Chissà dove sei nascosta
perché ci sei da qualche parte
lo so anche se
magari non riesco più e
a confondermi poi
non ci vuol molto
che sempre si aspetta
e Godot... e Godot...
ma il tempo poi
non conta
che vuoi che sia il tempo
è solo quello che fa di un istante
un miracolo e
del tuo giorno acqua
da offrire al pozzo
buona per i viandanti
buona per chi ha sete
e cammina
e cerca
e non trova
e mai forse troverà
ciò che già possiede
"La poesia è scritta da qualcuno che non è lo scrittore a qualcuno che non è il lettore" - Paul Valéry -
giovedì, aprile 30, 2020
[Alfredo] gite
Non ricordava proprio quando fosse successo.
Giuseppe continuava ancora a dare calci al pallone senza averne molta voglia e Luna sorrideva felice al mondo. Alfredo li guardava come si guarda un alba da ubriachi, nel modo in cui si sta in attesa di un domani che non potrebbe essere se non radioso.
Il declivio che li ospitava dava verso un piccolo ruscello e attorno altra gente, non tantissima, godeva dello stesso sole, della stessa pace. Non era necessario comunicarlo e Alfredo ne era sicuro. In aria vagava lieve l'emozione di un giorno di festa.
Ecco se tutto si fosse fermato in quel momento, Alfredo avrebbe potuto dire di essere felice. Ma lui già in quell'istante sapeva che non sarebbe successo. Che non è mai possibile abdicare dalla gloria. Chissà perché gli veniva in mente ora. Forse perché abbiamo solo bisogno di sapere che a volte può succedere, che a volte c'è una perfezione che non ci aspettiamo, che non si ripeterà, che non dipenderà mai dai nostri sforzi. Poi chiudiamo gli occhi da vecchi e sorridiamo.
Giuseppe continuava ancora a dare calci al pallone senza averne molta voglia e Luna sorrideva felice al mondo. Alfredo li guardava come si guarda un alba da ubriachi, nel modo in cui si sta in attesa di un domani che non potrebbe essere se non radioso.
Il declivio che li ospitava dava verso un piccolo ruscello e attorno altra gente, non tantissima, godeva dello stesso sole, della stessa pace. Non era necessario comunicarlo e Alfredo ne era sicuro. In aria vagava lieve l'emozione di un giorno di festa.
Ecco se tutto si fosse fermato in quel momento, Alfredo avrebbe potuto dire di essere felice. Ma lui già in quell'istante sapeva che non sarebbe successo. Che non è mai possibile abdicare dalla gloria. Chissà perché gli veniva in mente ora. Forse perché abbiamo solo bisogno di sapere che a volte può succedere, che a volte c'è una perfezione che non ci aspettiamo, che non si ripeterà, che non dipenderà mai dai nostri sforzi. Poi chiudiamo gli occhi da vecchi e sorridiamo.
martedì, aprile 28, 2020
assioma
Sastuta u suli
ni sta notti di stiddi,
sastuta l'acqua
unni vugghi a fami,
sastuta a vuci
ca ti cattigghia...
picchì non savissa astutari
macari stammuri?
ni sta notti di stiddi,
sastuta l'acqua
unni vugghi a fami,
sastuta a vuci
ca ti cattigghia...
picchì non savissa astutari
macari stammuri?
[Alfredo] bugie
Le panchine sono vuote.
Alfredo ci gira intorno, le osserva, cerca, senza neanche rendersene conto, nuovi graffiti su cui costruire strampalate storie, poi desiste. Sceglie quella più illuminata. Lì dove il sole ha già riscaldato il legno, baciato il grigio scuro della ghisa.
Allunga un po' le gambe, Alfredo, poggia la schiena con delicatezza e chiude gli occhi. Ecco, lei è di nuovo lì e insieme bevono qualcosa e parlano, ridono anche.
Lui si è portato da casa (vicina, pochi passi) una candela e tenta di accenderla senza riuscirci, forse non è a suo agio, forse è soltanto felice. Lei, velocemente, afferra l’accendino da quelle mani e risolve la scena.
Le parole continuano ad accumularsi come fossero fiocchi di neve e bagnano le dita e i volti e gli abiti e il cuore anche, eppure, è come se non ci fossero, come se tutto fosse concentrato in un gioco di misteriose attese, di dichiarata finzione.
