domenica, giugno 29, 2025

Vulissi

 Vulissi sapiri comu fa u mari 

a vagnari u cielu 

 di cu ie stu focu 

 cadduma i stiddi 

quanti notti su comu a chista 

chini di poesia.


Vulissi viriri ne to occhi 

ne me occhi e truvari

 attia e ammia ammucciati

no ciatu do munnu

na sta nica fantasia

sabato, giugno 28, 2025

[Condomini] Nicola

Accapita alli voti la furtuna ca unu attrova chiddu ca circava macari senza sapirlu e accussì fu pì Nicola ca a sò futtuna fu di truvari ammenzu alla strada na vicchiaredda ca ci rissi: "Bi chissì beddu! Ci veni cummia?" e iddu ci iu e poi ancora e ancora ca ogni vota sinni tunnava a casa co pottafogghiu chinu e a minchia vacanti. E sta cosa durau npezzu che alla fini Nicola lassau pi tantu tempu a so casuzza e accuminciau a fari a vita do signuri. 

"Ma non ti veni u scuncettu?" ci ricevunu lamici e nel frattempo si vivevunu a birra offerta pi festeggiare quella novità. "Ammia mi piaci da fimmina. Non è un sacrificio. Macari su è tutta arrappata. Macari su i minni ciarrivanu na panza. Ammia mi piaci. Chicci pozzu fari?" ciarrispunneva Nicola e arrirevunu lamici e vivevunu e mangiavunu con gusto ca tutto era a gratisi.

Accapita alli voti ca i cosi finisciunu e accussì fu macari per Nicola ca a vicchiaredda muriu e i soddi finenu e iddu sinni turnau a fera a vinniri i robbi de cinisi. Epperò non si lamentava e non riceva nenti ca tutti pinsavunu ca u spassu sillava pigghiatu e non sempri è pararisu." Chiffà nesci?" ci ricevunu ancora lamici ma iddu sinni stava a casa ca non puteva spinniri e allora non cera gusto riceva.

Oggi uncuntrai o cimitero ca ci stava puttannu i ciuri a da fimmina. Comu su avissu spiatu na me testa mi rissi:"Io ci vuleva beni. Non erunu sulu i soddi. U sai minsignau tanti cosi dà cristiana e mi fici viriri u munnu comu pò ghiessiri e i cosi belli ca ci sù su ciai a pila. Accussì la ringrazio ancora ca macari a vita mi pò cangiari di novu. Non si sa mai. Iu ci tentu ogni iornu ca maccattu i biglietti do gratta e vinci no tabacchinu e però ancora non ciaia arrinisciuto". "Ma non si sa mai!" Arripitiu.

Ciaccalai la testa che la discussione puteva addivintare longa. Che ciavissa rittu ca non si trasformano i cosi su unu cecca sulu a futtuna. Ca o si cangia tutto e tutti o non si cangia nenti. Ca ie stu munnu ca non funziona. Epperò u visti accussì tristi ca non mi vinni di mancarici di rispetto. Cè sempri tempu na putia pi parrari. 

venerdì, giugno 27, 2025

angolo di contingenza

Non darmi ancora amore, 

dammi formaggio e miele piuttosto, 

acqua e vino, luce e vento. 

Dammi, ti prego,

l'inspiegabile tenerezza 

di un momento.

giovedì, giugno 26, 2025

[condomini] a chiazza

"Arreri a casa cè na chiazza nica nica ca ci iucavunu e ci iocunu ancora i picciriddi e oggi però ci posteggiano macari i machini che quasi non cè chiù spazio. Ni sta chiazza ci passavunu e ci passunu ancora i cani senza pattruni. Furianu vicinu o muru pi non farisi viriri. Pì non farisi nsuttari.

Iu quannu era nico na sta chiazza si firmava u gilataru e macari u fruttarolu caspittavunu i panari ca scinnevunu do balcuni e lordini e vuciavunu a sò mercanzia Quannu mossuno ca erunu vecchi u gilataru e u fruttarolo non vinni chù nuddu a vanniari che non ce nera chiù bisogno.

Su maffacciu i viru ancora tutti sti cosi macari ca su sulu na me testa e viru ncarusiddu ca sarritira no scuru de stiddi e frisca tuttu cuntentu e pagghioli ca iocunu ancora co carrettu a pallini e fimmini ca passunu tutte allicchittiate pi iri alla missa e sentu u sgrusciu dei piatti na tavula e le discussioni a vuci di testa dalle finestre ca unu no sapeva bonu su si stavunu acchiappannu o eranu sulu surdi e marriva ancora na nasca u ciaru do sugu calleggiu alleggiu coci supra o focu e inchi laria e la memoria. "

