Inizia ad arrivare il sole e le finestre si aprono e le voci rimbalzano nella stretta via. Musica, anche, e non importa poi molto se sia buona o pessima. Quasi si desidera veder passare qualche auto, ascoltare i capricci di un bambino.
Alfredo si sposta da una sedia a un'altra, dal letto al divano e si agita e farfuglia a se stesso discorsi che non ricorderà, frasi che cancellerà. In fondo è cambiato ben poco se non fosse per quella leggera differenza tra obbligo e scelta e lui ha sempre mal sopportato gli obblighi.
Sul margine di un foglio annota qualcosa, ma poi lo cancella. Neanche quello pare distrarlo.
Con un braccio libera il tavolo incurante di tutto quello che cade a terra, poi si sposta frenetico tra le stanze: un cavatappi, una minuscola coccinella, una T-shirt, un accendino. Alfredo posiziona il suo bottino sul legno ormai vuoto e sorride, poi lentamente lo dispone in fila.
E' indeciso tra l'accendino e la coccinella, ma è il cavatappi ad avere il primo posto seguito dalla T-shirt. Quando tutto è sistemato si allontana per vedere tutto da punti di vista diversi, per cercare di unire quelle piccole storie che si è andato a cercare. Finalmente gli sembra di aver capito, di averne afferrato un senso. Finalmente sembra placarsi.
Alfredo lascia tutto lì e raccoglie quello che prima era caduto. E allora che una piccola scheggia di legno gli graffia un po' la mano. Proviene da una scatola di legno. Una semplice, anonima, scatola di legno.
"No, non mi sono mica dimenticato di te" le dice Alfredo, fissandola con amore.
scrivi benissimo, Alfredo vive. Nella quarantena si esprime al meglio, vuoto su vuoto, poesia su vuoto. Mah. Ciao
RispondiEliminaCiao :) mille volte grazie :)
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