Alfredo non riesce a staccare i suoi occhi da quel volto, a cercare con le mani quelle di lei. Sa benissimo di avere ancora una volta perso, che quello è solo un istante, ma non intende lo stesso rinunciare a quella sconfitta.
“Rientriamo? Ho freddo” lei gli sussurra, quasi sentisse quel pensiero, sicura, però, di poter evitare qualsiasi timido tentativo di strappare quella comoda fiaba. I due si alzano. Alfredo le cinge la vita, lei si abbandona per un attimo quasi avesse dimenticato, quasi fosse tutto vero.
Sulla panchina la candela continua lentamente a illuminare quello che è già solo ricordo.
Alfredo ci gira intorno, le osserva, cerca, senza neanche rendersene conto, nuovi graffiti su cui costruire strampalate storie, poi desiste. Sceglie quella più illuminata. Lì dove il sole ha già riscaldato il legno, baciato il grigio scuro della ghisa.
Allunga un po' le gambe, Alfredo, poggia la schiena con delicatezza e chiude gli occhi. Ecco, lei è di nuovo lì e insieme bevono qualcosa e parlano, ridono anche.
Lui si è portato da casa (vicina, pochi passi) una candela e tenta di accenderla senza riuscirci, forse non è a suo agio, forse è soltanto felice. Lei, velocemente, afferra l’accendino da quelle mani e risolve la scena.
Le parole continuano ad accumularsi come fossero fiocchi di neve e bagnano le dita e i volti e gli abiti e il cuore anche, eppure, è come se non ci fossero, come se tutto fosse concentrato in un gioco di misteriose attese, di dichiarata finzione.
Alfredo non riesce a staccare i suoi occhi da quel volto, a cercare con le mani quelle di lei. Sa benissimo di avere ancora una volta perso, che quello è solo un istante, ma non intende lo stesso rinunciare a quella sconfitta.
“Rientriamo? Ho freddo” lei gli sussurra, quasi sentisse quel pensiero, sicura, però, di poter evitare qualsiasi timido tentativo di strappare quella comoda fiaba. I due si alzano. Alfredo le cinge la vita, lei si abbandona per un attimo quasi avesse dimenticato, quasi fosse tutto vero.
Sulla panchina la candela continua lentamente a illuminare quello che è già solo ricordo.
lunedì, aprile 27, 2020
[Alfredo] tortore
Alfredo si domanda spesso se poi, alla fine, tutto non sia scontato, prevedibile. Se questo lungo esercizio fatto di luoghi comuni e ripetizioni altro non sia in fondo che un lungo prendere le misure tra due inesistenze già date. Forse si dovrebbe vivere solo fino all'attimo, qualunque sia l'età, in cui sparisce lo stupore, la magia, ma, forse, anche questa è una frase fatta.
Alfredo guarda fuori dalla finestra e immagina il momento in cui potrà uscire, libero di farlo solo per il gusto di farlo. Sul selciato un piccolo ciuffo verde, dai tetti un continuato tubare.
Alfredo guarda fuori dalla finestra e immagina il momento in cui potrà uscire, libero di farlo solo per il gusto di farlo. Sul selciato un piccolo ciuffo verde, dai tetti un continuato tubare.
giovedì, aprile 23, 2020
[Alfredo] epifanie
Lui cammina quasi saltellando, ha un sorriso aperto e un maglione leggero a fare primavera.
Lei, jeans e camicia, ha mani in tasca a stringersi e capelli lunghi a coprirsi.
Alfredo li vede avanzare con una lentezza che è solo un rimandare.
Ognuno di loro su un lato della strada, si guardano come chi parla senza interruzioni in un silenzio che è solo un incanto.
Proseguono così fino a sparire alla sua vista e nessun rumore li accompagna: come se la stessa strada avesse deciso di non distrarli, come se tutti gli abitanti avessero capito, come se l'amore fosse ancora una volta possibile.
Lei, jeans e camicia, ha mani in tasca a stringersi e capelli lunghi a coprirsi.
Alfredo li vede avanzare con una lentezza che è solo un rimandare.
Ognuno di loro su un lato della strada, si guardano come chi parla senza interruzioni in un silenzio che è solo un incanto.
