giovedì, dicembre 31, 2009

Vaghireh

Sarà per questo che i poeti sono poeti
che loro taliano tutti i ruppa della vita
e a volte non ce la fanno a sopportare quelle imperfezioni
della trama
e altre invece se ne innamorano
che pari che non putissuru vivere senza.
Sarà per questo
penso
che di certo loro mancu u sannu
e scrivono e parlano
senza viriri
su c'è chi li senti.

mercoledì, dicembre 30, 2009

La Sciancata

Appresso alla casa del pisciaro cera un cuttigghiu nicu. Tre case che a fare sforzi arrivavano a avere quattro stanze decenti dei tempi nostri senza cuntari il cesso che era fora misu allingresso del cortile. Io non ci ieva quasi mai da quelle parti ma a voti capitava pecchè lì ci stava a Sciancata. Chidda ca vinneva lova frischi.
Lei era vitua da sempre e per campare visto che il marito non celava lasciata la pensione sera misa a casa i iaddini che poi vinneva lova o i iaddi o i puddicina a tempo di pasqua. A Sciancata non era proprio na biddizza. Era invecchiata presto con le sue disgrazie epperò tineva ancora una risata ca pareva una picciridda. Ammizzigghiata e timida come a una verginella a caccia di marito.
Vicino a idda ci stava una famigghia di Belpasso che erano tre persone e u masculu ranni da casa vinneva cassetti a fera che qualcuna la trovavi sempre davanti alla porta e io certe volte mi ciassittava tuttu cuntentu. Poi nella terza invece cera una vecchia ca non nisceva mai e che non lho mai vista macari ca tutti ricevanu ca esisteva e che era tinta.
Io alla sciancata ci stavo simpatico che sarà stato perchè ero nicu oppure che lei non nava avuto a futtuna di aviri figghi. Fattostà che un uovo me loffriva sempre e ci faceva macari u puttusu ca spinnula che così io me lo potevo sugare beddu cauru prima di irimminni pi tunnari a casa.
Ora non ce chiù nenti dà. Diciunu che ci devono fare un residense.
In fondo a mia non mi dispiace ca spariu tuttu. Che certi ricordi unu sillavissi ammucciari na testa di nicunicu pecchè poi non ciannu chiu sensu a virirli cangiati.
Che certe cose arrestunu vivi sulu a cuntarli.

sabato, dicembre 19, 2009

Leonora Carrington - 2 -

Ringrazio Sue May per questo bellissimo contributo al mio post su Leonora Carrington.

Cliccando è possibile vedere il trailer del documentario da lei scritto e realizzato

Artistas: the Maiden, Mother, and Crone

e le pagine di riferimento

http://www.artistasmaidenmothercrone.com

giovedì, dicembre 10, 2009

Gino La Monica

Gino La Monica u vavveri era preciso nelle sue cose che da quasi trentanni dopo la pisciata mattutina e la toletta sistemato larnese in mezzo alle cosce si mitteva i causi belli stritti e nisceva per la sua passeggiata quotidiana fino al lavoro. Tutto questo accuminciava puntualmente alle sei che già alle sette meno tre era davanti alla porta di casa e alle sette precise fuori dal cancello.
Da nico non era stato mai molte volte a giocare insieme a noi dopo la scuola che lui preferiva altre cose e del resto con il tempo a capemu tutti questassenza che a non conoscerlo come dice la bibbia erano rimasti in pochi nella nostra via.
Gino ciaveva sempre tenuto alla precisione e alla pulizia e allo sport macari che anche ora a cinquantanni pareva un carusiddu tutto friscu e azzimato. Niente a che vedere con gli altri nostri compagni che tra panze e malatie parunu nisciuti quasi tutti da un filmi dellorrore.
Ogni tanto quando mi veniva la fantasia di pigghiari un cafè al bar aspettavo lora giusta e lo fermavo. Lui per queste cose era un po' di testa che alli voti lo vedevo che mi avissa mannatu volentieri affanculu e altre che si dimostrava tutto contento di fermarsi con me. Io comunque ho sempre cercato di non dargli tanto fastidio che non mi è mai sembrato giusto inquietare la gente se quella non vuole. In genere parlavamo di minchiate o di ricordi che poi è lo stesso. A volte però ultimamente ci vedevo passare nella faccia strani pinseri che però non ce lho mai chiesto il motivo che pensavo che me ne avrebbe parlato lui se voleva.
Aieri proprio mi ero deciso ad aspettarlo che ci volevo chiedere una informazione e un piacere per un cosa che avevo visto in un negozio che avevano iammato vicino al suo. Era uno di quelli che ci vendono tutte le cose a uneuro e io passando avevo alluccato una iaggia nuova per il canarino epperò non mero potuto fermare che ciavevo unappuntamento. Per questo ci volevo chiedere a lui che ci veniva di sicuro più semplice.
Quando visti passari lorario un poco mi allarmai che non era mai successo prima. Dopo però mi misi il cuore in pace che pensai che anche se era vero che non era mai successo questo non voleva dire che uno non si ammala mai.
Fu al telegiornale allora di pranzo che finalmente riuscii a conoscerlo il motivo di quellassenza. A capire.
Un pugno di carusazzi lo aveva aspettato alluscita il giorno prima e ciavevano livato tutti i soddi. E ciavevano detto cose come Frocio e Ghei di merda. E lavevano pistato a sangue che ancora era ospitali.
Il giornalista parlava veloce che subito dopo cera un servizio sullultimo cantante del festival e lintervista a quello macari ma io comunque ciarriniscii a riconoscerlo che era lamico mio che me lo immaginai dal nome della strada.

mercoledì, dicembre 09, 2009

All the lonely people where do they all belong ?



ecco
ora non ho più forze e la resa
è quasi cercata
malinconica sconfitta
inutile menzogna

sabato, dicembre 05, 2009

à propos de





tutti mi dicono
lo leggo anche
che innamorarsi cambia il modo di sentire
quasi fosse malattia
sostengono alcuni
o solo buona erba
dicono altri
io mi limito ad ascoltare i Penguin
"Air A Danser" e "Telephone and Rubber Band"
che poi il secondo mi ricorda che vorrei telefonarti
e che non posso

tutti mi dicono
lo leggo anche
che innamorarsi cambia il modo di vivere
ed in effetti ho appena spento il pc
e la tv e tutte le piccole cose
di cui non so che fare
ed anche i libri tacciono
e i pensieri e le voglie
se manchi

tutti mi dicono
lo leggo anche
che l'amore ognuno se lo vive come vuole
che vince che divora che prende che sussurra
ci sono tante parole belle sull'amore
e qualcuna sono anche riuscito a dirtela
che non si hanno imbarazzi nell'amore
e si crede di sapere tutto
senza sapere nulla

domenica, novembre 29, 2009

Goldfish


è di questa incomprensibile gioia
che non so parlare

delle tue labbra / del loro mancare
delle antiche abusate parole
- le stesse di sempre
quelle per noi oggi nuove -
dell'ansia di un narrare / del silenzio
del nostro giuocare

è di questo fluttuare.


Immagine: Elliott Erwitt, 1990

giovedì, novembre 26, 2009

Memoria



A fari tuttu ci voli memoria. Quella ca si ricanusci e quella che ci scordiamo. Quella triste che ci sta sempre davanti e quella che una volta ci ha incantesimato.
A fari tuttu ci voli memoria e però u spissu non ci pinsamu. Come se non fosse una cosa importante questa. Comu su non cuntassi. E allora a lassamu appinnuta dietro alla porta comu una chiavi pronta per il ladro. Oppure a vinnemu pi na sasizza. Arrialamo.
E forse è per questo ca non cè chiù a memoria. Ca spariu u cuntu da nanna. Le rughe dei vecchi. Lannuncio del pazzo che furia paisi paisi a cuntari lantiche verità. Forse è per questo.
Per questo. Oppure che qualcuno se nè accorto bene di quantu issa vali e sa pigghiau tutta a picca a picca sta ricchizza. E ora ta cunta lui la storia. E se la fa come ci piaci a iddu macari. Come ci conviene. Che quella che era la tua memoria ora non ti appartiene più. Spariu.
E' una cosa ca parra dellantico la memoria. E del futuro anche. Ca non si può fari u dumani senza essiri sicuri do ieri. Ca non ci pò essiri morti su non cià statu mai vita.

mercoledì, novembre 18, 2009

Fernando Pessoa - Todas as cartas de amor são ridículas -

Todas as cartas de amor são
ridículas.
Não seriam cartas de amor se não fossem
ridículas.

Também escrevi em meu tempo cartas de amor,
como as outras,
ridículas.

As cartas de amor, se há amor,
têm de ser
ridículas.

Mas, afinal,
só as criaturas que nunca escreveram
cartas de amor
é que são
ridículas.

Quem me dera no tempo em que escrevia
sem dar por isso
cartas de amor
ridículas.

A verdade é que hoje
as minhas memórias
dessas cartas de amor
é que são
ridículas.

(Todas as palavras esdrúxulas,
como os sentimentos esdrúxulos,
são naturalmente
ridículas).

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Tutte le lettere d'amore sono
ridìcole.
Non sarebbero lettere d'amore se non fossero
ridìcole.

Anch'io a mio tempo scrissi lettere d'amore,
come le altre,
ridìcole.

Le lettere d'amore, se c'è amore,
devono essere
ridìcole.

Ma, infine,
son le creature che non han mai scritto
lettere d'amore
ad essere
ridìcole.

Beati i tempi in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d'amore
ridìcole.

La verità è che oggi
son le mie rimembranze
di quelle lettere d'amore
ad essere
ridìcole.

(Tutte le parole sdrùcciole,
come i sentimenti sdrùccioli,
sono naturalmente
ridìcole).


martedì, novembre 17, 2009

E' destino degli innamorati

È destino degli innamorati
banalizzare l'amore,
quel non trovare, non cercare, parole
nuove;
è loro destino
stringere calde virgolette
a proteggere il "cuore"
nella foga di narrare
un semplice sorriso,
un timido sfiorarsi,
uno sciocco dissapore.

lunedì, novembre 09, 2009

Speranze (note su un muro)

Non ci vorrà poi molto.
Anche io sono il vecchio al crocicchio
che si aggrappa e resiste,
anche colui che ne ha cancellato il nome,
anche il padrone
di quest'oggi già chiuso.
Solo il futuro non ha resistito,
dentro i cuori, le menti mutato,
venduto, oltraggiato
da cinque zecchini.
No, non ci vorrà poi molto, ripeto.
E sorrido.

venerdì, novembre 06, 2009

Humpty Dumpty

È il sudore a mancare,
il tuo sapore, è lo sperma
che sfiora il tuo seno,
quel prendersi piano,
l'ansimare.

È il giocare lontano
da nuove già stanche parole.

mercoledì, novembre 04, 2009

Araziu. Vita errabonda di un sincero furfante

Araziu non ne aveva mai dette munzignarie.
Nasciu accussì che la verità cera sempri nisciuta fora senza che ciavissa potuto mai fari nenti contro questa mavaria. E per questo uscava sempri coppa quando lui da solo o con qualche compagnetto faceva una michiata.
"Araziu cu rumpiu a seggia?"
"Iu mamma!"
E assuppava.
"Araziu cu fici cascari u picciruddu?"
"Fu Nunziu mamma!"
E continuava ad assuppare.
"Araziu cu ci tirau i petri a iatta?"
"Fummu iu e Tino mamma!"
E accuminciava a chianciri.
Arrivau il punto che sua madre non ci spiò più niente che allora non ciavissa crisciutu chiù du figghiu scemu e poi che anche le vicine u taliavunu stottu che per colpa sua non cera nel cuttigghio picciriddo che non avesse vuscatu più del necessario.
Il problema vero comunque era stato quello di trovare u travagghiu da farici fari che sera discusso assai supra a stà cosa già prima ancora caccuminciava ad attisarici a minchia.
Certo non puteva vinniri. Che non avissa duratu più di un giorno. E mancu u parrinu o lo sbirro poteva fare. Che quelli di munzignarie ci campano. Forse quache mestiere di fino? E con quali clienti? Oppure u viddano? Ma avissa murutu di fami senza sapirisi dari aiuto.
Alla fine so o pà decise che la cosa migliore era di farici fari u puccaru che almeno qualcosa da mangiare lavissa trovata sempre e bisogno di munzignarie non cenera assai in quelloccupazione.
Araziu era un bravo figlio e allinizio ubbidì con coscienza a questordine. Che si fece anche le vacanze con questa scusa. Senza coppa e mangiando bene.
Epperò lui aveva voglia di scoprire il mondo. Che quello laveva visto sopra alla televisione e di certo andava per lui. Lui lo sapeva. Lo sentiva. Lì cerano tante opportunità e soldi e fimmine per uno onesto e corretto. Era sempre accussì in tutte le storie dei romanzi a puntate che sera visto da nico sotto alle cosce di so o ma'. E anche negli altri programmi pure. E nella pubblicità macari.
Fu per questo che dopo una para di misi indossò il suo vestito migliore e andò a casa dei genitori. Aprì la porta e ci rissi tutto contento alla famigghia:"Io parto" e poi no visturu chiù.