Totò ascuta u vecchiu e non ciu rici ca iddu i sapi tutti sti cosi. Non cè bisogno. I vecchi vannu ascutati macari ca si scordunu i cosi larii e tuttu na loro testa pari na favula. Picchì è chistu chiddu ca ciavemu di bisogno. Che la vità non è sulu scantu.

mercoledì, giugno 25, 2025

domani

Attraverseranno fidenti
i miei passi
questo tempo
fin quando mi sarà dato 

Nelle mani la fertile sconfitta
di chi ha lottato
negli occhi gli accesi ricordi
di un incendio
nel cuore ancora e ancora sete
di giustizia

Noi non siamo
noi non saremo

martedì, giugno 24, 2025

alfabeto

Quando la città fu distrutta A era appena uscito da casa per andare al lavoro, tutto era calcolato e preciso. La sua puntualità era stata apprezzata più volte e certo non avrebbe sfigurato neanche quel giorno. B dormiva ancora profondamente, sognava un lungo viaggio in un luogo che non riusciva a identificare, vedeva solo torrenti ed erba e un piccolo ponte su cui sembrava pericoloso passeggiare. C aveva portato fuori il cane per la prima uscita mattutina chiedendosi, come sempre, se quel piccolo rito facesse meglio a lui o all’animale. D, invece, scrutava il cielo come per una strana premonizione. Il giorno prima aveva litigato con E per una banalità di cui forse era responsabile, ma non riusciva ancora a chiedere scusa anche se continuava a tenere il telefono in mano sperando in un messaggio. F stava per finire il suo turno di lavoro: "mai più di notte" continuava a dirsi mentre guardava impaziente l'orologio.G e H facevano l'amore, era qualcosa di dolce e complicato tra loro due. Nessuno tra loro avrebbe detto potesse succedere eppure ora erano lì e mentre sospiravano, mentre si stringevano, toccandosi, gemendo, era sparito tutto quello che ognuno aveva pensato dell'altro quando si erano conosciuti. Così, scomparsa ogni difesa, ogni pregiudizio, era, ora, solo desiderio, ebbrezza.

Quando la città fu distrutta I pensava che da lì a poco avrebbe incontrato la sua amica L per andare insieme verso scuola. Non le piaceva molto quell'edifico. Lo trovava triste. Sperava tanto di trovare un giorno una struttura più bella, più verde al posto di quel mostro. M aveva un po' di mal di testa, la sera prima aveva esagerato con gli alcolici. N e O avevano dovuto accompagnarlo fino casa e nel tragitto ricordava di aver vomitato parecchie volte. Dove aveva messo gli abiti sporchi? Come aveva fatto ad arrivare alla propria stanza? Si era risvegliato completamente nudo e con P accanto a lui. Che ci faceva lì? Forse loro due...? No, non era possibile a lui piacevano le donne, ne era sicuro. E però... . Uno squillo, Q stava  provando a chiamarlo al telefono ma non aveva voglia di rispondere. Troppo difficile articolare qualcosa con quella testa che sembrava scoppiare.

Quando la città fu distrutta R era indecisa se mettere il miele o il burro sul pane tostato e così stava ferma con il coltello in mano, incapace di decidersi. S tamburellava con le dita sul vetro dell'autobus. Era in anticipo sulla visita, ma non aveva resistito e ora si era ancora più innervosito, ma cosa fareste voi se qualcuno vi avesse parlato di cancro, se l'esito dell'esame fosse stato così deludente? Se lo ripeteva giustificando se stesso, il proprio star male.  T lo guidava quell'autobus. Finalmente un vero lavoro per lei. Anche se ancora non aveva imparato a ignorare quegli sguardi, le mezze parole sussurrate, le manifeste perplessità verso il suo essere donna, verso il suo  hijab. Alla fermata U attendeva arrivasse il numero giusto. Anche nella sua vita era cosi. V passeggiava lungo le strade del centro, guardava le vetrine e si confrontava con Z. Era difficile che alle due donne piacesse lo stesso capo, eppure ognuna di loro fingeva per non deludere l'altra, sapendo benissimo che la compagna avrebbe capito da un gesto della mano, da un sorriso di troppo, dal rapido incresparsi delle labbra.

Quando la città fu distrutta io ero lontano. Non ho visto. Non ho sentito, capito. Dormivo di un sonno buio, vuoto. Quando mi sono risvegliato era già tardi.


lunedì, giugno 23, 2025

[Alfredo] una birra, grazie

Si continua, seduti al tavolino del bar, a chiacchierare, a inventare e distruggere mondi, a litigare. Ogni tanto lo sguardo va altrove: le bolle allegre del bimbo in carrozzina, il girovagare stanco degli ausiliari in cerca di qualcuno da multare, una bella donna distratta. Ci sono strade dove tutto scorre uguale altre, come quella in cui si trovano, in cui il mondo si affaccia e prende fiato.