Proseguono così fino a sparire alla sua vista e nessun rumore li accompagna: come se la stessa strada avesse deciso di non distrarli, come se tutti gli abitanti avessero capito, come se l'amore fosse ancora una volta possibile.
martedì, aprile 21, 2020
scienze esatte
"Non ha senso dire ti amo"
ripeti
mentre accarezzi i capelli e
i miei occhi. Sul tuo volto
una piccola ruga
si affaccia a sorridermi.
Fosse per la prossemica avremmo già capito.
ripeti
mentre accarezzi i capelli e
i miei occhi. Sul tuo volto
una piccola ruga
si affaccia a sorridermi.
Fosse per la prossemica avremmo già capito.
lunedì, aprile 20, 2020
[Alfredo] amici
Capita, a volte, che un amico venga a cercare Alfredo nei momenti più strani; ecco, mentre quello è attento al primo allegro scoppiettare della salsa di pomodoro sul fornello o finalmente impegnato con un bel sogno, addirittura è capitato che, sempre lo stesso amico, arrivasse in una di quelle belle mattine in cui il sole illumina ogni cosa e tutto attorno il mondo sparisce in un alone biancastro che è come fiato sul vetro, come zucchero filato, come dolce ricordo di un amore.
Alfredo non si arrabbia mai per questo, ormai lo conosce, sa che in fondo l’amico non lo fa apposta per disturbarlo, che vuole solo metterlo un po' in guardia e che, anche se non lo confesserà mai, gli vuole un po' di bene.
A volte sta pochissimo con lui, come volesse solo assicurargli di essere ancora lì, altre i due si fermano a parlare. Può durare ore questo parlottio continuo, asfissiante. Anche giorni, a volte.
Quando va via, Alfredo ritorna a fare la vita di sempre. Sembra non domandarsi mai quando quello tornerà.
Alfredo non si arrabbia mai per questo, ormai lo conosce, sa che in fondo l’amico non lo fa apposta per disturbarlo, che vuole solo metterlo un po' in guardia e che, anche se non lo confesserà mai, gli vuole un po' di bene.
A volte sta pochissimo con lui, come volesse solo assicurargli di essere ancora lì, altre i due si fermano a parlare. Può durare ore questo parlottio continuo, asfissiante. Anche giorni, a volte.
Quando va via, Alfredo ritorna a fare la vita di sempre. Sembra non domandarsi mai quando quello tornerà.
domenica, aprile 19, 2020
fake news
A volte si ha come la voglia di dirsi qualcosa,
magari si crede anche di farlo.
Che ne so:
“Stai bene oggi" o
"Guarda che così non sei proprio messo male".
Ci si danno carezze, a volte.
Piccole frasi di cui non sappiamo la fonte,
a cui siamo grati.
magari si crede anche di farlo.
Che ne so:
“Stai bene oggi" o
"Guarda che così non sei proprio messo male".
Ci si danno carezze, a volte.
Piccole frasi di cui non sappiamo la fonte,
a cui siamo grati.
giovedì, aprile 16, 2020
[Alfredo] attese
Alfredo l'aveva scorta subito, appena data la prima occhiata alla silenziosa strada. Potevano essere le cinque, le sei del mattino, poiché in quello stretto budello ancora il sole faticava a cacciare le ombre. La tazza del caffè in mano, si era affacciato. Era quello il primo gesto, poi ci sarebbe stata solo l'attesa di un giorno nuovo.
La vecchia era a una decina di metri da lui. Seduta su una vecchia sedia di legno e paglia, guardava davanti a sé. Alfredo sapeva che avrebbe potuto solo osservare il muro scrostato che divideva il suo portone da quello successivo eppure questo non lo sorprendeva affatto. Sapeva da tempo come un muro a volte fosse come un enorme cielo a saperlo guardare bene. Più che altro non capiva cosa lei aspettasse ed era sul punto di chiederglielo, sfidando la propria ritrosia a dover quasi urlare per raggiungerla con la voce, quando la vide animarsi.
"Buongiorno signora, come va?" chiedeva quella a una donna impegnata nel giro mattutino con il proprio cane.
