martedì, ottobre 30, 2007

La morte rise del suo nuovo amico

Gareggi ancora,
insipienza,
con me,
donna,
come buon vino,
tribale suono
di memoria.

Sono stanco, ormai,
m’arrendo.

domenica, ottobre 28, 2007

Motel

Ci faremo domande,
domani.
Ci daremo risposte.
Poi,
cancellando le tracce dei nostri pensieri,
con movimenti e gesti studiati
impareremo a mentire.
Oggi è diverso.
"La finestra dà sul mare"
Il portiere non aggiunge altro.
Annota i nomi e conosce il suo lavoro.

sabato, ottobre 27, 2007

[Condomini] Vito Albana

Vito Albana viene dalla campagna anche se ora abita nello stesso mio palazzo.
Quando era più caruso ci finì un braccio sotto il trattore e così non lo pigghiano più a raccogliere la robba della chiana. Ma nella disgrazia fu fortunato. Un suo amico lo fece andare a travagghiare come custode in una ditta di costruzioni della città e lui in questo modo potè continuare a mangiare.
A Vito ci piace parlare con me. Lui mi ha insegnato a usare le arance e i limoni per colazione pranzo e cena. Li sa cucinare in tutti i modi possibili. Ci fa le granite. Linsalata. Il riso. I dolci e i liquori. Quando saccatta la carne poi usa tutte le cose. Foglie scoccia e succo.
Se capita che la ditta non ciavi cantieri aperti Vito ritorna per qualche giorno al paese. Ne approfitta per pigghiare tutto quello che può che così può conservarselo nella sua casa. Cette volte in quelloccasioni passa da me per sapere se voglio anche io quaccosa e poi me lo porta che ne napprofittiamo per fare due chiacchiere.
Fu per questo che ieri mattina lo visti spuntare dietro alla mia porta di casa alle sei precise che ancora sembrava notte. Si presentò con una bella forma di pane. Due cipolle. Un pezzo di pepato fresco e mezzo litro di vino.
Voleva fare colazione.
Mi disse che era dalle cinque che era pronto ma aveva avuto paura di distubbare e così aveva aspettato unaltra ora. Era tutto contento di potermi raccontare le ultime novità del paese.
Di suo nipote Mariano che senera fuiuto con una carusidda di tredici anni. Di Carmela. Pecchè la gelatara del corso ciaveva lamante e lo sapeva solo lui. Dello Zio Cola che sera ammuccato venti uova e cinque chili di sasizza cruda per scommessa. Di sua madre che ancora a novantanni se ne andava ogni giorno al cimitero per parlare con suo marito. Mi disse anche che maveva portato della ricotta accussì buona che a mangiarla con la pasta di casa che ciaveva lui era meglio di un pranzo di matrimonio.
Vito non sera mai sposato.
Non ne voleva compassione per il suo braccio.
Alle femmine oneste invece ci tremavano le mani quando ci vedevano quel pezzo di carne che cera rimasto. Mi cuntò che per questo quando ciaveva vogghia di farisi taliare lattro pezzo ca pinneva apriva il portafoglio e chiureva locchi.

giovedì, ottobre 25, 2007

inerzia

Ed è in questo silenzio
di nubi, di vento,
di pioggia,
di passi,
di notte nascosta alle stelle,
di pelle,
che, come un soffio
alla mente, catturo un: "ti amo".
Accompagna i tuoi fianchi,
le labbra dischiuse,
le voglie che taci,
che il corpo rivela.
E ti svela,
e mi svela.

martedì, ottobre 23, 2007

"Sotto l'angolo retto di una stella"

Se anche tu non fossi vera ma
terra nel cuore
a bruciare
quell’inganno cela
che mi ha dato amore e ancora nuvole
a sfumare.

lunedì, ottobre 22, 2007

Flipper

Proviamo a giocare a lottare sul letto sudati bendati dai nostri domani e m'appare sincero il lento sfiorare il tuo seno un segno casuale che serve a spezzare quel parlottare d'amore di latte di figli ma dopo ti spogli mi spogli lontani da ieri dalle foto sbiadite dalle tranquille rispettose vite i corpi e la pelle e le rughe e l'odore sui peli che la lingua percorre nel suo caldo tragitto e sconfitto è soltanto il ricordo mentre muto ti mordo mentre nuda mi cerchi.

La Fortezza

Chiederei di te.
In un soffio a ricordare una vita
di sale e di olio che unge le dita
le labbra che bagna quel pane
già caldo quel pane che scotta.
Una vita che perde i confini del
gruppo che gioca che ruba che
spreme dagli acri limoni dai
mossi abbandoni. Gli stessi del
mare e girovagare tra oggi e
domani nelle tue mani o nel
viso che rosso risale a cercare
il nostro in silenzio riamare.
Parlerei di me.

