25/07/15

Captain, tate e amanti


Non sa bene dove andare. Ha solo voglia di camminare, di respirare. Il cielo si è leggermente coperto e ora l’aria è meno calda anche se più umida. Giulia decide di dirigersi verso il parco, ad ogni passo sente sempre più il vestitino bianco che indossa incollarsi al corpo, il seno delinearsi con precisione tra i piccoli ricami, le mutandine bagnarsi lentamente di sudore.
Arriva al parco esausta. Si ferma nella zona giochi, quella più coperta dall’ombra degli alberi, e si siede su una panchina. Il corpo è piegato in avanti, le gambe leggermente divaricate. I gomiti poggiano sulla ginocchia, mentre il viso è sorretto dalle mani che coprono le guance lasciando solo gli occhi liberi di vagare, di incontrare e perdersi. di perlustrare.
L’aria più fresca ha condotto lì parecchi bambini, ma non sono quelli che attirano la curiosità di Giulia. Si ferma a guardare gli adulti, gli accompagnatori che vagano senza sapere bene che fare, in attesa di vedere esaurire le forze dei più piccoli o di trovare una valida scusa che giustifichi se stessi nell’andare via.
Un padre si è impossessato di una intera panchina, gambe divaricate a mostrare l’ancora attiva virilità e braccia allargate sullo schienale a segnalare il possesso del luogo. Alterna sguardi apprensivi a segnali di caccia, magari sta sognando la rapida avventura con una delle tante tate presenti. Queste ultime formano piccoli gruppi. Triangoli chiusi a interventi esterni che permettono loro, nello stesso tempo, di controllare l’intero territorio e di lasciarsi andare a una piacevole chiacchierata. Le madri invece sono più solitarie, certo qualcuna di loro e insieme a una donna più anziana (sarà la madre? La suocera? Giulia non si sofferma a ipotizzare) ma la maggior parte siede sulle panchine, telefonando o leggendo, oppure insegue la prole quasi impedendo loro di giocare tra uno “stai attento” e un “questo non si fa”.
Giulia decide di concentrarsi sull’uomo e su una donna seduta su una panchina accanto a lui.
Lei ha una coppia di gemelli, Giulia li vede giocare tranquilli sulla sabbia di fronte alla madre. Avranno tre, quattro anni e un visino assorto. La donna ha un libro con sé, ma non sembra molto impegnata nella lettura. Si guarda in giro. A volte controlla il telefono. Pare in attesa di qualcosa, di qualcuno.
Giulia la vede illuminarsi e rassettarsi improvvisamente. Anche l’uomo seduto accanto a lei sembra accorgersi del cambiamento, si solleva e nel farlo accavalla una gamba sull’altra stringendo la caviglia con la mano. Un altro uomo si avvicina. Giulia ne sente il profumo prima ancora di vederne le spalle e il culo. Sbuca alle sue spalle e prosegue.  La donna sorride e Giulia per un secondo pensa che stia sorridendo a lei, ma basta poco a capire che non è così, il suo sguardo è tutto per quell’uomo. Gli occhi le si illuminano, con una mano ravviva i lunghi capelli biondi offrendo così il proprio bianchissimo collo allo sguardo di lui.
Chissà cosa starà pensando, chissà quale è il suo viso. E la loro storia? Giulia inizia a incuriosirsi di fronte a quel passo sicuro, a quella reazione. L’uomo però non si ferma, continua a camminare fino a una fontana poco distante da lì e poi finalmente si ferma. Lei dà un’occhiata veloce ai bambini e poi veloce lo raggiunge. Giulia li vede parlare un attimo quasi come due estranei che si usano cortesia, poi lui si allontana e lei, invece, richiama i bimbi e li conduce verso la direzione opposta. Sembra tranquilla, rilassata. Anche i bambini non sono turbati dal cambio repentino. La seguono come fosse normale per loro staccarsi dal gioco, una abitudine l’ubbidire.
L’uomo che era seduto accanto a lei ha seguito tutta la scena. È arrivato a voltarsi per vedere i due incontrarsi, girandosi solo quando lei ha alzato gli occhi per controllare i figli.  Ora, tornato alla posizione iniziale, scuote la testa e sorride. È in questo momento che sembra accorgersi di Giulia. Lei automaticamente accavalla le gambe e mette conserte le braccia distogliendo lo sguardo, poi si alza e ricomincia a camminare. Ha deciso di tornare a casa. Di parlare con Michele.
Ripercorre in senso inverso la stessa strada dell’andata, ma questa volta è più tranquilla e l’aria è decisamente più fresca. Si ferma a prendere un succo e ne approfitta per andare in bagno e sciacquarsi il viso. Quando finalmente rientra Michele è già lì. Una birra nelle mani e la musica di This Is The Day  a riempire la stanza.  


«This is the day that love chose to play,
The day love came to stay,
This kiss is for the first time,
And this kiss is for that time
Love to ride

This is the day that love chose to play
One minute here, one minute there
Love spent time everywhere,
This day that love chose to stay

This is the day that love chose to play,
The day love came to stay,
This kiss is for the first time,
And this kiss is for that time
Love to ride

This is the day that love chose to play
One minute here, one minute there
Love spent time everywhere,
This day that love chose to stay»     

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