"Bene, grazie. E lei? Cosa fa qui fuori a quest'ora"
"Io? Aspetto. Io sto bene sa, non sono mica malata. Aspetto che passi"
La donna aveva salutato abbastanza in fretta e poi proseguito sulla propria strada. Altre e altri erano passati e sempre la vecchia li salutava e a chi le chiedeva qualcosa rispondeva con le stesse parole. Alfredo aveva sentito tutto quel giorno, chiesto con loro ogni volta.
Verso sera, come ormai succedeva da settimane, il gran teatro aveva chiuso le porte. La vecchia però era rimasta lì. Alfredo non aveva più guardato, ma lo sapeva. Ne era certo.
Era quasi mezzanotte quando sentì avvicinarsi la sirena di una autoambulanza. Una fermata veloce. Rumori soffocati, cigolanti. Il motore sempre acceso. Quasi nessun verso umano, poi di nuovo silenzio.
La vecchia era a una decina di metri da lui. Seduta su una vecchia sedia di legno e paglia, guardava davanti a sé. Alfredo sapeva che avrebbe potuto solo osservare il muro scrostato che divideva il suo portone da quello successivo eppure questo non lo sorprendeva affatto. Sapeva da tempo come un muro a volte fosse come un enorme cielo a saperlo guardare bene. Più che altro non capiva cosa lei aspettasse ed era sul punto di chiederglielo, sfidando la propria ritrosia a dover quasi urlare per raggiungerla con la voce, quando la vide animarsi.
"Buongiorno signora, come va?" chiedeva quella a una donna impegnata nel giro mattutino con il proprio cane.
"Bene, grazie. E lei? Cosa fa qui fuori a quest'ora"
"Io? Aspetto. Io sto bene sa, non sono mica malata. Aspetto che passi"
La donna aveva salutato abbastanza in fretta e poi proseguito sulla propria strada. Altre e altri erano passati e sempre la vecchia li salutava e a chi le chiedeva qualcosa rispondeva con le stesse parole. Alfredo aveva sentito tutto quel giorno, chiesto con loro ogni volta.
Verso sera, come ormai succedeva da settimane, il gran teatro aveva chiuso le porte. La vecchia però era rimasta lì. Alfredo non aveva più guardato, ma lo sapeva. Ne era certo.
Era quasi mezzanotte quando sentì avvicinarsi la sirena di una autoambulanza. Una fermata veloce. Rumori soffocati, cigolanti. Il motore sempre acceso. Quasi nessun verso umano, poi di nuovo silenzio.
mercoledì, aprile 15, 2020
[Alfredo] la cassiera
"I pensieri dovrebbero sempre essere fermati. Ogni istante. Perché poi si nascondono o cambiano così tanto da non riconoscere più i precedenti o si perdono per non ritrovarli mai più"
"E tu come faresti?" chiede Luigi all'amico.
"Non so... potremmo appuntarli sui fogli, registrarli, fare possenti nodi per ricordarli meglio..."
"E credi veramente che tutto ciò sia un progresso? Che poi, Alfredo, lo sai come sono quelli. Arrivano che tu fai altro e poi fuggono via ancora prima che tu possa iniziare a capire. Ti immagini alla cassa del supermercato dire "mi scusi signorina, ho qui un pensiero che devo per forza segnare" e così mollare tutto e cercare di corsa il foglio, la penna mentre le persone in coda iniziano a guardarti con odio e la cassiera non sa bene cosa fare. Poverina, è in imbarazzo. Non ti spiace Alfredo metterla così in imbarazzo? Ma no. Certo tu hai questo pensiero e alla fine ci riesci a trovare tutto. Ed è allora che non sai più cosa volevi scrivere"
Alfredo ride. Luigi da dietro la finestra lo fissa smembrato in piccole cornici di ferro. Le buste della spesa a fargli da piatti. Una maschera bianca a fermargli il fiato.
"Hai ragione - gli risponde - meglio lasciarli liberi. Più liberi di noi"
"E tu come faresti?" chiede Luigi all'amico.
"Non so... potremmo appuntarli sui fogli, registrarli, fare possenti nodi per ricordarli meglio..."
