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22/02/22

Manifesto di Zimmerwald

La guerra dura da più di un anno! Milioni di cadaveri coprono i campi di battaglia. Milioni di uomini resteranno mutilati per il resto dei loro giorni. L’Europa è diventata un gigantesco mattatoio umano. Tutta la civiltà creata dal lavoro di molte generazioni è votata all'annientamento. La barbarie più selvaggia trionfa oggi su tutto ciò che, fino ad ora, costituiva l’orgoglio dell’umanità. Quali che siano i responsabili immediati dello scatenamento di questa guerra, una cosa è certa:

LA GUERRA CHE HA PROVOCATO TUTTO QUESTO CAOS È UN PRODOTTO DELL’IMPERIALISMO.

Essa è frutto della volontà delle classi capitaliste di ogni nazione di vivere dello sfruttamento del lavoro umano e delle ricchezze naturali dell’universo. In tal modo le nazioni economicamente arretrate o politicamente deboli cadono sotto il giogo delle grandi potenze che, in questa guerra, cercano di ridisegnare la mappa del mondo col ferro e col sangue, secondo i loro interessi. È così che interi popoli e paesi, come il Belgio, la Polonia, gli Stati balcanici e l’Armenia, corrono il rischio di essere annessi, completamente o in parte, attraverso il semplice gioco degli indennizzi. I moventi della guerra appaiono in tutta la loro nudità man mano che gli eventi si sviluppano. Il velo dietro al quale è stato occultato alla coscienza dei popoli il significato di questa catastrofe mondiale cade, brandello dopo brandello. I capitalisti di tutti i paesi, che coniano dal sangue dei popoli la rossa moneta dei profitti di guerra, sostengono che la guerra servirà alla difesa della patria e della democrazia, e alla liberazione dei popoli oppressi. Mentono: 

 LA VERITÀ È CHE IN REALTÀ ESSI SEPPELLISCONO, SOTTO ALLE ABITAZIONI DISTRUTTE, LA LIBERTÀ DEI LORO STESSI POPOLI INSIEME ALL’INDIPENDENZA DELLE ALTRE NAZIONI. 