Alfredo  e il suo amico sorseggiano una birra fresca, leggera. "Non pensi che ormai non spetti più a noi?" gli fa quello raccogliendo l'ultimo triangolo di pizza rimasto.

Ha qualche anno meno di Alfredo eppure è come se ci fosse stato a un certo punto della loro vita, prima ancora di conoscersi, qualcosa che li ha resi per sempre diversi. Almeno è questo che Alfredo ha sempre pensato. Una cesura, qualcosa di indipendente da quello che si è stati, da quello che si è diventati, dalla stessa comunanza di idee. Un cambio di archetipo, di paradigma, avrebbe detto Alfredo se fosse stato un altro, ma lui si accontava di ipotesi, di piccole suggestioni che arrivavano come fossero pensieri sempre stati lì, nella sua testa.

Ecco, per Alfredo il mondo era cambiato alla prima telenovela di massa, al primo spettacolino televisivo di comicità innocua, alla prima piazza invasa dall'eroina, all'apparire di tante narcotizzanti movida. In meglio? In peggio? Aveva importanza? Non molta per Alfredo. Era accaduto, accadrà ancora.

"C'è sempre spazio per un nuovo Pereira" risponde all'amico, prima di riprendere in mano la birra e ordinarne una nuova, più fresca.

  

domenica, giugno 22, 2025

trump's morning prayer

dio è con noi
dio è vicino
dio guida
il mio cammino

dio mi elegge
dio è la legge
dio di certo
mi protegge

dio sconfiggi il mio nemico
dio ora brucia il bolscevico
dio distruggi il mondo intero
fa' che di te sia sempre fiero
dio esegui quel che dico
o dio, lo giuro, ti maledico

sabato, giugno 21, 2025

-Nuove Indicazioni: cambia il paradigma- di Giovanni Fioravanti

Presentando la bozza delle “Indicazioni Nazionali per il curricolo – Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo di istruzione”, trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione per il prescritto parere, il sito del MIM riporta la dichiarazione del ministro Valditara: “Una riforma pensata per i nostri giovani, per abituarli ad esprimersi correttamente, ad essere chiari, a saper ragionare, a sviluppare creatività e sensibilità. Per imparare meglio la matematica. Per conoscere la nostra storia e, dunque, avere un’identità. Per conoscere la geografia e il mondo in cui vivono”.

Dunque le nuove Indicazioni nazionali per il curricolo costituiscono una riforma, cioè danno alla scuola “una forma nuova”, una forma che prima non aveva. Non una forma qualunque, ma una forma pensata appositamente per “i nostri giovani”. Non giovani astratti ma “i nostri giovani”. Una riforma che prende le mosse da come i suoi ispiratori pensano che siano i nostri giovani, una sorta di  giovane standard.

Evidentemente l’idea contenuta nelle Indicazioni del 2012 era erronea, costituiva una fallacia, un imperdonabile abbaglio: “Le finalità della scuola devono essere definite a partire dalla persona che apprende, con l’originalità del suo percorso individuale…”

No! Abbiamo bisogno di ordine, di sicurezza, di normalità, abbiamo bisogno di un “idealtipo” di giovane.

Del resto, introducendo la lingua Italiana, le nuove indicazioni si avventurano ad usare il termine “paradigma”, si dichiara che: “Il cambio di paradigma delle Indicazioni attraversa soprattutto la disciplina Italiano, riportando al centro […] esistenza e gerarchia delle ‘regole’…”

Basta allo spontaneismo, ci sono gerarchie da rispettare, c’è l’autorità delle regole che non possono essere violate. Del resto alla base del nuovo paradigma sta il principio di autorità come condizione di libertà. L’autorità del Magis, del Magister  e il latino, quello di Giovenale,  non si spreca “maxima debetur puero reverentia/ maxima debetur magistro reverentia.

Il maestro modello di sapienza a cui spetta il compito, secondo il più rigoroso idealismo gentiliano, di trasformare la potenza dell’alunno in atto, poiché egli possiede tutta la scienza a cui deve avviare l’alunno nella prospettiva dello sviluppo integrale della persona. 

Ma attenzione a non esagerare ricordano le nuove indicazioni: non multa, sed multum in primis.

Allora sorge il dubbio che “i nostri giovani” pensati dal ministro e dagli estensori delle nuove indicazioni  presentino un profilo in negativo che, accedendo alla scuola, deve essere corretto, raddrizzato, educato al rispetto dell’autorità, delle regole, condotto per mano dal magister affinché ne esca plasmato, vale a dire formato  secondo il paradigma, il modello che sottende a queste Indicazioni.

Insomma i nostri giovani usciti finora dalle nostre scuole non sanno esprimersi correttamente e chiaramente, non sanno ragionare, non hanno sviluppato creatività e sensibilità, non hanno imparato bene la matematica, non conoscono la nostra storia e dunque sono privi di identità, non conoscono la geografia e il mondo in cui vivono.