"E credi veramente che tutto ciò sia un progresso? Che poi, Alfredo, lo sai come sono quelli. Arrivano che tu fai altro e poi fuggono via ancora prima che tu possa iniziare a capire. Ti immagini alla cassa del supermercato dire "mi scusi signorina, ho qui un pensiero che devo per forza segnare" e così mollare tutto e cercare di corsa il foglio, la penna mentre le persone in coda iniziano a guardarti con odio e la cassiera non sa bene cosa fare. Poverina, è in imbarazzo. Non ti spiace Alfredo metterla così in imbarazzo? Ma no. Certo tu hai questo pensiero e alla fine ci riesci a trovare tutto. Ed è allora che non sai più cosa volevi scrivere"
Alfredo ride. Luigi da dietro la finestra lo fissa smembrato in piccole cornici di ferro. Le buste della spesa a fargli da piatti. Una maschera bianca a fermargli il fiato.
"Hai ragione - gli risponde - meglio lasciarli liberi. Più liberi di noi"
martedì, aprile 14, 2020
ma il cielo è sempre più blu
Inizio e fine lottano
come fratelli sempre pronti a
sedersi
alla stessa tavola.
La madre li guarda un po' corrucciata, poi
serve loro qualcosa:
che si acquetino
in un sazio presente.
come fratelli sempre pronti a
sedersi
alla stessa tavola.
La madre li guarda un po' corrucciata, poi
serve loro qualcosa:
che si acquetino
in un sazio presente.
[Alfredo] orologi
Alfredo non ha orologi. Non li ha mai amati.
A pensarci bene Alfredo non ha nulla sulle dita e sulle braccia. Non è mai riuscito a sopportare nulla addosso.
Alfredo non ha orologi, personali almeno, perché in casa, in effetti uno lo ha portato: anche se prima non lo guardava mai e ora ancor meno. E poi ha anche delle clessidre, ma quello è un altro discorso.
"Bisognerebbe soltanto seguire il proprio corpo e il sole" ama pensare Alfredo, poi però lo sa che non sempre è possibile o che almeno per quasi tutti non è possibile.
Alfredo, a volte, guarda le sue piante e si convince di aver ragione. Alfredo non ha orologi.
A pensarci bene Alfredo non ha nulla sulle dita e sulle braccia. Non è mai riuscito a sopportare nulla addosso.
Alfredo non ha orologi, personali almeno, perché in casa, in effetti uno lo ha portato: anche se prima non lo guardava mai e ora ancor meno. E poi ha anche delle clessidre, ma quello è un altro discorso.
"Bisognerebbe soltanto seguire il proprio corpo e il sole" ama pensare Alfredo, poi però lo sa che non sempre è possibile o che almeno per quasi tutti non è possibile.
Alfredo, a volte, guarda le sue piante e si convince di aver ragione. Alfredo non ha orologi.
domenica, aprile 12, 2020
[Alfredo] rinascere
Mettiamo questo momento. Fuori qualcuno fa gli auguri. Amici che si parlano da un marciapiede all'altro. Quel piccolo fiume di pietre che li separa sembra insormontabile, un muro più vero di ogni altro reale. Sono auguri semplici: buona Pasqua, buona Pasqua, che faremo, che farete, come state.
Alfredo non può fare a meno di sentire eppure il suo ascoltare è già lontano e nella sua testa le immagini sono diverse: donne, fiori, strisce di mare che brillano al sole. Capita sempre più spesso che si faccia trasportare dalle sue fantasie e che si interessi poco al presente.
Le voci si esauriscono, rumore di passi che si allontanano. Alfredo ha ancora in testa altro.
La campagna ha i colori più ricchi e un vento leggero lo accompagna tra l'erba già alta. Sa che dopo l'ultimo ciliegio troverà i primi meli. Ha fatto tante volte quel piccolo percorso. Sul muro a secco, che segnava gli antichi confini, si è posato uno strano uccello, Alfredo non ne ha mai visto uno così ricco di riflessi, di colori. Lo osserva approfittando della distrazione di quello e improvvisa, senza ragione, gli monta in testa una strana gioia e, contemporaneamente, la soluzione del dilemma: "Sei una cinciallegra, ecco. Non ti avevo mai vista"
Vorrebbe avvicinarsi a lei per osservarla meglio, ma rimane immobile per paura che quella si allontani. Alfredo però inizia a pensare che ancora qualcosa gli sfugga e in effetti riaffiora un ricordo vecchio di decenni.
