28/07/15

Jethro Tull, kebab e mattoni



Michele si è appena svegliato. Giulia ancora dorme accanto a lui. Va a farsi una doccia poi inizia a preparare del caffè. Giulia lo raggiunge poco dopo, gli dà una pacca sul culo e prende il suo posto nella doccia. Michele spegne la fiamma e la raggiunge. Riescono a fare l’amore in uno spazio piccolissimo. Lei poggiata con le mani sul muro, il viso a premere sulle piastrelle grigie. Lui le è dietro. Le afferra e stringe i fianchi fino a farle male, spinge dentro lei fino a sentirle la fica pulsare, fino a venire anche lui.
Decidono di fare colazione fuori casa. Giulia riprende la busta con le sue cose, la stessa che non aveva mai svuotato, Michele propone un bar del centro, uno di quelli fuori dalla sua lista. Lungo il tragitto chiacchierano come non accadeva loro da tempo. Nessun accenno alla loro storia, alla notte precedente.
Michele lo vede mentre stanno per ripartire dopo una breve sosta a un semaforo. Quello ha ripreso i suoi tic. Questa volta continua a grattarsi la parte interna del gomito sinistro. A volte, con le braccia a incrociarsi, da piccole pacche con le mani sulle scapole per poi riprendere a grattarsi.
“È lì, eccolo! Lo vedi?”
Michele indica l’uomo a Giulia, ma lei è già ripartita.
“Chi era?” gli chiede lei.
“Lo gnomo. Era lui!” risponde Michele.
“Non mi hai ancora raccontato nulla…” gli fa notare Giulia.
Michele non ha però più voglia di parlarne. Approfitta di un buco tra due auto per invitare la donna a posteggiare e per cambiare argomento. Lei fa finta di non accorgersi della sua mossa e sorride.
“Però, che fortuna! Hai delle monete per il parchimetro?” gli dice.
Michele cerca in tasca. Estrae l’incarto di una caramella all’anice, un biglietto da visita illeggibile e due monete da cinquanta centesimi.
“Basteranno?” chiede lei
“Credo di sì” risponde Michele e nel frattempo si guarda attorno sperando di rivedere quello strano personaggio.
Si siedono all’ombra. I tavoli danno la possibilità di sbirciare il viavai della gente senza avere attorno l’ingombro di nessun mezzo che non sia una bici o una carrozzina. Ordinano due cornetti e due caffè e attendono chiacchierando. Giulia gli racconta di una nuova libreria inaugurata lì vicino. Lei c’è andata con Graziana e altre due amiche.
“Ha una grande sala di lettura che viene utilizzata per presentare anche gli autori –racconta- però mi domando con quale coraggio abbiano speso tutti quei soldi”
Michele tira fuori uno “Già!” di assenso, ma continua a essere distratto.
Lei continua a parlargli di autori sconosciuti, di piccole case editrici, di gare di poesia. A sentirla si sbaglierebbe quasi sicuramente a scommettere sul suo lavoro, ma lei è fatta così e Michele è questo che di lei ama. Il suo sorprenderti, la sua curiosità.
Quando ritornano verso l’auto lui decide di non salire. Le dà un piccolo bacio sulla spalla e la saluta prima di incamminarsi verso il Duomo. Lei lo guarda sparire e poi parte.
Michele si infila in una stradina tortuosa e acciottolata. In un centinaio di metri in susseguono vecchi palazzi senza ordine.  La facciata di alcuni è parzialmente scrostata, altri hanno gli intonaci più bassi che hanno perso il colore originario degradato a un grigio indistinto. Eppure ancora basta fermarsi e osservare. Il giallo, il mattone, il rosa, l’arancio, il rosso sono declinati in sfumature mai uguali e la luce filtra a giocare con gli scuri e i colori donando ombre ogni istante diverse.
“Hai fatto bene” gli sussurra qualcuno alle spalle.
“Io…”
“Sì! Tu non sei fatto per lottare, Michele. Nessuno lo è, ma tu ancora di più”
“Non ti capisco” Michele sa di chi è quella voce, ma non vuole voltarsi per controllare. Non vuole fermarsi. 
“Hai mai ascoltato il tuo corpo? Hai mai rifiutato di fare quello che ti chiedeva? Hai mai provato a disubbidirgli? A disubbidire al tuo istinto?”
“Io credo che tu non esista”
“Può anche essere così, Michele. Però prova a pensare a quello che ti ho detto”
“Non riesco a seguirle le tue parole! Non riesco a seguire te”
“Magari uno di questi giorni potremmo sederci, parlare tranquillamente…”
“Perché? Perché dovremmo farlo?”
