domenica, maggio 31, 2015

Giorgio Manganelli - Lettera a Viola Papetti

Le ultime ore passate assieme sono state calde, roventi, e hanno lasciato un segno di desiderio, di languore, di eccitazione aspra, di smania. Quanto sto bene stretto a te, con te, su di te, dentro di te: guaina, fodero, rilegatura, discesa, labirinto, adito. Mi piaci perché hai un corpo penetrabile e cedevole, un corpo che ama essere attraversato, inchiodato, dilatato, tormentato, illanguidito; e mi piace quel corpo perché è tuo, lo porti come un modo per consentire l’accesso a te, a quel fulvo calore che ora ha avuto ragione dell’inveterato gelo della tua pelle.
Ti scrivo e ti desidero, vorrei che ti arrivasse, che ti disturbasse gli ozi madrileni il desiderio, il puro e crudo desiderio di averti, di progettare un incontro, di fantasticare nuovi abbracci, di sentire in me e in te, il languore della saliva, del sudore, l’indulgenza e il furore delle mucose, della rosa cedevole e della rosa penetrativa. Se tu mi pensi, come spero, il tuo pensarmi ti dirà che io ti penso, e che anche desiderarti è un’arguzia, un gioco, un travestimento del pensarti. Ti penserò finché non ti sentirò, di nuovo, gemere. A presto. Ti bacio.
Roma, 16 settembre 1968
Lettera di Giorgio Manganelli a Viola Papetti

giovedì, maggio 28, 2015

39 minuti senza traffico

Tutto va bene, tutto continua:
il pedaggio, la coda, il brutto incidente,
la gente
all’autogrill a pisciare, che, sai,
c’è ancora quel tale alla cassa e poi, lo confesso,
il caffè qui non è così male, tra corridoi 
di dolci, biscotti, cinesi vocianti e vecchi
in malinconici tour sorpresi
a cercare l’uscita. “Sparita!”
dice ancora una volta uno di loro.
E io sorrido, l’aiuto, e poi sento
la tua mano fuggire
in questo presente sempre più lontano,
in questo indefinito morire.
   
Tutto va bene, tutto continua.
E ancora le monete all’uscita,
i paesaggi,
le vite, le magnifiche vite, gli amanti,
le strade,  i miraggi
di ricchezza nascosti da vecchie vetrine
chiuse,  c’è la crisi,
si fatica a ripartire
senza te,
senza soffrire.

39 minuti senza traffico

Tutto va bene, tutto continua:
il pedaggio, la coda, il brutto incidente,
la gente
all’autogrill a pisciare, che, sai,
c’è ancora quel tale alla cassa e poi, lo confesso,
il caffè qui non è così male, tra corridoi 
di dolci, biscotti, cinesi vocianti e vecchi
in malinconici tour sorpresi
a cercare l’uscita. “Sparita!”
dice ancora una volta uno di loro.
E io sorrido, l’aiuto, e poi sento
la tua mano fuggire
in questo presente sempre più lontano,
in questo indefinito morire.
   
Tutto va bene, tutto continua.
E ancora le monete all’uscita,
i paesaggi,
le vite, le magnifiche vite, gli amanti,
le strade,  i miraggi
di ricchezza nascosti da vecchie vetrine
chiuse,  c’è la crisi,
si fatica a ripartire
senza te,
senza soffrire.

lunedì, maggio 25, 2015

sono i cenci che vanno all’aria

ed è come se il vento,
improvviso,
avesse strappato la pelle, la carne,
fino a sbiancare l'anima.

domenica, maggio 24, 2015

be happy



Potrei pur esserne contento,
(per voi dico, 
per ogni vostro futuro momento)
se non sentissi così triste
quest’unione, l'inseguire fuochi fatui,
tra paure
e voglia di possesso. 
Che dirti? Cosa penso?
A volte chi rinchiude
è già rinchiuso, chi fugge
irrimediabilmente perso.

sabato, maggio 23, 2015

Quando finisce la primavera

Al parco si costruiscono spade. 
Com’è semplice liberare i piccoli rami!
Com'è feroce la battaglia!