Lui, da ragazzino, collezionava scatole di fiammiferi. Portavano tutte la foto di un animale sull'apertura e sul retro, invece, il nome di quello e alcune delle caratteristiche. Ne aveva tante di quelle scatole, Alfredo. Le chiedeva al padre, ai parenti, ai vicini. Fumavano tutti a quei tempi. "Cinciallegra, ecco". Ora ricordava e dalle sue parti ne viveva una particolarissima che portava il nome di una dea Aphrodite.
Non poteva essere che lei pensava Alfredo mentre il piccolo animale iniziava ad allontanarsi da lui e però, dopo un breve volo, fermarsi quasi ad attenderlo. "Dove mi porti?" chiede Alfredo ma quello non risponde e prosegue e lui lo sa che, dopo un piccola fila di gradini che superano un ripido dislivello, c'è uno spazio dove vivono da sempre i castagni.
Lì lei lo attende, Alfredo non sa chi sia, non riesce neanche a distinguerne bene il corpo, il viso. Sulle labbra però ne percepisce il sapore, sulle dita il morbido contatto della pelle. Alfredo si lascia trasportare dal vento, dalle foglie, dal sole, dall'ombra, dal gracile canto della cinciallegra. Sa che ora è il momento di rinascere.
Alfredo non può fare a meno di sentire eppure il suo ascoltare è già lontano e nella sua testa le immagini sono diverse: donne, fiori, strisce di mare che brillano al sole. Capita sempre più spesso che si faccia trasportare dalle sue fantasie e che si interessi poco al presente.
Le voci si esauriscono, rumore di passi che si allontanano. Alfredo ha ancora in testa altro.
La campagna ha i colori più ricchi e un vento leggero lo accompagna tra l'erba già alta. Sa che dopo l'ultimo ciliegio troverà i primi meli. Ha fatto tante volte quel piccolo percorso. Sul muro a secco, che segnava gli antichi confini, si è posato uno strano uccello, Alfredo non ne ha mai visto uno così ricco di riflessi, di colori. Lo osserva approfittando della distrazione di quello e improvvisa, senza ragione, gli monta in testa una strana gioia e, contemporaneamente, la soluzione del dilemma: "Sei una cinciallegra, ecco. Non ti avevo mai vista"
Vorrebbe avvicinarsi a lei per osservarla meglio, ma rimane immobile per paura che quella si allontani. Alfredo però inizia a pensare che ancora qualcosa gli sfugga e in effetti riaffiora un ricordo vecchio di decenni.
Lui, da ragazzino, collezionava scatole di fiammiferi. Portavano tutte la foto di un animale sull'apertura e sul retro, invece, il nome di quello e alcune delle caratteristiche. Ne aveva tante di quelle scatole, Alfredo. Le chiedeva al padre, ai parenti, ai vicini. Fumavano tutti a quei tempi. "Cinciallegra, ecco". Ora ricordava e dalle sue parti ne viveva una particolarissima che portava il nome di una dea Aphrodite.
Non poteva essere che lei pensava Alfredo mentre il piccolo animale iniziava ad allontanarsi da lui e però, dopo un breve volo, fermarsi quasi ad attenderlo. "Dove mi porti?" chiede Alfredo ma quello non risponde e prosegue e lui lo sa che, dopo un piccola fila di gradini che superano un ripido dislivello, c'è uno spazio dove vivono da sempre i castagni.
Lì lei lo attende, Alfredo non sa chi sia, non riesce neanche a distinguerne bene il corpo, il viso. Sulle labbra però ne percepisce il sapore, sulle dita il morbido contatto della pelle. Alfredo si lascia trasportare dal vento, dalle foglie, dal sole, dall'ombra, dal gracile canto della cinciallegra. Sa che ora è il momento di rinascere.
venerdì, aprile 10, 2020
inutili omaggi
“Non! Rien de rien
Non! Je ne regrette rien”
ecco partiamo dalle parole che mancano che sfuggono che paurose si nascondono dietro cuori sempre più piccoli sempre più minuscoli sempre più inutili partiamo dalle mani che più non si cercano dagli sguardi che oltrepassano gli sguardi dalle bugie che diventano leggere verità da noi
“Non! Rien de rien Non! Je ne regrette rien”
ecco ora chiudi gli occhi prova a vedere le parole quelle parole che erano musica quelle parole che cullavano che si facevano futuro e presente e ricordo senti le dita che tracciavano il corpo gli occhi mai sazi la verità che urlava così forte da farsi silenzio noi
“Non! Rien de rien Non! Je ne regrette rien”
La piccola rosa ha messo un nuovo ramo: crescerà, forse, mentre il vecchio muore.
