumavano tutti a quei tempi. "Cinciallegra, ecco". Ora ricordava e dalle sue parti ne viveva una particolarissima che portava il nome di una dea Aphrodite.
Non poteva essere che lei pensava Alfredo mentre il piccolo animale iniziava ad allontanarsi da lui e però, dopo un breve volo, fermarsi quasi ad attenderlo. "Dove mi porti?" chiede Alfredo ma quello non risponde e prosegue e lui lo sa che, dopo un piccola fila di gradini che superano un ripido dislivello, c'è uno spazio dove vivono da sempre i castagni.
Lì lei lo attende, Alfredo non sa chi sia, non riesce neanche a distinguerne bene il corpo, il viso. Sulle labbra però ne percepisce il sapore, sulle dita il morbido contatto della pelle. Alfredo si lascia trasportare dal vento, dalle foglie, dal sole, dall'ombra, dal gracile canto della cinciallegra. Sa che ora è il momento di rinascere.

venerdì, aprile 10, 2020

inutili omaggi

“Non! Rien de rien Non! Je ne regrette rien”

ecco partiamo dalle parole che mancano che sfuggono che paurose si nascondono dietro cuori sempre più piccoli sempre più minuscoli sempre più inutili partiamo dalle mani che più non si cercano dagli sguardi che oltrepassano gli sguardi dalle bugie che diventano leggere verità da noi

“Non! Rien de rien Non! Je ne regrette rien”

ecco ora chiudi gli occhi prova a vedere le parole quelle parole che erano musica quelle parole che cullavano che si facevano futuro e presente e ricordo senti le dita che tracciavano il corpo gli occhi mai sazi la verità che urlava così forte da farsi silenzio noi

“Non! Rien de rien Non! Je ne regrette rien”

La piccola rosa ha messo un nuovo ramo: crescerà, forse, mentre il vecchio muore.

[Alfredo] valvole

La guerra è appena iniziata.
Alfredo la vede cominciare nelle voci che si fanno sempre più alte in strada, nei richiami che quasi dai tetti sfidano i cellulari, nelle finestre spalancate al sole.
I suoni  fuoriescono impudici a segnare appartenenze, culture e religioni. Come se tutto quello che fino ad ora è stato pressato, compresso, non resistesse più dentro le piccole celle, nelle stanze ben arredate, in tutti quei lucidi salotti chiusi alla luce.
Alfredo ne è contento in fondo, attende che la vita trovi la sua via di fuga al controllo e fischietta e sorride innamorato al sole. 

giovedì, aprile 09, 2020

[Alfredo] ordine

Inizia ad arrivare il sole e le finestre si aprono e le voci rimbalzano nella stretta via. Musica, anche, e non importa poi molto se sia buona o pessima. Quasi si desidera veder passare qualche auto, ascoltare i capricci di un bambino.
Alfredo si sposta da una sedia a un'altra, dal letto al divano e si agita e farfuglia a se stesso discorsi che non ricorderà, frasi che cancellerà. In fondo è cambiato ben poco se non fosse per quella leggera differenza tra obbligo e scelta e lui ha sempre mal sopportato gli obblighi.
Sul margine di un foglio annota qualcosa, ma poi lo cancella. Neanche quello pare distrarlo.
Con un braccio libera il tavolo incurante di tutto quello che cade a terra, poi si sposta frenetico tra le stanze: un cavatappi, una minuscola coccinella, una T-shirt, un accendino. Alfredo posiziona il suo bottino sul legno ormai vuoto e sorride, poi lentamente lo dispone in fila.
E' indeciso tra l'accendino e la coccinella, ma è il cavatappi ad avere il primo posto seguito dalla T-shirt. Quando tutto è sistemato si allontana per vedere tutto da punti di vista diversi, per cercare di unire quelle piccole storie che si è andato a cercare. Finalmente gli sembra di aver capito, di averne afferrato un senso. Finalmente sembra placarsi.
Alfredo lascia tutto lì e raccoglie quello che prima era caduto. E allora che una piccola scheggia di legno gli graffia un po' la mano. Proviene da una scatola di legno. Una semplice, anonima, scatola di legno.
"No, non mi sono mica dimenticato di te" le dice Alfredo, fissandola con amore.

mercoledì, aprile 08, 2020

[Alfredo] incombenze

Allora Alfredo, cosa conti di fare oggi? Hai cucinato? Hai lavato i piatti? Riposerai? Non credi sia venuto il momento di rasarti? E quei panni sporchi che occhieggiano dietro l'oblò? Hai pensato a loro?
Alfredo non risponde, si è perso ad osservare le nuove gemme della rosa. Le piccole foglie a caccia del sole. La terra che chiede di respirare. Sulla strada il sole amoreggia con il pavé.
"Volete dell'acqua?" chiede loro e un sorriso gli attraversa il volto .

lunedì, aprile 06, 2020

tecniche

l'errore è fermare il coltello al cuore
gli si dovrebbe permettere di attraversare il corpo
per sfiatare l'anima

[Alfredo] Elastici

Oggi, ha deciso, uscirà. Non troppo lontano. Diciamo fino al supermercato, senza entrare però, che non si sa mai. Alfredo si prepara, si sbarba, sceglie con cura dall'armadio qualcosa che possa indicare una festa. Sta lì a pensarci parecchio prima di crollare in mutande sulla sedia. In fondo può aspettare ancora, ha tutto a casa. Così prepara un caffè, prende qualche biscotto, osserva il silenzio oltre la finestra.
Le prime settimane sono state divertenti. Alfredo ha riempito la casa di propositi. Nulla era sfuggito all'occhio attento, ogni angolo, ogni fessura, ogni mobile. Tutto era stato accarezzato e rincuorato dal suo sguardo. "Qui faremo questo". "Credo che tu abbia bisogno di una lucidata". "Ma sai che non mi ero mai accorto?" Gli oggetti sembravano rispondergli riflettendo una strana luce. Ironica si sarebbe potuto pensare, forse già sapevano. Sapevano che in fondo a loro importava poco, Sapevano che Alfredo, in quello strano elastico di tempo che sembrava tendersi sempre più, si sarebbe dimenticato