Araziu ciaveva quella che per lui era una piccola fortuna. 300 euri che il padrone ce laveva voluti dare lo stesso quando laveva cercato anche se era stato solo per dirci che aveva deciso di andarsene. Con quelli aveva subito pensato che i posti dove andare potevano essere solo due. Roma o Milano. Che lì facevano i programmi e le storie e tutte quelle cose belle della televisioni. Arrivato alla stazione però era stato indeciso che lui il treno non laveva mai pigghiato e poi non voleva spinniri tutti i soddi che di sicuro ci sarebbero serviti anche dopo. Sinformò tranquillo alla cassa quale era il biglietto che costava di meno e quando quello dietro al vetro ridendo ci rissi la risposta non ebbe più dubbi.
"Il primo che parte" gridò e si pigghiau resto e cartoncino come un picciriddu il gelato la domenica.
Erano comodi i sedili. Certo tannicchia vecchiotti e arripizzati in qualche punto però cera lo spazio per stirari i peri e si potevano appuggiari anche le braccia se uno voleva. Con lui cerano solo due persone. Un vecchio che scinniu a Giarre senza spiccicare una parola come a un fantasma e una niura dallocchi curiosi e dalle minne chine che ci rissi che andava a Taormina a travagghiari.
Araziu si suseva ogni tanto per taliare fora. La campagna si cangiava il posto con le case e poi tornava di nuovo e il mare ci faceva la corte a tutti e due che quello non sa mai decidersi. E il cielo piano piano diventava sempre chiù scuro e sinni futteva del mare della città della campagna e del vecchio e della niura e di Araziu macari che il cielo cumanna tutto e lo dice lui quando fari scuru e quando fari luci e il vento e la pioggia e tutti i disgrazi e tutte le fortune e le vite macari. Araziu li sapeva queste cose anche se nessuno ce laveva mai dette. Ce laveva nel cuore questa verità e ciabbastava pi parrari con tutti delle cose della vita.

Fu vicino al ponte dellAlcantara che il treno si fermò di botto e che Araziu per quella frinata si visti arrivari due minni na facci. "A scusari! A scusari!" fu sulu capaci di dire come se era colpa sua quella novità. Per fortuna la fimmina non sera fatta nenti a parte lo scantazzo e anche sopra al treno pareva tutto tranquillo.
Dopo tannicchia di silenzio tra un colpo di tosse e una taliata di sgambesciu accumincianu a parrari. La creatura si chiamava Sara e Araziu si presentò e ci cuntau che cosa aveva fatto e che cosa stava andando a fare e insomma addivintanu amici comu sulu supra a un treno si può diventare.
Sara anche lei parrau. Ci rissi che faceva cumpagnia ai masculi a Giardini e che insomma anche quello era un travagghiu. Lei per farlo partiva ogni giorno di pomeriggio do futtinu a Catania cullautobussu e tornava nelle matinate che lì ciaveva la casa e poi era più sicuro. A dire la verità allinizio non ce ne aveva avuta assai Sara voglia di parrari ma poi si era lasciata andare davanti a quello. Che cera sembrato un bravo carusu dopotutto. Eppoi aveva ancora vogghia di crederci che ne esistono di carusi accussì.
Insomma assittati sopra quel treno mezzo vuoto quei due non se ne accorsero assai del tempo che passava. Della notte che ammucciava ogni cosa.
"Senti scendiamo a fumare una sigaretta?"
Araziu non fumava. Veramente una vota ciaveva anche provato che era in campagna ma il risultato fu che dopo il primo colpo di tosse u muzzucuni ciavvulau sopra alla pagghia che per poco non faceva un disastro.
"Insomma che fai?" ci spiau ancora Sara che si era già alzata.
"Sì, sì, aspetta!" fu la risposta di quello.

Il treno sera fermato nella campagna. Araziu fici forza sopra il finestrino e saffacciau la testa per controllare. Da quel lato si immaginava che ci doveva essere il mare anche se era lontano. Soddisfatto della cosa ci vosi dare una taliata anche dallaltro lato. Solo terra. Scavata frisca e con una rete a fare da protezione.
Scinnenu che già vicino alle porte si vedevano tante lucine rosse accese proprio come lumini al cimitero. Laria era frisca e nel cielo poche stelle ciavevano avuto vogghia di nesciri fora. Nessuno protestava o faceva domande solo ogni tanto qualche carrozza si astutava tutta e allora partiva qualche friscata che addivintava un battimani appena la luce tornava.
Araziu non ciaveva più molto da dire. Si tineva le mani dentro alle tasche e furiava di qua e di là appoggiandosi sopra i tacchi. Sara lo taliava un poco strana. La sigaretta tirata troppo forte ogni tanto si illuminava tutta e i so occhi macari.
"Ciai freddo?"
"Sì tannicchia. Me lo immaginavo che era megghiu se mi portavo un cappotto!"
"Cinnai soddi?"
"Certo! Come partivo allora?"
"Veni cummia! Tanto quanto accumenciano accussì ci vuole tempo"
Araziu sentì un po' di batticuore e una piccola scossa sotto la panza quando una mano si intrufulò dentro alla sacchetta dei suoi causi e pigghiau la sua. Ficinu una decina di metri senza dire chiù nenti poi lei visti quello che doveva essere il posto giusto. Un fosso vicino ai binari ammucciato da un pezzo di sciara. Per arrivarci cera un pezzo di terra battuta che forse era di quando avevano costruito la ferrovia oppure era merito di qualche picuraro.
Sara ci lassau la mano veloce per spingerlo quasi a forza dentro a quel nascondiglio.

Araziu non ne sapeva assai di fimmine. Cioè di quelle vere che uno ci nesci e ci parra. Delle fimmine che si toccano e che uno poi ci futti macari.
Lui canusceva i cani e lanimali e le cose dette dagli amici e quelle viste alla televisione o supra i giornali. Una vota era anche andato al cinema con i suoi compagni che erano stati loro ad insistere ma non cera piaciuto assai che dopo cinque minuti e una minata no cessu ci era passato tutto linteresse.
Sara accuminciau alliccannuci u cuddu. Ammuttannu con tutto il loro peso le sue minne sopra il petto di lui. U carusu però pareva un manichino senzanima. Si vireva ca mancava collaborazione e lei ciaveva troppa esperienza per non immaginarlo subito il motivo. Accussì non disse niente e continuò a travagghiari con la lingua. Voleva arrialarci qualcosa in più addù babbasunazzu e lidee non ci mancavano.
Senza spugghiarlo ca cera friddu arrinisciu dopo tannicchia a infilarici la mano ne mutanni. U capiu subito che non ce ne aveva assai quel bastone cauru di campari e accussì non persi altro tempo e saccalau per metterlo al caldo na ucca.
Araziu non ciavissa mai criruto che poteva essere così bello. Le gambe ci stavano tremando e il cuore ci batteva come a quando era nico e curreva na campagna sopra alla bicicletta. Chiuriu locchi e non pinsò più a niente. Era come trovarsi nel paradiso che se anche lui non cera mai stato era sicuro che Dio li doveva fare per forza a tutti i cristiani boni sti riali.
Allimprovviso sintiu un botto. Forte. Fortissimo. La testa ci girava. Si sinteva senza forze. Rapiu locchi ma Sara non cera chiù. E mancu u trenu.

Araziu acchianau di cursa fino ai binari. La minchia ancora ciabballariava fora dei causi e la testa ci furiava ma sopra a quel treno cera la sua valigia e il cappotto e il biglietto macari che lava misu nella tasca dopo che era partito.
Sara stava tornando verso di lui e lo guardava che sembrava che ciaveva come a una risata trattenuta na facci.
"E ora?"
"Ora mi dai 20 euro e semu a paci" ci rissi idda come se fosse stata la cosa più naturale di questo mondo quella situazione.
Araziu mancu a taliau chiù. Sassittau supra a quel pezzo di ferro e si misi i manu ne capiddi. Chi faceva ora? Ad accattari un biglietto nuovo i soddi ciavissuru finutu. Tornare indietro non poteva e non voleva.
" Forza alzati! Veni cummia!"
Che cosa altro restava? Si susiu come a un manichino e a testa vascia ciappizzau darreri che tanto tutto andava bene.
Sara non ciaveva sulu i minni rossi. Macari u culu ci sporgeva in tutta la sua importanza sutta a una gonna pisanti di velluto. A guardarla bene ciaveva una annacata gentile e però decisa. Un di quà e di là che pareva la lancetta di unorologio quando si sta scaricando la batteria. Araziu ce naveva uno così a so casa. Laveva vinto alla fiera del paese che sera accattato il biglietto ed era stato fortunato.
Sara non doveva avere più di una ventina di anni ma su questo lui non ciavissa misu la mano sul fuoco eppoi cera scuru macari che la luna gentilmente si era convinta di nesciri fora e finirla dammucciarisi dietro alle nuvole.
Si ritrovarono presto in un giardino daranci e da lì sopra a una trazzera che da qualche parte certo portava. Lei continuava a camminarici davanti senza nemmeno vutarisi per taliare se lui ancora era darreri. Se continuava a seguirla.

"Fermati! Fermati rissi!"
Non è che era stanco ma Araziu accuminciava a sentiri friddu e camminari senza sapiri unni era poi ci dava veramenti fastidio. Aveva visto tannicchia chiù avanti qualcosa dove putirisi firmari e appuntamenti per quella sera lui non ce ne aveva.
" Chivvoi? Che cè?" ci spiau invece continuando a camminare a carusa.
"Un posto pi dommiri" rispose lui "Ormai il danno è fatto. Ci pinsamo dumani a trovare la strada."
"E i miei soldi? E il lavoro?"
"Ma unni voi iri cu stu scuru?"
La luna in effetti sava ammucciato di nuovo e poi anche Sara laveva capito che quella notte ormai era persa.
"Va bene! Andiamo a vedere. Ma senza che ti fai veniri pinseri strani na testa che allora la tariffa è doppia! E dammi i me soddi prima!"
Araziu sembrò che non laveva nemmeno sentita. Erano ormai davanti a quello che doveva essere una specie di vecchio deposito fatto con quattro blocchi e una lamera come tetto. E però dentro era vuoto e pareva asciuttu macari che megghiu daccussì non ci puteva proprio capitari.
Senza chiù parrari se ne andò ad appuggiarisi in un angolo e chiuriu locchi. So nanna ce lo diceva sempre di quanto era nicu nicu:
"Senti o niputi quando ciai qualcosa che non ti gabbizza chiuri locchi e pensa a una cosa bella e poi addumisciti se puoi ca è sulu inutili perdita di tempo furiari na tempesta a menti china. "
E lui laveva sperimentato tante volte questa verità e sempre ciava dato buoni risultati che se anche non cenerano state di soluzioni giuste comunque lui cera arrivato sempre con il cuore più leggero al punto finale.