ecco partiamo dalle parole che mancano che sfuggono che paurose si nascondono dietro cuori sempre più piccoli sempre più minuscoli sempre più inutili partiamo dalle mani che più non si cercano dagli sguardi che oltrepassano gli sguardi dalle bugie che diventano leggere verità da noi
“Non! Rien de rien Non! Je ne regrette rien”
ecco ora chiudi gli occhi prova a vedere le parole quelle parole che erano musica quelle parole che cullavano che si facevano futuro e presente e ricordo senti le dita che tracciavano il corpo gli occhi mai sazi la verità che urlava così forte da farsi silenzio noi
“Non! Rien de rien Non! Je ne regrette rien”
La piccola rosa ha messo un nuovo ramo: crescerà, forse, mentre il vecchio muore.
[Alfredo] valvole
La guerra è appena iniziata.
Alfredo la vede cominciare nelle voci che si fanno sempre più alte in strada, nei richiami che quasi dai tetti sfidano i cellulari, nelle finestre spalancate al sole.
I suoni fuoriescono impudici a segnare appartenenze, culture e religioni. Come se tutto quello che fino ad ora è stato pressato, compresso, non resistesse più dentro le piccole celle, nelle stanze ben arredate, in tutti quei lucidi salotti chiusi alla luce.
Alfredo ne è contento in fondo, attende che la vita trovi la sua via di fuga al controllo e fischietta e sorride innamorato al sole.
Alfredo la vede cominciare nelle voci che si fanno sempre più alte in strada, nei richiami che quasi dai tetti sfidano i cellulari, nelle finestre spalancate al sole.
I suoni fuoriescono impudici a segnare appartenenze, culture e religioni. Come se tutto quello che fino ad ora è stato pressato, compresso, non resistesse più dentro le piccole celle, nelle stanze ben arredate, in tutti quei lucidi salotti chiusi alla luce.
Alfredo ne è contento in fondo, attende che la vita trovi la sua via di fuga al controllo e fischietta e sorride innamorato al sole.
giovedì, aprile 09, 2020
[Alfredo] ordine
Inizia ad arrivare il sole e le finestre si aprono e le voci rimbalzano nella stretta via. Musica, anche, e non importa poi molto se sia buona o pessima. Quasi si desidera veder passare qualche auto, ascoltare i capricci di un bambino.
Alfredo si sposta da una sedia a un'altra, dal letto al divano e si agita e farfuglia a se stesso discorsi che non ricorderà, frasi che cancellerà. In fondo è cambiato ben poco se non fosse per quella leggera differenza tra obbligo e scelta e lui ha sempre mal sopportato gli obblighi.
Sul margine di un foglio annota qualcosa, ma poi lo cancella. Neanche quello pare distrarlo.
Con un braccio libera il tavolo incurante di tutto quello che cade a terra, poi si sposta frenetico tra le stanze: un cavatappi, una minuscola coccinella, una T-shirt, un accendino. Alfredo posiziona il suo bottino sul legno ormai vuoto e sorride, poi lentamente lo dispone in fila.
E' indeciso tra l'accendino e la coccinella, ma è il cavatappi ad avere il primo posto seguito dalla T-shirt. Quando tutto è sistemato si allontana per vedere tutto da punti di vista diversi, per cercare di unire quelle piccole storie che si è andato a cercare. Finalmente gli sembra di aver capito, di averne afferrato un senso. Finalmente sembra placarsi.
Alfredo lascia tutto lì e raccoglie quello che prima era caduto. E allora che una piccola scheggia di legno gli graffia un po' la mano. Proviene da una scatola di legno. Una semplice, anonima, scatola di legno.
"No, non mi sono mica dimenticato di te" le dice Alfredo, fissandola con amore.
Alfredo si sposta da una sedia a un'altra, dal letto al divano e si agita e farfuglia a se stesso discorsi che non ricorderà, frasi che cancellerà. In fondo è cambiato ben poco se non fosse per quella leggera differenza tra obbligo e scelta e lui ha sempre mal sopportato gli obblighi.
