Il vecchio Sciaroso ciavi la faccia niura quando si affaccia alla porta. E' siccu e lungo ca pari il palo della fermata dellautobussu. Appena vede Calogero ci va il sangue alla testa e lesto come fa u iattu quando viri u suggi lo pigghia per gola e ci runa cauci e testate e u pigghiassi macari a muzzicuni se non ci arrivassi na uccalamma un pugno che lo fa stramazzari nterra. Don Tano non se laspettava tutta quella velocità e così sera fatto sorprendere. Ma non era durato assai che subito aveva ripreso in mano la situazione e laveva astutata quella furia. Pigghiandolo per il colletto della cammisa poi lo trascina dentro casa. Aspetta che i due carusi lo seguono e chiuri la porta che non cè più bisogno di fari pubblicità. Che tutti hanno già visto quello che cera da vedere.
Non si senti nenti dentro a quelle mura. Calogero ancora trema per lo scantazzo e per il dolore e Cettina cerca di cunuttarlo e con un fazzoletto che ciaveva nella sacchetta ci pulizia tannicchia di sangue che ci nesci dalla testa. Don Tano solleva Sciaroso e lo mette sopra a una seggia poi rapi il frigorifero e ci pigghia un bicchiere di acqua fredda per farlo calmare. Quello però ancora non parla e Don Tano allora accumencia a girare nelle stanze che cerca Luciano. Lo sa che è lì. Prima si è informato e gli hanno detto che è rimasto con il padre che gli altri della famigghia invece sono tutti fuori che sono partiti nelle matinate.
Si incazza u pannitteri che non lo trova a quello e allora accumencia a ittari tutto allaria. A fari sgrusciu. Fino a quando finalmente non senti il pianto a singhiozzo del caruso. Sè nascosto dentro la cesta dei robbi loddi. Nicu nicu come a quelli del circo. Come allacrobati che poi nesciunu e sautano e acchianano sopra alle corde e ti fanno arririri.
Don Tano trascina anche a lui per il colletto e lo fa assittari vicino a suo padre poi ordina a Cettina e a Calogero di cuntari tutto di nuovo e i due ragazzi ubbidiscono che non cè altro da fare. Luciano aspetta la fine. Conosce tutto. Non cè bisogno di ascutare. Quando però quei due finiscono di parrari ci abbia una sputazzata a Don Tano e quello per risposta ci fa furiari la testa con una scoppola. Poi si ferma lì. Sembra solo che vuole dimostrare a loro che è lui a comandare e non cè bisogno di fare altro che quel picca per riuscirci.
E infatti dopo a questa sceneggiata nesci fora da quella casa e li lascia lì. Assittati attorno al tavolo della cucina come a una famigghia in attesa del pranzo. E' come una fotografia quella. E nuddu parra. E nuddu si movi. Quando suonano alla porta è Luciano a susirisi e dopo un secunnu torna che dietro di lui cè il padre di Cettina.
"Ma chi succiriu? E chi ti facisti Calò? E unnè Don Tano?"
Ci tenta tannicchia quelluomo a farsi dare qualche risposta ma poi ci rinuncia che quelli parunu fantasmi. Si pigghia a so figghia e o carusiddu e se li porta fuori spingendoli verso la porta. Calogero nei peri ciavi ancora le scarpe del pallone che le sue li ha lasciate al panificio.
Nella strada Cettina si metti vicina a so o pa' e quello ci passa un braccio sulla spalla e la tira vicino a lui. La picciridda chianci. Chianci senza fare rumore. Senza lamintarisi. Calogero è dietro di loro che ogni tanto ci
runa un calcio a qualche pietra chiù rossa delle altre. Pensa che deve fare qualche cosa ma non lo sa cosa di preciso.
Quando si separano nemmeno si salutano. Solo un attimo locchi di Calò cercano quelli di Cettina. E si incontrano. E poi basta.
"Calogero. Calogero si tu?"
"E cu pogghiessiri o ma'?"
"Finalmente! Tunnau me figghiu. Tunnau!"
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