“Così. Se ne avrai voglia. Potremmo invitare anche quel ragazzo…”
“Chi?”
Il vecchio gnomo è sparito. Michele lo sa, ma non si gira per controllare. Percorre ancora un tratto di strada poi il sole lo sfianca. Si ferma ad attendere un autobus per tornare a casa.  Alle sue spalle un piccolo locale arabo resiste all’afa e alla mancanza di clienti. Decide di acquistare un kebab da portare con sé e allora entra, attende paziente di essere servito, il taglio delle strisce sottili, l’aggiunta delle verdure, delle salse. Paga ed esce. Il proprietario lo guarda soddisfatto e dopo ritorna a fissare lo schermo della televisione appesa al soffitto. Appena il cliente era entrato aveva tolto l’audio ora lo rimette e torna a seguire attento la telenovela brasiliana doppiata in arabo. 
La casa lo attende silenziosa e ordinata. Michele non si era accorto del lavoro fatto da Giulia. Si mette in mutande, apre il kebab ancora caldo, estrae una birra dal frigo e inizia a mangiare. Poggiando tutto su un vassoio si sposta ai piedi del divano e mette Thick as a brick dei Jethro Tull.  È a meta del disco quando squilla il telefono. Non ha voglia di parlare con Gilda e Giulia sicuramente a quell’ora starà facendo altro. Resiste fino al quinto squillo poi risponde:
“Pronto?”
“Pronto dottore? Qui è la Tecnoassi. Sono la dottoressa Giselle, ricorda?”
“Sì, certo, certo. Mi dica”
“Lei non si è presentato al nostro invito”
“Beh sì. Ricorda? Le avevo già detto che io...”
“Non si preoccupi dottore. Non è un problema. Le telefono per invitarla nuovamente per la prossima settimana...”
“Io...”
“Non può? Il suo nome è stato suggerito da una persona di una certa importanza per la nostra ditta…”
“Suggerito? Il mio nome?”
“Sì dottore. Crede di essere libero la prossima settimana?”
“Sì, credo di sì”
“Bene! Le telefonerò di nuovo allora… lunedì prossimo?”
“Va bene”
“A lunedì allora!”
“A lunedì”
“Mi scusi… dimenticavo. Lei ha un auto?”
“No. Non ho neanche la patente a dire il vero”
“Va bene. Provvederemo noi, allora”
“Provvederete a cosa?”
“La saluto dottore. A lunedì”
Michele non sa cosa pensare, prende un’altra birra e si sdraia, lascia che il disco finisca e si addormenta.



«Really don't mind if you sit this one out.
My words but a whisper - your deafness a SHOUT.
I may make you feel but I can't make you think.
Your sperm's in the gutter - your love's in the sink.
So you ride yourselves over the fields and
you make all your animal deals and
your wise men don't know how it feels to be thick as a brick.
And the sand-castle virtues are all swept away in
the tidal destruction
the moral melee.
The elastic retreat rings the close of play as the last wave uncovers
the newfangled way.
But your new shoes are worn at the heels and
your suntan does rapidly peel and
your wise men don't know how it feels to be thick as a brick. And the love that I feel is so far away:
I'm a bad dream that I just had today - and you
shake your head and
say it's a shame.
Spin me back down the years and the days of my youth.
Draw the lace and black curtains and shut out the whole truth.
Spin me down the long ages: let them sing the song.
See there!  A son is born - and we pronounce him fit to fight.
There are black-heads on his shoulders, and he pees himself in the night.
We'll
make a man of him
put him to trade
teach him
to play Monopoly and
to sing in the rain.
The Poet and the painter casting shadows on the water
as the sun plays on the infantry returning from the sea.
The do-er and the thinker: no allowance for the other
as the failing light illuminates the mercenary's creed.
The home fire burning: the kettle almost boiling
but the master of the house is far away.
The horses stamping - their warm breath clouding
in the sharp and frosty morning of the day.
And the poet lifts his pen while the soldier sheaths his sword.
And the youngest of the family is moving with authority.
Building castles by the sea, he dares the tardy tide to wash them all aside.
The cattle quietly grazing at the grass down by the river
where the swelling mountain water moves onward to the sea:
the builder of the castles renews the age-old purpose
and contemplates the milking girl whose offer is his need.
The young men of the household have
all gone into service and
are not to be expected for a year.
The innocent young master - thoughts moving ever faster
has formed the plan to change the man he seems.
And the poet sheaths his pen while the soldier lifts his sword.
And the oldest of the family is moving with authority.
