martedì, ottobre 29, 2013

Edgar Morin - Il compito della scuola è aiutare a imparare a vivere

Le nuove tecnologie, il computer, la video-conferenza ecc... sono divenute indispensabili. Intendiamoci, esse non possono rimpiazzare un insegnante fisicamente presente. Ha detto Platone: «Per insegnare, occorre eros». Eros è una parola greca che significa piacere, amore, passione. Per comunicare, non serve a nulla dispensare il sapere a fette, ma bisogna amare ciò che si fa e le persone che sono dinanzi a noi.

L’insegnante è colui che, attraverso ciò che professa, può aiutarvi a scoprire le vostre proprie verità. Se la letteratura ha una grande importanza per me, è perché essa mi racconta esperienze di vita. Perfino le tanto disprezzate serie televisive parlano d’amore, gelosia, ambizione, morte, tristezza, in breve dei sentimenti qui molto stereotipati ma tratti dalla vita quotidiana. A mio avviso, l’insegnante è un mediatore che aiuta ciascuno a comprendersi, a conoscersi. E la letteratura gioca in questo un grande ruolo. Io sono di quelli che hanno riconosciuto le loro proprie verità attraverso grandi romanzi. Dostoevskij mi ha insegnato a comprendere i miei sentimenti riguardo la vita.

Io non credo che occorra scartare certe discipline, col pretesto che esse hanno un pubblico di nicchia. Le belle lettere non sono un lusso! Se tante persone leggono sulla metropolitana, è perché si immergono in un universo di cui hanno bisogno. Perché amiamo il cinema? Perché ci permette di vivere meglio i nostri sentimenti d’amore, di partecipazione, di simpatia ecc... Il cinema meriterebbe d’altronde di trovare un posto più importante nella cultura; è un’arte fondamentale... In realtà, così come sussistono ora, le discipline devono essere integrate in grandi insiemi.

Cosa sono la fisica, la chimica, se non il mondo di cui siamo fatti, posto che noi abbiamo delle cellule biologiche composte da interazioni fisico-chimiche? La grande scoperta degli anni Cinquanta è che non c’è una sostanza vivente diversa dalla sostanza materiale normale. Noi siamo fatti di elementi chimici che esistono nella natura, ma che sono organizzati in modo ben più complesso e nuovo. La fisica come la chimica sono noi stessi! È il mondo nel quale noi siamo.

Il compito della scuola è aiutare a imparare a vivere. Certi insegnamenti non fanno parte delle discipline, ma permettono di integrarle. Che cos’è, essere umani? Oggi, in mancanza di pedagogia, questa domanda rimane completamente scollata dal resto. Essere umani è senz’altro essere un individuo, ma un individuo che fa parte di una società e di cui anche la società fa parte. Da quando si nasce, ci viene inculcato infatti il linguaggio, la cultura, ciò che si deve fare, non fare ecc... In effetti, il nostro essere è costituito da tre parti in una: membro di una società, membro di una specie e individuo.

Secondo me, conoscere la nostra natura umana è dunque essenziale. E questo passa per forza attraverso l’insegnamento dell’incertezza. Ci si rende conto oggi che ci sono fenomeni che non si possono controllare, così nelle discipline come nella microfisica. Si è certi della morte, ma non si sa quando arriverà. Ci si sposa, si pensa che si sarà felici, ma potrebbe essere un matrimonio orribile. Si cerca il lavoro senza essere sicuri di trovarlo... L’incertezza fa parte del destino umano, ma nessuno è preparato per affrontarla. A mio avviso, la riforma dell’insegnamento deve anzitutto andare in questa direzione.

Effettivamente, essere specialista di tutto è essere specialista di niente. Raymond Aron, mi sembra, diceva che il proprio del lavoro di uno specialista è sapere tutto su un dominio estremamente ridotto, cioè pressoché niente. Delle due cose, l’una: o si ha una mancanza di conoscenze precise, o una conoscenza talmente precisa che alla fine non ha alcun interesse. In effetti, bisogna partire dal problema della conoscenza. Se si ha un’informazione, ma si è incapaci di situarla nel suo contesto (frammentato attraverso le discipline), si arriverà per forza a un’informazione senza interesse.

Si è d’altronde obbligati a contestualizzare senza posa – il proprio della storia è di essere una scienza che contestualizza gli eventi. Come uscirne? Alcune risposte sono già state date, attraverso raggruppamenti scientifici. Prendiamo l’esempio dell’ecologia, scienza fondata sull’idea di ecosistema, ma che riguarda molte discipline. In un dato ambiente, l’insieme degli esseri viventi, vegetali, animali, i microbi ecc... costituisce un’organizzazione spontanea, a sua volta collocata in una data cornice fisica, geografica e meteorologica.