venerdì, febbraio 28, 2020

[Alfredo] Mario

“Forse è solo che siamo già scappati così tante volte da noi stessi che non sappiamo più dove nasconderci e allora cerchiamo solo di non pensarci più”
Mario cammina tenendo le mani dietro la schiena, in quel modo strano che ormai solo i vecchi utilizzano. Alfredo gli è accanto, attento.
“Da noi stessi?” domanda.
Mario si ferma e guarda l’amico dall'alto dei suoi venti centimetri di differenza. E’ magro Mario, una canna da pesca che ha perso anche la sua flessibilità.
“E certo, da chi se no? Gli altri non esistono, non sono altro che nostre proiezioni”
Sembra sicuro nelle sue affermazioni, ma Alfredo lo sa che probabilmente domani sosterrà tutto il contrario. Fa parte della sua natura avanzare ipotesi e disfarsene e magari tornare a riprenderle, sempre però analizzandole, dubitandone solo per poterne affermare la giustezza con più forza. Superandole sempre, comunque.
“Anche io Mario?” Alfredo sorride fissandolo con curiosità.
“Sei il mio specchio” quello gli risponde. 

mercoledì, febbraio 26, 2020

[Alfredo] caccia

Il gatto teneva stretta tra le sue zampe la piccola preda, ci aveva giocato un po’ poi aveva soltanto aspettato che quell'essere smettesse di muoversi.
Dalla panchina Alfredo aveva osservato tutti gli istanti della caccia, indeciso se intervenire. Alle sue spalle, tra incolti arbusti, una mascherina medica, vittima dell’ultima follia collettiva, un pacco di sigarette accartocciato, i resti di uno spuntino da fast food, un preservativo usato. Poco distante da lui il cestino dei rifiuti ricolmo di buste familiari sfuggite al porta a porta settimanale e lo spazio affissioni per le pubblicità elettorali totalmente vuoto.
Se tutto fosse sparito in quel momento tranne quelle poche cose ad Alfredo sarebbe piaciuto dar loro un senso, legare una cosa all'altra fino a creare una storia. Il mondo però non sparisce a comando e le storie arrivano quando vogliono arrivare, questo Alfredo aveva quasi imparato ad accettarlo.
Il gatto aveva depositato la preda ai suoi piedi e ora attendeva un ringraziamento,  forse dubbioso che quell'umano avesse capito.
Alfredo gli diede una timida carezza e stette lì a fissarlo fin quando non lo vide distrarsi. Poi raccolse tutto da terra e si allontanò.

martedì, febbraio 25, 2020

partita doppia

Su cuntu e ricuntu
ogni cosa, ogni virgola,
ogni arrisuttanza,
mi pari giusta.
Allura chi è st'ammancu
ca mi vota l'anima,
ca mi leva u ciatu?
Passiu e parru.
E tuttu pari ca manca,
quannu non manca nenti.

[Alfredo] notte

Alfredo non dorme.
Si rigira nel letto, si alza, beve un po’ d’acqua, poi ritenta ma il sonno non arriva e allora inizia a interrogare le mura, la finestra,  il grande armadio che gli fanno compagnia. Arriva a chiedere anche allo specchio che ogni giorno lo osserva con finta noncuranza, quasi senza farsi scoprire. Nessuno sa però dirgli qualcosa.
Alfredo allora rinuncia, ma continua a chiedere e a domandare perché lui proprio non riesce a capire: “Sarà stato il caffè? Forse non ho mangiato bene”, ripete, e arriva in cucina e le pentole e le stoviglie stanno già riposando sullo scolapiatti. Alfredo li ripone con cura e accende una sigaretta. Fuori l’aria è fresca. C’è silenzio sulla via. La notte sembra così bella.
“Che ne sarà di me? Di noi che non dormiamo? Del mondo che non riposa” chiede alle stelle, ma anche quelle stanotte non hanno risposte, così come la luna, così come quel lampione che sorride singhiozzando alla piccola piazza:
“Hai bevuto?” gli chiede Alfredo e lo abbraccia stretto, stretto e gli sussurra qualcosa.
Il lampione smette di tremare. E così Alfredo.

martedì, febbraio 18, 2020

[Alfredo] surplace

Nella piccola piazza erano arrivati i due ragazzini a far chiasso, nel primo sole di una primavera troppo precoce per essere vera. Giocavano con le loro bici come lupetti non ancora svezzati e ridevano e cantavano per non farsi paura. Si rincorrevano, si urtavano, tentavano virtuosi surplace. Alfredo li osservava e cercava di ricordare quando anche lui. Improvvisamente si alzò per dirigersi verso loro:
"Mi fai provare?"
Il più grosso dei ragazzi, capelli disordinati e sguardo fiero, lo aveva guardato dubbioso. Era stato il più piccolo a rispondergli divertito:
"Certo, certo, ecco qua"
Alfredo aveva sollevato il pastrano e inforcato, in silenzio, la bici. Un giro rapido attorno alla piazza per prendere le misure e poi improvvisa la frenata. Tutto il corpo era ora concentrato a individuare il giusto baricentro, la giusta misura, mentre piccoli colpi di pedale frenavano una anticipata resa. Ecco ora ricordava. Non era molto diverso dal presente.
"Siete mai stati felici?" chiese loro restituendo la bici.
I due scoppiarono a ridere. "Buongiorno" poi, gli dissero e volarono via.

lunedì, febbraio 17, 2020

Carmelina

Appena ciattaccava a cianciana o iattu Carmelina scappava pi tutta a casa per farisi pigghiari. E saddivitteva e sammazzava de risati a fari du iocu. A sentiri da musica di festa e di chiantu che la cercava.
U sapeva ca du iattareddu dipendeva di idda e che lavissa seguita fino in capo o munnu. E sammucciava e curreva. E cera e non cera.
"Carmelina chiffai? Lassa stari da povera bestia. Veni cà. Aiutami"
Ma Carmelina non cinnaveva vogghia di suvvizza e di sacrifici. Iucava a farisi acchiappari. A pigghiari e lassari. E accussì crisciu.