Non era difficili dommiri. Più difficile era sentiri quella fimmina che sera appoggiata a lui. Quel calore che ci passava dentro alla giacca supra a cammisa ne mutanni e finiva proprio dà. Unni non doveva finire. Araziu i chiuriu tanti voti locchi e tanti voti i rapiu fino a quando non fu u sonnu a vincere sopra alla voglia.
Sarrusbigghiau che una striscia di sole passata da un puttuso della lamiera si era andata ad ammucciare proprio sopra a locchi sò. Nei causi ciaveva una macchia frisca e nella testa una decisione. Avrebbe fatto come nei filmi. Con lautostoppi. Che là cerano sempre quelli che salivano sopra i camion o nelle machine. E anche se qualche volta andava male la maggior parte arrivava. E lui poi era un bravo carusu e qualche anima buona di sicuro lavrebbe incontrata.
Sara non cera chiù e fu automatico mettiri a manu supra o pottafogghiu. Accussì. Pi viriri che ciaveva ancora quacche speranza. Che non cera bisogno di chiedere anche da mangiare oltre al passaggio. Tutto a posto.
Si susiu come a un carusiddu senza mancu appoggiare le mani a terra. La faceva sempre questa spittizza quando voleva impressionare gli amici oppure quando era di buonumore. E Araziu si sinteva veramenti bonu da iunnata. Cetto tannicchia impuvulazzato e macari un poco loddu ma questo si puteva risolvere.
Stava per vedere il sole fora quando una voce u fimmau:
"Aspetta! Non nesciri!" riceva.
Un culu tunnu e niuru era proprio davanti alla porta e la faccia di Sara che lo taliava era tutta furiata verso di lui.
Vutau locchi senza nemmeno sapere pecchè. Anche lui aveva bisogno di pisciari.

Con la luce se nerano accorti subito che la strada non era lontana. E anche se cera da camminare non ci voleva assai ad arrivarici.
Sara ci stava sempre davanti. A voti si fermava e si furiava per vedere che fine aveva fatto quellaltro e quando trovava la sua faccia ci sorrideva come una picciridda impertinente.
"Iu avissa pinsatu questa cosa. Mi pari che si può fare. Che ci dovrei arrinesciri"
Lei non ci rispondeva neanche. Macari che Arazio ormai ce laveva detta cento volte quella sua decisione. Che poi ci serviva macari a lui questo ripetere. Per farisi coraggio. Per essere deciso.
Poche centinaia di metri prima di arrivare alla provinciale un grosso tubo nisceva dalla terra e nella punta cera una specie di rubinetto di quelli che servono per attaccarici la pompa per annaffiare.
Si fimmanu a fari pulizia che cene avevano proprio bisogno. Lacqua nisceva fotti do cannolu e per non bagnarsi si spugghiano a mità tutte e due che così si potevano dare una bella sciaqquariata senza problemi.
Araziu non potti fare a meno di darici unocchiata a quelle delizie che abballariavano senza controllo e Sara con la sua gonna e le minne di fora pareva precisa precisa come nei filmi vecchi della televisione che ci sono lafricani che fanno tutte le feste quando arriva tarzan.
Non si sapi cu fu caccuminciau a fare quello scherzo però dopo pochi minuti che si tiravano l'acqua uno incoddu allaltro si dovettero spugghiari tutti come ad Adamo ed Eva nel paradiso.

Non passau assai tempo che di sicuro ci vosi chiossai a fare asciugare tannicchia i robbi piuttosto di quel muncimunci accellerato. Erano stati tranquilli dopo e lei non ciaveva mancu addumannato i soddi che era assai che non ci succedeva.
"Senti. Ma tu vinissi cummia?"
Arazio non lo sapeva proprio pecchè glielo aveva chiesto. Forse per il motivo che la sua testa continuava a furiare. O forse che si aspettava di sicuro un pernacchio per risposta. E invece.
"Fino a quando non mi dai i miei venti euri io non mi stacco di tia"
Arazio arririu. Non lo sapeva spiegare ma si sinteva cuntento.

Era ancora matina e la strada non è che era tanto traficata che poi i camion rossi se ne vanno nellautostrada che qui non ci conviene. Avevano continuato a camminare in direzione di Messina che cera un cartello con la freccia che indicava la strada e lui si furiava a ogni sgruscio di machina e lei faceva il segno dellautostoppi. Epperò nuddu si fermava. Epperò loro continuavano a non parrarisi. Come possono fare due estranei. Oppure come succede a due innamorati. A seconda i casi e la coscienza.
"Ca non si ferma nuddu"
La voce arrivava da un panzuni che avevano appena superato. Stava con la sua lapa a scartare la frutta e quella buona la mitteva di nuovo dentro le cascie e quella cattiva la abbiava nel canale che cera sutta alla strada.
"Vinita cà. I vuliti du bastarduni?"

La maglietta si fermava un bello pezzo sopra u viddicu e la faccia era precisa a una vastedda ma Mario che accusì si chiamava quel cristiano non era malvagio.
Laveva solo visti tutti loddi e ancora vagnati e subito cera venuto in testa che forse erano di quelli che sbarcano con le barche vecchie che arrivano dal mare e che di sicuro non sapevano dove andare. E anche dopo quando seppe la verità non se ne fece problemi che cerano andati a simpatia.
Eppoi unu non può fare finta di niente davanti alle disgrazie che ce lhai davanti allocchi e macari il fatto che anche lui cera stato fuori di casa che se lo ricordava ancora quando nicu nicu lo avevavano spedito in germania che cera so ziu. Ora che la situazione era buona ora che ciaveva la lapa e il giardino e la casa ora che non mancavano mancu i soddi pa vicchiania ora poteva anche fare tannicchia di carità se cenera bisogno. Però carità vera. No come a quella del parrino della sua chiesa ca si futteva i soddi da festa do paisi pi fari abottire la perpetua. No quella no. A carità vera è quella che si fa quasi ammucciuni quando capita o quando uno ne ha vogghia e possibilità.
"Mangiati! Mangiati"
Sara e Araziu non serano fatti pregare che tra passeggiata e ginnastica la fame certo non mancava. E mentre mangiavano u carusu accuminciau a cuntari e ci rissi di Roma e del treno e della fermata e della sucata macari che Araziu quel brutto vizio di dire sempre la verità non laveva lasciato.

"Nenti. Non ti preoccupari. Facemu accussì..."
Mario laveva presi veramemente in simpatia a quelli. Forse più a lei che a lui visto che ogni occasione era bona a darici una toccatina a Sara ma insomma li voleva aiutare.
"Io ciaiu a me cucinu che parte ogni simana con il camion per la Germania. Che ci porta la frutta o i mobili o lanimali. Insomma quello che ci capita e che ci danno. Voi ora viniti cummia che vi porto a me casa e vi rati nabbissata e vi lavati macari e poi tra qualche giorno acchianate sopra il camion e partite che a Roma ci passate di sicuro."
E mentre diceva queste cose locchi ci cascavano sempre chiù o spissu supra i minni della fimmina e le mani ciaccarezzavano u culu a quella sempre più spudoratamente. Sara u lassava fari che insomma non è che laffari erano andati bene fino a quel punto e i venti euri non lo sapeva proprio se ce la facevano ad arrivare ne so sacchetti. Araziu invece a dire la verità tannicchia ci dava fastidio quella cosa e però lidea di quel viaggio tranquillo ci piaceva che tanto fretta non cenera e poi pinsannuci non sa puteva pigghiari che Sara quello era u sò misteri e lui non cenaveva proprietà.
Mario u fici acchianari supra a lapa darreri e misi in moto. Sara era invece davanti con lui che si vedeva che faticava a starici che lo spazio era veramente poco.
La giornata era spuntata buona con un suli che accarezzava piano la pelle senza infastidire assai. Araziu pigghiau un pessicu e lentamente tra uno scossone e laltro accuminciau a mangiarselo. Era ruci comu u zuccuru. Comu a ucca di Sara. Comu a speranza.


La casa Mario se lera fatta fuori del paese che tuttattorno cera la campagna e la strada piena di scaffe per arrivarci che non cenerano soddi per asfaltarla. Araziu una para di vote stava per cascari e anche le casce di frutta abballariavano che la lapa correva come nella formula uno che si vedeva che lautista ciaveva prescia. Non ci fu infatti nemmeno il tempo di rapiri la porta e di addumari le luci che i due che erano stati davanti sparenu subito.
Di sicuro serano accordati buoni per il prezzo e per la specialità in vendita.
Araziu si sistemau nel divano davanti al televisore che era nella stanza allingresso. Che poi cerano solo due stanze grandi una dietro allaltra e una scala anche che portava al piano di sopra dove erano acchianati quelli.
Accuminciau a cangiari canali che lorario non era di quello dove cera assai e poi si fimmau dove facevano un vecchio telefilm che però lui non lo conosceva e non ci piaciu assai pecchè cerano sempre le risate registrate che se uno non la capisci la battutta si sente in imbarazzo e poi ci passa a vogghia.
Di supra fu una cosa spiccia che Mario non doveva essere un grande atleta ma però scinniu lo stesso tuttu cuntentu che in fondo di sicuro non cera dispiaciuto u travagghiu.
Sara invece si fici aspittari na para di minuti e poi quando ci passau davanti u taliu tannicchia storto che Araziu non lo capì tanto bene il motivo e per un momento pensò anche di mettere le mani al portafoglio che poteva essere per la storia dei soldi ma poi ciarrinunciau.
Si era sistemato bene lui nel frattempo che sera tolto anche le scarpe e senza esagerare si era un po' sdraiato e comu fu e come non fu saddummisciu macari che il divano era bello comodo.

Certo che dommiri cera sempre piaciuto. Quel momento in cui il mondo sparisci e tu macari cu iddu e lentamente certe volte arrivano altre immagini. Altri mondi.
Araziu non ci interessava la filosofia però cera capitato una vota di sentiri una storia e dentro questa storia cera uno che si addummisceva e poi si svegliava che era diventato unaltro e quando si riaddormentava era di nuovo quello dellinizio e tutti questi furiamenti ciavevano fatto girare la testa a lui mentre li sinteva epperò cera piaciuto che ogni notte aspettava anche lui di diventare unaltro.
"Susiti! Susiti!"
Sara ci stava davanti che lo spingeva per le spalle e nella faccia era diversa come fosse stata tannicchia più decisa. O più felice forse.
"Andiamo. Non voglio restare qui"
Araziu si stirau lungo lungo e sintiu lossa scricchiuliari poi sassittau che ancora si sinteva tannicchia stunatu.
"Come andiamo? E il camion? E Roma?"
"Andiamo ti ho detto. Non ci voglio rimanere più qua"
Si susiu guardandosi in giro. Sara se ne doveva essere accorta che cercava qualcosa o qualcuno perchè subito ci rissi:
"E' uscito. Doveva ancora fare u giru per la frutta. Andiamo ora."
Insomma non ci fu bisogno di grandi convincimenti. Finiu che si truvano di nuovo sulla strada e dopo pochi minuti a Fiumefreddo che questa vota accapitano subito un passaggio di quello giusto. Un caruso ca parrava sempri che faceva u prufissuri da scola e che in dieci minuti ci cuntau tutti i sò disgrazi ma che per fortuna doveva arrivare fino o paisi.
Sara per tutto il tempo era stata quasi muta e Araziu anche se aveva ubbidito si sinteva ancora tannicchia stunatu e poi dentro quella machina non ce ne aveva avuto vogghia di parrari de fatti sò. Accussì accuminciau a chiedere solo quando arrivanu nella piazza che era bella ranni e nel mezzo cera una statua di un signore ca minchia di fora che laveva fatta unu che si chiamava Incorpora che cera scritto che era artista. Che era da sò.

" Avanti. Ora mu rici chi succiriu?"
Per tutta risposta Sara ci pigghiau la testa nelle mani e cinfilau a so lingua na ucca furiannula tutta come a un tuppetturu per un bello pezzo. Che su fossi accapitata la stessa cosa alla statua lì vicino quella di sicuro avissa pigghiatu vita o almeno a so minchia.
Macari Araziu non potti fare a meno di sentiri come a un furiamento di testa e a una caloria strana ma continuava a non capiri.
Quannu lei finalmente si calmò allora ce lo spiau di nuovo il motivo del suo comportamento:
"E allora? Ti pari una risposta questa? Ancora aspetto!"
Anche questa volta Sara fici a muta giubba. U taliu con un sorrisetto malizioso strusciandosi con la coscia sopra ai sò causi e poi però tirau fora dal reggipetto una carta di cento euri e ce li misi nelle mani.
La cosa diventava sempre più complicata. Araziu non capiva e non capire lo innervosiva che non sapeva mai cosa fare e chi dire. Alla fine ci vinni nella testa la cosa più logica:
"Chi significa?" e il giro fu più fortunato che Sara finalmente ciarrispunniu.
"Sono tue. E' quello che mi ha dato Mario per il servizio!"
"E io che centro?"
"Tu li devi tenere. E macari ammia con quelle"
"Io?"
"Certo"
Araziu non sapeva mai andare avanti quando gli altri erano accussì decisi e in genere o li mannava affanculu oppure accalava la testa. E fu in questultimo modo questa volta.