Pertanto, l’ecologo, che si interessa ai meccanismi della formazione e delle disfunzioni degli ecosistemi, possiede conoscenze varie ma incomplete. Dovrà dunque chiedere l’aiuto del botanico, dello zoologo ecc... Lo stesso per le scienze della terra: la meteorologia, la vulcanologia, la sismologia, la geologia sono state separate fino al momento in cui si è scoperta la tettonica a placche. Avendo dimostrato da allora che la terra è un sistema funzionale molto complesso, ci si è impegnati a riunire queste differenti materie.

Le interazioni tra differenti discipline sono difficili da riconoscere, ma sono necessarie. Per esempio, la mondializzazione di cui si parla molto oggi è un fenomeno economico che ha anche i suoi contro-aspetti: l’omogeneizzazione tecnica provoca dei movimenti di chiusura sull’identità nazionale e religiosa. Qualche cosa di economico ha dunque delle conseguenze sulla religione e sulla psicologia. In effetti, non si può separare l’economico, lo storico, lo psicologico, il mitologico ecc... Einstein lo mostrava già ai suoi tempi. Era un globalista-matematico, pensatore, ingegnere, qualcuno che sperimentava i concetti. Adorava suonare il violino, “perdeva tempo” interessandosi d’arte, di politica... Gli specialisti, loro, si accontentano di verificare le sue teorie.

Si è disgiunto tutto ciò che riguarda l’essere umano: il cervello in biologia, la mente in psicologia... Le scienze umane sono state esse stesse delimitate. La filosofia è una riflessione anzitutto sulle conoscenze acquisite e sul destino umano e sui grandi problemi del nostro tempo. Ora, le conoscenze sono troppo disperse perché questa disciplina possa nutrirsene. C’è qui una grande lacuna. La missione di raccoglierle insieme necessita tanto di uno sforzo nel mondo scientifico quanto nel mondo filosofico. È in questo senso che il sistema di insegnamento meriterebbe di essere riformato.
Edgar Morin

Fonte: http://www.avvenire.it

domenica, ottobre 27, 2013

Lewis Allan Reed - Perdita


WASTE

Sometimes when I’m all alone
I feel a type of fear
dawn’s descending, dusk is breaking
creep my darling near.
I see my life before me
as a seamstress sees her pins
full and lined with failure
and coated then with sin.
An education gone to waste
talent left ignored
imagination rent with drugs
someone who’s always bored
scared to death of life itself
but even more by death
not fit company for anyone
let alone a wife
no example for a child
therefore no sun for me
I am told never to think these thoughts
for they make me unhappy.

The sin was craziness you see
don’t blame yourself for that -
a strange childhood, well that is true
but nothing can be done about that.
The future is the same for all
we face it as we can
and there is nothing wrong with fear
it proves that you’re a man.
Then other times I feel so good
the opposite you see
I think I’m full of talent
good old intuitive me.

I write all hours of the night
terrible poetry.
Others say that it is good
but they are lying to me.
Why would they lie, you might ask
and to this I would reply
encouraging me encourages them,
to cut me shows their lie.
For mine was illusion of life
well spent,
everyone thought so.
I was courted as a rake
wherever I did go.
But I know warts, you can’t fool me
with flattering and praise.
You sing my songs
to prove to yourselves
that you are not a waste.
PERDITA

A volte quando sono solo
provo un tipo di paura
l’alba discende, irrompe il crepuscolo
striscia vicino lentamente, tesoro.
Vedo la mia vita davanti a me
come una sarta i suoi spilli
piena, e segnata di fallimento
poi coperta dal peccato.
Un’educazione andata a farsi benedire
un talento ignorato
l’immaginazione a nolo con le droghe
qualcuno vinto dalla noia
intimorito dalla vita stessa fino alla morte
ma ancor più dalla morte
non adatto alla compagnia per nessuno
tantomeno per una moglie
non è modello per un bimbo
pertanto non c’è sole per me
mi è stato detto di non pensare mai queste cose
perché mi intristiscono.

Il peccato è la pazzia, capisci
non fartene una colpa-
una fanciullezza strana, be’ questo è vero
ma non c’è nulla da fare a riguardo.
Il futuro è uguale per tutti
lo affrontiamo come possiamo
e non c’è nulla di male nella paura
dimostra che sei un uomo.
Poi altre volte mi sento così bene
proprio l’opposto, vedi
penso di essere pieno di talento
il caro vecchio me stesso pieno di intuito.