domenica, febbraio 16, 2020

[Alfredo] conoscere e dimenticare

Alfredo era sempre stato pronto a innamorarsi. La gioia dell’incontrare, il piccolo mistero della momentanea felicità, lo aveva preso in mille modi e in ognuno di essi vivevano particolari del mondo che lo circondava, giacché Alfredo non riusciva ad amare se non le luci che egli scorgeva, quand'anche queste fossero minime o in forma di ombra.
C’erano stati i passi scoperti nei libri, le morbide carezze dei cortei, la luce che passava da uno sguardo all'orizzonte. C’erano stati i mille incontri e i pochi viaggi, i film indimenticabili e poi dimenticati, il profumo del mare e il suono della lava, c'era stato immancabile, questo suo bisogno di identificare e di identificarsi. Anche con le donne Alfredo non era mai riuscito se non ad amarle per piccole parti, secondo la fantasia che di loro, in quel momento, aveva, secondo quello che Morgana gli offriva.
Certo con l’età questa sua capacità era diminuita, ma di questo Alfredo non si era mai preoccupato tanto. Lo considerava nell'ordine delle cose, una sorta di pegno da pagare all'avanzare degli anni. A lui bastava sempre più aver conservato la curiosità, il gusto di sapere, di conoscere.
Quando era arrivata A. tutto era cambiato. Era stata pioggia improvvisa giunta a portare tutto via con se e Alfredo si era fatto trascinare da quel diluvio, non aveva cercato nessun appiglio, nessun ramo sul bordo del nuovo fiume. Quel fiume che a tratti lo lasciava senza fiato e altri lo avvicinava come non mai ai mille riflessi del sole. Gli sembrava che solo così, tra massi e meandri, avesse finalmente veramente posseduto il giorno e la notte, che solo così fosse possibile arrivare all'antica magia del mare aperto: conoscere e dimenticare.   

lunedì, febbraio 10, 2020

[Alfredo] pestaggi

Alfredo non aveva mai creduto a quel separare buoni e cattivi e non solo perché tutte le volte che si era ritrovato con il gesso tra le dita, davanti alla lavagna, non era mai riuscito a scrivere nessun nome, ma anche perché, soprattutto forse, tra i suoi migliori amici i cattivi si sprecavano e forse lui stesso lo era stato, lo era. E tra gli stessi, ne era sicuro, c'erano anche i migliori uomini che avesse mai incontrato.
Non ci credeva, Alfredo, neanche in quel momento, a quel bianco e a quel nero: mentre i pugni arrivavano sempre più dolorosi, mentre, accasciandosi a terra, sperava solo che quei calci non riuscissero a spezzargli le ossa , a segnare, ancor più, il suo corpo.
Rannicchiato attendeva che tutto finisse, che quei soldi sottratti bastassero, che quello straccio macchiato di sangue accontentasse gli dei e nel farlo aveva iniziato a ripassare mentalmente tutto ciò che di magnifico aveva incontrato: gli amori, le arti, le storie.
"Che cazzo ridi vecchio?"
L'ultimo calcio aveva spento tutto nella sua testa, ma sul volto era rimasto ugualmente qualcosa di simile a un sorriso.

domenica, febbraio 09, 2020

[Alfredo] sogni

E se poi sogna Alfredo gli capita di pensare che non è possibile, che i sogni non fanno bene a nascere quando c’è la luce e allora prova a ricacciarli indietro, a ignorarli, ma quelli a volte sono così cocciuti che si riaffacciano e bussano e mordono che quasi sembra che vogliano divorarlo e allora Alfredo si arrende e dice: “Se è questo che volete allora sono vostro”.
È che i sogni bisognerebbe stenderli bene in una bella giornata di sole, pensa, e attendere che il vento ci mandi il loro profumo prima di indossarli, facendo solo attenzione a non stropicciarli troppo, alle pieghe, prima di dimenticarli.

martedì, febbraio 04, 2020

[Alfredo] vento

Il vento oggi aveva voglia di parlare. Raccontava dei suoi viaggi, delle cose che aveva visto, delle illusioni che aveva regalato, delle urla che si era portato via. A un tratto si era tanto infervorato nei suoi discorsi che, distratto, aveva anche lasciato cadere un vaso dalla finestra di Alfredo verso il pavimento.
Era un bel vaso, fatto bene insomma. Conteneva tre piccole piante grasse che, scaraventate a terra, erano riuscite comunque quasi a conservare la loro forma, la loro delicata bellezza.
Il vento si era subito reso conto del danno provocato. Dapprima silenzioso si era poi trasformato in tiepida brezza. Era così che aveva continuato a sussurrare le proprie scuse ad Alfredo mentre questi raccoglieva il terriccio e cercava, tra dimenticati oggetti, un nuovo luogo dove interrare quei piccoli tesori.
“Chissà se si abitueranno a tornare sole, hanno vissuto un bel po’ di tempo insieme” pensò alla fine, quando ebbe trovato la soluzione, alzando gli occhi verso il suo amico. Il vento, però, era già sparito, così Alfredo si premurò solo di lasciarle vicine, ognuna nel suo piccolo vasetto.
“Se avete qualcosa da raccontarvi di certo ci riuscirete così” disse loro, prima di richiudere la finestra.