Certo che i cento euri putevano esseri utili ora che sivveva di accattari i biglietti nuovi o anche per mangiare nel frattempo che ad esempio tannicchia di fame era arrivata a tutti rui e lora della giornata era propizia.
Araziu pinsau bonu di scegliere un posto. Una putia che stava vicino alla piazza e che prima ciaveva chiesto a quacche passante per canusciri. Che lui non sapeva e non laveva frequentato a quel paese.
E macari che tutti lavevano taliati storti che non era difficile arristari impressionati da unu vistutu mali e da una buttana niura che facevano i fidanzatini ciavevano lo stesso dato le indicazioni che magari quelli erano solo drogati o turisti americani.
"Dà na vanedda! No zu Ianu" aveva detto uno.
"Go o rittu e poi a lefti che cè ancol Iano" aveva aggiunto unaltro.
"Quanto veni un giro?" cera nisciuto a un terzo.
Insomma sta putia non era mali che pareva pulita e poi cera macari un tavolino messo fora anche se cera friddu. E questo stava tutto attaccato al muro quasi che era timido o che non cenaveva iammu assai di farisi viriri con i clienti da tutta la gente che passava.
Loro si pigghiano una pasta alla norma e du puppetta arrustuti che poi invece cera anche quella con il finocchietto alla palermitana e alla puttanesca macari che però non era il caso e poi rocculi affugati e carne di cavaddu e patatine fritte e angiove e tante altre cose che se li scordàno subito dopo averle sentite presentate dal padrone.
Serano messi dentro che quello nel locale aveva ricavato una stanza vicino alla cucina e così si puteva macari mangiare comodi. Certo però che per essere una putia il vino era proprio acitu e dopo il primo assaggio Araziu laveva ittatu tuttu nterra come fosse stato un incidente e sera fatto portare una birra ca era di certo megghiu. Avevano comunque pagato venti euri compreso il caffè ed erano nisciuti subito poi che volevano arrivare presto alla stazione.
Per strada ora cera uno strano silenzio e ciauru di mari macari. Arrivava tutto chinu di sali e ti riempiva i polmoni e locchi e lanima che se non ci fossero stati abituati di sicuro avissuru impazzutu che il mare quando decide di regalarti il suo profumo non scherza.

Non cera molta gente. Non cerano tante cose.
Qualche vecchia che ricamava o friscu nel balcone. Un picciriddu cammuttava senza voglia un pallone. Una lambretta scassata abbiata di lato. Una funtana rutta cabbiava un filo dacqua. Petri e ligna abbandonati per il lavoro di qualche casa diroccata. Un picciotto che sarritirava do travagghiu.
Il sole ora riempiva tutto e si pigghiava ogni cosa. Araziu e Sara erano solo macchie. Puntini acculurati. Lei con il suo culo e la faccia niura. Lui con il vestito nuovo tutto impagghiazzato. Macchie. E forse anche loro la sapevano questa cosa che non si rivolgevano la parole e camminavano con la testa vascia e la surura che calava no coddu.
Allimprovviso una chiesa vicino accuminciau a sunari le campane delluffizio. Fu cosa di poco conto che nenti dopo sembrò cambiare.
Serano infilati in una vanedda che portava solo alla campagna ma non ci fu tempo assai di pinsarici a questa sventura che un cani i pigghiau di mira facenduci viriri i renti e abbaiandoci contro come a un dannato. Scappanu arreri comu du aciduzzi. Avvulannu supra le poche ombre. Scavalcando macerie. Pigghiannu vita.

Cerano volute tre ore per arrivare a Messina che il treno si firmava sempri a tutte le stazioni e poi però non ne voleva sapere di ripartire. Pareva preciso come a un vecchio stanco che i parenti lo fanno nesciri controvoglia per portarlo a fare visite mentre lui bestemmia che si vuole solo arripusari e i malirici a tutti a quegli ingrati ca ci scassunu a minchia.
Loro due in effetti non serano molto interessati a questi problemi o al panorama o ai picca cristiani che acchianavano e scinnevano anche se forse avissuru pututu che cè sempre qualcosa di interessante a guardare il mondo. Sarà che erano stanchi e che nel frattempo avevano trovato uno scompartimento vuoto o che poi a Sara cera vinuta vogghia di rommiri e a Araziu macari. Sarà per questo ca passau u tempu. Accussì. Con locchio mezzo chiuso e menzu aperto e u fetu delle poltrone nelle nasche.
Il bigliettaio ciaveva spiegato che dal treno dovevano scinniri alla stazione e attraversare con il traghetto che poi una volta dallatra parte nel continente ne avrebbero accapitato uno diretto che da Villa puttava a Roma. Naturalmente u scuprenu quasi subito che con tutto quel ritardo il treno invece lavevano perso e che di tempo libero cenavevano assai ora che era notte e anche a attraversare avrebbero dovuto aspettare almeno sei ore prima di pattiri.
Araziu si mise il cuore in pace che quel viaggio pareva proprio stregato. Si passau la mano nella sacchetta e tirau fora la lira per accattare quattro arancini che almeno quelli per un poco ciavissuru fatto passari i mali pinseri.

Erano indecisi sopra a quello che dovevano fare. Sara taliava e si faceva taliari come era abituata e Araziu mangiava mutu assittatu supra a un pisolu. Erano usciti dalla stazione che proprio non ne potevano più di treni e binari ma fora non cera tanta luci e la temperatura stava scinnennu.
"Senti io faccio un giro. Però torno subito".
Sara ciaveva detto queste cose nell'orecchio. Cera sparita dalla vista cinque minuti che lui non se ne era dato tanta cura anche se iniziava ad affezionarsi a quella strana fimmina. Forse macari chiossai di quanto puteva pinsari. Che poi uno li sa mai capire queste cose? E' difficile. E certe volte si esagera e altre ci si ammuccia. Altre ancora poi uno sembrerebbe non pinsarici affatto prima di cascari comu una pira cotta. Comunque.
Tannicchia più distante c'era uno che li taliava tutto serio. Ciaveva causi scuri e una giacchetta stritta stritta a righe acculurati. Di sutta ci mancava a cammisa e al suo posto invece ci stava una maglietta niura che unchiava sopra alla panza come u paninpasta della pizza. Il braccio destro era appoggiato sopra il tetto di una machina russa e la mano sinistra era invece nei causi ca di certo iniziava a preparare larnese.

Sara ci iu incontro veloce che forse non lo faceva apposta ma di certo quellannacamento faceva scantari lanima.
Araziu continuò a seguirla con gli occhi fino a quando non entrò dentro alla machina e anche dopo che quella non partiva e i due dentro sembravano parlare. Si fermò a vedere il modello. Il colore. I palazzi che cerano alle spalle di quella. Le altre machine che correvano veloci tra i due fuochi principali. Poi però accuminciau a preoccuparisi. Troppi movimenti. Troppe mani che si intravedevano allaria come ombre di burattini. Troppe voci che arrivavano senza significato dai finestrini chiusi. Stava succedendo qualcosa. Si avvicinò con calma ma la mano era già supra o rasolu che si era portato dappresso da casa. Non si sbagliava.
Sara pareva che chianceva e si muoveva come una pazza e faceva uci ma una mano di quel porco la teneva stretta e laltra cercava invece di pigghiarici la testa per farci centrare il bersaglio.
"Suca!" ci riceva "Suca! Niura buttana!"
La lama era già fora. Rapiu di botto la porta e non ci vosi assai a tirarici fora a quello la testa per i capiddi e a farici lisciari u gargarozzu con il coltello.
Allimprovviso ci fu sulu silenzio poi però Sara ciaccuminciau a diri maliparoli:
"Ma chi cazzu fai? Chissì scimunito? Finiscila subito minchiuni!"
Araziu era confuso. Quello sotto di lui mancu fiatava che a giudicare dal feto si stava cacariannu sutta ma al significato di quello che diceva Sara proprio non ciarrivava.
"Stamu iucannu! Non li capisci queste cose? Iucannu" e questultima parola ce la gridò bene lettera per lettera in modo che un poco forse quello savissa ripigghiatu.
U carusu in effetti livau tuttu e senza dire una parola accuminciau ad allontanarsi. Non si accorse nemmeno che la machina dietro di lui con una sgommata era partita e che quella fimmina lo seguiva a testa bassa.
"Fermati! Ti vuoi fermare?"
Sara tentava di farisi viriri ma era come se di colpo fosse diventata trasparente. Araziu ciaveva ancora lalliccasapuni nelle mani e la tremarella nella testa.
"Documenti! Documenti per piacere!"
Fu u sbirru a farici cangiari pinseri a tutti rui.

Araziu pigghiau il portafoglio dalla sacchetta e ci diede la carta al poliziotto che quello passò tre ore a taliari la foto nella carta e la sua faccia che qualche cosa non lo convinceva epperò non ne faceva parola.
"Ero nico" ci disse quello e lo sbirro per tutta risposta si misi a ririri che quella foto invece gli ricordava a un suo nipote che lui ciaveva fatto anche da padrino.
"Si cancia" ci rispose poi invece tutto serio.
Sara era dietro di lui e ci tineva la mano stretta.
“E la signorina?”
Araziu si furiau a guardarla e la capì subito la storia che quegli occhi parlavano.
“La signora è me mugghieri. Siamo in viaggio di nozze e dobbiamo prendere il traghetto”
“Auguri allora! E la signora non cinnavi documenti?”
“Li ha lasciati a casa”
"E i bagagli?"
"Sono sopra al treno. Scinnemu per sbaglio e il treno partiu e ora li dobbiamo recuperare"
"Avete fatto denuncia?"
"Certo! Ce lo dissimo alla stazione. Ce li fanno trovare a Villa. Però il treno ancora non parte"
"U saciiu. U sacciu. Insomma siti cumminati accussì perchè avete perso i bagagli?"
E nel dire questa cosa il poliziotto con la mano gesticolò a mostrarci come erano cumminati. Tutti loddi e ein disordine.
" Certo! Cero! E accussì!"
Lo sbirro non ce ne aveva vogghia di farisi pigghiari po culu epperò era già fuori dallorario di servizio e quei due non ci sembravano pericolosi. Accussì ci rissi sulu:
“Iu fazzu finta ca è vera questa storia però non vi vogghiu viriri chiù na sta città. Ni capemu? Il treno parte tra due ore. Fatevi un giro e dativi una puliziata che due sposini devono essere uno sboccio e non merda!  "
Araziu tutto serio feci finta di non sentiri e accalau tannicchia la testa. Non tanto però che non ci voleva dare sazio a quello. Pigghiau Sara e se la tirò che là non potevano più stare.
La fimmina non aveva detto una sola parola. Solo quando furono abbastanza lontani lo fermò e taliannulu nella facci ci rissi:
“Ma ora chiffai? Sai riri macari le munsignarie?”
E si vedeva che era contenta e anche Araziu la guardava con un sorriso strano nella faccia:
“Ma cu tu rici che erano munsignarie?”
Sara iniziò a darici pugni  come per gioco e arrireva e Araziu cercava di bloccarci le mani. Di afferrarci i polsi. E poi le loro bocche si incontrarono e tutto si placò che altre cose era necessario accuminciare di nuovo.




lunedì, novembre 02, 2009

Notch

Ci fermiamo a narrare di inutili cose
come fosse importante quel che diciamo,
come fossero stelle
le nostre parole,
i costrutti,
le frasi
che sfumano lievi
sulle mani sincere,
sull'illusoria difesa
degli sguardi di ieri,
sui piccoli giochi di un confuso scoprirsi,
sul nostro smarrirsi.