Scrivo a qualsiasi ora della notte
della terribile poesia.
Altri dicono che sia buona
ma mentono.
Perché mai mentirebbero, potresti chiedere
e ti risponderei
che incoraggiarmi li incoraggia,
stroncarmi mostra la loro menzogna.
Perché la mia è stata un’illusione di vita
ben spesa,
tutti lo hanno pensato.
Sono stato corteggiato come uno importante
ovunque io sia andato.
Ma conosco il gioco, non potete farmi fesso
con lusinghe e lodi.
Cantate le mie canzoni
per provare a voi stessi
che non siete uno scarto.

 

giovedì, ottobre 24, 2013

Goffredo Riccobono [2 di n]

Goffredo Riccobono ripensò subito ai suoi giochi da bambino, ai pomeriggi passati in attesa dei programmi televisivi per i ragazzi, alle immagini di sconosciute contrade, d’italici volti, trasmesse in bianco e nero dalla televisione di stato, poi alzò gli occhi da quell’immagine e si rese conto un po’ meglio che lo attendeva una lunga attesa.

Almeno un gruppo con tre signore, un po’ avanti con gli anni, che tra loro elencavano i propri acciacchi e un po’ in disparte un altro informatore scientifico che attendeva con loro il proprio turno, lo precedevano. “Uno ogni tre pazienti” era la regola di quel luogo ed egli, purtroppo, era arrivato dopo quell’austero e silenzioso signore. Del resto che quella fosse la regola lo si poteva anche leggere su un piccolo foglio A4, stampato di certo proprio dal medico, incorniciato e appeso come memento tra le riproduzioni della Marilyn di Warhol e di un cielo stellato di Van Gogh.
Accanto all’uomo con il bambino sostava anche una bionda un po’ volgare, ma Riccobono non riusciva a comprendere se ella fosse insieme alla coppia o meno. Insomma sperando che nessuna delle tre anziane avesse voglia di parlare ma si limitasse al solito elenco di medicinali da prescrivere e comprendendo anche l’uomo sarebbe andata via più di un’ora piena. Anzi no, certo di più, perché solo allora uscì dal bagno un altro signore, un quarantenne si sarebbe detto, che certo lo aveva preceduto.

Il pallore di quell’uomo strideva stranamente con il corpo tozzo e il volto tondo. Portava una polo bianca e dei jeans alla moda con tagli d’ordinanza finto vissuti, ma Goffredo fu colpito soprattutto dalla lunga serie di puntini che coprivano il collo, il viso e le braccia.
Morbillo? Quarta, quinta, sesta malattia? Scarlattina, forse? O varicella? Tifo? Colera? Sifilide? AIDS?
A ogni assalto della propria, scarsa, memoria medica Goffredo Riccobono perdeva forze guardandosi attorno sempre più disperato. Cercava aiuto, conforto, nei presenti e si sarebbe allontanato volentieri da quel luogo, da quello stanzone, se un improvviso panico non lo avesse lì costretto. Gli altri sembravano non essersi accorti di nulla, solo l’uomo con il bimbo aveva colto il suo sguardo seguendolo fino all’uomo a pois. Goffredo lo vide  stringere con più forza il proprio bimbo e poi allontanarsi come per caso, come avesse solo in uggia il rimanere lì ad attendere. Magari ne fosse stato capace anch’egli.

mercoledì, ottobre 23, 2013

Goffredo Riccobono [1 di n]

