domenica, novembre 13, 2022

dal balcone di casa

È notte. 

Il lampione disegna una scia di fuoco su questo autunno,

potessi ardere anch'io prima di planare esausto,

prima che venga giorno.

sabato, novembre 12, 2022

[Alfredo] torte

Sa che serve a poco, anzi non serve proprio a niente, eppure Alfredo non può fare a meno, a volte, di ripensare a quello che è stato a ciò che ha vissuto. Non rimpiange nulla Alfredo perché gli errori per lui sono come quelle bolle che vengono su mentre la torta è nel forno e magari la torta collassa o non  lievita, ma già, a quel punto, quello che doveva accadere e avvenuto e magari il sapore sarà anche buono nella bocca degli altri o lo sputeranno via disgustati. Questo, probabilmente, non ha importanza.

Alfredo ride di questo suo pensare alle torte, alla vita, ma non può non fare a meno di immaginare quelle che si sgonfiano appena tolte dal forno. Cosa mai sarà andato storto? Solo dei pavoni egocentrici? E la ricetta? Meglio non saperlo, pensa, e nel frattempo mette un uovo nella casseruola e attende. Alzando gli occhi un cielo grigio da accarezzare con lo sguardo e alberi e palazzi. Lontano il bagliore di una stanza che si illumina. 

martedì, ottobre 18, 2022

[Alfredo] autunno

“Ma poi perché dovrebbe essere diverso? Perché quello che più non si capisce dovrebbe essere cattivo? Perché ci si dovrebbe muovere sempre avendo di mira solo se stessi, la propria storia?”
Alfredo è ancora più attento, oggi, alle cose, alle persone che incontra, come se solo da quel mondo esterno potessero venir fuori le risposte che cerca.
Il sole ancora scalda e accarezza i corpi e un leggero venticello rende tutto più gioioso. Se non fosse per le strade coperte dalle foglie, per l’assenza dei bambini al parco, delle loro voci, si potrebbe anche pensare a una diversa stagione.
“Forse è proprio questo” pensa Alfredo e riflette, sedendosi sulla panchina, su come sia facile sbagliare quando ci si lasci andare a sommari indizi e sembra quasi più tranquillo per questa sua, in fondo banale, scoperta.
“Forse, invece, continua poi a dire a se stesso,  è solo che ogni cosa nel suo fondo rimane uguale pur cambiando ai nostri occhi. Come se allo zigzagare del mondo interessasse poco di mete e obiettivi che stabiliamo, di vincenti e perdenti che creiamo, del nostro stesso fantasticare”
Scuote la testa, Alfredo, e poi si ferma a fissare le forme di una piccola nuvola, il suo nascondersi tra i rami mentre tutto intorno è fruscio e silenzio.

venerdì, ottobre 14, 2022

spettrofobia

di me tra le strade vuote

di me a raccontare ancora

di me che mangio, che piscio, che bevo

di me che sfuggo il sole

di me incazzato, triste, allegro

di me che ancora cieco

non ti vedo, non mi vedo 

martedì, ottobre 04, 2022

castagne matte

È arrivata sui viali la stagione delle castagne ,
le matte castagne che castagne non sono.
Calciate sull'asfalto,
sbrindellate come libri,
conservate dalle nonne nei taschini,
son loro ogni anno a immolarsi,
a farsi sacrificio 
per la gioia dei bambini.

lunedì, ottobre 03, 2022

Yutu

Ora la mia immagine al mondo
è quella di un coniglio.
Corre, nella foto, dipinto
in un bosco. Gioca, fugge (diranno alcuni)
e non sanno, invece,
che vive, immortale, sulla Luna,
mentre io qui,
come lui, cerco il mio dio.