"Le ombre, le ombre non mentono"
mi sfugge di dirti.

domenica, novembre 01, 2009

Alda Merini da Vuoto d'Amore

Pensiero, io non ho più parole.
Ma cosa sei tu in sostanza?
qualcosa che lacrima a volte,
e a volte dà luce.
Pensiero, dove hai le radici?
Nella mia anima folle
o nel mio grembo distrutto?
Sei così ardito vorace,
consumi ogni distanza;
dimmi che io mi ritorca
come ha già fatto Orfeo
guardando la sua Euridice,
e così possa perderti
nell'antro della follia.
Alda Merini, Vuoto d'Amore, Einaudi, 1991

sabato, ottobre 31, 2009

[Condomini] "Di quell’amor ch’è palpito dell’universo intero"

Quando capita ammatti antrasatta che mai e poi mai te lo saresti aspettato questo avvenimento. E accussì da un giorno allaltro accumenci a surari e a fari cosi strani e a cuntari u tempu ammuttannulu cullocchi e a pinsari sempri alla stessa cosa anzi alla stessa persona. Che non putevi certo immaginarlo che sarebbe successo. Che di fimmine ne hai incontrate assai e certo anche qualcuna più giniusa o macari sulu chiù munnarola. Eppure.
Diventa difficile dire comu ti senti. Che non lo capisci neppure tu. Che non lo sai. Insomma che ti pari di essiri un momento una pasqua e un attimo dopo invece criri di moriri. Preciso preciso comu su ti fussi arrivato ncoddu un camion. Un terremoto.
Certo unu può essiri che non cè chiù abituato a queste rivoluzioni. Che da tempo i ionna passunu tranquilli cu na minata e un bicchiere di vino. Accussì. Senza tanto bisogno di stinnicchi no cori. Oppure che poi macari è anche arrivata l'età e unu è giustificato se lo scorda che una vota anche lui è stato carusu.
Insomma capita nonostante tutto. E non cè difisa. Non cè ragiuni.

domenica, ottobre 25, 2009

Keyword


Heather Brooke che fine ha fatto,
che fine ha fatto Heather Brooke,
qualcuno giornalmente mi domanda
e mi dispiace, sì mi dispiace
non poter rispondere, cercare
con lei, con lui,
tra gli anfratti della rete,
investigare
sul nuovo filmino, il deepthroat
da scaricare, imitare.
Il fatto è che qui io
tento solo di ordinare
suburbani frammenti di memoria
in forma di parola,
no, nessuna ars amatoria,
nessun ingoio, che non sia
logoro e voluto fantasticare,
fragile cristallo di neve,
un giuocare.

sabato, ottobre 24, 2009

[Condomini] Altarini

Questi sono tempi ca mancu i preghiere ciannu custanza.
Tuttu pari inutile. Antico.
Tuttu sicca.
La gente. I cirivedda. Le parole.
La devozione macari. La speranza.

E le maronne e i signuruzzi e i santi tutti sembra che la sanno questa situazione e sammucciunu che anche dentro agli altarini parunu come a quelle machine con i finestrini tutti niuri. Sì qualcunu putissi pinsari che è solo fitinzia. Che da tempo manca quacche perpetua che acchiana alleggiu alleggiu sopra alla scala e pulizia. Ma a mia piaci pinsari invece che è solo una scelta loro dei santi che aspettano comu va a finiri. Che fine fanno lomini. Che forse se va bene arriva un nuovo diluvio e tutta la storia può accuminciari di novu.
Io confesso che non mi hanno mai interessato assai le discussioni della chiesa. Che la religione unu se la teni dentro e la nesci nelle cose che fa e che se è tintu è tintu e paci allanima sò.

sabato, ottobre 17, 2009

[Condomini] Il cibo

Maacc che però si chiama Marcello ciavi nove anni e una faccia accussì tunna ca pari una vastedda. Passa tutto il pomeriggio nel cortile a fari u putteri nelle partite che la matina invece cè la scuola. So o mà lo chiama sempre dal balcone del secondo piano che con il panaro ci proi da mangiare e da bere. Ogni ora precisa che allora u picciriddu deperisce.
Maacc ciavi la passione del pallone e delle crostatine macari ma anche dei viscotta con la cioccolata e dellaranciata e delle patatine che anche queste non ci dispiacciono e in genere non ci durano più di due minuti prima che lui le finisce.
U viru quasi sempre mentre maffaccio che è assittatu sopra il muretto ca mangia affudduni e adduppannusi che pare che manca picca ca mori e certe volte mi scantu io per lui ma per fortuna fino ad ora non è mai successo niente.
Sua madre comunque è contenta che u picciriddu ci mangia e poi anche quando acchiana a casa ciavi sempre u frigorifero chinu che a lui non ci deve mancare mai niente.
Lei me la ricordo carusidda che pareva una cimmedda. Longa longa e sicca sicca. Ora addivintau una bafacchia che tutto il tempo da quando ci mossi u maritu o travagghiu lo passa davanti alla televisione e al supermercato a fari a spisa che certe volte lho incontrati anchio mentre caricavano il carrello.
Io non lo so su cià facissi ad andare avanti a merendine e feddi di carne. A mia mi piaci manciari di tutto. Dalle anciove o zuzzu. Dallaccia alle vaccaredde. Dalle cacocciule al capuliato. E non è che mabbuffu o mi fazzu i piatti ca cumma che allora non avrebbe senso. A mia mi piaci sulu sapiri. E scegliere se posso. Se sono in grado.
Epperò macari iu ciaiu le mie preferenze che se mi presentano un piatto di pasta con la cipudduzza e il pomodoro e due sarde a beccafico e un bicchiere di vino mi sento felice e tutto il resto non ciavi chiù importanza. Non esiste più.

mercoledì, ottobre 14, 2009

Il corpo sociale

Ma parlare è il passato
verbo di un amore,
il ricordo già dato
o il male minore

di un presente fissato
dagli sbalzi d'umore,
dal buio dilatato
di un televisore.

"Eppure noi viviamo!"
Vorremmo confessare
a ciò che siamo stati,

ai visi inaspettati
d'una notte a chetare.
"Eppure noi..." diciamo.

lunedì, ottobre 12, 2009

[Condomini] Mercante in Fiera

"E venici! E venici!" E insomma mi fici convincere a nesciri che qua a Parma non lo faccio assai volentieri e insieme siamo andati al mercante in fiera che è una specie di mercato delle robbe vecchie che unu ietta che non ci piacciono più e che poi li ricompra dopo ventanni che sono di moda.
Vincenzo ciaveva avuto i biglietti gratis che non lo saccio chi glieli ha dati ma di certo io non ciavissa spinnuto mancu una lira allora per quella misciuta. Lui ci teneva assai a questa cosa che laveva visto alla televisione al telegiornale il servizio che cerano macari i giùbocs e i cavadduzzi a dondolo e insomma pattemu cullautobussu che quello ci lassau davanti alla fiera dove cerano i niuri che vendevano le borse. Però poi invece cera anche lingresso e per entrare dovevi fare passare il biglietto sopra a un vetro che era come quando al supermercato la cassiera fa passare i prezzi e accussì macari noi tutti prezzati poi siamo stati dentro.
Allinizio ci siamo fermati al primo capannone che Vincenzo non lo sapeva bene dove cercare anche se per farsi vedere che lui non cera bisogno che chiedeva a nessuno sera preso la guida e subito in quel posto ciavevo trovato un concentramento di facci di minchia che mancu a ruminica in quacche chiesa al centro mi era capitato qualche cosa di simile.
Tutti a taliari pezzi di lignu mezzi scassati che u sulu prezzu iu ciavissa arrimodernato a me casa allichea che poi è da vicinu macari e invece qua tutti chiedevano e giravano e si sintevano grandi falignami ed esperti.
Sì! Esperti di sta gran funcia di minchia che lho visto con i miei occhi a uno che mentre una vecchia ingioiellata co cani dappresso si furiava ci cangiau il tabellino a un mobile per presentarlo come voleva lui che di certo aveva trovato a iaddinedda da spennare. Comunque non erano fatti mia che io mava già siddiato e menomale che poi Vincenzo aveva capito dove doveva andare che così per fortuna niscemu. Cera un pezzo di strada da fare che il posto era veramente grande ma lumanità non mancava e uno puteva continuare a taliari.
Una buttanazza tutta accalurata stringeva tra le braccia un cassettone che aveva fatto la guerra e arrireva cuntenta per laffare mentre suo marito purazzu ammuttava un liuni di petra e i ligna di un ammuari sopra a un carrello. Nello sforzo du minnazzi notevoli nonostante letà abballariavano dentro a un vestitino di primavera. Ogni tanto una chiù ribelle nisceva fora a mostrare come alla signora ci piaceva arrispammiare sulla misura del reggipetto e mostrando al mondo a sò cuppulidda niura tutta surata. Roba di darici nalliccata di conforto.
Io confesso ca non potti fare a meno di darici nocchiata macari che letà di quella cera e che il marito non sembrava essere tanto comprensivo. Comunque dopo questa scenetta arrivamu o paradiso dei ricordi. Non ci mancava nenti in effetti che Vincenzo ciaveva avuto ragione.
E dischi e iochi e scatoli e scatoline e orologi e telefoni e giornali e bomboniere e quartare e seggi di plastica e vastuni di lignu e fotografie e poster dei filmi e cazzi di marmuru macari e statue del duce e di stalin e manifesti e pignati e cucchiara e lampadine e lampadari e tantu autru che ora mancu mi ricordo chiù.
Pareva che ero tornato picciriddo e furiava ancora alla fiera con i calzoni corti e la bocca china di zuccuru filato. E io credo che solo questo ci vale la pena che a pinsarici bene alla fine invece ce nerano assai di minchiate che quando uno ce là a casa spera solo che un colpo di vento i fazza cascari nterra per trovare una scusa buona per la spazzatura. E comunque comu fu e come non fu passamu un pomeriggio divertente che si fici presto orario di chiusura e quello era lultimo giorno della fiera che infatti in tanti dei mercanti stavano smuntannu i cosi.
Alluscita in effetti per questo cera assai confusione di barattelli e camioncini e machinuni con gli sportelli grandi e davanti a noi uno che lavevo visto che vendeva orologgi antichi che ciaveva dato tutta la mircanzia in una valigia a uno niuro che sembrava Cuntachinte per i muscoli che ciaveva. E il padrone lo guardava con attenzione al suo nuovo schiavetto prima che quello ci faceva qualche rottura e u niuru invece sorrideva che aveva trovato i soldi da mangiare per la sera e qualche altra cosa forse. Che non si sa mai.

domenica, ottobre 11, 2009

[Condomini] Fumetti

Quannu eravamo nichi che ammucciuni si virevano le prime immagini delle fimmine a nura la minchia accuminciava ad acchianari e la mano andava sempre lì per aggiustare i causi. Erano fimmini addisignati chiossai che i giornali costavano e allora non cera vogghia di sprecare ittannuli na strada. Di giornaletti invece se ne trovavano tanti. Soprattutto nella sciara che uno passava e li vireva dietro a qualche pietra e poi li rimetteva allo stesso posto come se fosse stato a casa che di sicuro poi sarebbe passato qualcun altro a fare la stessa cosa. Arristavano tante fantasie nella testa e voglia di sapere chiossai che però cera sempre quello chiù spettu che lui già sapeva tutto.
Cicciu ora è o carciri che lhanno pigghiato ca sava fatto u negoziu dentro a sò casa con lascisc e le piante di droga ma allepoca era quello più vecchio che a quattordici anni ancora faceva la seconda media per colpa di quella matematica buttana che proprio non ci vuleva trasiri na testa. Ciccio ci provava con tutte e comunque a tutte ci rava na tuccata no culu o ne minni che poi lui diceva che scherzava. Ogni giorno quannu finivano le lezioni lui al cancello nisceva dalla tasca una sigaretta e un pacco di pospira di cira e fummannu accuminciava a cuntari. Cerano una cinquantina di metri di terra prima di arrivari alla strada e alla firmata dellautobussu ma a lui ci bastavano per farci tannicchia di scola.
Ciccio ci parlava delle buttane di via delle finanze e delle straniere di Taormina. Di alcune mammine che serano fatte notare e di quelle stuppagghiare dei giornali. E di ognuna lui sapeva qualcosa e delle posizioni e dei trucchi macari. E si incazzava su unu non ci crireva alle sue storie che:
"Iu non ni riciu munzignarie"
"Sì ma Ciccio... ma a tia ti lanu mai sucata?"
"Certo che sì! Da buttana di to o ma'"
E allora accuminciavano i coppa fino a quando non passava lautobbussu almeno che quello cenera solo uno ogni ora e allora fineva tutto.