Ammesso che sia così e non si tratti di una generalizzazione un tanto al braccio, sarebbe, come minimo, prima di tutto necessario andarne a ricercare le cause ad esempio nel perdurare di una didattica trasmissiva ex cathedra, di una organizzazione scolastica che risale all’ Ottocento, nella formazione del personale scolastico e potremmo continuare nell’elenco rispetto agli appuntamenti mancati nella storia del nostro sistema formativo.

Invece no, è il paradigma che va sostituito con uno educativo, plasmatore di personalità e identità, pensato da chi ora detiene la guida del ministero di viale Trastevere, che è un apparato dello Stato.

Si preferisce smentire quanto affermato in apertura delle Indicazioni  nel paragrafo PERSONA, SCUOLA, FAMIGLIA: “La Costituzione mette al centro la persona e concepisce lo Stato per l’uomo e non l’uomo per lo Stato come opportunamente sottolineava il costituente Giorgio La Pira.”

Affermazione che a conti fatti, leggendo queste “Indicazioni-Riforma” appare per lo meno azzardata se non addirittura incongruente. Qui è la persona del giovane ad essere concepita per lo Stato e non viceversa, è difficile sostenere il contrario quando si scrivono Indicazioni per modellare la gioventù ad uso e consumo del proprio paradigma educativo, e l’autorità liberatrice, di memoria lambruschiniana, in realtà diventa coercizione mascherata da un’effluvio di parole che restano prive di senso, quando il nuovo paradigma della scuola italiana del terzo millennio ha come punti di riferimento Giorgio la Pira, Luigi Sturzo e Gentile, annullando il tempo della pedagogia scientifica e della complessità come disturbi della storia e della scuola.

Eppure lo scriveva oltre due secoli fa Immanuel Kant: ““L’arte dell’educazione, o pedagogia, deve diventare ragionata, se deve sviluppare la natura umana in modo che essa attui il suo destino […] Il meccanismo dell’arte educativa deve trasformarsi in scienza, altrimenti una generazione potrà distruggere quello che l’altra ha già conosciuto. […] In generale si crede che l’esperimento non sia necessario in educazione  e che già la ragione possa giudicare se qualcosa è per essa buona o cattiva. Ma si sbaglia molto e l’esperienza insegna che ai nostri tentativi seguono spesso risultati del tutto contrari  a quello che ci aspettavamo. Si vede pure che, perché l’esperimento è necessario, nessuna generazione può formulare un piano completo di educazione”. (1)

“Altrimenti una generazione potrà distruggere quello che l’altra ha già conosciuto”. È esattamente quello a cui stiamo per assistere!


(1) I. Kant, Pedagogia, a cura di N. Abbagnano, Paravia, Torino, 1945, pp. 4, 10, 20, pp 14-15

Articolo tratto da https://istruireilfuturo.com

venerdì, giugno 20, 2025

solstizio d'estate

Debutta il lungo incessante frinire,

a intervalli si uniscono al coro

il rombo del tagliaerba, 

le stridule voci di chi fino a ieri leggeva sui banchi.

Ho smesso di ascoltare musica alla radio,

ma non me ne dispiace. Mi muovo 

verso la finestra mentre il sole ricama 

ombre sul pavimento di casa, 

passa, paterno, tra le fronde 

piene di vita, fino a carezzare 

il nero merlo sul prato. 

"Cick, cick, cick!" questi mi dice.

Credo, domani, inizi l'estate.


giovedì, giugno 19, 2025

[Alfredo] così la vita di ciascuno è la materia dell’arte di vivere

Ama poco i personali ricordi Alfredo. "La vita è presente" dice e anche ora, anche in questo momento, mentre il suo amico parte con un "Ti ricordi quando..." lui si trova con poco da dire. Certo l'infanzia, certo l'adolescenza, i primi amori, il lavoro, ma per Alfredo tutto questo ha ora poca importanza. 

"Si, mi ricordo - dice - ma adesso? Io? Noi? Cosa siamo adesso? Cosa facciamo adesso?"

L'amico abbozza un sorriso, lo conosce da tempo e sa di quella sua ritrosia. Così inizia a parlare della guerra, dell'Italia. Alfredo si desta, risponde, ribatte. Affiora, dentro le sue frasi qualche episodio della loro amicizia, il tenero ricordo di un vecchio amore. 

"Ecco, gli scappa nel pieno della discussione, legare il presente al passato per quello che è avvenuto, per quello che è stato. Questo è necessario". L'amico annuisce e smette di parlare. 

Anche Alfredo si ferma. Guarda verso il fiume, poi riprende quasi sottovoce: "Mi ricordo come ero perché so come sono".