Sul margine di un foglio annota qualcosa, ma poi lo cancella. Neanche quello pare distrarlo.
Con un braccio libera il tavolo incurante di tutto quello che cade a terra, poi si sposta frenetico tra le stanze: un cavatappi, una minuscola coccinella, una T-shirt, un accendino. Alfredo posiziona il suo bottino sul legno ormai vuoto e sorride, poi lentamente lo dispone in fila.
E' indeciso tra l'accendino e la coccinella, ma è il cavatappi ad avere il primo posto seguito dalla T-shirt. Quando tutto è sistemato si allontana per vedere tutto da punti di vista diversi, per cercare di unire quelle piccole storie che si è andato a cercare. Finalmente gli sembra di aver capito, di averne afferrato un senso. Finalmente sembra placarsi.
Alfredo lascia tutto lì e raccoglie quello che prima era caduto. E allora che una piccola scheggia di legno gli graffia un po' la mano. Proviene da una scatola di legno. Una semplice, anonima, scatola di legno.
"No, non mi sono mica dimenticato di te" le dice Alfredo, fissandola con amore.
mercoledì, aprile 08, 2020
[Alfredo] incombenze
Allora Alfredo, cosa conti di fare oggi? Hai cucinato? Hai lavato i piatti? Riposerai? Non credi sia venuto il momento di rasarti? E quei panni sporchi che occhieggiano dietro l'oblò? Hai pensato a loro?
Alfredo non risponde, si è perso ad osservare le nuove gemme della rosa. Le piccole foglie a caccia del sole. La terra che chiede di respirare. Sulla strada il sole amoreggia con il pavé.
"Volete dell'acqua?" chiede loro e un sorriso gli attraversa il volto .
Alfredo non risponde, si è perso ad osservare le nuove gemme della rosa. Le piccole foglie a caccia del sole. La terra che chiede di respirare. Sulla strada il sole amoreggia con il pavé.
"Volete dell'acqua?" chiede loro e un sorriso gli attraversa il volto .
lunedì, aprile 06, 2020
tecniche
l'errore è fermare il coltello al cuore
gli si dovrebbe permettere di attraversare il corpo
per sfiatare l'anima
gli si dovrebbe permettere di attraversare il corpo
per sfiatare l'anima
[Alfredo] Elastici
Oggi, ha deciso, uscirà. Non troppo lontano. Diciamo fino al supermercato, senza entrare però, che non si sa mai. Alfredo si prepara, si sbarba, sceglie con cura dall'armadio qualcosa che possa indicare una festa. Sta lì a pensarci parecchio prima di crollare in mutande sulla sedia. In fondo può aspettare ancora, ha tutto a casa. Così prepara un caffè, prende qualche biscotto, osserva il silenzio oltre la finestra.
Le prime settimane sono state divertenti. Alfredo ha riempito la casa di propositi. Nulla era sfuggito all'occhio attento, ogni angolo, ogni fessura, ogni mobile. Tutto era stato accarezzato e rincuorato dal suo sguardo. "Qui faremo questo". "Credo che tu abbia bisogno di una lucidata". "Ma sai che non mi ero mai accorto?" Gli oggetti sembravano rispondergli riflettendo una strana luce. Ironica si sarebbe potuto pensare, forse già sapevano. Sapevano che in fondo a loro importava poco, Sapevano che Alfredo, in quello strano elastico di tempo che sembrava tendersi sempre più, si sarebbe dimenticato
Le prime settimane sono state divertenti. Alfredo ha riempito la casa di propositi. Nulla era sfuggito all'occhio attento, ogni angolo, ogni fessura, ogni mobile. Tutto era stato accarezzato e rincuorato dal suo sguardo. "Qui faremo questo". "Credo che tu abbia bisogno di una lucidata". "Ma sai che non mi ero mai accorto?" Gli oggetti sembravano rispondergli riflettendo una strana luce. Ironica si sarebbe potuto pensare, forse già sapevano. Sapevano che in fondo a loro importava poco, Sapevano che Alfredo, in quello strano elastico di tempo che sembrava tendersi sempre più, si sarebbe dimenticato
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