domenica, ottobre 02, 2022

[Alfredo] il chiosco

“È la verità?” gli chiede il bambino e Alfredo per un attimo dimentica che sarebbe molto più semplice dire “Sì, è così” per poi indicare il piccolo chiosco dove si vendono anche i gelati e con quello i tavolini poggiati uno sull'altro e la piccola saracinesca, da cui si affaccia in genere il proprietario che ogni volta li saluta e conosce già i loro gusti e sorride loro come fossero i soli clienti, i soli viventi, malinconicamente chiusa.
Dimentica e sarebbe invece bastata magari solo una carezza, seguita da un ”non preoccuparti ne troveremo un altro, anzi ora ci andiamo subito perché ricordo che c’è un bar qui vicino. Ecco sì, proprio a quell'incrocio” e così, dopo, prendergli la mano e sentire la sua fiducia, la felicità, mentre lentamente si incamminano.
No, Alfredo dimentica tutto questo e rimane come spossato sulla panchina a guardare lontano, a chiedersi cosa mai sia questa verità anche quella più semplice, anche la più oggettiva e il bambino lo osserva e sorride e aspetta perché, anche se ha fretta, gli vuol bene e inizia a capire la lentezza dei vecchi, di quel vecchio.
Guarda il chiosco e poi torna a fissarlo e non parla, non domanda. Lo aspetta.

sabato, ottobre 01, 2022

e ’l fuoco suo gli mise in seno

Quando mi sei esplosa dentro io
mica la conoscevo la cosa dei colori
che potevano essere così luminosi, intendo,
così spenti, anche, e non sapevo 
di avere trovato casa, di avere paura di perderla
senza te. Io,
quando mi sei esplosa dentro,
ogni mia cellula ti cercava e no,
non ha mai finito, 
ché allora sarebbe stato facile perderti, perdermi.
Semplice come smettere di fumare, dico, o rinunciare 
a chiedere una carezza alla luna.
Quando mi sei esplosa dentro io non ho più conosciuto
la mia età: venti anni e poi dieci, cento a volte
(un giovane/vecchio che sogna o sta per morire).
Quando mi sei esplosa dentro io
ho saputo la gioia, la fame, la malinconia.
Senza madre, sono nato.

mercoledì, settembre 14, 2022

fratelli della costa -1-

Si rimane lentamente abbarbicati a un'età, a un anno, a un momento, a qualcosa che, ricreata, rimodellata, a nostro piacere diviene il punto zero di un’intera esistenza. A partire da quello possiamo navigare con sicurezza nelle nostre inezie quotidiane, nei nostri sogni, nelle nostre nostalgie. A quel porto poi, invecchiando, torniamo sempre più spesso, quasi sempre a mani vuote, a volte con inaspettati tesori, altre solo sbarcando simulacri o cantando la stanchezza della navigazione. Ecco, in fondo siamo solo i pirati di una immaginaria Tortuga e lì, sull'isola, padroni del nostro fantasticare, intessiamo relazioni e odi, ci prostituiamo e imperiamo, sopravviviamo.



martedì, settembre 13, 2022

[tre righe] 6

"Questo sì che è coraggio". "Questa sì che è vera ribellione". Urlare:

"Vaffanculo concorrenza!"

dal palco del padrone

lunedì, settembre 12, 2022

[tre righe] 5

il servo e il padrone, la colpa, il timore

"il futuro inizia da te" , competenza, meritocrazia,

il volontarismo magico si è fatto Signore

sabato, settembre 10, 2022

[tre righe] 4

La vecchia e la bambina - voglio vivere, voglio vivere -

la regina e l'invasore - voglio vivere, voglio vivere -

apostolato e silenzio - dimenticatemi, non dimenticatemi -

venerdì, settembre 09, 2022

[tre righe] 3

 mi hai, ti ho, chiesto la verità

"di ieri, di oggi?" ho risposto,  hai risposto...

negli occhi Urano imitava Fontana.

giovedì, settembre 08, 2022

[tre righe] 2

Le mascelle sembrano accennare un sorriso beffardo

difficile a farsi per un teschio:

"Qualcuno ti osserverà come tu mi osservi?"

mercoledì, settembre 07, 2022

[tre righe] 1

Appena fuori le mura 

precipita il presente, 

un fiume di fango a spazzare l'anima.