lunedì, febbraio 03, 2020

[Alfredo] domenica

Quando arriva la domenica è già andata via una settimana ed è questa l’unica cosa che Alfredo riesce a prendere in considerazione. Non tanto i mesi, che quelli non riesce proprio a ricordarli come per gli anni, quando il fatto che saranno necessari altri sei giorni al suo riapparire.
Un tempo, da ragazzo, avrebbe  potuto sapere di  quell'arrivo dal suono delle campane, dal profumo del pranzo che lentamente si impossessava della casa già dal mattino, dall'odore del pane caldo che gli veniva chiesto di acquistare nel piccolo forno familiare sotto casa, da quel sapore di piccola festa che gli pareva di percepire ogni volta e che lo vedeva ciondolare fino a tardi tra le stanze prima di decidersi a uscire.
Ad Alfredo piace ancora andare in giro la domenica, soprattutto quando il sole si intestardisce a dare vita a quei volti che incontra, a quelle facce che gli appaiono, in quel giorno, con quella luce, più paffute e contente.
“Forse siamo anche noi degli alberi” gli era venuto di pensare alcune volte “c’è chi ha radici così forti da non poter essere sradicate se non a costo della vita e chi invece rotola via trasportato dal vento” Quest’ultima immagine, in realtà, era nata dopo aver visto un documentario su degli strani arbusti di un altro continente, ma lo aveva subito colpito così tanto da farla, immediatamente, sua.
Una volta Alfredo aveva confidato questo suo pensiero a un amico biologo, un ragazzone alto e grosso che lavorava, dopo aver finito gli studi, nel negozio di ferramenta del padre.
“Ma se proprio dobbiamo discendere da qualcosa - gli aveva detto - perché non da un albero? Ecco a me piacerebbe essere un lontano cugino di un castagno. No, non è come credi. Non per poter vivere cento o mille anni. Che me ne farei di tutto quel tempo? è solo che mi sembra più bello, ecco. Più realistico. E poi i castagni sono solidi, forti e nello stesso tempo burberi. Generosi anche. E poi, non sembra anche a te che amino gli scherzi con tutte quelle spine a coprire un dono che sanno già offriranno a tutti? No, non ridere. Lo so a cosa pensi. E tu? Non vorresti fosse così anche tu?”
Il giovane garzone biologo l’aveva seguito con attenzione e stava per rispondergli quando un cliente era entrato chiedendo delle viti a brugola e un set completo di utensili.
Quando la vendita era stata completata Alfredo era già lontano. All'orizzonte il sole disegnava merletti di luce sulle ombre del parco e la luna attendeva fiduciosa che qualcuno la pensasse  per apparire, per diventare reale.

mercoledì, gennaio 29, 2020

[Alfredo] inverno

“Senti, ma potremmo vederci, uscire, non so, andare al cinema, bere qualcosa”
La mano poggiata sul braccio è leggera, ma Alfredo ne sente lo stesso il calore, anche se oggi indossa un cappotto pesante a proteggersi dal freddo, anche se non lo confessa.
“Se invece tu venissi a casa mia, ora?” pensa, e intanto la frase gli è già sfuggita e lei sorride, come non aspettasse altro.
Il resto è un silenzio fatto di passi brevi, di sguardi che fingono di guardare distratti le vetrine, di pensieri che corrono in fretta a coprire ogni rumore.
Quando si ritrovano sul letto sono già nudi dentro. Sullo specchio, dalla finestra, li saluta un raggio di luce.


martedì, gennaio 28, 2020

cinema

Prima ancora ca finisci u filmi saccumencia
a immaginari lesito,
a fare previsioni.
"Talia a chisti" veni di riri,
si unu non ciansetta.
Comu fussi chidda a propria vita,
comu
su ciavissumu arrinisciutu sempri.

lunedì, gennaio 27, 2020

[Alfredo] luce e neve

Alfredo sogna e nei suoi sogni le cose cambiano colore e forma e sostanza e  certe luoghi diventano di zucchero e di miele che cola su dita su labbra avide,  altri trovano esseri che si arrampicano su alberi nodosi, su rami sempre in bilico tra il verde e il vuoto. Esseri che cercano una luce che non troveranno, un sogno nel sogno che non esiste. Alfredo sogna e i volti si fanno di cartapesta e la pioggia li disfa prima che arrivi il sole.
“Come va oggi? Cosa le servo? Ha visto che strana luce nel cielo? Crede che riusciremo a vedere la neve quest’anno? Ecco questo è per lei. Dieci euro. Sì, sì vanno bene anche quelli, non si preoccupi per i cinquanta centesimi, me li darà la prossima volta. Anzi, sa cosa le dico? Le va un caffè? Tanto è ancora presto. Chiudo qui un attimo e andiamo al bar”
Alfredo si stupisce ancora quando incontra qualcuno che si ostina a vivere. Il caffè è buono e la spesa leggera. Forse tornerà anche il sole stamattina o nevicherà, invece, a coprire con una coperta di luce il mondo.

domenica, gennaio 26, 2020

[Alfredo] Elezioni

Alfredo è andato tante volte a votare, forse sempre anche se di questo non è sicuro.
Anche oggi lo ha fatto. Ė uscito presto da casa e si è incamminato verso il seggio. La giornata era grigia e per strada c’erano poche persone, la maggior parte in cerca di un bar e di una colazione;  Alfredo, invece, ha la sua Bialetti, i biscotti conservati nella scatola di latta, le arance recuperate al mercato. 
La scuola dove vota Alfredo è un po’ lontana, bisogna cambiare quartiere, attraversare strade, ricordare il percorso. Però lui lo fa volentieri quel tragitto e gli sembra nuova ogni cosa che vede, che incontra e nello stesso tempo ricorda che lì ha rischiato di cadere, che in quella bottega, ora chiusa, ha incontrato una sua amica, che il tempo è passato.
Alfredo non ama molto le elezioni. Un tempo per tutti quei volti che sembravano fissarlo da ogni strada e che lui si rifiutava di guardare. Lo interessavano solo quei collage surreali che a volte si formavano su strati di colla e lembi strappati. Gli sembravano rivelare qualcosa più quelli che i sorrisi d’accatto e le promesse da una riga degli altri. Oggi quei manifesti  sono quasi spariti, sostituiti da chiacchiere anche peggiori che a volte gli capita di sentire in tv o al supermercato.
Quando arriva al seggio prepara la tessera e il documento. Come era giovane lì. Alfredo ha un attimo di smarrimento e per accertarsi di essere ancora se stesso cerca una vetrina dove potersi guardare. Poi sale le scale, consegna, ritira, segna, esce. In mano tiene ancora tutto. 

venerdì, gennaio 24, 2020

[Alfredo] a volte

A volte si ha solo bisogno di sentire che il cuore dell’altro è più vicino di quanto sembri: basta una parola, un sorriso, il carezzare con timidezza un corpo, il viso.
A volte Alfredo vede tutto questo avvenire è il suo cuore ne gioisce anche se non sono storie che gli appartengono o a lui prossime.
A volte si ha solo bisogno di sentire che il cuore dell’altro è più vicino di quanto sembri, chiunque sia l’altro, di chiunque sia il cuore che chiede.

