"Calogero si tu?"
"E cu pogghiessiri o ma'?"
La domanda è sempre la stissa però Calogero lo capisce che qualcosa non quadra. Che la sentita tante volte quella frase eppure oggi è diversa. E infatti arriva una cosa nuova. Una cosa che lui non ciaveva pinsato che potesse accadere.
"Macchissacciu! Io non lo canusciu chiù a me figghiu!"
"E che significa o ma'?"
"Significa ca mi parranu di un carusu e io ci rissi che quello non era mio figlio. Mio figlio non le fa minchiate!"
"E chi ti rissunu? Sintemu"
"E picchì tillaia diri a tia? Tu cu sì?"
"O ma' finiscila! Chi voi riri?"
"La calunnia ci fù e la morti vinni. Me figghiu mossi e ava moriri iu!"
"Insomma o ma' mu voi ririri chi succiriu?"
"U sai bonu chi succiriu! Unni fusti?"
"Niscii"
"U sacciu ca niscisti. Ma unni?"
"Passai da Luciano"
"Ma su siti comu u cani ca iatta tutti rui!"
"Ma no o ma'! Talia! Mi resi macari a so bicicletta"
"Calò veni ca taliami"
"Ca sugnu!"
"Veni chiù vicino allora. Taliami nalocchi. Unni fusti stanotte?"
"Ava fari una cosa"
"E cosa? Abbruciarici il panificio a Don Tano?"
"Macchidici? E comu u sapisti del panificio?"
"E' stato Don Tano stesso a dirmelo"
"Don Tano? Cà? E comu trasiu?"
"Ci resi i chiavi la za Rosa. Fu gentilissimo quel cristiano. Non voleva nemmeno entrare nella stanza che ce lho dovuto dire io di trasiri"
"Don Tano?"
"Don Tano! Don Tano! Picchì non può essiri accussì?"
"Certo è che..."
"E' che cosa Calò? Picchì ciabbruciasti il negozio?
"Non fui iu"
"Sicuro?"
"Tu giuru o ma'. Non fui iu!"
"E allora?"
"Allora cosa?"
"Chi ci faceva u palluni a casa?"
"Quali palluni o ma'?"
"Non fari u fissa! Non fare u fissa cummia Calò! Ma cuntau Don Tano la storia del pallone. Ca tillava luvato. E se era nel panificio che ci faceva ora cà. Dietro la porta dingresso? Io non ci volevo credere ma Don Tano mu fici viriri! Cu sì tu? Unne me figghiu?"
Calogero sta per rispondere. Cerca di capire come togliersi da quellimpiccio. Ma non ci veni niente nella testa e poi sonano alla porta:
"Cui ie?"
"Don Tano sugnu! Rapi!"
Calogero ora veramente non lo sa cosa deve fare. Cosa deve dire. Ma non lo può lasciare fuori. E sua madre ci dice di aprire. Ci dice di non fare u fissa.
Quando spalanca la porta ci arriva una scoppola na facci che quella ciaddiventa tutta russa. E lui non cià la forza di reagire. E neanche la coscienza.
Oh Dario, spero di non essere solo io a leggere: è così avvincente che sto in pena per lui!
RispondiEliminaAndrebbe bene anche così :-)
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