Aktion 1005


Forse così, in nota di stupore,
brume accoglierai, madre,
di noi acerbi fuochi.

Un tempo corpi,
prosciugati al ricordo
e al pianto.

domenica, ottobre 21, 2007

[Condomini] Petites Madeleines

Prima ca ci facevano i fimmi di futtiri cerano stati tutti i combattimenti di Bruslì e Franco e Cicco macari che però non mi piacevano assai pecchè preferivo già i minni della Fenecc.
Fuori dallentrata a volte cerano tanti picciriddi che ciavevano i legni con le catene e chi non se li poteva comprare si futteva la catenella del cesso alla scuola e sarrangiava a combattere che tantu nuddu li sapeva usare.
Di fronte al cinema cera il biliardo.
Addire la verità cenerano due di biliardi. Uno per i professionisti ca ci mittevano la lira nelle partite e arrivavano tutti con la stecca personale da montare. E uno che invece non cera nessuno che controllava i puttusa nel tappeto. Quello era il mio. E degli altri carusiddi.
Nella stessa vanedda ci stava macari una putia. Ogni tanto ci scappava quacche bicchiere di zibibbo che a noi a quei tempi ci pareva che ci scippava la testa di quantera forte e vineva vogghia di parrari e cantari e futtiri macari che per quello cera sempre "a napoletana" ca chiureva un occhio se acchianavi al primo piano senza documenti che tanto tutto era controllato e prima che arrivavano gli sbirri a fare lispezione il palazzo era deserto. Qualcuno che conosco ci fici la scuola ni du postu e si pigghiau macari qualche ricordo personale di quelle fottute.
Svoltato langolo cera il barbiere.
Du seggi a molla e un cavadduzzu per i nicuzzi. Cetto me la ricordo ancora quella stanza ma di più però il ciauro delle immaginette che ci dava ai clienti più fedeli. O a quelli che crescevano. Quannu vinni il mio turno piddù rialu addivintai tuttu russu e mattisau la minchia. Allora scinnii veloce dalla poltrona e scappai a casa.
Non lo sapevo ancora che non è peccato.

sabato, ottobre 20, 2007

Il ballo delle streghe (Ingorda)

Ride. Come fosse mattina di nebbia sul bus, girandola nitrica. Ride. Mi narra di un furto, e di truffe allo stato. Il suo corpo sfiora il bisogno, il rancore. Non ho occhi per riuscire a guardarla, non ho mani. Stringo i pensieri sull'acciottolato delle labbra. Sulla lingua indiscreta. Con forza. Un ultimo slancio, dunque. A liberarmi da questo secreto. Da lei, tugurio e prigione. Halloween. Halloween s'avvicina, le dico. Già mi vesto.

venerdì, ottobre 19, 2007

Del trasferirsi della morte

>Il tuo viso spaventato, e quelle analisi. Lì, in quella carpetta lucente.
"Aiutami. Ti prego, aiutami" piangevi.
Tre mesi. Solo tre mesi. Prima che il corpo iniziasse a ribellarsi, prima che il caso accompagnasse i tuoi gesti. Io continuavo ad udire la tua voce. Il dolore. Imparai il sapore delle lacrime.
"Lo farò io amore, lo farò io" ti dissi.

Quando mi chiamarono era notte. Tu dormivi ancora al mio ritorno.

Avrei potuto confessarti quello scambio. Raccontarti, ridendo, del primario. Rabbuiato. Nervoso. Unico colpevole in quella stanza. Rivelarti i suoi pensieri.
"Dimenticare l'inesattezza, l'incidente." "Non far scoppiare inutili pubblicità".
Avrei potuto confidarti le mie angosce. Parlarti del trasferirsi della morte.
Del suo volto, anche, del suo corpo.
"Lo farò io amore, lo farò io" solo questo ripetei al tuo risveglio.

Quando ti portarono via era notte. Lei dormiva ancora al mio ritorno.

martedì, ottobre 16, 2007

Carlo Ginzburg - sul gusto -

"Il gusto è un filtro che ha implicazioni morali e cognitive, oltre che estetiche."

lunedì, ottobre 15, 2007

Cheek to cheek

Ombro sulle labbra il silenzio.
Un'inquietudine - quel bacio -
vela ai tuoi occhi il briccicare
dell'anima che invano attende.