Gli anziani paiono non soffrire di quei giochi,
si piegano, burberi e leggeri, 
a regalar fole.

venerdì, maggio 22, 2015

Definizioni. Ancora per Anto

"Esaminare attentamente un luogo, perlustrarlo, percorrerlo, per conoscerne esattamente l’aspetto, o per scoprire ciò che vi può essere nascosto"
leggo ad alta voce, quasi avessi voluto cercare per lei quel passo e non piuttosto averlo per caso trovato. Proprio lì, proprio in quell'istante.
A. solleva la testa e mi guarda. 
Nuda sul letto poggia il piccolo peso del corpo sulla mano destra mentre con l'indice dell'altra attortiglia i capelli. Ha un sorriso stanco.Un profumo di muschio. 
Mi avvicino e ascolto la sua voce sommessa.
"Non può essere che questo il nostro amare" sussurra.
Mentre parla chiude gli occhi a concentrare i pensieri. Sono ancora chiusi quando la bacio.  

mercoledì, maggio 20, 2015

prolegomeni

Prima ancora fu l'indifferenza a mascherare, lo sguardo
che non diveniva parola, l'oblio
per quello che il corpo, l'anima
invade. 
Non sapevamo più
l'amore, l'incondizionata resa.
Non sapevamo più
come si vinca sempre
a giocare.

Crittografia asimmetrica

Ai campi arati,
ai pensieri distratti,
alle auto in sosta,
ai vetri appannati,
alle sere di nebbia, ai bicchieri, alla neve,
agli specchi,
ai mille pochi istanti
chiedo.
Sul muro scavo parole.

martedì, maggio 19, 2015

Spirale di Archimede

Quei bozzoli,
l'immobile ricordo,
son solo l'ultimo possibile pasto.
Perdonami se ancora sicuro attendo,
della tela custode, il nostro
voluttuoso strappo.

domenica, maggio 17, 2015

Anziani che alla fermata ti chiedono se l'autobus è già passato

Resta solo una profonda stanchezza e
                                               parole
                     che non sentirò,
                                che non mi dirai.
Restano fotogrammi,
        mirabili scatole musicali,
                posticci balloon dell’anima.

Notte dei musei [in -are]

Stasera avrei voluto scrivere dei musei aperti, di S. Paolo e del Farnese.
Del mio pezzo di strada tra la gente a osservare.
Di quei negri bravissimi  (una pallavolo da campioni sul verde della Pilotta che pareva mare) ma anche dei loro compagni, bussole di carne a pregare, o di una loro figlia, un piede sui ciottoli e uno sull’erba, a sognare.
Delle voci più strane, avrei voluto scrivere, e delle colf dell'est, del loro scanzonato parlottare.
Qualcosa poi anche delle auto, che c'era la mille miglia a circolare, ma più che delle auto avrei scritto dei selfie fatti dai tanti immigrati, dei nonni con i nipoti contenti vicino a quel disturbante rombare.
Stasera avrei voluto scrivere delle prime lucciole al ritorno verso casa, del mio imbarazzante sudare
Poi, certo, anche di questa città, dei miei dubbi e delle mie paure, del mio bisogno di respirare.
Tornato qui avrei aggiunto anche qualcuna di quelle notizie appena pescate tra il consueto ciarpame.
I pirla di Milano, gli anti-graffitari del grigio popolare. Il fascista ariano e candidato sempre pronto ad affittare.
Oggi avrei voluto scrivere, se non sapessi più come fare.

domenica, maggio 03, 2015

Haruki Murakami - Junpei era nato per scrivere racconti

"[...] è difficile mantenersi solo con i racconti.
Ma Junpei era nato per scrivere racconti. Chiuso nella sua stanza, gettata via ogni altra preoccupazione, in solitudine, trattenendo il respiro, completava in tre giorni la prima stesura. Poi ci metteva quattro giorni per produrre quella definitiva. A quel punto naturalmente dava da leggere il racconto a Sayoko e al suo editor, e seguiva poi un altro attento lavoro di rifinitura. Ma fondamentalmente la sorte del racconto si giocava per intero in quella prima settimana. Tutto ciò che doveva entrare o uscire dalla storia veniva deciso in quei giorni. Questo metodo si adattava al suo carattere.
Un'estrema capacità di concentrazione in un breve periodo. Immagini e parole condensate al massimo. Ma se pensava di scrivere un romanzo, Junpei provava sempre un senso di angoscia. Come avrebbe fatto a mantenere e controllare la sua concentrazione mentale per diversi mesi, forse per quasi un anno? Sentiva di non poter dominare ritmi del genere.
Provò in più occasioni a scrivere un romanzo, ma ogni volta, di fronte all'ennesima sconfitta, rinunciava. Che gli piacesse o no, la sua strada non poteva che essere quella di scrivere racconti brevi. Era il suo stile. Nonostante tutti i suoi sforzi, non poteva trasformarsi in un altro. Come non si può cambiare un bravo seconda base in un battitore di home-run."

Haruki Murakami,  Tutti i figli di Dio danzano