E non ci volli assai a capiri comu sarebbe finita sta cosa. Mi bastò viriri quel sorriso malizioso fatto quando nessuno se ne poteva accorgere. Quellocchi vispi e biricchini comu na matinata di friscu.
Erano assittati di fronti a mia nella comitiva casaddivitteva. Destate i carusi nesciunu comu i funci. A mazzolini che di lontano parunu tutti i stissi e sulu quannu ti avvicini viri i magagni. Chisti non erano tantu diversi. Dodici persone che melimmagginai le discussioni che avranno avuto e che questo no e questaltra nemmeno che si sa che a mangiare in tredici porta male. Ma macari accussì mi passunu tannicchia sfortunatelli. Forse si canuscievano pocu oppure si frequentavano da troppo tempo che certe volte è lo stesso. Tuttu però funzionava come sempri. Cu faceva casinu. Cu si faceva insuttari. Cu cera sulu pi cumpassa. Cu sparuliava ammucciuni. Cu viveva e mangiava comu un viteddu.
Eppure quei due che vedevo di sgambescio ciavevano di sicuro una storia diversa. I soliti corna avissa pututu riri. Ma non mi interessava chistu della cosa. Che il bello di queste storie è quannu nasciunu e si cuntunu e no invece quando vengono mostrate.
Lei era arrivata tutta in ghingheri. Una facci di virginia ammucciata. Capelli abbissati do parrucchieri. Scarpe e borsetta allacciati. Un vestitino leggero leggero tutto ciurato che scompariva nellincollatura di due minne maestose. Non cera dubbio che quello era il suo punto forte e la carusidda ciaveva la naturalezza di chi lha sempre saputo. Con tannicchia di furbizia e di fortuna riuscì a mettersi quasi di fronte a lui. Lo zito invece sassittau due posti avanti che unaltra coppia laveva preceduto. Così per lei non cera bisogno nemmeno di faticare pecchè anche laltro era verso quel lato e con la coda dellocchio se lo poteva controllare a dovere facendo finta di parrari con il legittimo.
Lui piuttosto mi passi tannicchia babbasunazzu o forse era di quella specie che è megghiu darisi martellate nei cugghiuni piuttosto che.
Insomma mentre la mia pizza faticava ad arrivari sti rui accumincianu a cuppiari. E ora facevano finta di essiri due sconosciuti e ora invece accuminciavano a taliarisi accalurati senza pudore. Pareva come in una partita di pinghiponghi.
La carusidda che era con quello però doveva avere fiutato qualche cosa. Si muoveva sopra alla sua seggia come se questa bruciava e dava occhiate a destra e sinistra e sappinneva al braccio di lui e rideva comu sulu cu si scanta arriri. Mi fici pena purazza.
La pizza non era mali e la ricotta salata era favolosa. Per un po' lassai perdiri il filmi e mi concentrai a mangiare. Di fronte alle birre quelli avevano aumentato la confusione e nellallegria generale non cera chiu nenti di taliari.
Stavo pi susirimi e pavari quando la fimminedda mi passau vicinu tutta ciaurusa. Non ciarriniscii a non darici unocchiata a quel ben di Dio. La facci era tutta russa e le minne luccicavano come a pomelli passati co Sidol. Non mi era nemmeno costata tanta quella serata. Me ne andai mentre mentre macari u masculeddu sarritiriva. Non mi ero accorto che i bagni erano darreri a me seggia.
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