giovedì, gennaio 23, 2020

[Alfredo] treni

Ci sono dei luoghi che Alfredo frequenta malvolentieri, tra questi , un tempo, c’erano le carrozze dei treni. Ora i vagoni son diversi da allora e se capita di parlare con il compagno di viaggio è solo per uno scambio rapido su qualcosa di preciso: la valigia, il ritardo, l’arrivo del capotreno.
Alfredo non viaggia più così spesso, nessun nuovo scompartimento che non sia il tavolino di un bar o una panchina al sole o all'ombra (a seconda della stagione), la stanza sconosciuta di una nuova amicizia.
Ripensando a quei viaggi ricorda sempre il senso di fastidio provato quando gli capitava di non aver nessuna voglia di parole, lo strategico rifugiarsi dietro un libro o una rivista, il far finta di dormire. Certo non sempre era così. A volte piaceva ad Alfredo ascoltare attento le strane rivelazioni esplose in quei momenti di vita forzatamente condivisa.  Si abbandonava in quei casi all'ascolto dell’altro, annuendo partecipe, attento a non far fermare quel flusso sonoro. Era, gli sembrava, un vivere i ricordi, le storie altrui, come fossero stati i propri. Nessun commento, quasi sempre, nessuna remora.
Alfredo era però consapevole della possibilità di potersi trasformare da spettatore a protagonista di quegli scambi. Era successo, soprattutto durante i suoi primi viaggi, sarebbe, di certo, potuto nuovamente capitare. Si chiedeva allora, a volte, cosa avrebbe confessato in questi casi, cosa sarebbe uscito fuori magari da semplici assonanze o da sguardi distratti, dallo stesso odore di un improvvisato anfitrione. La paura che ciò accadesse gli faceva scegliere, ogni volta, scompartimenti quasi pieni o totalmente vuoti, ma non sempre ciò era possibile.
“Va a trovare qualcuno?”
“Sì, un’amica”
La donna aveva lanciato la domanda con cortesia non appena il treno aveva lasciato la città per tuffarsi tra paesaggi di pianura sempre uguali. Era una bella signora anche se, in realtà, era stata la tonalità di quella voce a colpire Alfredo. Qualcosa che alludeva a un partecipato distacco.
Stettero parecchio altro tempo in silenzio, la luce illuminava ancora il vagone e Alfredo non aveva portato nulla con se da leggere, cosi si era ritrovato a  fissare le stampe che intristivano lo scompartimento. Lei, invece, aveva poggiato leggera il capo allo schienale per continuare a guardare in silenzio al di là del finestrino.
“Deve essere una donna fortunata” aveva, a un tratto, detto, come non avesse pensato ad altro, come se riprendesse quelle poche parole iniziali.
“Io sì” aveva risposto Alfredo, chinandosi leggermente verso di lei che lo guardava con attenzione.
Avevano subito ripreso la propria posizione e non si erano più parlati fin quando lui non si era preparato per scendere.
Alfredo l’aveva salutata sorridendole e lei, per tutta risposta, aveva aggiunto un “ Non soffra!” che aveva il tono dolce di un augurio.

domenica, gennaio 19, 2020

respirare

Chittaia diri?
Ca si ciauru di pani,
di tavula cunsata a festa?
Ca si meravigghia di passulina,
scoccia daranci zuccarata?
Chittaia fari?
No sai chi facissuru sta ucca,
sti iammi ne to iammi, 
i manu ca ti cercunu assitati? 
Sugnu ciatu ca sattacca na specchiera,
signami ancora cu li to ita.

sabato, gennaio 18, 2020

fanfaluche

Innocui i nostri sogni:
semi gettati sulla strada
ad attendere la mola.

venerdì, gennaio 17, 2020

[Alfredo] insonnia

La sveglia suonava alle sette, ma non è stato necessario pigiare sul tasto per silenziarla; Alfredo era già sveglio.
Era successo alle tre circa, lui aveva provato a riaddormentarsi, cambiando più volte posizione, scoprendosi per poi ricoprirsi di nuovo, inseguendo sogni fantastici e incubi che tardavano ad arrivare, ma non c'era proprio riuscito; così si era semplicemente arreso a quello che il suo corpo ordinava e aveva deciso di alzarsi.
Era andato in cucina, tostato due fette di pane, abbondato su quelle con il miele, preparato una calda e lunga tazza di caffè. Quest'ultima l'aveva sorseggiata in piedi vicino alla piccola finestra, con calma, pensando.
"La vita fuori riflette sempre un po' la vita dentro" si era detto "sarà che sono i nostri occhi a vederla, a crearla. Magari, mentre fissiamo qualcosa, è solo il particolare che ci serve in quel momento ad attirare la nostra attenzione e così l'insieme perde di importanza, di significato"
Alfredo aveva chiuso gli occhi sicuro che nel momento in cui avesse deciso di aprirli quelli gli avrebbero svelato qualcosa, magari ciò che, ne era sicuro, ancora fingeva di non vedere. Attendeva, attendeva e contava Alfredo.
Uno, due, tre, quattro... giunse a cento prima di scoprire davanti a se lo stesso muro, lo stesso identico silenzio.