domenica, maggio 15, 2022

dating

Credo alla casualità degli incontri 

agli occhi distratti 

ai pensieri 

che affiorano lievi come nuvole 

alla inarrivabile gioia 

dei silenzi

lunedì, maggio 09, 2022

09-05-1978

 



"Il comunismo non è oggetto di libera scelta intellettuale, né vocazione artistica: è una necessità materiale e psicologica."

martedì, maggio 03, 2022

Ucraina

Lo vedo immobile nuotare sull'asfalto e mi chiedo se mai arriverà alla proda,  a quel luogo - dei martiri e degli eroi - così privo della povera gente.

Forse bastava a lui solo imprecare nelle attese, sputare al vento la propria amarezza, sorridere al primo sole. 

Vivere.



domenica, maggio 01, 2022

Tacea la notte

Questo e altro ti dovrei dire 

che la rosa bianca 

sfuggita alle sbarre 

alla polvere delle auto

è ormai morta 

e così anche quel raggio 

la luce che ferì allegra lo stretto vicolo

le pietre

è sparito

che ogni parola ogni frase ogni piccolo discorso 

esonda placido

in un silenzio che si fa limo 

terra fertile

- andrebbe arata prima di farne deserto, ti dico  -

che oggi 

come ieri 

non è ancora domani

martedì, aprile 19, 2022

[condomini] NaiuNaiu

Appena sarrusbigghiava NaiuNaiu si sinteva sempri tannicchia in confusione. Si vutava a ritta e a manca. Si stirava tuttu e appoi sarritirava no bagnu pi pisciari ma soprattutto pi taliarisi allo specchio. Avvicinava a nasca o vittru e accuminciava l’ispezione e si tirava a facci che ita e sa munceva e sa sciacquava e alla fine accuminciava a fari mille smorfie che a taliarlu di fora unu avissi arrirutu fino alle lacrime. Erunu facci tristi e felici. Intelligenti e babbasunazzi. Di dumanna e di risposta. Una recita insomma. NaiuNaiu fineva sulu quannu pinzava di averla ritrovata a facci so nmezzu a tutte quelle. A facci giusta. Chidda ca canusceva. 

Accussi soddisfatto nisceva do cessu e sassittava pi fari colazione. Una cosa veloce che ciabbastavunu un cafe e du viscotta prima di nesciri per andare a rapiri il negozio. Quella era la sua vita e a lui ciabbastava poco e picca pi iri avanti. U cristianu non l’aveva trovata una fimmina giusta. Una mugghieri. Dei figghi. Oramai a farici cumpagnia ava arristatu sulu nacidduzzu ca cantava appena u vireva passari nella cucina e che poi lo aspettava per avere u manciari novu.

NaiuNaiu scinneva i scali e ci dava una controllata alla posta macari se già laveva vista quando era ritornato la sera prima. La sua era lunica cassetta ancora in ordine del palazzo. Le altre ciavevano lo sportellino che non funzionava oppure erano scassati di supra che serano dimenticati lo chiavi oppure ancora ciava arristatu sulu u chiovu dove un tempo eranp appinnuti. Quella sua no. Il nome era scritto supra a una bella targhetta dorata: Filogamo Barbagallo cera misu e NaiuNaiu ogni volta se lo ripeteva nella testa tutto contento.

La merceria era appena fatti cento metri. Filogamo rapeva a saracinesca addumava i luci e aspittava . Già na matinata spuntava sempri qualche cliente. 

“Cinnavi chiacchi?” ciaddumannava a signora Teresina. “Naiu naiu” arrispunneva iddu che quello era diventato il suo canto di battaglia.

“Mi finiu u sciampu” ci riceva a carusidda. “Naiu naiu“ ripeteva il signor Barbagallo.

“NaiuNaiu mi sevvi na pinna pa scola” ci scappava di diri o picciriddu. “Naiu naiu “ Riceva arrirennu NaiuNaiu per quella scortesia sincera.