Goffredo Riccobono viveva molte vite, di alcune aveva piena coscienza, di altre immaginava la presenza, di molte ignorava ogni cosa; tutto ciò non rappresentava certo un problema per la qualità della sua esistenza, giacché è scientificamente dimostrato che questo avviene normalmente per ognuno di noi. Lo stesso Goffredo aveva letto qualcosa su tale fenomeno, un giorno in cui attendeva, impaziente, il proprio turno nella sala d’attesa del medico curante.
“Scopri te stessa” recitava il titolo di quell’articolo, era, infatti, una famosa e storica rivista femminile e il “te stessa” faceva chiaramente intendere l’utenza di riferimento. Di seguito l’estensore usava lo studio di una “prestigiosa università americana” per spiegare e confermare proprio quelle frasi che fanno da prologo al nostro piccolo narrare.
Goffredo Riccobono, alla lettura, si era dapprima stupito che ciò potesse realmente accadere, poi aveva iniziato ad annuire a ogni frase, strabuzzando un po’ gli occhi, così come egli era solito fare a ogni nuova scoperta che lo trovasse curioso spettatore, quindi aveva dimenticato ogni cosa.
Ciò era accaduto non appena la porta dello studio del dottore si era aperta e un “A presto!” aveva accompagnato l’informatrice scientifica che da più di trenta minuti aveva preso possesso dell’attenzione del medico.
Lei, uscendo, gli aveva sorriso, quasi impercettibilmente dietro quel leggero trucco che le illuminava il volto. Egli l’aveva osservata parecchio prima, durante l'attesa, mentre lei trafficava con il suo tablet e rispondeva compulsivamente al cellulare alzandosi e spostandosi nella stanza di quel poco che ai propri occhi rappresentava il necessario rifugio. Goffredo ne era rimasto affascinato. Non che lei rappresentasse il suo modello, ma le sue movenze, le gambe, il piccolo seno, appena intravisto grazie alla scollatura all’americana, le belle spalle da nuotatrice, lo avevano turbato ed eccitato. Aveva chiuso gli occhi e immaginato per un attimo di possederla, lì tra quelle sedie, tra quelle mura, poi li aveva riaperti e un signore con un bimbo in braccio gli aveva chiesto se fosse stato veramente lui l’ultimo in attesa, così come gli era stato detto.
“Sì, sì, sono io” aveva risposto Goffredo e subito dopo aveva scelto proprio quella rivista tra quelle presenti sul tavolino in vetro poco distante dalla sua sedia e iniziato a sfogliarla. Ricordava, Riccobono, di essere stato colpito dalla copertina, una foto in bianco in nero di un’altra Italia, lo squarcio di una nazione che egli ricordava con quella luce per averci vissuto e averne, negli anni, costruito memoria. Ecco in questa foto un gruppo di bambini giocava in strada, una strada quasi priva di auto e di vecchi.

domenica, ottobre 20, 2013

Dino Buzzati - Una riga si potrà salvare

 Scrivi, ti prego. 

Due righe sole, almeno, anche se l'animo è sconvolto e i nervi non tengono più. 

Ma ogni giorno. 

A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi. 

Lo scrivere è una delle più patetiche e ridicole nostre illusioni. 

Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca. 

Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo.

Scrivi, scrivi. 

Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare.

(Forse).

mercoledì, ottobre 16, 2013

Luigi Bernardi (Ozzano dell'Emilia, 11/01/1953 – Bologna, 16/10/2013)



C’è un libro dal quale non ti separeresti mai?
No, altrimenti come potrei rimpiangerlo?



Fonte foto e intervista: http://poetarumsilva.com

Il sito di Luigi Bernardi:  http://www.luigibernardi.com/

martedì, ottobre 15, 2013

memoria 3 - Gianni Rodari


«Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro. Altri movimenti invisibili si propagano in profondità, in tutte le direzioni, mentre il sasso precipita smuovendo alghe, spaventando pesci, causando sempre nuove agitazioni molecolari. Quando poi tocca il fondo, sommuove la fanghiglia, urta gli oggetti che vi giacevano dimenticati, alcuni dei quali ora vengono dissepolti, altri ricoperti a turno dalla sabbia. Innumerevoli eventi, o microeventi, si succedono in un tempo brevissimo. Forse nemmeno ad avere tempo e voglia si potrebbero registrare tutti, senza omissioni.
Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni e immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l’esperienza e la memoria, la fantasia e l’inconscio e che è complicato dal fatto che la stessa mente non assiste passiva alla rappresentazione, ma vi interviene continuamente per accettare e respingere, collegare e censurare, costruire e distruggere.»
Gianni Rodari, Grammatica della fantasia (1973)

lunedì, ottobre 14, 2013

memoria 2 - Italo Calvino



"Imparare molte poesie a memoria: da bambini, da giovani, anche da vecchi. Perché fanno compagnia: uno se le ripete mentalmente. Inoltre, lo sviluppo della memoria è molto importante.
Anche fare dei calcoli a mano: delle divisioni, delle estrazioni di radici quadrate, delle cose molto complicate. Combattere l'astrattezza del linguaggio che ci viene imposto, con delle cose molto precise.
Sapere che tutto quello che abbiamo ci può essere tolto da un momento all'altro. Certo,  goderlo: non dico mica di rinunciare a nulla, anzi. Però sapendo che da un momento all'altro tutto quello che abbiamo può sparire in una nuvola di fumo."