I due sorridono. Sul fiume un pallone galleggia placido lontano dalle sponde. Lo seguono in silenzio fino alla prima ansa, poi si avviano verso il bar. Il sole è ancora alto.

mercoledì, giugno 18, 2025

[condomini] OF

Ora arrivau no palazzu sta coppia di carusi. Ciavranno trenta anni a testa. 

Idda è nicuzza e che minni rossi. I capiddi niuri su na foresta ca ciammuccianu una facciuzza di picciridda. Alli voti mi pari cavissa cascari annavanti cu tuttu du pisu ca si potta dappressu. 

Iddu invece è siccu siccu comu savissa fattu a guerra. I capiddi su picca però si capisci ca sutta ciavi un tesoro da cumu idda u talia.

Insomma su du bravi cristiani. Si presentanu a me porta quannu ficiuru u trasloco. "Buongiorno noi siamo i nuovi vicini" mi rissunu. "Io sono Michela e lui è il mio compagno Giorgio". Mi presentai macari iu e ci fici ncafè. Poi parramu tannicchia da casa cavivunu pigghiatu. Do condominio. Do travagghiu ca facevunu. Non ci capii assai di questultima cosa ma insomma pinsai ca fussiru cosi di cinema che lei mi riceva sempri ca facevunu riprese. 

A matina nesciunu taddu da casa e sarritirunu prestu chini di spisa. Però su sempri beddi abbissati e puliti e salutano ogni vota quannu mi virunu.

Michela è chidda ca parra chiossai dei rui. Ciavi tannicchiedda na vuci di iaddinedda però non disturba assai a sentirla anche pecchè non ciavemu cosi assai di riri. A notti però da vucici cangia. Addiventa comu a chidda do ventu na tempesta. Come a un uragano.

Accumincianu presto le trasformazioni. I sinteva acchiapparisi comu du dannati e poi futtiri comu i selvaggi. A commedia cangiava spissu ma fineva sempri no stissu modu. Na vota era idda ca ci riceva ca era stanca di corna. Na vota era iddu ca a chiamava tapallara. Alli voti mi passi macari di sentiri u stissu suono del frustino di Ianu u stadderi. 

Sarà stato per questa cosa do cinema ca fanu accussì mi sono detto. Però loro lavissuru capiri ca a casa è nicuzza e le pareti sù comu di polistirolo. Insomma avi nmisi ca mi sposto a dommiri na cucina pi non sintirili. 

Tanu u chianchieri mi resi aieri unidea ca iddu ci piaci viriri tutti sti filmi no telefonu ca rici su amatoriali e minni fici viriri unu pifozza. "Lha taliari chistu. Spettacolare. Ci scrissi nella ciatti ca vogghiu partecipare macari iu". Fu chista la cosa ca mi fici pinsari. Insomma cu na scusa mi fici rari di Tanu una cassa della musica e lindirizzo dei suoi filmini e stasira appenna attaccunu ci mettu a me coppia a vuci di testa. Macari sta vota u capisciunu e mi fanu rommiri.  

filastrocca della speranza

Anche se questa guerra fosse un giuoco
anche se questo orrore non fosse fuoco
anche non fosse tutto solo denaro
anche se non fosse vero ogni sparo

preferirei guardare il mare
preferirei provare a cercare
la gioia in ogni momento
la musica in ogni strumento

Anche se questo mondo sopravvivesse
anche se alla bomba non si arrendesse
anche fosse più ricco il capitale
anche se aumentasse l'arsenale

preferirei continuare a lottare
preferirei continuare a sperare
in una nuova rivoluzione
in una felicità che sia azione
in un mondo in cui si sia pari
nella fine tragica dei pupari

martedì, giugno 17, 2025

[Alfredo] la scuola è finita

Nelle ancora fresche serate di giugno piccoli stormi di alunni, di insegnanti, di famiglie, si spostano dalle calde aule scolastiche verso bar e pizzerie. Alfredo li vede volteggiare in giro, li osserva seduti ai tavoli, li ascolta nel loro rumoroso transitare tra le vie della città. Non sono pericolosi, ma possono essere gravosi soprattutto quando si lasciano andare a cori, applausi e urletti fastidiosi agli occhi e alle orecchie degli altri avventori. 

I ragazzi paiono i più saggi abituati, come sono, a quelle sortite proprie, da sempre, di ogni generazione. 

Le famiglie tentano di mantenere un generale riserbo. Domina ancora, per lo più, l'occhio sociale, la falsa speranza del poter mentire agli altri su se stessi senza essere scoperti, l'illusione di un sentire comune verso i figli. Questi comportamenti scompaiono quando si ritorna liberi e i pargoli son lontani a giocare. Ecco che allora possono riaffiorare i conflitti, le rivincite su torti mai subiti, le fantasie accusatorie, i disturbi paranoidi di personalità.