Insomma ogni iornu a fine travagghiu Filogamo riscopriva di essere NaiuNaiu e questo lo faceva contento che pensava che se era nato per qualche motivo era per quello.

sabato, aprile 09, 2022

dopo il secolo breve

La strada ora sembra un deserto 

eppure sono stato lì dove i frutti sembravano facili da cogliere, 

proprio dietro un vecchio muretto di campagna tirato a secco.

Ho visto i giovani ruscelli rinfrescare le calde giornate 

di quello che pareva della storia solo un necessario intermezzo. 

Eppure ora la strada sembra non aver più niente a lei intorno. 

Nessuna vita, se non spettri; 

nessun orizzonte, oltre la cartapesta. 

Io continuo a camminare, potrei non farlo? 

Cerco solo di fissare attento, curioso, 

anche questo vuoto, finché posso.

mercoledì, aprile 06, 2022

[condomini] strade

Abbiata na strada a iatta camina attenta e sauta e si ferma e fa ancora qualche passo fino a quannu non  arriva alla salvezza. 

Alli voti allautri iatti non ciarrinesci questa prodezza. Qualche dubbio. Una esitazione. Forse una strada troppu longa da attraversare. Forse troppu forte la distrazione. La confusione.

Alli voti quannu arriva il pericolo a iattaredda ciarrinesci u stissu a sautari. A salvarsi. Alli voti no.

Accussì i cristiani. 

martedì, aprile 05, 2022

[condomini] memoria

 Alli voti alla notti accumenciu a pinsari alle persone che ora non ci sono chiù e mi accorgo che di tanti di questi cristiani non mi ricordo mancu il nome e nemmeno la facci a dire il vero. E questo la maggiore parte delli voti.

Allora mi addumannu cosa arresta di tutti questi. Na me menti certo. Che per il resto forse non ci sù chiù mancu li ossa. E quello che mi arrispunnu è che di loro ciaiu ricordi fatti di sensazioni. Di frasi smuzzicate e di vuci. Di sguardi dati ammucciuni o sparati na facci. Di ciuaru insomma. Dove cè tutto e non cè nenti. Comu una fantasia.

E poi mi rendo conto che di qualcuno di questi non ci trasi mancu laverci passato tanto tempo nsemula. Che a volte è bastato poco. Una gioia. Una malacumpassa. Nvasuni.

Puntuale come la morti poi arriva il pensiero la curiosità di sapiri se la stessa cosa succeri allaltra genti. Immaginare quello che di me arresta in questo mondo. Ancora qualche anno. Qualche decennio forse.  Prima di spariri. 

lunedì, aprile 04, 2022

un nodo

Se parlo

se scrivo qualcosa

se ancora la voce riesce 

ad attorcigliare i miei confusi pensieri

è solo 

perché ti amo

ma non so bene cosa questo significhi

dopo gli anni

dopo le primavere

dopo i tanti ripetuti inverni

allora provo a ripeterne il suono

mille e 

altre mille volte

anche ora

anche qui

su questo tuo cuore così simile al mio

prima di scordarlo

domenica, aprile 03, 2022

[Alfredo] primavera

Insomma il punto era, per lui, che tutto a questo mondo svanisce e che nella somma dei conti siamo sempre in pari, qualunque sia il nostro agire.

Alfredo aveva chinato il capo, ascoltava poco attento a dire il vero e poi non aveva molta voglia di replicare.

Fuori, oltre la finestra, l’albero si era di nuovo coperto di foglie e un nido era apparso tra i rami. Ancora non era riuscito a vedere a chi appartenesse quella nuova costruzione, ma sapeva che mancava poco a scoprirlo. A stare attenti, poi, si sentiva anche il cane dei vicini giocare sul prato; abbaiava contento al richiamo dei suoi giovani padroni.

“Anche se tutto svanisse io vorrei continuare a stare qui, anzi sono sicuro che continuerò ad essere qui”

L’amico lo aveva guardato stupito.

“Un MacLeod insomma” aveva poi risposto sorridendo.