giovedì, gennaio 16, 2020

[Alfredo] colazione

Seduto al tavolino della piccola tavola calda Alfredo sfoglia distratto il giornale. Non c'è nulla che lo colpisca particolarmente, sono ben più vivi, per strada, gli sguardi della gente, i loro discorsi.
Due ragazzi accanto a lui parlano di esami e di università, al bancone altri ragazzi consumano velocemente un caffè prima di ripartire per le loro consegne. Hanno lasciato all'ingresso due zaini coloratissimi pieni di volantini e il loro sguardo è, al tempo stesso, sazio e assonnato, come di chi si sia appena svegliato dopo una notte non certo tranquilla, ma divertente.
La proprietaria ha una parola per tutti, conosce tutti. In un attimo serve ad Alfredo il suo dolcetto di ricotta e cannella e riparte per fare altro prima di completare l'ordine con l'immancabile caffè.
"Posso sedermi qui?" Una donna lo guarda cortese e Alfredo non può che sorriderle, anche se non ama troppo avere accanto qualcuno che non conosce quando mangia. "Certo, certo" risponde ma la donna si è già seduta, sarà stato il sorriso precedente pensa lui e comunque già riprende a sbocconcellare la pasta che ha sul piattino  tutto contento per la qualità della ricotta.
"Mi puoi dare una pizzetta, per favore? E anche un caffè dopo grazie" La signora, dal tono, sembra una cliente abituale. Alfredo alza gli occhi un attimo e gioca a decifrarla. Quarantacinque, cinquantanni, forse una madre che ha accompagnato i figli alla scuola vicina separata? Probabile. E' uscita da casa in fretta, a giudicare dalla pettinatura, ma non tanto in fretta da pregiudicare la cura nel suo abbigliamento. Forse è il suo giorno libero, forse non deve rendere conto a nessuno dei suoi orari di lavoro.
Alfredo riprende a scorrere le pagine del giornale. Nelle cronache locali qualche furto, qualche incidente, un premio dato  per qualcosa a qualcuno.
"Mi metti da parte qualcosa per me e Giancarlo?" La donna è stata appena servita , ma non sembra poi aver così tanta fame. Guarda la pizzetta fumante e la proprietaria attendendo una risposta. "Va bene quello con la salciccia?" chiede quella. "Sì, sì, certo " risponde come confortata.
"A mensa non mangia mai nulla e così mi tocca sfamarlo appena esce da scuola, prima del tennis" La confessione, non prevista e non voluta, è fatta di corsa ad Alfredo che abbozza un "Sì, certo" prima di chiedere il suo caffè. Non ha voglia oggi di chiacchiere in questo momento e men che meno di storie su bimbi e impegni. Lei però non desiste, deve essere stato il primo morso alla pizza che le ha dato forza. “Siamo arrivati tardissimo oggi - prosegue - Sa, non abbiamo sentito la sveglia e lui mi ha chiamato che ancora dormivo. Che caro! Si può andare sempre di corsa? Ci sono giorni che mi sembra impossibile avere la forza per reggere. Mi chiedo se riuscirò mai ad avere un po’ di tempo per me stessa. No che non sia contenta, no. Lui è un così caro bimbo... ma insomma... sono impegni sa? " Tutto è stato detto velocemente, anche se la voce, anch'essa stanca, ha continuato a tenere un tono da riflessione, quasi da confessionale.
Alfredo non sa bene cosa rispondere, si limita a una espressione del volto che vorrebbe essere di conforto e finisce le ultime gocce del suo caffè.  "Siamo sempre di corsa" poi mormora, alzandosi e sorridendo e salutando, prima di allontanarsi.
"Camilla non prendere niente, offro io al signore"
Alfredo si gira, ora è proprio in imbarazzo. "A buon rendere" riesce a dire, prima di ritrovarsi infreddolito sul marciapiede.                         

mercoledì, gennaio 15, 2020

[Alfredo] giostre

"C'è un prima e un dopo in ogni cosa e succede così sempre, forse per questo non ci accorgiamo del presente perché vorremmo sempre sapere solo come siamo arrivati a quel punto, cosa ci succederà."
La donna seduta di fronte ad Alfredo continua a parlare, ma lui quasi non l'ascolta concentrato, come è, a fare sua quella ovvietà. Un po' vecchia, in effetti, ma sempre dimenticata.
Si risveglia solo quando lei posiziona un “noi” nel suo discorso e allora accarezza il bicchiere di vino sul tavolo e sorride attento.
“Ecco, noi che siamo seduti qui, perché dovremmo preoccuparci del perché ci siamo arrivati o di dove andremo dopo?”
In altri tempi Alfredo a quel punto si sarebbe chinato su quelle labbra per baciarle, forse era anche la cosa più giusta da fare, a dispetto degli anni che avevano, della gente attorno, di quello che lei realmente volesse o pensasse, invece dice solo: “Già...” e si alza per cercare qualcosa in tasca.
Lei sembra presa alla sprovvista, tace, lo guarda perplessa.
Alfredo esamina le comode tasche dei pantaloni, poi passa al cappotto che giace, in ordine, sulla sedia accanto.
“Ecco, questo lo avevo preso per te”.
Nella mano destra un piccolo oggetto di legno colorato: una giostra tutta rossa con le sagome di tre cavalli bianchi.

martedì, gennaio 14, 2020

[Alfredo] audiocassette

La schiena tornava a far male e Alfredo si sentiva quasi intrappolato da quel corpo che gli impediva quasi di muoversi.
La città era di nuovo fredda, ma più che la temperatura erano i pensieri a farlo rabbrividire: sembravano essersi rattrappiti, aver perso la loro primavera.
Alfredo aveva preparato mentalmente quello che gli sarebbe servito per preparare il pasto. Aveva controllato che ci fosse tutto, aperto il frigo , il piccolo scaffale, in alto, adibito a dispensa, quello, in basso, dove erano riposte le pentole... poi aveva richiuso tutto con cura per scegliere di tornare a sedersi sul divano. Dalla finestra provenivano pochi rumori, lo scalpiccio veloce di un passante, il lontano suono della voce di un ragazzino.
Passarono pochi minuti. Provò ad alzarsi, era una fatica farlo, per avvicinarsi ai vetri e scrutare il cielo. Sulla finestra un volto. Alfredo stentava a riconoscersi.
"Vuoi proprio piangerti addosso?" chiese. L'altro rimase muto, ma Alfredo non aveva voglia di desistere, così gli venne naturale decidere di iniziare a raccontargli una storia pescata a caso tra quelle conservate nella sua memoria.
Erano storie strane quelle di Alfredo. Si sarebbe detto che fossero senza senso e in effetti, forse, era proprio così.
"Sai quando ero molto più giovane di ora amavo ascoltare la musica di un gruppo, credo fosse irlandese, no inglese, sì, sì  era inglese. Ecco non era facile ascoltarli e anche i dischi credo fosse difficile trovarli, anche se io allora neanche ci tentavo. Non potevo mica permettermi di spendere i soldi che avevo per quelli! Insomma capitava che li ascoltassi alla radio e allora li registravo velocemente su una cassetta che era sempre pronta per queste evenienze. Così capitava spesso che mi mancasse l'inizio di un brano o che avessero tagliato la fine, o che qualcuno ci avesse parlato sopra. Insomma cose così, ma io continuavo a riascoltarli lo stesso e, insomma,  non me ne facevo un cruccio.
Ti dicevo, c'era questo gruppo e la cantante aveva una voce bellissima, almeno a me così sembrava, e allora io me la la immaginavo questa sirena chiamarmi e ogni volta ad ascoltarla c'era un pezzo di lei che si aggiungeva alle mie fantasie e tutto era così reale che chiudendo gli occhi potevo vederla e vedevo anche gli altri che suonavano o cantavano e le chitarre e la batteria e il contrabbasso. Insomma, come dirti, per anni quelle costruzioni sono state la mia realtà, fin quando ho potuto vedere i video dei loro concerti, avere i loro album. Jacqui, la cantante che ti dicevo, era un po' bruttina a dire la verità, ma a chiudere gli occhi lei e gli altri rimanevano come me li ero sempre immaginato e anche dopo quella scoperta non serviva altro."
Il sole era improvvisamente sparito e anche l'amico di Alfredo si era dissolto. Lui, invece, era tornato a sedersi sul divano.