venerdì, ottobre 09, 2009

Molas


sfilacciare il tessuto
intorbidirne i ricordi
l'ordito
distratto

sono un pessimo sarto
nell'arte del soprappunto

e più nessuna pezza
per il rattoppo
nessun geometrico incanto
che vigili
sul vecchio mondo
ad impedirne lo strappo

domenica, ottobre 04, 2009

[Condomini] Moto Ape Piaggio

I vireva passari o spissu i cristiani che si iammavunu u vancu a fera. Cera chi trascinava di malavoglia il carretto a due ruote. Cu era chiù in grana e ciaveva montato i gommi delle machine al posto di quelle di legno e ferro. Eppoi infine cu sava fatto i soddi e ciaveva a lapa.
A lapa era sempre tutta acculurata con le storie dei paladini e con le scritte contro il malocchio e con lasimazzi che non poteva mancare mai e dentro alla lapa cerano i figghi chiu nichi e darreri i chiu ranni a teneri a merci. A lapa faceva un bordello peggio di una cavasachi però accussì uno la sentiva di lontano che se stavi giocando a pallone ciavevi il tempo di segnare prima che arrivava e poi ti luvavi. Na vota il mio amico Puddu mi rissi se me lo volevo fare un giro che so o pa' senera presa una nuova e però me o ma' si scantava e accussì finiu a nenti ma mi ricordo che per un sacco di tempo mi visti na me fantasia che tenevo quello strano manubrio e accelleravo e frenavo e sgaggiavu macari i machini ma sulu chiddi ca non mi facevano passare.
Insomma mavissa piaciutu macari che a pinsarici ora invece capisco che mi piaciu chiossai immaginarlo. Puddu poi stunnau di casa ca tunnau con la famigghia o paisi e macari i stradi libere sparenu e a genti ca furiava e i lapi macari ca ora ci sù i camioncini e i machini rossi dei giappunisi. E di tanto arristano sulu i ricordi e dei cosi importanti picca o nenti.

venerdì, ottobre 02, 2009

Fausto Amodei e Cantacronache - Ninna nanna del capitale

Quando di notte dormiam tranquilli
da bravi figli di madre natura
non c'è miliardo di stelle che brilli
che basti a fare dormir la struttura

Quando di notte dormiamo quieti
da bravi figli del regno animale
non bastan tute le stelle e i pianeti
a fare dormire con noi il capitale

Dormon gli onesti e i manigoldi
ma non si stancano a nostra insaputa
tutti i quattrini a produrre dei soldi
e tutti i soldi a produrre valuta

Dorme la mamma coi suoi bambini
ma si rinnovano i vecchi processi
per cui i soldi producon quattrini
e il capitale matura interessi

Dorme di notte la terra stanca
dorme la fauna dei cieli e dei mari
ma non riposano i conti in banca
non hanno sonno i pacchetti azionari

Dorme il padrone e il proletario
ma silenzioso ed infaticabile
si accresce il reddito parassitario
sopra di un'area purché fabbricabile

Questo miracolo leva d'intorno
l'antica biblica maledizione
che il pane che si mangia ogni giorno
va guadagnato col nostro sudore

Su questa terra verrà creato
il paradiso miglior che sia
non sarà quello del proletariato
ma sarà quello della borghesia

Fa ninna nanna, dormi e sta zitto
continua solo a tenere nascosto
che quella quota detta profitto
qualchedun altro la paga al tuo posto

Fa ninna nanna, dormi e riposa
riposa e sogna quello che vuoi
che come mamma solerte amorosa
c'è il capitale che veglia su noi



mercoledì, settembre 30, 2009

Linee urbane


Ora cè lautobussu ca porta a questura
 gira e vota e furia

ciavi i finestrini con le sbarre e
ci manca luscita di emergenza
rissunu
ma gira e vota e furia

e pigghia tutti
e i porta o carciri
comè gentile
comè elegante
gira e vota e furia

e dentro non ci manca nenti
tutto alla luce del sole
tutto al servizio del cittadino
solo gira e vota e furia

lautobussu ca pulizia a città
da tutte sti macchie niure
furia vota e gira

e iddi si possono fari una passiata al sicuro
al sicuro
fino a destinazione
fino a moriri
che la merda
quella
è tutta fora
ca talia

domenica, settembre 27, 2009

[Condomini] La paura

A scantarici semu tutti bravi che i problemi di certo non mancano e poi macari ca chisti non ci fussiru qualcuno disposto a rialannilli nzichitanza di certo si troverebbe.

E cè cu chiuri locchi.
Cu abbia pitrati.
Cu arriri senza senso
e cu si fa abbati.
Cu cerca i so amici.
Cu preia diu.
Cu futti.
Cu allucia.
Cu " ci pensu iu".

Una vota u scantu faceva veniri i vemmi e se questi tarrivavano na testa erano guai ca unu ci puteva arristari pazzu di manicomio o moriri macari che i vemmi erano pericolosi. E allora cera bisogno di una cicaredda e di massaggi e di priari che la calavermi era brava e arrisuvveva tutto. Bastava essiri precisi. Ordinati. Che tutto ciaveva il suo tempo. Che il bene era sempre chiù forti do mali.

E cè cu talia rittu.
Cu pigghia u vastuni.
Cu mangia senza pitittu
e cu fa u crastuni.
Cu si ietta nterra.
Cu accumencia a fumari.
Cè cu si caca ncoddu.
Cu scumpari.

Io se qualche cosa mi scanta mi cuntu delle storie che mi fanno scantare ancora chiossai e poi me le ripeto che così mi sento meglio. A vote poi invece mi sforzo solo di rapiri locchi che macari può capitari che la cosa ca mi fici scantari è sulu uno specchio nabbagghiu e per questo è megghiu taliari.

E cè cu fingi festa.
Cu si ietta a mari.
Cu ammazza a famigghia.
Cu si fa arristari.
Cu fa attentati e cu si marita.
Cu sforna figghi e cu si rifà una vita.

giovedì, settembre 24, 2009

Vivian Lamarque - Condomino

Condomino

Cammino piano, qua sotto
al terzo piano dorme un condomino
morto. E' tornato morto stasera
dall'ospedale, gli hanno salito
le scale, gli hanno aperto la porta
anche senza suonare, ha usato
per l'ultima volta il verbo
entrare. Ha dormito con noialtri condomini
essendo notte sembrava a noi uguale
ha dormito otto ore ma poi ancora
e ancora e ancora oltre la tromba
mattutina dei soldati, oltre il sole
alto nel cielo, ora che noi ci muoviamo
non è più a noi uguale. E' un condomino
morto. Scenderà senza piedi le scale.
Era gentile, stava alla finestra
aveva un canarino, aveva i suoi millesimi
condominiali, guarda gli stanno spuntando
le ali.

da Una quieta polvere (Mondadori, 1996)

venerdì, settembre 18, 2009

[Condomini] Templa

Io non lo saccio se dico una fesseria ma mi pari che un tempo quando qualcuno decideva di rapiri una fabbrica la pensava come a una chiesa. Come a uno scogghiu. Come a un simbolo di una religione che doveva durare per sempre.
E i mura erano belli larghi. E gli uffici ranni. E i pilastri ben fatti che ci doveva veniri difficili a tutti sulu a pinsari di abbattirli. Insomma la fabbrica era magnifica. Qualcosa di più importante degli operai. Di chiù forti dello stesso padrone. La fabbrica era il mondo che allimprovviso cangiava. La prova che non si poteva chiù turnari indietro.

mercoledì, settembre 16, 2009

[Condomini] Santi

E' bello quando unu ciavi un santo. Unu tuttu sò che ci può parlare e chiedere e confessare e mannari macari affanculu se vuole.
Iu pensu anche che uno se lo dovrebbe potere scegliere come ci piaci a questamico. Chinnisacciu u voi niuru iautu e cullocchi azzurri? Oppure pensi che è megghiu uno che è stato ricco e poi cià dato tutto ai poveri? O ancora immagini una carusidda ca mossi priannu e vergine? Ecco che ci runi un nome e ci fai lidentichitti e quello o quella spunta fora sulu pittia. E ci puoi aviri limmaginetta o il quadro o la statua comu ti veni più comodo o per come vuoi spendere.
E certo la chiesa ne ha fatti tanti di santi accussì ma purtroppo ancora non ciabbastano per tutti. E allora ogni tanto penso che i parrini dovrebbero avere un registro e tu ci vai e ci spieghi a loro comè fatto u to santo e ci cunti tutti i pila e la storia e quelli lo scrivono sopra il registro e ti autorizzano che poi macari quannu mori se lo può prendere qualcuno che può essere che cè piaciuto quello tuo.

domenica, settembre 13, 2009

[Condomini] Decenza

Me lo ricordo ancora che le prime vote che acchianai al nord non mi facevo convinto di come putissi fare la gente ad asciugare i robbi. Isava a testa e vireva sulu balcuni motti. Senza vita. Senza culuri.
Poi malluminanu lintelletto dicennumi che era una questione di decenza. Che non sta bene fari viriri le proprie mutanne al mondo. O parrari affacciato alla ringhiera. E meno che mai chiamari do balcuni a genti na strada.
Io continuo a non crederci a sti minchiati che secunnu mia è sulu ca purazzi non cianu u suli tutto lanno e allora una scusa ci voli per le proprie sventure comu nella favula della volpe e delluva che i soru a scola ma cuntavano o spissu sta storia quantera nicu.
Una vota il Cavaliere Arcidiacono mi cuntau che addirittura a Genova quannu ci fù u buddello avevano fatto una legge per vietarla in tutta la città questa usanza che allora non cera decoro. Comu su fussi chistu u problema della buona educazione mentre invece si putissuru ammazzari a coppa i cristiani impunemente.

sabato, settembre 12, 2009

Eugenio Montale da Tutte le poesie

Avevamo studiato per l'aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.


 


 Montale, Tutte le poesie, Mondadori

venerdì, settembre 11, 2009

[Condomini] Maic

Rissunu ca mossi Maic. Che lui era uno importante e che ora ci fannu i funerali di stato. Che era uno che ha fatto litalia e la televisione rissunu e per dimostrarlo ficiunu viriri tutte le minchiate che aveva fatto nella sua vita.
Rissunu ca mossi Maic e iu ci criru che era ormai anziano macari che se lo voleva ammucciare e passava tuttu u tempo a muntagna a sciari e a fari soddi con la pubblicità.
Rissunu ca mossi Maic ma iu cangiai canali che cera un film di Totò vecchio. Ma macari dà cera Maic che faceva "Lascia o Raddoppia" e il Principe ci iucava tannicchia.
Rissunu ca mossi Maic ma io me lo ricordo solo ca vinneva di tutto e sempri con la stessa faccia convinta che alla fera o luni avrebbe varagnato una fortuna. E infatti.
Rissunu ca mossi Maic quello della grappa e che non ha eredi ma questo anche io lo so che non è vero. Lui aveva fatto in tempo a spiegarici tutti i trucchi e le cose del mestiere al suo amico milanese e quello lha imparati accussì boni che ora anche lui è sempre più in alto. Anche lui cià il sigillo nero.

domenica, settembre 06, 2009

[Condomini] Abramo Leone (1988 - 2009)

Allanagrafe nisceva come Abramo Leone ma tutti per strada lo chiamavano Picaciù che allora nessuno lo avrebbe riconosciuto. Angiuria era nata quandera nicu che sempre mentre giocava al biliardino prima di fare un colpo forti si preparava girando la stecca e urlando: "Pica! Pica!" e poi al momento di tirare ciaggiungeva:"Ciùùùù" che la palla vulava veloci e forti come non mai. Sta cosa però forse a causa dei tanti gol segnati cera rimasta per vizio e criscennu lui quella formula laveva continuata ad usare come a prima. Accussì prima di ogni scippo arrivava supra alla vespa come quando lamericani arrivavano contro allindiani e puntualmente quando aveva finito lultima u della carica la borsa era già nelle sue mani. Anche quannu futteva non se la toglieva labitudine che il Pica era destinato allultimi colpi prima di veniri con una facci che pareva quella dei cartuni giappunisi.
Mi cuntanu che macari quannu mossi pronunciò la frase magica. Sera pigghiato la questione che non volevano fare entrare un amico suo dentro alla discoteca."Tu si niuru. Non ti vulemu" ciaveva detto a quello un pezzo di merda allingresso e lui non ciaveva vistu chiù che con Moamed cera crisciuto e ciaveva fatto i scoli e lo sapeva che non ciassumigghiava a lui. Che insomma era un bravo carusu. Comu fu e comu non fu nella discussione nisciu fora antrasatta nalliccasapuni e sangu vivu macari.
Quannu arrivanu i sbirri respirava ancora. Moamed ci tineva a testa e chianceva. Abramo invece sorrideva e continuava a ripetere: "Pica! Pica!" sempre più alleggiu però. Senza forza.