“Spero di no, solo un fiore invece, o quel miele che stai divorando… buono vero?”

“Sì, sì. In effetti...”

Alfredo aveva lasciato la sedia, il cielo visto da dietro i vetri era quasi finto: solo un enorme foglio azzurro su cui qualcuno aveva spruzzato in basso, a caso, dei colori gentili.

“Credo uscirò ora, vieni con me?”

lunedì, marzo 07, 2022

Umberto Eco - La bomba e il generale

 C‘era una volta un atomo. 

E c’era una volta un generale cattivo con una divisa piena di galloni. 

Il mondo è pieno di atomi. 

Tutto è fatto  di atomi: gli atomi sono  piccolissimi e quando si  riuniscono assieme  formano  le  molecole,  le  quali  a  loro  volta  formano  tutte  le  cose che conosciamo. 

La mamma è fatta di atomi.  

Il latte è fatto di atomi. 

La donna è fatta di atomi.  

Il fuoco è fatto di atomi.  

Noi siamo fatti di atomi. 

Quando  gli  atomi  stanno  insieme  armoniosamente,  tutto  funziona  a meraviglia. La vita si basa su questa armonia. Ma  quando  si  riesce  a  spezzare  un  atomo…  le  sue  parti  colpiscono  altri 

atomi, i quali colpiscono altri atomi ancora e così via… 

Avviene una esplosione terrificane! È la morte atomica. 

Ebbene,  il  nostro  atomo  era  triste  perché  era  stato  messo  dentro  una bomba atomica. Insieme ad altri atomi aspettava il giorno in cui la bomba sarebbe  stata  lanciata  ed  essi  si  sarebbero  spezzati,  distruggendo  ogni cosa. 

Ora dovete sapere che  il mondo è anche pieno di generali  che passano  la vita ad ammucchiare bombe. E il nostro generale riempiva di bombe il suo solaio. 

“Quando ne avrò tante” diceva “farò scoppiare una bellissima guerra!” 

E rideva. 

Ogni giorno il generale saliva in solaio e vi portava una bomba fresca.  

“Quando il solaio sarà pieno” diceva “farò scoppiare una bellissima guerra!” 

Come si fa a non diventare cattivi, con tante bombe a portata di mano?  

Gli atomi chiusi nelle bombe erano tristi. 

Per  causa  loro  ci sarebbe stata  un’immensa  catastrofe: sarebbero  morti tanti  bambini, tante mamme, tanti gattini, tante caprette, tanti uccellini, tutti, insomma. Sarebbero stati distrutti interi paesi: dove prima c’erano casette bianche coi tetti rossi e gli alberi verdi  intorno…… non ci sarebbe rimasto che un orribile buco nero. 

E così decisero di ribellarsi al generale. E  una  notte,  senza  far  rumore,  uscirono  quatti  quatti  dalle  bombe  e  si nascosero in cantina. 

La mattina dopo il generale entrò nel solaio con degli altri signori. 

Questi signori dicevano:

“Abbiamo speso un sacco di soldi per fare tutte queste bombe. Adesso vuole lasciarle lì ad ammuffire? Cosa ci sta a fare, Lei?” 

“E’ vero” rispose il generale “bisognerà proprio iniziare questa guerra. Se no non riuscirò mai a fare carriera..” 

E dichiarò la guerra. 

Quando si diffuse la notizia che stava per scoppiare la guerra atomica, la gente  impazzì  di  paura:  “Oh,  se  non  avessimo  permesso  che  i  generali costruissero bombe!” dicevano. 

Ma era troppo tardi. Tutti fuggivano dalle città. Ma dove rifugiarsi? 

Intanto  il generale  aveva  caricato  le sue  bombe su  un aeroplano  e stava gettandole una per una su tutte le città. 

Ma  quando  le  bombe  caddero,  vuote  com’erano,  non  scoppiarono affatto! E la gente, felice per lo scampato pericolo (non gli pareva vero!), le usò come vasi per i fiori. 

Tutti scoprirono così che la vita era più bella senza le bombe. 

