Quella fu una notte quasi tranquilla. Certo è ammaccato e ci fa male dappertutto. Che ha pigghiato cauci e pugna e coppa. Ma però le cose pare che si sono sistemate e allora Calogero chiuri locchi e saddumisci.
Saddummisci in una notte scurusa Calò. Una notte senza sogni e senza colori. Fatta tutta dun ciato che la mattina dopo si sveglia presto tutto surato e con lossa che ci fanno chiù mali della sera prima.
Sistema a sua madre Calogero e aspetta che arriva quella del comune. Poi quando quella accumencia i sivvizza iddu nesci e si porta dietro il pallone e si mette le scarpette anche se ci manca assai per la partita. Anche se si consumano i tacchetti con le pietre e con lasfalto.
Questa volta però non se ne va nella piazzetta. Trasi dentro le spine del parco e arriva al suo albero e accumencia a palleggiare che perde macari il conto di quanto riesce a farne e quando ci casca la palla ricomincia. E ricomincia sempre. Ricomincia fino a quando non si sente le iamme che sono stanche che ci tremano e allora sassetta e guarda il cielo. E cerca la luce che passa in mezzo ai rami. Sogna di squadre importanti. Di goll. E certe volte ci veni nella testa macari Cettina che non lo sa perchè.
"Senti io ce lo dovevo dire..."
"Oh! Talia! U pezzu di medda!"
Iano era arrivato antrasatta che Calogero aveva chiusi gli occhi. Non sera scantato però per quella improvvisata che laveva riconosciuto subito la voce.
"Mi spiasti macari oggi?"
"Calò iu non sugnu sbirro!"
"Chiffazzu arriru?"
"Senti mu rissi me o ma di dircelo a Don Tano. Io tavevo visto e ciu cuntai"
"E to patri?"
"Non sapeva nenti"
"Ma picchì da munsigneria della telefonata allura?"
"Chissacciu! Mi nisciu accussì!
"Senti... ma invece to o pa' u sapi che Don Tano si futti a so mugghieri?"
"Macchidici! Bastardo!
"A virità"
"Bastardo!"
I due carusi accumenciano a darisi coppa. E sono uno sopra laltro in mezzo alla terra. E non cià finisciunu fino a quando non ce la fanno più che qualcuno dice "Basta!" e laltro pure. E appoggiano la schiena sul tronco. E dopo finisci tutto.
"Ticcattasti ora sti scarpetti?"
"Mi rialanu"
"Belle"
"Oggi ciaiu una partita al campetto del prete. Chiffai ci veni?"
"Dopu macari. Quando iniziate. Che allora se arrivo presto quello mi chiede di fare il rosario"
Calogero accumencia a ridere. E Iano macari. Si lassunu che vanno a mangiare e la partita è solo alle cinque.
E' quasi al portone quando lo chiamano.
"Calò! Calò! Femmati!"
"Buongiorno signora"
"Senti chiffai voi veniri a mangiari da noi? Cettina dice che tanto non poi veniri che cè tua madre ma iu ci rissi proviamo e poi visti nesciri a signora del comune poco fa e insomma che costa spiartelo? Che anche se dici no e no e se invece vieni è già tutto pronto che oggi fici macari una torta. Con la crema di limone che a me marito cioè o papà di cettina insomma ci piaci e poi putiti iucari nella sua camera che lei ha tanti giochi e allora dimmillo tu che..."
Calogero non lo segue più quel fiume in piena e pensa che non ci dispiacerebbe e allora ci accala la testa.
"Ma prima viru come sta" dice e acchiana di corsa per controllare e darsi una ripulita macari che è chino di terra fino a dentro laricchi.
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