domenica, agosto 30, 2009

opplà

Il grigio lentamente si era infittito fino a farsi notte, le luci, però, già da tempo illuminavano il portone d'ingresso del piccolo caseggiato.
Opplà attendeva l'arrivo della sua padroncina: una sbirciata verso l'alto, una breve corsa a caccia di un rumore sospetto, un tenero guaire al nulla.
Carla arrivò puntuale, annunciata da una pietra che, calciata con precisione, andò ad aggiungersi al mucchietto su cui riposava Cucciolo,il nano.
Opplà saltellava contenta.
Da quando la piccola donna aveva acquistato quelle strane scarpe, tutte cuoio e lacci scuri, era sicura che nulla avrebbe potuto separarla dalla sua padroncina. Esse emanavano un odore inconfondibile: un misto tra l'erba leggermente rancida del mattino e l'urina di Brulè, il suo cane preferito, e anche quel giorno Opplà aveva ripreso a seguirle saltellando ora a destra ora a sinistra di quella scia odorosa. Le capitava, in questo modo, di sbattere, a volte violentemente, la lunga coda sui polpacci della ragazza o di ritrovarsi improvvisamente riversa su di un fianco.
Carla, in queste occasioni, la guardava sorridendo, ma quel sorriso si fermava solo un po' sotto alla fronte, perché era giusto così, perché in quel momento bisognava essere seri, perché la vita lo richiedeva, e il gioco, anche. Opplà però faceva finta di non sapere tutto questo e così, attentissima, cercava di cogliere ogni minima traccia di soddisfatta approvazione su quel volto. Era quello il giro d'ispezione serale e lei ci teneva parecchio a far vedere che nessuna intrusione era avvenuta e che tutto continuava ad essere in perfetto ordine.
"Bau!Bau!" Esclamò quando ritornarono alla porta d'ingresso.
"Brava Opplà!" fu la semplice risposta di Carla.
La ragazza diede un ultimo sguardo oltre il vetro poi iniziò a spogliarsi riponendo il proprio copricapo sulla prima sedia che trovò libera. Su quella finirono anche la borsa a righe e frange che Moha portava a tracolla e due delle tre maglie che indossava. Opplà continuava ad osservarla, ora sarebbe toccato alla corta gonna scozzese e subito dopo lei avrebbe esclamato:
"Ecco! Ora sto bene!".
Al puntuale arrivo della frase la cagnetta abbaiò e scodinzolò soddisfatta, poi si diresse verso la porta. Il suo lavoro, anche quel giorno, era finito.
Carla entrò in cucina. Cosa avrebbe preparato? Uova strapazzate? Alla coque? Bazzotte? In camicia? O meglio una frittata? E se sì, come? Ci pensò un attimo prima di ricordare qualcosa. Ecco, aveva trovato! Aprì il frigo e tra le confezioni da dodici, tutte rigorosamente XL, riuscì a trovare del grana grattugiato. Cinque minuti di padella, pochi morsi veloci e poi il piatto andò a far compagnia a parecchi altri dimenticati nel lavabo.
Mordicchiando una mela andò a sdraiarsi sul divano.

Il mattino iniziò, e fu soffio sulle esili gambe, carezza sul leggero grembo, bacio materno sulle labbra, sulla fronte. Carla rimase un momento immobile; poi la piccola crisalide aprì gli occhi e sorrise. Che sogno fantastico! A cavalcioni di un immenso aquilone aveva inseguito stormi di strane creature dalle piume argentate e dal viso di donna, giocato con il sole, estratto incredibili origami dalle nuvole più candide. Poi era divenuta curiosa di conoscere colui (perchè era un uomo, questo sì lo sapeva bene) che reggeva quel filo che tenacemente la teneva legata alla terra. Prima però si sollevò in piedi, era bellissimo! L'aquilone era ora un surf, una piuma, un vento leggero. Iniziò a scendere in equilibrio sull'esile cordicella e tutto divenne più chiaro, più vicino e allo stesso tempo più irraggiungibile.

"Hai preparato qualcosa per me?" chiese scherzando la ragazza.
Stava scegliendo tra stretti bermuda rosa e larghe braghe di cotone, vicino a lei Opplà attendeva fiduciosa, sapeva che era domenica. Sapeva che quel giorno sarebbero passati accanto alla cuccia di Brulè, o almeno così sperava nei suoi pensieri.
La cagnetta in risposta spinse con il muso la mano di Carla verso un vecchio paio di jeans abbandonati in un angolo dell'armadio, la ragazza sembrò accettare l'invito.
"Sì, hai ragione! - confermò Carla; poi, alzato il tono della voce, aggiunse - "Dai! Andiamo!" e a questa frase fece seguire finalmente un portentoso sorriso.
Opplà rispose prontamente: "Bau! Bau!"
"No, mangerò quando torneremo"
"Bau! Bau!"
"Va bene, va bene. Vuoi qualcosa?"
"Bau!"
"Non so cosa sia rimasto, vieni, guardiamo insieme!"

martedì, agosto 25, 2009

Trielina

altri gesti ad uccidere
e poi il bucato,
quella macchia più ostinata
che va via anche il colore
delle cose
già vissute, già provate
dimenticate

domenica, agosto 23, 2009

Antonio Machado da Poesie

Sempre fuggitiva e sempre
vicino a me, in manto nero
mal coperta la sdegnosa
linea del pallido volto.
Non so dove vai, né dove
la tua vergine bellezza
cerca un letto nella notte.
Non so che sogni serrano
le tue palpebre, o chi tentò
il tuo letto inospitale

Frena il passo, bellezza
sdegnosa, frena il passo...

Vorrei baciare l'amaro,
il fiore delle tue labbra.


Antonio Machado, Poesie, Newton Compton, 1978

giovedì, agosto 20, 2009

[Condomini] La pizza

E non ci volli assai a capiri comu sarebbe finita sta cosa. Mi bastò viriri quel sorriso malizioso fatto quando nessuno se ne poteva accorgere. Quellocchi vispi e biricchini comu na matinata di friscu.
Erano assittati di fronti a mia nella comitiva casaddivitteva. Destate i carusi nesciunu comu i funci. A mazzolini che di lontano parunu tutti i stissi e sulu quannu ti avvicini viri i magagni. Chisti non erano tantu diversi. Dodici persone che melimmagginai le discussioni che avranno avuto e che questo no e questaltra nemmeno che si sa che a mangiare in tredici porta male. Ma macari accussì mi passunu tannicchia sfortunatelli. Forse si canuscievano pocu oppure si frequentavano da troppo tempo che certe volte è lo stesso. Tuttu però funzionava come sempri. Cu faceva casinu. Cu si faceva insuttari. Cu cera sulu pi cumpassa. Cu sparuliava ammucciuni. Cu viveva e mangiava comu un viteddu.
Eppure quei due che vedevo di sgambescio ciavevano di sicuro una storia diversa. I soliti corna avissa pututu riri. Ma non mi interessava chistu della cosa. Che il bello di queste storie è quannu nasciunu e si cuntunu e no invece quando vengono mostrate.
Lei era arrivata tutta in ghingheri. Una facci di virginia ammucciata. Capelli abbissati do parrucchieri. Scarpe e borsetta allacciati. Un vestitino leggero leggero tutto ciurato che scompariva nellincollatura di due minne maestose. Non cera dubbio che quello era il suo punto forte e la carusidda ciaveva la naturalezza di chi lha sempre saputo. Con tannicchia di furbizia e di fortuna riuscì a mettersi quasi di fronte a lui. Lo zito invece sassittau due posti avanti che unaltra coppia laveva preceduto. Così per lei non cera bisogno nemmeno di faticare pecchè anche laltro era verso quel lato e con la coda dellocchio se lo poteva controllare a dovere facendo finta di parrari con il legittimo.
Lui piuttosto mi passi tannicchia babbasunazzu o forse era di quella specie che è megghiu darisi martellate nei cugghiuni piuttosto che.
Insomma mentre la mia pizza faticava ad arrivari sti rui accumincianu a cuppiari. E ora facevano finta di essiri due sconosciuti e ora invece accuminciavano a taliarisi accalurati senza pudore. Pareva come in una partita di pinghiponghi.
La carusidda che era con quello però doveva avere fiutato qualche cosa. Si muoveva sopra alla sua seggia come se questa bruciava e dava occhiate a destra e sinistra e sappinneva al braccio di lui e rideva comu sulu cu si scanta arriri. Mi fici pena purazza.

La pizza non era mali e la ricotta salata era favolosa. Per un po' lassai perdiri il filmi e mi concentrai a mangiare. Di fronte alle birre quelli avevano aumentato la confusione e nellallegria generale non cera chiu nenti di taliari.
Stavo pi susirimi e pavari quando la fimminedda mi passau vicinu tutta ciaurusa. Non ciarriniscii a non darici unocchiata a quel ben di Dio. La facci era tutta russa e le minne luccicavano come a pomelli passati co Sidol. Non mi era nemmeno costata tanta quella serata. Me ne andai mentre mentre macari u masculeddu sarritiriva. Non mi ero accorto che i bagni erano darreri a me seggia.

domenica, agosto 16, 2009

Lawrence Ferlinghetti - "Ogni animale" ha detto finalmente "E' triste dopo il coito"

Il Cielo
quella notte distava soltanto la metà
alla lettura poetica
ad ascoltare le frasi bruciate
quando ho sentito che il poeta aveva
un'erezione in rima
e poi ha distolto gli occhi con uno
sguardo sperduto
"Ogni animale" ha detto finalmente
"E' triste dopo il coito"
Ma gli innamorati nella fila dietro
sembravano svagati
e felici


giovedì, agosto 13, 2009

[Condomini] Il viaggio

Ora che è semplici farisi un viaggio ora che ci sono i mezzi mi capita o spissu qualcuno che mi dice domani sono qua e dopodomani sono lì o che nesci fora con quaccosa tipo "a fine mese mi fazzu un uichends che ne approfitto che cera unofferta incredibile". E tra questi cè chi se la spacchia e chi ietta la cosa così per vedere leffetto che provoca oppure macari quello che fa la faccia di uno che è costretto e invece farebbe altro. E poi cè ancora chi parra sottovoce come se a dirle queste cose a morti buttana ci putissi fari u malocchiu a quel viaggio e chi invece è felice di farisi sentiri da tutto il vicinato.
Io però non cè le chiedo mai queste notizie che se vogliono me le dicono loro. Come sempre. Ascutu. E poi ci faccio un sorriso e auguro a tutti un buon viaggio e ci dico di addivittirisi e secondo le persone altre minchiate di quelle ca si riciunu sempri in questi casi.
Io da anni i miei viaggi lho imparati a fare belli comodi e viru sempri cosi novi e canusciu genti e maddivettu macari.
Io destate quando parto tutto inizia la matina ca mi susu prestu che cè ancora friscu e la luna pari fari per qualche ora dispetto o suli. Il tempo di un cafè e di una sigaretta e mi pigghiu il primo autobussu che mi porta al centro. E' la prima tappa.
Dietro o Futtinu cè un negozio ca ci spatti a merce a tutti i gilatari della zona ma su ci vai presto ti puoi assittari ca ci misunu i tavolini nel retrobottega e supra u muru del cortile in mezzo alle scatole di cartone e alle confezioni acculurati ci crisci un gelsomino meraviglioso che u sulu ciauru ti fa rinascere. Io lì mi pigghio la mia granita e le briosce caure che mi sono fatto dare al panificio che cè vicino alla fermata e aspetto. A picca a picca arrivanu tutti con i loro furgoncini e le pentole di alluminio per la ghiaccera e ognunu mentre aspetta ci capita di cuntari un particolare della sua strada. Certo a maggior parte sono notizie di corna e di fimmini meravigliose. Cose mai visti riciunu tutti. Ma non ci mancunu autri curiosità: chiddu ca mossi, i nuovi arrivati, lultima corsa di cavaddi a Barrera. Appena finisciu marritiru prima che arriva u cauru forti e dentro la mia casuzza chiuru tuttu o scuru ma con le finestre aperte per fare entrare laria e mi mettu con la sdraio arreri alla porta dingresso socchiusa. A quellora dalle scale acchiana un venticello che mette i brividi. E questa è la seconda tappa.
Ne approfitto per farimi i film nella testa e immaginare tutte le cose che sento e entrare in quelle che vedo. Certe volte capita che quanto dopo pranzo sposto la sdraio e mi occuccu vicino al balcone queste cose mi vengono a trovare nei sogni e allora parunu ancora chiù vere. Il mare limpido. I muntagni con la nivi. Le navi grandi come a paesi che ci vulissi una vita a girarle tutte. In genere marrusbigghiu tannicchia suratu e certi voti con qualche strana vogghia anche se con letà questo capita sempre meno spesso. E il momento di una doccia e di una birra macari che unu na vicchiania non si dovrebbe fare mancari mai nenti.
Quannu u suli scumpari è ora di assittarisi o balcuni e questo è il terzo momento. Quello del ritorno. A genti parti parti ma la maggioranza appoi è sempri ca e io tra una sigaretta e unaltra mi posso sentire le loro vuci e vedere lontano qualche aereo o qualche nave che passa e sapere le novità del mondo megghiu che davanti alla televisione e parrari di tuttu su capita e di nenti se non ce ne vogghia e ridere di quacche minchiata e scherzare e fari u fissa.
Io ci penso alli voti a farimi una gita come a quelle di tutti ma poi penso che è più bello quannu ci parlo a qualcunu dei viaggi degli altri comu su fussiru i miei e ce li descrivo e ce li faccio immaginare e sognare macari.
Io ci penso alli voti ma sono sicuro che poi tornando io quei viaggi ne sapissi chiù cuntari.