Così  decisero  di  non  fare  più  guerre.  Le  mamme  erano  più  contente.  Ma anche i papà. Anzi, tutti. 

E il generale? Ora che non c’erano più guerre, venne licenziato.  

E  per  utilizzare  la  sua  divisa  piena  di  galloni,  diventò  portiere  in  un albergo.  Siccome ormai tutti vivevano  in  pace,  nell’albergo venivano molti turisti.  Persino  i  nemici  di  un  tempo.  Persino  i  soldati  che  una  volta  il generale aveva comandato a bacchetta.  

Il  generale,  quando  entravano  e  uscivano  dall’albergo,  apriva  la  grande porta a vetri e faceva un goffo inchino, diceva:

 “Buongiorno, signore.”  

E quelli che lo avevano riconosciuto, gli dicevano con la faccia scura scura: 

“Si vergogni! In questo albergo il servizio è pessimo!” 

E  il  generale  diventava  rosso  rosso  e  stava  zitto.  Perché  ormai  non contava più nulla. 


 

La bomba e il generale

Copertina anteriore
Bompiani, 1988 - 40 pagine

sabato, marzo 05, 2022

Promemoria sulla guerra

 Sommerso, da ogni lato, da un mare di ipocrita propaganda, metto qui le poche cose che in questi giorni tengo a mente:

- questa, ma nessuna lo è, non è una guerra tra "buoni" e "cattivi";

- questa non è una guerra tra "libertà" e "oppressione";

- questa non è una guerra tra richieste di "giustizia sociale" e negazione delle stesse.

Questa:

- è una guerra tra imperialismi;

- è una guerra tra diversi modelli di organizzazione degli stati borghesi;

- è una guerra in cui nessuno dei popoli coinvolti conquisterà la propria libertà.

Questa, soprattutto, è la guerra con cui il capitalismo mondiale tenta, come sempre ha fatto nella storia, di uscire da una delle più grandi e durature crisi economiche in cui da tempo è piombato. 

martedì, marzo 01, 2022

Piazzale della Pace

"La tua giovinezza tenace"
in Pilotta è scritto così
sulla pietra - mendace? -
e non so se monito o speranza sia, non so 
chi ancora, chinando il capo, legga 
altro, fuori dall'umana tecnologica luce...
chi, in questo imposto presente, ignori
o segua quello che lì è scritto,
ciò che il silenzioso, antico, cuore 
conduce.

martedì, febbraio 22, 2022

Manifesto di Zimmerwald

La guerra dura da più di un anno! Milioni di cadaveri coprono i campi di battaglia. Milioni di uomini resteranno mutilati per il resto dei loro giorni. L’Europa è diventata un gigantesco mattatoio umano. Tutta la civiltà creata dal lavoro di molte generazioni è votata all'annientamento. La barbarie più selvaggia trionfa oggi su tutto ciò che, fino ad ora, costituiva l’orgoglio dell’umanità. Quali che siano i responsabili immediati dello scatenamento di questa guerra, una cosa è certa:

LA GUERRA CHE HA PROVOCATO TUTTO QUESTO CAOS È UN PRODOTTO DELL’IMPERIALISMO.

Essa è frutto della volontà delle classi capitaliste di ogni nazione di vivere dello sfruttamento del lavoro umano e delle ricchezze naturali dell’universo. In tal modo le nazioni economicamente arretrate o politicamente deboli cadono sotto il giogo delle grandi potenze che, in questa guerra, cercano di ridisegnare la mappa del mondo col ferro e col sangue, secondo i loro interessi. È così che interi popoli e paesi, come il Belgio, la Polonia, gli Stati balcanici e l’Armenia, corrono il rischio di essere annessi, completamente o in parte, attraverso il semplice gioco degli indennizzi. I moventi della guerra appaiono in tutta la loro nudità man mano che gli eventi si sviluppano. Il velo dietro al quale è stato occultato alla coscienza dei popoli il significato di questa catastrofe mondiale cade, brandello dopo brandello. I capitalisti di tutti i paesi, che coniano dal sangue dei popoli la rossa moneta dei profitti di guerra, sostengono che la guerra servirà alla difesa della patria e della democrazia, e alla liberazione dei popoli oppressi. Mentono: 

 LA VERITÀ È CHE IN REALTÀ ESSI SEPPELLISCONO, SOTTO ALLE ABITAZIONI DISTRUTTE, LA LIBERTÀ DEI LORO STESSI POPOLI INSIEME ALL’INDIPENDENZA DELLE ALTRE NAZIONI. 

