venerdì, agosto 08, 2008

Strade catanesi

Via Balatelle

Parte delle abitazioni poggia su di una collinetta, si viene cosi a formare un lieve dislivello tra i vari ingressi ma tale scarto è superabile attraverso quelle che un tempo si sarebbero chiamate comode scale e che ora, con tutti i gradini sapientemente brecciati, appaiono alla fantasia come orli di antichi castelli. In onore alle leggi, poi, sono state aggiunti anche degli scivoli laterali, certo utili per i "carrioli a pallini" e per chi come me non ha nessuna intenzione di scendere dal motorino per raggiungere le entrate dei palazzi. Quasi inutile parlare di citofoni e targhette, la loro sporadica presenza è comunque vero segno di distinzione, di potere, tra una reggia e l'altra.
Abitano qui Iano e Tony. Da un paio di giorni, durante il mio giro, li vedo giocare con l'acqua. Bravi ragazzi. Credo siano agli arresti domiciliari, ma la polizia non è un problema. Solo una luce lampeggiante in possibile avvicinamento. Da controllare sulla strada lontana, se proprio necessita, se si sa che si deve firmare.
Giocano con l'acqua, dicevo. Hanno iniziato facendo uscire un grosso tubo dal balcone del primo piano per innaffiare, con quello, il cemento spaccato dal caldo. Oggi, invece, li ho sorpresi con tutta la famiglia. I bimbi sguazzavano quasi nudi sotto il getto offerto da Iano:
"Chiffà ti voi vagnari? Ta voi rari narifriscata?".
Sorrido, accetterei volentieri, ma sono in "servizio". Con il capo faccio segno di no e passo allo scivolo successivo, poi mi fermo. Una bimba mi sbarra la strada. Ha un costume carino, tutto rosso e giallo. Sorrido di nuovo ed incontro il suo sguardo. Ride, sdentata e contenta:
"Papà, ancora! -urla all'improvviso - papà!".
Fuggo un attimo prima che l'acqua mi colpisca. "Figghi di sucaminchi!" penso. Inutile voltarsi. Perderei solo tempo.

Largo Guastella

Come un arco pronto a colpirti, come un anfiteatro abbandonato, come un cuttigghio barocco su cui occhieggia un'immensa chiesa. Come un'epifania del rito malavitoso santapaoliano. Largo Guastella ha tutte le caratteristiche del luogo mitico, senza tempo.
Anni fa, durante il mio noviziato lavorativo, fui qui accolto festosamente da un signore che (per chiamarmi sostenne poi candidamente) mi lanciò sulla testa delle mollette da bucato e da un nugolo di fanciulli che, giocando anch'essi come il primo, quasi distrussero la mia borsa ed il suo contenuto. Il giorno dopo strategicamente mi ammalai e tutto divenne folcloristico ricordo, ma ora è diverso, ora tocca esserci per lungo tempo.

Arrivo molto presto. I colleghi mi hanno informato sui riti da officiare: scampanellata con la vespa, grida ripetute ("Posta! Posta!"), attesa.
Ecco, sul tempo dell'attesa le opinioni sono state contrastanti. C'è chi ha parlato di un minuto e chi, invece, è arrivato a suggerirne tre o cinque (ma sono stati i soliti estremisti) ad ogni modo tutti hanno evidenziato la necessità di attendere l'urlo di risposta. L'attimo in cui l'eletta rispettosamente esploderà un:
"Piccuiè?"
Quasi sempre ella sarà incazzata, con un bimbo in braccio e abbondanti minne poggiate sul balcone. L'officiante solo allora potrà iniziare a snocciolare i nomi dei prescelti sperando che qualcuno di essi raccolga per tutti ciò che egli ha portato, si passerà poi al condominio successivo per ripetere esattamente le stesse operazioni. Otto volte, prima di completare il percorso.

Fui fortunato quel giorno. Il primo nome, per uno strano scherzo del destino, fu quello di un tal Erbasecca.
"Erbasecca! Cerco Erbasecca" urlai ridendo, e mi sorrise il mondo.

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