Anche oggi lo ha fatto. Ė uscito presto da casa e si è incamminato verso il seggio. La giornata era grigia e per strada c’erano poche persone, la maggior parte in cerca di un bar e di una colazione; Alfredo, invece, ha la sua Bialetti, i biscotti conservati nella scatola di latta, le arance recuperate al mercato.
La scuola dove vota Alfredo è un po’ lontana, bisogna cambiare quartiere, attraversare strade, ricordare il percorso. Però lui lo fa volentieri quel tragitto e gli sembra nuova ogni cosa che vede, che incontra e nello stesso tempo ricorda che lì ha rischiato di cadere, che in quella bottega, ora chiusa, ha incontrato una sua amica, che il tempo è passato.
Alfredo non ama molto le elezioni. Un tempo per tutti quei volti che sembravano fissarlo da ogni strada e che lui si rifiutava di guardare. Lo interessavano solo quei collage surreali che a volte si formavano su strati di colla e lembi strappati. Gli sembravano rivelare qualcosa più quelli che i sorrisi d’accatto e le promesse da una riga degli altri. Oggi quei manifesti sono quasi spariti, sostituiti da chiacchiere anche peggiori che a volte gli capita di sentire in tv o al supermercato.
Quando arriva al seggio prepara la tessera e il documento. Come era giovane lì. Alfredo ha un attimo di smarrimento e per accertarsi di essere ancora se stesso cerca una vetrina dove potersi guardare. Poi sale le scale, consegna, ritira, segna, esce. In mano tiene ancora tutto.
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