Nuove catene e nuovi fardelli, ecco ciò che risulterà da questa guerra, ed è il proletariato di tutti i paesi, vincitori e vinti, che dovrà sopportarne il peso. Aumento del benessere, veniva detto loro al momento dello scatenamento della guerra. Miseria e privazioni, disoccupazione e carovita, malattie ed epidemie sono i suoi veri risultati. Per decine d’anni le spese della guerra assorbiranno le migliori energie dei popoli, comcomprometteranno la conquista di miglioramenti sociali e impediranno qualsiasi progresso. Fallimento della civiltà, depressione economica, reazione politica: ecco i benefici di questa terribile lotta tra popoli. La guerra rivela così il vero carattere del capitalismo moderno, che è incompatibile non soltanto con gli interessi delle classi operaie e con le esigenze dell’evoluzione storica, ma anche con le condizioni elementari di esistenza della comunità umana. Le istituzioni del regime capitalista che disponevano della sorte dei popoli: i governi – monarchici o repubblicani –, la diplomazia segreta, le possenti organizzazioni padronali, i partiti borghesi, la stampa capitalista, la Chiesa: su di esse ricade la responsabilità di questa guerra, originata da un ordinamento sociale che le alimenta, che esse difendono, e che serve unicamente i loro interessi. Operai! Voi, ieri sfruttati, immiseriti, derisi, vi hanno chiamato fratelli e compagni quando si è trattato di spedirvi al massacro e alla morte. E oggi che il militarismo vi ha mutilati, straziati, umiliati e schiacciati, le classi dominanti esigono che voi abdichiate ai vostri interessi, al vostro ideale, in una parola, che vi sottomettiate come schiavi alla pace sociale. Vi privano della possibilità di esprimere le vostre opinioni, i vostri sentimenti, le vostre sofferenze. Vi proibiscono di formulare le vostre rivendicazioni e di difenderle. La stampa viene soffocata, le libertà e i diritti politici calpestati: è il regno della dittatura militare dal pugno di ferro. Non possiamo più né dobbiamo rimanere inattivi di fronte a questa situazione che minaccia l’avvenire dell’Europa e dell’umanità. Durante lunghi anni, il proletariato socialista ha condotto la lotta contro il militarismo; con crescente apprensione, i suoi rappresentanti si sono preoccupati, nei loro congressi nazionali e internazionali, dei pericoli di guerra, sempre più minacciosi, che l’imperialismo faceva sorgere. A Stoccarda, a Copenhagen, a Basilea, i congressi socialisti internazionali hanno tracciato la via che il proletariato deve seguire. Ma all’inizio della guerra i partiti socialisti e le organizzazioni operaie di alcuni paesi, pur avendo contribuito all’elaborazione di quelle decisioni, hanno disconosciuto gli obblighi che esse imponevano loro. I loro rappresentanti hanno indotto i lavoratori ad abbandonare la lotta di classe, unico mezzo efficace di emancipazione proletaria. Hanno accordato alle classi dirigenti i crediti di guerra; si sono messi al servizio dei governi per svariate mansioni; hanno cercato, mediante la loro stampa e i loro emissari, di conquistare coloro che erano neutrali alla politica governativa dei loro rispettivi paesi; hanno fornito ai governi dei ministri socialisti, come ostaggi dell’«Union sacrée». Con ciò stesso hanno accettato, di fronte alla classe operaia, di condividere con le classi dirigenti le responsabilità presenti e future di questa guerra, dei suoi scopi e dei suoi metodi. E, così come ogni partito separatamente preso veniva meno al suo compito, anche il massimo rappresentante delle organizzazioni socialiste di tutti i