Prima però cera da sistemare il fatto della bicicletta. Non la poteva lasciare là. A Calogero ci vinni la pinsata di metterla in mezzo alle foglie dellalbero ma l'idea era una minchiata che i rami più forti erano bassi e non sarebbe servito a niente. Tutti lavrebbero potuta vedere. Così si decise di portarsela a casa che almeno là qualche cosa ci sarebbe venuto in mente. La cosa difficile fu solo attraversare i rovi con quel pezzo di ferro che il caruso si pungiu tutto e malirissi ancora una volta quel cornuto di Luciano.
La piazzetta nel frattempo sera riempita di machine e cerano macari i vigili del fuoco che stavano sistemando i propri barattelli pronti ad andarsene. Non doveva essere stato granchè lincendio se tutto era già finito o forse era passato più tempo di quello che a lui era sembrato. La saracinesca del panificio era aperta e nterra cera un ciumi a rinfrescare laria e il primo sole che si affacciava. Macari u fetu era sparito.
"Cettina avrà telefonato subito" pinsò Calogero "e così quelli sono potuti arrivare presto"
Mentre era assorto in queste cose non si accorse di Lino. Chistu ci resi una manata nel cozzo accussì forte che quello cascò nterra con tutta la bicicletta.
"E bravo a Calò! A cu cia futtisti sta bicicletta?"
Calogero ci mise tannicchia a capire che cosa era successo. La botta era stata forte e la sorpresa macari. Poi susennusi vide la panza e capì. Ma non si poteva ribellare che quello era più grande e chiù rossu di lui.
"E' a mia chista!" disse come se fosse stata una sfida.
Per tutta risposta Lino accuminciò a ririri come se u carusu ciavissa cuntato una barzelletta.
"A to rici? Ma su cià visti a Luciano una a stissa"
"Ecchiffa! Cillavi sulu iddu?"
"Sarà!"
Cera in quel "sarà" lo stesso spirito lo stesso significato di uno ca ti scaccia locchio. Ma Calogero continuava a non capire. Il fatto è che quando uno è nico non riesce a vederle queste cose dei ranni. E u iancu e iancu e u niuru è niuru. E nientaltro. Lino se ne accorse di questa mancanza e allora addivintau improvvisamente serio.
"Senti cama fari cuttia?"
"E chi voli fari vossia?"
Non lo fece vedere assai ma Lino fu contento di quel "vossia" spuntato accussì ntrasatta in quella discussione.
"Iu nenti ma tu cillà tagghiari di scassare la minchia cu du palluni"
"Picchi ncasumai?"
"Senti picciriddu... pimmia poi iucari quannu voi però su pigghi u muro invece della saracinesca è megghiu pi tutti. Naddiventi suddu tu e non fai addivintari suddi e ncazzusi gli altri"
Calogero si rilassò tannicchia che non se le aspettava queste parole e allora ci scappau macari un sorriso. Lino ne approfittò e ci misi un braccio sopra la spalla. Era tutto surato nonostante laria frisca della mattina e la panza ci nisceva fora da una maglietta troppo cutta e stritta per essere decente. Eppure a Calogero per un attimo ci passi bello quel segno di amicizia. E lo sapeva poi che aveva avuto una specie di permesso.
La sirena dei vigili ci fici cangiari pinseri a tutti rui.
"U viristi chi successi?
"No! Chiffù?"
"Ciabbruciano u panificio a Don Tano"
"E cu fu?"
"E cu u sapi? Io mi susii che sintii tutta sta confusione e Don Tano che gridava e i vigili che continuavano a teniri la sirena addumata"
"Ma non mi pari che ci furono danni"
"Di fora no! Però no sapemu che cè dentro. Ah! Eccolo. U viru chiù tranquillo"
Don Tano stava niscennu in quel momento. Non pareva assai incazzato. Forse le cose erano andate megghlu di come le aveva immaginate. Si taliava a destra e a sinistra comu si ciccassi qualcuno. Poi misi locchi su Lino. E su Calogero macari.
U carusiddu non ce ne aveva vogghia di affrontare quella questione ora. Si sinteva stanco. E poi improvvisa cera venuta na speci di cacaredda per quellincontro. Per quello che ci poteva succedere.
"Staiu pusannu a bicicletta" ci rissi a Lino. E poi sinniu senza più voltarsi. Diritto verso casa. Aumentavano le cose a cui pensare. Da sistemare.
Nessun commento:
Posta un commento