domenica, ottobre 14, 2007

[Condomini] Il Cavaliere Arcidiacono

Arcidiacono conosce a Bellusconi.
Me la detto quando è venuto da me pecchè ci aveva suo figlio da votare che è un bravo ragazzo. Lui ma ricordato che io lo conoscevo da quando pisciava nel letto a du carusiddu e che sacchianava mi poteva aiutare.
Io al cavaliere Arcidiacono lo ascoltato sempre pecchè quando cera a democrazia maiutao tutte le volte che ciandavo a casa sua per parlarci e mi fece travagghiare pure a me e a quaccuno della mia famigghia.
Poi per un poco di tempo non sera capito più niente. Uno non sapeva più a chi doveva chiedere per un favore e accussì manco ti prendevano macari ca uno ciaveva la volontà. Io questa cosa non la sopportavo proprio pecchè a me che mene fotte se si mangiavano i soddi?
Io travagghiavo e potevo guardare in faccia a tutta a me famigghia e a quei cuttigghiari del palazzo.
Ce le dissi quella volta queste cose a Arcidiacono e lui già li sapeva.
Mi disse di non preoccuparimi che tutto si sarebbe sistemato e poi mi diede cento euri così me lo ricordavo meglio il nome di suo figlio e non mi scordavo di nesciri da casa alla domenica.

giovedì, ottobre 11, 2007

Bacco

Fra freisa e fresie
m'attardo. Poi
frango il vermiglio
di sangue frammisto.
Compio.

martedì, ottobre 09, 2007

Aprile 1982

"Guarda! Che ne pensi? Leggi!"
Nello non sembrava sentirmi, prese distrattamente il foglio che gli avevo passato poi, guardando fuori dalla finestra, lo appallottolò per tentare un clamoroso centro dalla ragguardevole distanza di tre metri dal cestino.
"Che cazzo fai?" urlai. Era un intero pomeriggio che tentavo di scrivere quel volantino.
“Ho bisogno di uscire” rispose.
Nora, circondata dalle compagne, continuava a parlare di cose che non capivo.

Camera Dei Deputati (seduta del venerdì 23 aprile 1982)
"È iscritto a parlare l'onorevole Catalano. Ne ha facoltà."
"[...]L'obiettivo dei nostri ordini del giorno è di condizionare nel merito la spesa militare, sottolineando innanzitutto che non una lira deve essere spesa per armi nucleari, batteriologiche o chimiche o per infrastrutture destinate ad ospitare in qualsiasi modo queste armi. Questo è
l'impegno del movimento per la pace, l'impegno preso dalle 500 mila persone che hanno manifestato il 24 ottobre 1981 a Roma, ed anche successivamente con la manifestazione di Comiso del 4 aprile scorso."
"E' stato incredibile! Ad un certo punto dal palco hanno detto che anche noi eravamo arrivati, solo che qualcuno ha storpiato il nome! Boggilori, così ci hanno chiamato, capisci? Boggilori, quelli del Collettivo Studentesco del liceo Boggilori di Catania hanno detto, e noi lì tutti contenti che però volevamo salire e dirglielo a quelli del palco che si erano sbagliati"
L'erba era di quelle buone, lentamente arrivava a svolgere il suo lavoro, il suo compito. Nora giocava con la chitarra mentre Umberto le raccontava tutto stringendola alle spalle.
Io e Nello ridacchiavamo guardando le foto in bianco e nero della manifestazione.
Un vento terribile spingeva contro il nostro striscione. Rosso e senza parole, che lì, a Comiso, bastava solo esserci.

Radio uno (26 Aprile 1982) Battiato "Gli uccelli"
“Volano, gli uccelli volano nello spazio tra le nuvole, con le regole assegnate a questa parte di universo, al nostro sistema solare. Aprono le ali, scendono in picchiata e atterrano meglio di aeroplani, cambiano le prospettive al mondo. Voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili: codici di geometria esistenziale. Migrano, gli uccelli migrano con il cambio di stagione. Giochi di aperture alari che nascondono segreti di questo sistema solare. Aprono le ali,
scendono in picchiata e atterrano meglio di aeroplani, cambiano le prospettive al mondo. Voli imprevedibili ed ascese velocissime, traiettorie impercettibili: codici di geometria esistenziale. Volano, gli uccelli volano nello spazio tra le nuvole, con le regole assegnate a questa parte di universo, al nostro sistema solare.”
"Guardate che questo non è un posto sicuro"
Le bombolette erano già pronte, ma a due passi dalla centrale dei carabinieri scrivere su quel muro un gigantesco "No alle basi" era proprio una gran cazzata. Rimasi a controllare mentre Umberto iniziava, Nello continuava ad agitare la seconda bomboletta per quella che era ormai la sua firma, un pugno chiuso con una chiave inglese. Una maestria degna del miglior Giotto.
Me li trovai alle spalle, riuscii solo a vedere il No che gocciolava e le bombolette a terra, poi vi fu solo la macchina, con Umberto, e il maresciallo.