Nuove catene e nuovi fardelli, ecco ciò che risulterà da questa guerra, ed è il proletariato di tutti i paesi, vincitori e vinti, che dovrà sopportarne il peso. Aumento del benessere, veniva detto loro al momento dello scatenamento della guerra. Miseria e privazioni, disoccupazione e carovita, malattie ed epidemie sono i suoi veri risultati. Per decine d’anni le spese della guerra assorbiranno le migliori energie dei popoli, comcomprometteranno la conquista di miglioramenti sociali e impediranno qualsiasi progresso. Fallimento della civiltà, depressione economica, reazione politica: ecco i benefici di questa terribile lotta tra popoli. La guerra rivela così il vero carattere del capitalismo moderno, che è incompatibile non soltanto con gli interessi delle classi operaie e con le esigenze dell’evoluzione storica, ma anche con le condizioni elementari di esistenza della comunità umana. Le istituzioni del regime capitalista che disponevano della sorte dei popoli: i governi – monarchici o repubblicani –, la diplomazia segreta, le possenti organizzazioni padronali, i partiti borghesi, la stampa capitalista, la Chiesa: su di esse ricade la responsabilità di questa guerra, originata da un ordinamento sociale che le alimenta, che esse difendono, e che serve unicamente i loro interessi. Operai! Voi, ieri sfruttati, immiseriti, derisi, vi hanno chiamato fratelli e compagni quando si è trattato di spedirvi al massacro e alla morte. E oggi che il militarismo vi ha mutilati, straziati, umiliati e schiacciati, le classi dominanti esigono che voi abdichiate ai vostri interessi, al vostro ideale, in una parola, che vi sottomettiate come schiavi alla pace sociale. Vi privano della possibilità di esprimere le vostre opinioni, i vostri sentimenti, le vostre sofferenze. Vi proibiscono di formulare le vostre rivendicazioni e di difenderle. La stampa viene soffocata, le libertà e i diritti politici calpestati: è il regno della dittatura militare dal pugno di ferro. Non possiamo più né dobbiamo rimanere inattivi di fronte a questa situazione che minaccia l’avvenire dell’Europa e dell’umanità. Durante lunghi anni, il proletariato socialista ha condotto la lotta contro il militarismo; con crescente apprensione, i suoi rappresentanti si sono preoccupati, nei loro congressi nazionali e internazionali, dei pericoli di guerra, sempre più minacciosi, che l’imperialismo faceva sorgere. A Stoccarda, a Copenhagen, a Basilea, i congressi socialisti internazionali hanno tracciato la via che il proletariato deve seguire. Ma all’inizio della guerra i partiti socialisti e le organizzazioni operaie di alcuni paesi, pur avendo contribuito all’elaborazione di quelle decisioni, hanno disconosciuto gli obblighi che esse imponevano loro. I loro rappresentanti hanno indotto i lavoratori ad abbandonare la lotta di classe, unico mezzo efficace di emancipazione proletaria. Hanno accordato alle classi dirigenti i crediti di guerra; si sono messi al servizio dei governi per svariate mansioni; hanno cercato, mediante la loro stampa e i loro emissari, di conquistare coloro che erano neutrali alla politica governativa dei loro rispettivi paesi; hanno fornito ai governi dei ministri socialisti, come ostaggi dell’«Union sacrée». Con ciò stesso hanno accettato, di fronte alla classe operaia, di condividere con le classi dirigenti le responsabilità presenti e future di questa guerra, dei suoi scopi e dei suoi metodi. E, così come ogni partito separatamente preso veniva meno al suo compito, anche il massimo rappresentante delle organizzazioni socialiste di tutti i paesi, il Bureau Socialista Internazionale, è venuto meno al suo. È a causa di questi fatti che la classe operaia, la quale non aveva ceduto al panico generale o aveva saputo successivamente liberarsene, non ha ancora trovato, nel secondo anno della carneficina dei popoli, i mezzi per intraprendere in tutti i paesi una lotta attiva e simultanea per la pace. In questa situazione intollerabile noi, rappresentanti di partiti socialisti, di sindacati o di minoranze di tali organizzazioni, noi tedeschi, francesi, italiani, russi, polacchi, lettoni, romeni, bulgari, svedesi, norvegesi, olandesi e svizzeri, noi che non ci collochiamo sul terreno della solidarietà nazionale con i nostri sfruttatori ma siamo rimasti fedeli alla solidarietà internazionale del proletariato e alla lotta di classe, ci siamo riuniti per riallacciare i legami infranti delle relazioni internazionali, per chiamare la classe operaia a riprendere coscienza di se stessa e per spingerla a lottare per la pace. Questa lotta è una lotta per la libertà, per la fratellanza dei popoli, per il socialismo. Occorre intraprendere questa lotta per la pace, per una pace senza annessioni né indennizzi di guerra. Ma una simile pace è possibile soltanto a condizione che venga condannata ogni idea di violazione dei diritti e delle libertà dei popoli. Essa non deve condurre né all’occupazione di interi paesi né ad annessioni parziali. No alle annessioni, palesi o mascherate, e no anche all’assoggettamento economico che, a causa della perdita di autonomia politica che esso comporta, diventa ancor più intollerabile. Il diritto dei popoli all’autodeterminazione deve essere il fondamento incrollabile nel sistema dei rapporti tra nazione e nazione. Proletari! Dopo lo scatenarsi della guerra avete messo tutte le vostre energie, tutto il vostro coraggio, tutta la vostra sopportazione al servizio delle classi possidenti. Oggi, restando sul terreno di un’irriducibile lotta di classe, occorre agire per la vostra causa, per il sacro obiettivo del socialismo, per l’emancipazione dei popoli oppressi e delle classi asservite. È dovere e compito dei socialisti dei paesi belligeranti intraprendere questa lotta con tutta la loro energia. È dovere e compito dei socialisti dei paesi neutrali aiutare con ogni mezzo i propri fratelli in questa lotta contro la barbarie sanguinaria. Mai nella storia mondiale c’è stato compito più urgente, più elevato, più nobile; la sua realizzazione deve essere nostra opera comune. Nessun sacrificio è troppo grande, nessun fardello troppo pesante per raggiungere questo obiettivo: il ripristino della pace tra i popoli. Operai e operaie, madri e padri, vedove e orfani, feriti e mutilati, a tutti voi che soffrite per la guerra e a causa della guerra, noi gridiamo: Al di sopra di tutte le frontiere, al di sopra dei campi di battaglia, al di là delle campagne e delle città devastate: Proletari di tutti i paesi, unitevi! 

Zimmerwald (Svizzera), settembre 1915

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