martedì, agosto 11, 2009

[Condomini] Carmelo Barbagallo (1993-2009)

Ammia ma putevunu sucari che la prima vespa a puttai che ciavevo sei anni e darreri ci misi macari a me frati nicu ca mi sivveva pi fari pisu. Me la ricordo ancora. Una HP novanova che u Zu Maru lava pigghiatu ad Acicastello e poi però non cera piaciuto il colore e così cillava rialata a me o pa' quando laveva cercato per la pulizia. Mio padre è bravissimo in queste cose che non cè sbirru o vigili urbanu che se ne mai accorto dei lavoretti che fa lui con il telaio e dei documenti anche. Ora è a Piazza Lanza che ci devono fare il processo per una minchiata ma lavvocato dice che non ci voli assai che torna a casa e che non ci sono i termini.
Ammia ma putevunu sucari che con quella vespa iu avvulava supra a strada e non cinnera pi nuddu. Tanti trucchetti del motore li avevo imparati allofficina quando ascutavo a me o ma' e minnieva a travagghiari per portare i soddi a casa. E però quella miseria ca mi rava u principali non ciabbastava mai a quella fimmina macari che io a lei ci davo tutto quello che guadagnavo. Che così pimmia quacche lira ci nisceva sulu quannu furiava cullamici ne zoni boni che supra a vespa non mi ha pigghiatu mai nuddu.
Ammia ma putevunu sucari che quella strada a cavaddu della Via Palermo era stato un rialo del comune a quelli come a mia che ci piaciunu i cussi forti e io la conoscevo metro per metro la pista che di giri ce ne avevo fatti assai. Del resto lavevo visti tutti i lavori già di nicunicu. Prima avevano demolito le case vecchie poi alleggiu alleggiu erano arrivati i piloni e alla fine ciavunu misu i travi e lasfalto e i gaddreill macari. Non ci mancava proprio nenti a parte la fine e linizio che ancora nessuno lha capito a cosa serve quellottovolante e i soddi per saperlo finenu.
Ammia ma putevunu sucari e se non cera quella macchhia dolio iu vinceva macari sta vota invece di finiri sutta u suli do cimiteru. Però in fondo non mi dispiace che per ora qualcuno che mi veni a truvari cè ancora e viru i parenti chiossai di prima e macari Anna vinni una vota. Ciaveva la panza unchiata e tuttu u viddicu di fora. Sarà cu fù.

lunedì, agosto 10, 2009

Sandro Penna - Amore, gioventù, lieti parole

Amore, gioventù, lieti parole,
cosa splende su voi e vi dissecca?
Resta un odore come merda secca
lungo le siepi cariche di sole.


domenica, agosto 09, 2009

Summer On A Solitary Beach


La paglia che ci ripara dal sole
ripete inavvertiti dettagli
tutto avrebbe potuto essere vero
ma che importa...
così, mentre stupita ripeti:
"E' quello! E' quello!"
allungando la mano
io non posso che usare i tuoi occhiali da sole
riannodare il vecchio costume sbiadito
ed uscire
scalzo di desideri
pallida ombra di fronte al nemico



Fonte immagine: http://www.kullaway.com

sabato, agosto 08, 2009

Khajuraho

L'aratro

Fa paura il brusio delle onde,
della gente che passa, vicina.
Scricchiolano fessure di luce sul banco,
sul telo posato a salvare la schiena,
a bere quel rosso che denso, villano, ci marchia.
Schegge di legno e imbarazzati silenzi.

La forbice

Nella meccanica sensualità di un cigolio
sembra riposto il segreto dell’assenza.
Ombre sul muro, a muoversi.

venerdì, agosto 07, 2009

solitudini minuscole in accapo sbilenchi

brucia
i miei pensieri
ed i tuoi anche
senza mentire
senza sottrarti

brucia
ogni paura
sui gemiti del corpo

brucia
ogni ricordo

e saremo eroi
se lo vorrai
giudici e ladri

un altro istante
un altro giorno

brucia
ora
ingoia l'aurora
di questi finti versi
altro non ho di noi
che già tuo
non sia
che tuo
non sia stato

giovedì, agosto 06, 2009

Nomadi

Insomma che questo sia un urlo si potrebbe
obiettare ma anche oggi ma anche quando se il
tanga ti sta stretto ed è la vita con quel che ne
consegue dice l'amico ma sfugge e sono tanti
mentre guardo oltre quelle icone che più fatico a
ricordare come il libro di cartone o anche i baci
nel filmino super otto con le voci e i bambini e
tra poco n'avrò tanti ti racconto e non mi credi
e ridiamo di cose sciocche come ora a
dimenticare in un giardino di Kosinski le
presenze e le nostre e le vostre che noi no non
ci saremo come in sogno e ogni notte. Soli.

mercoledì, agosto 05, 2009

Golem

Appena uno ci tenta succeri sempre qualcosa. Accussì però si può sempre cangiare idea e addumisciri la morte.


Dammi tri cosi
no me piattu
dammi tri cauci
arriva u iattu
dammi tri aranci
dammi tri luni
dammi la morti
cu nu vasuni


Che poi se le cose ti riescono non ciai chiù gusto e arrimini, arrimini, fino a dommiri e poi sugnari, o forse fino a sugnari pippoi dommiri.


Visti na guantera
chinachina
a visti no varveri
astamatina
mi pigghai ncannolo
e mu calai
lassai sulu a scoccia
e mascapputtai


Quannu cè a fami tutto è chiù semplice e u niuru e niuro e u ianco ianco, e su non ci su te li inventi, ca ci basta na cannila e na mano, e un muru macari loddo, ma in chianu.

martedì, agosto 04, 2009

Oggetti smarriti

Un casco, un fiocco, libri e cappelli,
sciarpe, maglioni, forcine ed ombrelli.

La gente corre distratta
nessuna carezza
al tempo che passa
e che serra ricordi
in minuzie e spazi infiniti.

Invisibile ai tristi lustrini,
quest'antico presente d'ogni domani
ci accompagna silente.

Attende.

Un casco, un fiocco, libri e cappelli,
sciarpe, maglioni, forcine ed ombrelli.

lunedì, agosto 03, 2009

Virtual Tourist Traveler

appena ho tempo
hai detto
con uno sguardo d'addio

ridevi
che pur'io

appena hai tempo
ho risposto
che ho del tempo anch'io


domenica, agosto 02, 2009

indelible

Non hai volto
non ha volto voluto il tuo viso
il sorriso
e allora non posso
mi dico

ma le dita
queste inutili dita
non sanno
spariscono lievi
sul crespo dei sogni
a carezzar pensieri

d’oggi
di ieri
ed è allora che vivo.

sabato, agosto 01, 2009

Un caffè e un cornetto, grazie.

Rinnovo la grammatica,
te a fianco, sperando.

Poi ti alzi.
Vai via.

Ancor più bella mi appare
colei che ti stava accanto.

venerdì, luglio 31, 2009

Buono pasto aziendale

Della voglia di gelato
sul tuo culo a gocciolare
del temporale
che si sta accucciati stretti
dei perfetti
baci
da dimenticare
con quest'addio
e non sto male, no,
che poi
che vale dirlo
lo sai
oggi ho solo crampi nella testa
e pesche, le prime,
nella cesta del mio lauto pasto aziendale.

Come se domani
a staccar tagliandi, dici,
fosse il vuoto della scena
il prezzo da pagare.

giovedì, luglio 30, 2009

Potrei dire che sia amore

E’ un gesto, a tratti,
a far di te poesia:
quel parlar lento che si specchia sulle labbra,
questa caccia
che in abbraccio si conclude,
la bugia
che tra la gente, fioca, ci accompagna
a scostar la notte,
l'esile trama
dell’ipocrisia.

mercoledì, luglio 29, 2009

"Perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi"

Questo modo di fare
regale
sacrale
nel suo prendere in giro
ogni cosa
sperando
nel conto
che torni
alla vita
quella dei patti
degli anfratti sfuggiti
dell'attesa di un niente
che sia pure speciale
e che tarda
che tarda
negli occhi già chiusi.

martedì, luglio 28, 2009

Standard


Si chiamasse pure vita questo falso starci addosso
di amorevoli viltà
esibite
a gran serata e "au revoir"
ora esco
che come grumi di rosario
come spighe
come sangue che rapprende e più non salva questo
noi
ci divide

lunedì, luglio 27, 2009

"Sarà stato un giorno felice, dopo tutto, un altro giorno felice."

Non so. E questo. E quello.

Ad esser sincero dovrei
scivolare lento sulle tue labbra.
Dire.

Come quando ti inseguivo, mi inseguivi
che c’era ancora tempo.

Come quando ad esser veri, che ora
altro non vediamo. E queste luci.
Lontane.

Sembra già estate a guardarle,
in quest'inverno.

domenica, luglio 26, 2009

a R. & M.


E ora che è quasi freddo
S. & G. a far da sfondo a voci
opache ed il ricordo
di voi che accordavate
il mondo.
E ancora attendo.

sabato, luglio 25, 2009

La stanza


potremmopungercicongliangoli
deinostricuoripotremmoancora
fingercineitabaccosiardorisimili
inquestinostricoitisimilineinostri
erroripotremmo-sì-perunavolta
ancorachiudercisemprepiùsoli

venerdì, luglio 24, 2009

attendere, prego

Scuotermi,
vivere ancora di vita
in quest'ombra giornaliera
ch'eppure è mia.
Scuotermi, dicevo,
accennarti d'altro, non so:
"E' finita",
in un silenzio di pensieri,
noiosa malinconia.

giovedì, luglio 23, 2009

Other Known Names

c'è una libertà infissa
nei tuoi vuoti d'anima
che non riesco a svellere

e non ti amerei
se già mi appartenesse
e non ti amo

mercoledì, luglio 22, 2009

gracias a la vida

"Una volta nati vogliono vivere ed aver destino
di morte, e lasciano figli perché nuove morti si
generino
"

Sole sono io, e pioggia
il tuo corpo di nebbia
che ignoro e conosco.

Non così mi specchio,
ma del deserto polvere
e vita.

Eccomi allora.
Nasconderemo la vergogna della ripida salita
all'ombra della tua mano.

Lo so! Nessun indugio, nessuna tristezza riuscirà a schiacciare il malvagio,
nel tempo del lutto verrà il momento di amarti.

E di noi sarà vita.

Di noi passeggera memoria.

martedì, luglio 21, 2009

"...ho visto il sole, la luna e undici stelle prostrarsi davanti a me..."

Prillano.
Nel cortile dei sensi raggirati
un falò d’anime
ricordo.
In quell'arido crepitio di faville
- nella notte danzando -
solo tu
taci.


lunedì, luglio 20, 2009

La cucina

C'è
tra quest'istante e il prossimo
un gocciolar di sogni sul lavabo
lo smalto già ferito
le spugne di colori
a graffiare

domenica, luglio 19, 2009

E' che sto male, ma non posso dirlo

dammi una morte
come questa cenere
fredda
fa' che non perda
l'occasione di sbagliare

e un pensiero
anche
che non sia

dammi una poesia
o
il tuo corpo
a dimenticare