Coming from across the sea, he challenges the son who puts him to the run.
What do you do when
the old man's gone - do you want to be him?  And
your real self sings the song.
Do you want to free him?
No one to help you get up steam
and the whirlpool turns you `way off-beam.
LATER.
I've come down from the upper class to mend your rotten ways.
My father was a man-of-power whom everyone obeyed.
So come on all you criminals!
I've got to put you straight just like I did with my old man
twenty years too late.
Your bread and water's going cold.
Your hair is too short and neat.
I'll judge you all and make damn sure that no-one judges me.
You curl your toes in fun as you smile at everyone - you meet the stares.
You're unaware that your doings aren't done.
And you laugh most ruthlessly as you tell us what not to be.
But how are we supposed to see where we should run?
I see you shuffle in the courtroom with
your rings upon your fingers and
your downy little sidies and
your silver-buckle shoes.
Playing at the hard case, you follow the example of the comic-paper idol
who lets you bend the rules.
So!
Come on ye childhood heroes!
Won't you rise up from the pages of your comic-books
your super crooks
and show us all the way.
Well!  Make your will and testament. Won't you?
Join your local government.
We'll have Superman for president
let Robin save the day.
You put your bet on number one and it comes up every time.
The other kids have all backed down and they put you first in line.
And so you finally ask yourself just how big you are
and take your place in a wiser world of bigger motor cars.
And you wonder who to call on.
So!  Where the hell was Biggles when you needed him last Saturday?
And where were all the sportsmen who always pulled you though?
They're all resting down in Cornwall
writing up their memoirs for a paper-back edition
of the Boy Scout Manual.
LATER.
See there!  A man born - and we pronounce him fit for peace.
There's a load lifted from his shoulders with the discovery of his disease.
We'll
take the child from him
put it to the test
teach it
to be a wise man
how to fool the rest.
QUOTE
We will be geared to the average rather than the exceptional
God is an overwhelming responsibility
we walked through the maternity ward and saw 218 babies wearing nylons
cats are on the upgrade
upgrade?  Hipgrave.  Oh, Mac.
LATER
In the clear white circles of morning wonder,
I take my place with the lord of the hills.
And the blue-eyed soldiers stand slightly discoloured (in neat little rows)
sporting canvas frills.
With their jock-straps pinching, they slouch to attention,
while queueing for sarnies at the office canteen.
Saying -- how's your granny and
good old Ernie: he coughed up a tenner on a premium bond win.
The legends (worded in the ancient tribal hymn) lie cradled
in the seagull's call.
And all the promises they made are ground beneath the sadist's fall.
The poet and the wise man stand behind the gun,
and signal for the crack of dawn.
Light the sun.
Do you believe in the day?  Do you?
Believe in the day!  The Dawn Creation of the Kings has begun.
Soft Venus (lonely maiden) brings the ageless one.
Do you believe in the day?
The fading hero has returned to the night - and fully pregnant with the day,
wise men endorse the poet's sight.
Do you believe in the day?  Do you?  Believe in the day!
Let me tell you the tales of your life of
your love and the cut of the knife
the tireless oppression
the wisdom instilled
the desire to kill or be killed.
Let me sing of the losers who lie in the street as the last bus goes by.
The pavements ar empty: the gutters run red - while the fool
toasts his god in the sky.
So come all ye young men who are building castles!
Kindly state the time of the year and join your voices in a hellish chorus.
Mark the precise nature of your fear.
Let me help you pick up your dead as the sins of the father are fed
with
the blood of the fools and
the thoughts of the wise and
from the pan under your bed.
Let me make you a present of song as
the wise man breaks wind and is gone while
the fool with the hour-glass is cooking his goose and
the nursery rhyme winds along.
So!  Come all ye young men who are building castles!
Kindly state the time of the year and join your voices in a hellish chorus.
Mark the precise nature of your fear.
See!  The summer lightning casts its bolts upon you
and the hour of judgement draweth near.
Would you be
the fool stood in his suit of armour or
the wiser man who rushes clear.
So!  Come on ye childhood heroes!
Won't your rise up from the pages of your comic-books
your super-crooks and
show us all the way.
Well!  Make your will and testament.
Won't you?  Join your local government.
We'll have Superman for president
let Robin save the day.
So!  Where the hell was Biggles when you needed him last Saturday?
And where were all the sportsmen who always pulled you through?
They're all resting down in Cornwall - writing up their memoirs
for a paper-back edition of the Boy Scout Manual.
OF COURSE
So you ride yourselves over the fields and
you make all your animal deals and
your wise men don't know how it feels to be thick as a brick.» 

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