paesi, il Bureau Socialista Internazionale, è venuto meno al suo. È a causa di questi fatti che la classe operaia, la quale non aveva ceduto al panico generale o aveva saputo successivamente liberarsene, non ha ancora trovato, nel secondo anno della carneficina dei popoli, i mezzi per intraprendere in tutti i paesi una lotta attiva e simultanea per la pace. In questa situazione intollerabile noi, rappresentanti di partiti socialisti, di sindacati o di minoranze di tali organizzazioni, noi tedeschi, francesi, italiani, russi, polacchi, lettoni, romeni, bulgari, svedesi, norvegesi, olandesi e svizzeri, noi che non ci collochiamo sul terreno della solidarietà nazionale con i nostri sfruttatori ma siamo rimasti fedeli alla solidarietà internazionale del proletariato e alla lotta di classe, ci siamo riuniti per riallacciare i legami infranti delle relazioni internazionali, per chiamare la classe operaia a riprendere coscienza di se stessa e per spingerla a lottare per la pace. Questa lotta è una lotta per la libertà, per la fratellanza dei popoli, per il socialismo. Occorre intraprendere questa lotta per la pace, per una pace senza annessioni né indennizzi di guerra. Ma una simile pace è possibile soltanto a condizione che venga condannata ogni idea di violazione dei diritti e delle libertà dei popoli. Essa non deve condurre né all’occupazione di interi paesi né ad annessioni parziali. No alle annessioni, palesi o mascherate, e no anche all’assoggettamento economico che, a causa della perdita di autonomia politica che esso comporta, diventa ancor più intollerabile. Il diritto dei popoli all’autodeterminazione deve essere il fondamento incrollabile nel sistema dei rapporti tra nazione e nazione. Proletari! Dopo lo scatenarsi della guerra avete messo tutte le vostre energie, tutto il vostro coraggio, tutta la vostra sopportazione al servizio delle classi possidenti. Oggi, restando sul terreno di un’irriducibile lotta di classe, occorre agire per la vostra causa, per il sacro obiettivo del socialismo, per l’emancipazione dei popoli oppressi e delle classi asservite. È dovere e compito dei socialisti dei paesi belligeranti intraprendere questa lotta con tutta la loro energia. È dovere e compito dei socialisti dei paesi neutrali aiutare con ogni mezzo i propri fratelli in questa lotta contro la barbarie sanguinaria. Mai nella storia mondiale c’è stato compito più urgente, più elevato, più nobile; la sua realizzazione deve essere nostra opera comune. Nessun sacrificio è troppo grande, nessun fardello troppo pesante per raggiungere questo obiettivo: il ripristino della pace tra i popoli. Operai e operaie, madri e padri, vedove e orfani, feriti e mutilati, a tutti voi che soffrite per la guerra e a causa della guerra, noi gridiamo: Al di sopra di tutte le frontiere, al di sopra dei campi di battaglia, al di là delle campagne e delle città devastate: Proletari di tutti i paesi, unitevi! 

Zimmerwald (Svizzera), settembre 1915

sabato, gennaio 15, 2022

mestizia

Che poi potrei dire che di lei ho amato anche le ombre 
le attese
le bugie
le mute ammissioni
certo
ma più il suo sorriso, il mio, rapito 
tra i filari nel vigneto
o nel mare di un motel a ore
tra la nebbia e un piatto ancora caldo
di un luogo scelto per errore
Che poi potrei dire che questa cosa
questa cosa tutta mia
è l’amore che resiste
si dimena
non va 
via

martedì, gennaio 11, 2022

Amori virtuali

A volte è una foto
altre
il silenzioso sussurrare di un pensiero. 
Basta poco a fare di uno smile quel complice sorriso
immobile qui 
nella mia testa mentre nudo
muto
vivo