Vincenzo Vasile (sull'Unità)

“Violo dopo tanti anni il vecchio comandamento del cronista: non apparire. Per dire che qualche ora dopo ci sarei stato anch’io su quella macchina. La Fiat 131 che vidi sforacchiata e zuppa di sangue alle 9,30 del 30 aprile 1982 in piazza generale Turba, a Palermo. La gamba di Pio penzolava dal finestrino, e pensai: almeno li ha presi a calci. E Rosario alla guida sembrava dormisse a bocca aperta, il capo sul poggiatesta e un buco rosso.[...] “
La mattina è ancora un po' fredda. Prima della scuola e dopo la lunga nottata passata a dialogare con i caramba mi fermo per un involtino ripieno di crema. Scotta. Da lontano i giornali sembrano riportare un'unica notizia. Pago alla cassa poi attraverso la strada e mi avvicino per leggere meglio.
"Ucciso il dirigente comunista Pio La Torre e l'autista Rosario Di Salvo"
La crema densa scivola sulla mia mano e cade a terra con uno strano rumore. Mi ritrovo a correre verso la scuola. Ecco qui a destra, ci siamo quasi. Poi mi blocco.
Sul muro, dove ieri ci hanno fermato, una scritta, enorme: "Nora ti amo"

domenica, ottobre 07, 2007

[Condomini] Istituto Case Popolari

Stamattina è arrivata una dellistituto delle case e accuminciau a suonare a tutti i campanelli:
"Buongiorno. Sono Amanda Accaria dell'Istituto Case Popolari, potrebbe essere così gentile da scendere? Cosa? Sì! Debbo presentare a tutti i condomini del palazzo alcune importanti comunicazioni dell'Ente"
Non è che tutti i capenu quelle parole però nel giro di mezzora ci fu una confusione come quando siamo scappati per il terremoto. E cera cu bestemmiava. Cu si visteva nelle scale. Cu napprofittava per lamentarisi dellascensore. Cu ci tuccava u culu a Margherita.
Era una settimana che quelli dellistituto telefonavano per annunciare la visita dellincaricato e accussì eravamo tutti tannicchia curiosi.
Quando accuminciao a parlare si fece silenzio però bastanu due parole per fare volare subito tappine e sigarette addumate. Una era spese e laltra aumento.
La signora sembrava che selaspettava. Forse anche se era nuova qualcuno allistituto ciaveva avuto pietà e laveva avvettita. Sammucciò di corsa dietro alle spalle del Cavaliere che era vicino a lei ma quando spuntò fuori da quel rifugio non cera più nessuno a sentirla tranne a me e a Arcidiacono.
Non disse nenti. Mancu salutau.
Tutta russa nisciu dal portone e menumali che la macchina laveva messa a due metri da lì pecchè allimprovviso ci arrivò tutta la munnizza dai balconi che i cani ancora stanno festeggiando e lei puliziando il parabrezza.

sabato, ottobre 06, 2007

Tu, dybbuk

Cullo la tua ombra al sole di maggio.
Altro non ho
che memoria,
alterato oblio di specchi,
e tempo.

venerdì, ottobre 05, 2007

gioco in b

Mi alzai una mattina e non esisteva più la seconda lettera, la prima consonante, insomma quell'utilità che mi permetteva di riconoscere il luogo della mia prima sosta mattutina appena uscito da casa. Sparito. Tutto ciò che la conteneva si era dissolto come neve. Persi improvvisamente un tot d'amici e conoscenti, parti varie del corpo, la mia asciugasete preferita, il compagno fedele della mia marmellata d'arance.
Che cosa fare? A chi chiedere?
Ripassai mentalmente le primarie necessità: mangiare, scopare, vivere. Quasi tutto funzionava. Avrei potuto assumere acqua dagli alimenti iniettati in vena dalla giugulare, praticare sesso pur senza importanti "varianti", sopravvivere su una confortevole sedia a rotelle.
Telefonai euforico a tutti i segnali orari del mondo, più nulla da pagare pensai, poi crollai in un sonno profondo. Mai più, mai più avrei avuto quei terrificanti sogni che da giorni parevano perseguitarmi.

mercoledì, ottobre 03, 2007

Prossemica

Continui a parlar d’altro
ché questo è ciò che ci slega
ma stringi le dita
a catena
e ti accorgi
e riprendi del nulla a narrare
che passi l’attesa
il momento
la cenere fredda
dello stupore

lunedì, ottobre 01, 2007

Sui quaderni

Sui quaderni
geometriche farfalle
chiudevano fatiche.
Colorati fiocchi di neve
le accompagnavano, a volte,
in pianti ed incubi.
Lentamente s'arrivava alla festa,
cantando,
scrivendo e sperando
in regali.
Mai quelli giusti.
Il treno, i pedali, i cowboy, gli indiani
sfumavano in un rosso di lana
eppure bastava
serviva ai giochi più belli
che continuo a giocare.