“È la verità?” gli chiede il bambino e Alfredo per un attimo dimentica che sarebbe molto più semplice dire “Sì, è così” per poi indicare il piccolo chiosco dove si vendono anche i gelati e con quello i tavolini poggiati uno sull'altro e la piccola saracinesca, da cui si affaccia in genere il proprietario che ogni volta li saluta e conosce già i loro gusti e sorride loro come fossero i soli clienti, i soli viventi, malinconicamente chiusa.
Dimentica e sarebbe invece bastata magari solo una carezza, seguita da un ”non preoccuparti ne troveremo un altro, anzi ora ci andiamo subito perché ricordo che c’è un bar qui vicino. Ecco sì, proprio a quell'incrocio” e così, dopo, prendergli la mano e sentire la sua fiducia, la felicità, mentre lentamente si incamminano.
No, Alfredo dimentica tutto questo e rimane come spossato sulla panchina a guardare lontano, a chiedersi cosa mai sia questa verità anche quella più semplice, anche la più oggettiva e il bambino lo osserva e sorride e aspetta perché, anche se ha fretta, gli vuol bene e inizia a capire la lentezza dei vecchi, di quel vecchio.
Guarda il chiosco e poi torna a fissarlo e non parla, non domanda. Lo aspetta.
"La poesia è scritta da qualcuno che non è lo scrittore a qualcuno che non è il lettore" - Paul Valéry -
02/10/22
[Alfredo] il chiosco
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