Alfredo l'aveva scorta subito, appena data la prima occhiata alla silenziosa strada. Potevano essere le cinque, le sei del mattino, poiché in quello stretto budello ancora il sole faticava a cacciare le ombre. La tazza del caffè in mano, si era affacciato. Era quello il primo gesto, poi ci sarebbe stata solo l'attesa di un giorno nuovo.
La vecchia era a una decina di metri da lui. Seduta su una vecchia sedia di legno e paglia, guardava davanti a sé. Alfredo sapeva che avrebbe potuto solo osservare il muro scrostato che divideva il suo portone da quello successivo eppure questo non lo sorprendeva affatto. Sapeva da tempo come un muro a volte fosse come un enorme cielo a saperlo guardare bene. Più che altro non capiva cosa lei aspettasse ed era sul punto di chiederglielo, sfidando la propria ritrosia a dover quasi urlare per raggiungerla con la voce, quando la vide animarsi.
"Buongiorno signora, come va?" chiedeva quella a una donna impegnata nel giro mattutino con il proprio cane.
"Bene, grazie. E lei? Cosa fa qui fuori a quest'ora"
"Io? Aspetto. Io sto bene sa, non sono mica malata. Aspetto che passi"
La donna aveva salutato abbastanza in fretta e poi proseguito sulla propria strada. Altre e altri erano passati e sempre la vecchia li salutava e a chi le chiedeva qualcosa rispondeva con le stesse parole. Alfredo aveva sentito tutto quel giorno, chiesto con loro ogni volta.
Verso sera, come ormai succedeva da settimane, il gran teatro aveva chiuso le porte. La vecchia però era rimasta lì. Alfredo non aveva più guardato, ma lo sapeva. Ne era certo.
Era quasi mezzanotte quando sentì avvicinarsi la sirena di una autoambulanza. Una fermata veloce. Rumori soffocati, cigolanti. Il motore sempre acceso. Quasi nessun verso umano, poi di nuovo silenzio.
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