La specie più divertente o più spaventevole è quella dei docenti. Agli occhi di Alfredo sembrano semplicemente spaesati. In difficoltà. Come se la compressione di intere stagioni esplodesse in brevi secondi. Alfredo li sente starnazzare tra tentativi goliardici portati all'estremo approdo del pecoreccio e pettegolezzi mal nascosti sugli assenti. Le loro voci si alzano a onda, si placano, riiniziano per poi divampare prima di un affranto silenzio, di un inatteso momento di lucidità. A quel punto si ode un suono flebile emesso dal più timido, dalla più timida, subito spento dall'emergere chiassoso di una nuova piroetta vocale di gruppo. A volte alcuni di essi sono accompagnati da capi stormo, spesso è possibile riconoscerli per un loro malcelato dispetto che li fa volare via  in anticipo sul resto del manipolo.

Tra breve quasi tutti si disperderanno prima di tornare a nidificare a settembre. Alfredo lo sa. Attende.

domenica, giugno 15, 2025

al parco

Raccogli qualcosa che qui,

a pochi passi da te, non riesco a vedere.

Forse solo un piccolo fiore, una foglia 

tra le dita, prima di fermarti. 

Il temporale si avvicina. Finalmente

sta per rinfrescare l’aria, ma non hai fretta, 

non ora, non qui. 

Penso che se volessi potresti

fermare il tempo, volare, superare queste fronde, 

vorticare 

tra le nostre poche parole.

Ecco, se fosse diventato amore.

Se fosse diventato amore avresti capito. 

Sì, 

avresti capito questo mio desiderare, 

desiderarti, 

nei limpidi momenti di noia.

sabato, giugno 14, 2025

[Alfredo] vittime collaterali

Stanotte Alfredo non è riuscito a dormire bene. 

Alla radio continuavano a parlare di attacchi, di distruzione e lui non era riuscito a staccarsi da quelle parole. Il caldo poi aveva fatto il resto in quel confuso dormiveglia e così Alfredo, già quasi prima dell'alba, aveva rimesso gli abiti del giorno prima ed era uscito in cerca di un po' di fresco per l'anima.

Le città al risveglio sono strane, sembra che sussurrino, sembra che ti guardino come si guarda un estraneo che si avventura nel tuo territorio. E sono curiose e timorose e ti seguono fin quando non si abituano a te. Fin quando non ritorni a far parte di esse.

Alfredo si è lasciato guidare da quei sussurri, dalle strisce di luce, dai piccoli movimenti dei gatti guardinghi, dal risvegliarsi degli uccelli. Sui muri ogni tanto una targa: l'eroe risorgimentale, le parole dei re, dei duchi, dei principi, la nascita di questo o quello. Non si fa quasi caso a queste cose che il tempo è poco. Si ha fretta. Si dimentica. 

Quando Alfredo si ferma trova una vecchia panchina ad attenderlo. Di fronte a lui su di un cippo malandato un elenco di nomi. Un bombardamento. Un rifugio colpito. Caduti per errore c'è scritto.

venerdì, giugno 13, 2025

[Condomini] buona educazione

Accuminciamu a diri ca i picciriddi su sempri picciriddi ma Desirè e so frati Gionatan arriniscevunu a rumpirici a minchia a tutti nel palazzo che insomma a un certo punto ci fu quasi una riunione di condominio per darici una bella sugghiata di coppa e fariccilla finiri. 

Il problema era ca sò patri era figghiu di unu malamenti e macari iddu furiava ca ciaveva sempri un cuteddu o una pistola o un fucili a pompa a seconda dei casi. Insomma alla riunione u cacazzu fu chiossai della ragione e allora fu deciso di mannari  a Tino Lomonaco u chiù vecchiu di tutti a parrari  co nonnu che loro erano stati amici dinfanzia.

"Tinu chiccè? Picchì vinisti?"

"Iu e tia ciavemu a stissa età. Secunnu tia picchì vinni?"

"E chinnisacciu. Ti sevvunu soddi? Na fimmina? Ti mittisti macari tu a tirari u borotalco?"

"Ci mancassi sulu chistu. Mi vinissi ncollasso tempu du minuti. A paci mi sevvi. E non sulu ammia."

"Tacchiappasti con qualcuno?"

"No. No"

"Ti ficiunu un torto?"

"No. No"

"E allora chivvoi? Chi ti sevvi?"

"Na to parola che to niputi. Chistu mi sevvi"

"I me niputi? Di santareddi? Vinnunu ieri ca mi purtano i puppetta di cavaddu. Erano tutti allicchittiati. Megghiu di me figghiu ca no viru ca su misi” 

"I tò santareddi fanu danno no palazzu. Tuppuliano a tutte le porte. Fanu cascari i cristani. Nsuttunu macari i vecchi. Arrobbunu macari i mutanni stinnuti. Insomma non si ni pò chiù"

"E me figghiu?"