sabato, gennaio 11, 2020

Ciao Alfredo

Dove sei stato Alfredo? Dove sei sparito? E come stai? Non so se mi sembri invecchiato o forse, invece, un po' più giovane.  Sarà questa luce che cambia in continuazione; saranno questi spigoli, sul tuo volto inventato, che inseguono i solchi delle rughe.  Sarai tu che sorridi con gli occhi, arricciando, timido, le labbra. Sai, non posso dirti che tu mi sia mancato, sei solo improvvisamente scomparso e io non avevo voglia d'insidiare questo tuo volontario esilio. Sapevo già che saresti tornato se tu lo avessi voluto o che magari saresti rimasto per me solo un ricordo tra altri. Anch'io sono cambiato, mi sa; ma questo non è neanche necessario dirtelo, credo che tu lo veda da solo. A volte ho avuto ancora voglia di tuffarmi tra le tue strade, di osservare la gente con i tuoi occhi, di parlare al mondo. A volte ho anche sognato; sogni brevi, subito dimenticati. Credo di iniziare a capire solo ora quello che allora volevi dirmi, ma già oggi io sono un altro, tu sei un altro.

giovedì, gennaio 09, 2020

Alfredo

"Lei non ha figli?"
Alfredo abbassa un po’ lo sguardo poi riprende a parlare d’altro.
Gli sembra che quella storia di cui stavano discutendo sia poco plausibile, montata a dovere per dimostrare che nessuno si salva, che tutti sono uguali. L’uomo con cui sta dialogando da più di un’ora riprende allora a elencargli date e avvenimenti, ma Alfredo non lo segue più.
Quando sente la voce di quello spegnersi dice solo:
"Ecco adesso mi è più chiaro" e si alza come si fosse ricordato in quel momento di qualcosa di importante da fare.
"E’ stato un piacere" aggiunge salutando. L'altro lo ferma porgendogli la mano.
"Potremmo vederci domani, lei viene spesso qui?" domanda.
"A volte" risponde Alfredo e si allontana.

Il sole è già andato via e l’aria è più fresca. Alfredo chiude il cappotto e sistema meglio il cappello sul capo. Sull'autobus che lo porta verso casa poche persone: un giovane immigrato che guarda passare le vetrine, una badante con una busta da supermercato sdrucita poggiata a terra tra le gambe, due ragazzi che si annusano innamorati.


-------------


Capita che Alfredo sia molto distratto. E' facile per lui perdersi dietro il contorno di una nuvola o inseguendo una coccinella che lenta si arrampica sul muro. Capita.
E' successo anche oggi, mentre qualcuno gli parlava di catapecchie bruciate, di morti.
"Sono bruciati in due, gli altri li hanno cacciati via. Ci sono i caporali lì... e poi tutte quelle baracche... Come in Africa! Che vergogna!"
Alfredo era altrove. Il fatto è che qualcosa tra i rami dell'albero di fronte a lui pareva brillare e Alfredo non riusciva a stabilire se quel luccichio fosse dovuto a un piccolo raggio di sole che filtrava tra i fitti aghi o ad un semplice riflesso dovuto a qualcosa rimasto impigliato tra i rami, magari un oggetto portato lì dal vento gentile o da un uccello innamorato. Forse era solo una lacrima, una vecchia ferita della pianta oppure lo scherzo di una strana prospettiva che giocava a ingannarlo.
"Cosa ne pensa?" chiese quello e ad Alfredo sfuggì un incauto:
"Dobbiamo vedere, sarebbe meglio guardare con più attenzione"
I due si salutarono poco dopo.


--------------------


Alfredo aveva tentato di afferrare qualcosa di utile tra tutte quelle notizie che gli erano piovute in testa come pioggia battente.
Era ancora a tavola. Era stato invitato a cena da una sua vecchia amica e la loro conversazione, fino a quel punto abbastanza piacevole, era stata interrotta da un'espressione di sorpresa sul volto di lei (alla veloce lettura seguita a un bip d'avviso del cellulare) e dall'immediato arrivo (dopo un'affannata ricerca del telecomando) di un torrente di voci a commentare l'ennesima strage.
La televisione era alle sue spalle, ma lui non si era nemmeno voltato a guardarla. Piuttosto aveva atteso paziente che lei si decidesse a ritornare al loro incontro.
"E' incredibile, è incredibile" continuava a mormorare la donna. E poi:
"Ma come fai? Come riesci a non preoccuparti?"
Alfredo aveva alzato le spalle per poi riprendere a cenare da solo.
Il pesce era proprio buono, gli sembrava fosse anche un ennesimo affronto alle vittime e ai carnefici rovinarlo.


-------------------------


C’è una strada del centro che Alfredo ama percorrere. Un vicolo, piccoli portoni e mura di colori diversi.
Ad Alfredo quella via ha sempre fatto venire in mente i regoli con cui da piccolo avevano tentato di insegnargli la matematica, gli stessi con cui si divertiva a giocare, a inventare ballerine costruzioni sempre sul punto di crollare per essere poi ricostruite.
Lì, in quella via, qualcuno aveva realizzato i suoi sogni.
Certo Alfredo sapeva benissimo che quel curioso aspetto era dovuto a una lunga serie di successioni familiari. Conosceva il fatto che, per uno strano vezzo nobiliare, le divisioni erano state fatte in verticale. Aveva visitato una di quelle abitazioni, come le altre composta da due, altre più, piani con una sola grande stanza per piano… questo, però, non toglieva nulla alla magia di quel piccolo caleidoscopio.
Lui, dopo averla attraversata, dopo aver scoperto ogni volta un nuovo particolare sfuggito alle visite precedenti, chiudeva gli occhi e tornava bambino.


