Le mani di so marito posate supra i cianchi ci ficinu passari queste fantasie e ce ne misero di nuove.
Il respiro di Iano era tranquillo e deciso macari. Accarezzava lento le braccia della sua sposa. Iucava con le sue minne e ci vasava il collo come se non lavesse mai fatte tutte queste cose. Con un amore che a vederlo si sarebbe pensato che quella fosse stata la loro prima volta. Arreri a idda non potè fare a meno di farici sentiri tutta la sua vogghia e Agata non si ribellò a quel desiderio che anche a lei ci bastava poco ad addumarisi e poi era notti e scuru e nessuno lavrebbe visti.
Appongiandosi al muretto con le mani si misi sulla punta dei piedi e allargò tannicchia le cosce. Iano ci misi picca a unirsi a lei. Ogni volta che succedeva ci pareva di sintirisi come uno che torna a casa e di certo di là non avissa mai voluto nesciri. Tirandola a sè entrò tutto dentro lei e poi si fermò che voleva che anche lei riconoscesse quella presenza. Rapissi a sò anima.
Un lampo vicino li distrasse un momento. Una luce e poi un tuono fortissimo sembrò allontanarli da quel paradiso ma quannu accuminciau a chioviri serano già scordati di tutto. Agata sera piegata tannicchia chiossai e assecondova il movimento del marito. Uno spingere lento. Un furiari di cianchi che ogni tanto si interrompeva per trasformarsi in assalto. Una danza. Lei continuava a muzzicarisi le labbra e locchi parevano spiritati. Non vireva chiù nenti e del resto nenti cera di chiù importante.
Erano ormai sculati e alla pioggia poi sera aggiunto macari il vento. Un vento forte. Cauru. Un vento rabbioso come il ciato di un lupo. Era come se qualcuno avissa vulutu scannarici i carni ma loro pareva che nemmeno la sentivano questa avversità. Erano più forti di ogni cosa. Di ogni tempesta.
Un colpo più siccu spostò il lavoro di Iano e dalla tettoia ci cascau na testa una sicchiata fridda proprio mentre arrivavunu tutti rui a godiri. Agata si sintiu china e poi fu solo lalba.
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