"Ci passa reci vinti euro a matina e poi ci fa fari chiddu ca vogghiunu"

“Ah ci pensa però allura! Almeno chistu. E iu? Cavissa fari?

"Mittirici na parola. E' to figghiu. Su i tò niputi"

"Vabbene. Vatinni ora!"

I picciriddi su picciridi e accussi mi dispiaciu assai quannu i visti co culu tuttu russu appinuti o balcuni comu pagghiazzi. Macari su ci rumpevunu a minchia a tutti.

giovedì, giugno 12, 2025

alba

A rina pari oru,

u mari laccarizza 

alleggiu alleggiu,

a vasa 

comu dammucciuni. 

Cè u suli ca talia,

cè u cielu. Ci sugnu iu,

sutta sti ciuri di girsuminu, persu 

na me fuddia.

mercoledì, giugno 11, 2025

coazione a ripetere

credo sia solo la consueta 

attesa

sconfitta 

quel sordo tonfo che ancora lacera 

nonostante tutto

e si rinnova

martedì, giugno 10, 2025

[Alfredo] mercatini

Quando Alfredo si sposta verso il centro lo fa con cautela. Ama poco trovarsi tra tanta gente. Ama poco le loro, la propria, manifeste solitudini, ma anche i sorrisi forzati della finta gioia con gli amici o gli sguardi famelici di chi vive solo per un "e dopo?"

Alfredo preferisce i luoghi che conservano qualcosa che lui definisce vita vera anche se non saprebbe spiegare meglio il significato di quelle parole. Così costeggia le vie affollate. Cerca i piccoli bar nascosti e quasi vuoti di turisti. L'ombra dei piccoli giardini. 

Alfredo, però, cede ai mercatini. È attratto dalle dita che valutano veloci. Dagli sguardi in cerca di qualcosa che ancora non si sa bene cosa sia. Dai piccoli dialoghi tra i venditori quando questi iniziano a sistemare la merce per andare via.

Li frequenta da sempre Alfredo, i mercatini. Come per uno strano sortilegio in essi tutto nel tempo è rimasto uguale. Tutto è mutato. Come se un piccolo mago avesse solo cambiato gli attori e le merci per mantenere intatta la sequenza del film. 

Alfredo sorride alla maghrebina che ha appena venduto dei calzini a una turista francese. Sorride alla sua domanda "sei italiano?" arrivata subito dopo aver chiesto lui, con un cenno, il costo di una maglietta. Sorride al suo "meno male" quasi a scusarsi del cattivo inglese tentato in precedenza. 

Alfredo non ama molto la gente. "Amo le persone" pensa mentre va verso casa con la sua maglietta nuova.

lunedì, giugno 09, 2025

il merlo

 Il merlo sopravvive qui, 

tra le vecchie case,

tra i rami. 

Volteggia, si posa, 

a mostrare il buio della notte,

la crema dorata, il magico regalo 

della sua fata.

Vorrei fosse un po' mio 

questo frenetico zirlare

sul colmo, sull'imprescindibile retta

posata

tra le falde asciutte

di un ipotetico volere e

l'ombra leggera

di uno gentile sperare.

sabato, giugno 07, 2025

venerdì, giugno 06, 2025

[condomini] Ciccio

Ciccio camina tuttu annacata ca iddu è u figghiu di Nicola u cuzzularu e tutti sana scantari. 

Ciccio ciavi una motocicletta ca è la copia di chidda di Valentino Rossi. Però è chiu nica. Per i picciriddi insomma. Ciccio con la motocicletta ci fa il giro del palazzo e furia e furia e assicuta i machini ca nesciunu do posteggio e dalla piazza e prova a impennare macari su casca e saddifetta e ammucciuni ci tocca u culu alle fimminedde ca iocanu davanti al negozio di tuttuneuru.

Ciccio ciavi già tannicchia di panza e i capiddi tagghiati cutti cutti di latu e tunni na testa comu fussi na suppera. Dici ca si usunu accussì. I pantaloncini e la maglietta su do Catania ca non cè nautra fede.

Ora ca finisci a scola i giri sarannu chiossai e macari i gelati e le patatine fritte accattati alla pizzeria di Santa Lucia nillautru lato della strada. 

So o pà si fa viriri ogni tanto però u talia sempri do balcuni ca Nicola è ai domiciliari e non pò nesciri. So o ma' mossi ca Ciccio era nicu. Dissuru ca fu un incidente però nuddu fici dumanni. A sò casa a notti cè u passiu e Ciccio cetti voti ca marritiru tardi assai u viru ca saddumisciu nelle scale ca sarà da quanto tempo era fora per non disturbare. 