--------------------------


Il sole è appena tramontato, una luce affiora fioca da dietro i palazzi illuminando ancora un poco il cielo. E’ il vespro.
Alfredo toglie gli occhiali, guarda lontano. Tutto gli appare indistinto, spariscono i contorni. Le luci delle case, delle strade, tremolano come stelle. A volte Alfredo viene così preso da quel paesaggio che raggiunge per un attimo la sicurezza di farne parte. Di essere anch'egli mondo.

Da piccolo una volta la maestra gli aveva chiesto di disegnare con un gessetto la città su di un cartoncino nero.
“Ora ritaglia i contorni escludendo il cielo” gli aveva poi detto lei prima di invitarlo a scegliere un nuovo cartoncino.
“Prova a incollare il primo sul secondo”
“Così?” aveva chiesto Alfredo, guardando il cartoncino arancione scelto.
“Prova a capovolgerlo” aveva suggerito la maestra.

Improvvisamente erano sparite porte, finestre, strade e palazzi. Un indistinto nero su cui la donna aveva applicato polverosi punti di luce subito sfumati dai polpastrelli delle sue dita lunghe e sottili. Alfredo si accorse per la prima volta che la maestra non portava lo smalto sulle unghie.


----------------------


Alfredo cerca le chiavi di casa, gli occhiali, il portafoglio, le caramelle alla menta che porta sempre con sé, i fazzolettini di carta. Si muove da una stanza all'altra e si siede e si rialza e di nuovo controlla di avere tutto.
Quando finalmente esce di casa un sole festoso lo accoglie, lo abbraccia, lo accompagna verso il parco.
“Alfredo! Alfredo!”
Qualcuno continua a chiamarlo da lontano, ma lui non si ferma e allora la voce lentamente sparisce fin quando non ne rimane che un rivolo nella mente.
Alfredo si ferma all'edicola. Gira lentamente gli occhi tra tutte quelle copertine sapendo già che non acquisterà nulla, che prenderà il solito giornale e con quello proverà a trovare un luogo dove sostare tra ombra e luce.
Alfredo si siede e sfoglia con attenzione le pagine prima di iniziare a leggere e ritorna indietro e inizia e smette e riflette su come sia strano il fatto che i giornali parlino così tanto di televisione, poi ricorda che lui la televisione ha smesso di guardarla già da tanti anni.


--------------------------


La bimba, seduta a cassetta sulla diligenza di plastica, tira le redini di quattro cavalli neri e ride sballottata da sussulti automatizzati, sempre uguali agli occhi degli adulti, per lei sempre diversi.
La madre è poco lontana. Gli occhi e le mani sul cellulare, parla degli acquisti e dell’amante con l’amica forzando le parole fino a farne una trama rumorosa di menzogne.
Ragazzini si esplorano su una delle panchine poste di fronte ai negozi, gli altri sedili sono quasi tutti terra di conquista di vecchi abbandonati o di mariti che fumano insofferenti.
Alfredo non ricorda bene perché sia finito lì, o meglio lo sa ma la cosa ha perso per lui ogni importanza. Vorrebbe abbandonare subito quel luogo, ma è contro la sua natura fuggire. Cammina lentamente allora, le mani dietro la schiena e un cappello leggero a proteggere dal sole che scalda la pista.
Ovunque voci e pessima musica in sottofondo. La gente è accaldata, i maglioni mattutini spariscono attorno ai fianchi degli adolescenti o si affacciano, timidi, dalle borse delle signore. La primavera, improvvisa, è arrivata.


--------------------------


Alfredo ama la gente, tutte le persone che incontra o conosce, anche se spesso questo amore somiglia a quello dell’etologo per le sue creature.
Il fatto è che ad Alfredo piace osservare gli umani. Passerebbe ore a spiarne i movimenti, a sentirne le parole, a immaginarne l’anima. Tutto questo avviene senza che egli dia alcun valore morale alle azioni sviluppate dal suo oggetto di studio. Alfredo è sempre pronto a giustificare, a razionalizzare qualsiasi scelta, qualsiasi pulsione.
Certo questo tirarsi fuori nel momento dello sguardo non gli impedisce, quando egli stesso rientra negli osservabili, di criticare, di esprimere giudizi, di partecipare attivamente al proprio presente, poiché anche il suo vivere è un personalissimo caso di studio.


----------------------------


Alfredo cammina. E’ sulla via principale della città in questa giornata di luce. Il suo passo è lento: non ama correre Alfredo. E poi correre verso cosa, verso dove?
Qualcuno lo supera urtandolo, gli arriva addosso distratto, ma lui non se la prende troppo. Vuole solo arrivare in piazza, sedersi un po’ a leggere il giornale, guardare passare la gente. Non lo fa da tempo. Ultimamente al massimo è andato al parco più vicino.
Quando finalmente lo spazio si allarga, scopre che sono sparite tutte le panchine. Per sedersi ora bisogna utilizzare le sedie ai tavoli dei bar o i pochi gradini che portano al piedistallo del barbuto. Alfredo scarta quest’ultima possibilità. Non ha più l’età e non c’è più spazio tra quei ragazzi che a gruppetti giocano a definirsi. Così decide di tornare verso la fermata del bus, verso casa.
All'angolo della piazza, sul lato opposto a quello da cui è arrivato, un tavolo con delle bandiere. Fanno firmare i passanti, distribuiscono volantini “contro il degrado”.
L’autobus è in ritardo.


-----------------------------


E’ mattina.
Ora Alfredo ascolta alla radio Alice Sara e nel frattempo pulisce le sardine acquistate il giorno prima, in offerta, al supermercato.
Sembravano ancora fresche e lui aveva proprio voglia di pesce.
Sotto le sue dita i piccoli animali si aprono delicatamente e con pazienza Alfredo toglie loro le viscere, la lisca, la testa appuntita.
Nella cucina piena di sole Chopin lo accompagna e tutto pare abbia un senso, una dolcezza infinita.
Anche quelle povere vite, a cui ha già chiesto perdono, brillano. Sul tavolo un bicchiere, dei biscotti, una bottiglia ancora chiusa di vino.