Oggi mi firmau cheppoi è macari arucatu u carusiddu per chiedermi su vulevu pisci ca so o pà aveva fatto una bella pescata.  "Pisci? Ma su non pò nesciri!" ci rissi. Ciccio arririu prima darrispunniri "Me o pà può fare tutto" e appoi sinni iu sopra alla moto senza mancu aspittari di sapiri se mi interessava oppure no na bella mangiata.

giovedì, giugno 05, 2025

[Alfredo] u verru

Quando il tempo lo permette Alfredo esplora i piccoli sentieri che dal parco, dai palazzi di una periferia sempre in movimento, sempre diversa, conducono fino a quello che resta dei campi, fino alle balle di fieno nei loro cerchi perfetti, fino ai casolari diroccati, fino al limite di paesi senza vita, di dormitori legalizzati. 

Uno dei percorsi più belli passa sotto la tangenziale. Lo si percorre attraversando prima un piccolo e ombroso parco di tigli. In estate l'odore dei fiori è così forte che Alfredo fatica quasi ad attraversarlo. L’allergia da polline lo ha preso da adulto e non è più andata via.

Di là dalla tangenziale un largo terreno incolto, paradiso del tarassaco, precede un campo di susine, dove a volte Alfredo raccoglie delle prugne piccolette buonissime che maturano a luglio, quando il caldo le protegge dai curiosi e dai camminatori.

Oggi Alfredo ha deciso di percorrerlo dopo aver ascoltato la radio a casa, dopo aver sentito di un uomo, di un carnefice, lasciato libero dopo aver ucciso bambini e magistrati, mafiosi e "sbirri". Lungo il cammino ogni tanto ha raccolto dei fiori di campo, fino a farne un mazzetto, per poi lasciarli all'ingresso del sottopassaggio. 

Si è fermato un po’ lì Alfredo, ad ascoltare il rumore delle auto che passavano veloci e a ubriacarsi per l’odore dei fiori, a pensare; poi ha chiuso gli occhi per il prurito insopportabile prima di iniziare lentamente a tornare indietro, prima di smettere di trattenere le lacrime.

mercoledì, giugno 04, 2025

flussi

appoi, quannu a muntagna 

buttia e travagghia, 

mi veni na testa ca macari ammia 

mi putissi capitari na disgrazia, 

nfocu di pagghia, na verra, na caristia 


appoi, quannu a muntagna 

travagghia e buttia, 

ringraziu u signuruzzu pi sta cammurria, 

pavirimi fattu pinsari a quantu passa 

tra lomini e a so fantasia

martedì, giugno 03, 2025

con miedo y con calma

quello che resta, 

quello che ancora scalda, 

in questo sole di giugno,

in questo amore 

che si sfalda,

è solo brace, 

solo speranza

di un debole soffiare

domenica, giugno 01, 2025

[Alfredo] Ettore

Oggi al parco era solo un annusare l'aria e pisciare e bere da bicchieroni di plastica. Alfredo aveva dimenticato l'evento annuale, la grande festa dell'inutile esagerare. 

Aveva camminato a lungo Alfredo per liberarsi da quel tanfo, ma poi si era arreso. Troppo caldo. Troppa strada fatta. Il suo cedere comunque aveva prodotto un boccale di vetro e della birra passabile. 

Seduti di fronte a lui una delle tante famiglie uguali discuteva, sui capricci dell’unico figlio, cosa ordinare. Alle sue spalle il tubare ridanciano di ragazzini in calore. Il tavolo di Alfredo, per sua gioia, rimaneva vuoto. La birra rapidamente diventava più calda, ma Alfredo non aveva voglia di fare in fretta, dava piccoli sorsi poi continuava a perdersi senza mete. Lontano le voci dei musicisti che allestivano il palco, vicino il mugolare di un cane. Guardava Alfredo e aspettava. Una carezza? Cibo? Solo uno sguardo? 

Alfredo lo fa salire sulla panca, poi con decisione improvvisa si alza, ma prima si raccomanda: “Stai qui! Non ti muovere! “

Alfredo sa che a pochi passi c'è una fontana, spera solo non l'abbiano chiusa per non danneggiare i padroni dei camioncini paganti. Funziona, per fortuna. Svuota il boccale e lo sciacqua prima di riempirlo. L'acqua è quasi più fresca della birra. Alfredo torna in fretta. Il cane è sempre lì, lo ha seguito nei suoi spostamenti, ora scodinzola. 

Alfredo gli porge il boccale e lo carezza. Sono solo pochi minuti per quella nuova amicizia. 

"Ettore! Ettore" Il cane alza lo sguardo, sembra sorridere. Una leccata alla mano di Alfredo e sparisce. La folla lo nasconde, Alfredo si allontana dalla panca e si avvia verso casa.