Fonte: Rai scoperta grazie a  il blog del mestiere di scrivere

domenica, ottobre 13, 2013

Memoria

Forse riesci già a capirlo, forse riuscirai a capire come sia importante avere una memoria oppure queste ti sembreranno soltanto frasi difficili, inutili e ti stancherai presto di sentire questo vecchio parlarti con la sua voce tabaccosa, alitarti parole vicino al viso, ma è così. E' necessario che io ti dica, è necessario parlarne almeno una volta. Ecco vedi, un tempo la memoria era tutto e i vecchi parlavano dei propri vecchi ai più giovani e questi voltavano gli occhi a sfuggirne proprio come fai tu, ma intorno a loro le case, le strade, i campi, rimandavano le stesse parole e presto ognuno di loro scopriva che quelle rimanevano lì a sorridere placide sotto il leggero sole del tardo pomeriggio, quando ancora la sera non aveva coperto ogni cosa, offuscando la realtà per farne magia. Perchè quella era l'ora, quello era il momento.
Ora le case, le strade, non hanno più memoria, non hanno più memoria ti dico, e solo qualcuna di esse ha avuto nella sua vita l'onore di aver visto la morte, pochissime, le più fortunate, la vita. Ecco, il parto vissuto con dolore, il primo vagito... solo rantoli tra quelle mura e spazi di tempo, caleidoscopici frammenti, amori forse, ma nessuna morte, nessuna vita.
Forse riesci a capirlo, forse riuscirai a capire come sia importante avere una memoria ma ti assicuro che no, non è quella della tabellina, del valore delle carte con cui giochi, del numero dei telefoni a cui chiami.
No, memoria è quello che odori giorno dopo giorno, è il blu che vedi all'orizzzonte da questa finestra, è il verso del mare che muore godendo con il vento. Memoria sono io che ti parlo, è quello che ricorderai e cambierai di queste frasi. Memoria è quel vestitino della tua compagna che ti sei sorpreso a guardare. E' lo schifo per qualcosa di cui ti sei ingozzato. Memoria è ciò che è stato e ciò che è. Memoria sei tu.

martedì, ottobre 08, 2013

A chi esita - An den Schwankenden - di Bertolt Brecht




 
Dici:
per noi va male. Il buio
cresce. Le forze scemano.
Dopo che si è lavorato tanti anni
noi siamo ora in una condizione
più difficile di quando
si era appena cominciato.

E il nemico ci sta innanzi
più potente che mai.
Sembra gli siano cresciute le forze. Ha preso
una apparenza invincibile.
E noi abbiamo commesso degli errori,
non si può più mentire.
Siamo sempre di meno. Le nostre
parole d’ordine sono confuse. Una parte
delle nostre parole
le ha travolte il nemico fino a renderle
irriconoscibili.

Che cosa è errato ora, falso, di quel che abbiamo detto?
Qualcosa o tutto? Su chi
contiamo ancora? Siamo dei sopravvissuti, respinti
via dalla corrente? Resteremo indietro, senza
comprendere più nessuno e da nessuno compresi?

O contare sulla buona sorte?

Questo tu chiedi. Non aspettarti
nessuna risposta
oltre la tua.

mercoledì, ottobre 02, 2013

diavoli blu

Oggi avrei preso volentieri a pugni qualcuno,
sì amore, avrei preso volentieri a pugni qualcuno,
a pugni fino a spaccargli la faccia lo avrei preso,
a pugni fino a vedergli i denti sorridere di sangue,
e dopo, dopo gli avrei offerto una birra,
una birra ghiacciata per le sue ferite gli avrei offerto,
una birra ghiacciata per le mie ferite,
perchè è così amore, perchè è così.

Oggi avrei preso volentieri a pugni qualcuno,
sì amore, avrei preso volentieri a pugni qualcuno,
perchè ero senza notizie di te, perchè la strada era lunga,
perchè il vino era un pessimo vino e io,
io ho camminato e camminato, ho camminato e camminato,
e le gambe mi si piegavano e il corpo mi doleva
e la strada era lunga e non volevo fermarmi,
perchè avevo paura, perchè avevo paura e poco tempo per trovarti,
perchè è così amore, perchè è così.

Oggi avrei preso volentieri a pugni qualcuno,
sì amore, avrei preso volentieri a pugni qualcuno,
quando attorno a me c'erano i diavoli blu,
quando attorno a me i diavoli blu ridevano e urlavano:
"Ehi muovi quel culo uomo! Muovi quel culo!"
Ma io avrei solo preso volentieri a pugni qualcuno
sì amore, avrei preso volentieri a pugni qualcuno,
perchè è così amore, perchè è così.



Scritto per l'EDS Il blues del blu proposto da La Donna Camèl.
Lo hanno fatto anche:
singlemama con NY Blues
MaiMaturo con Colori 
singlemama con La linea blu
lillina con Il blu dell'universo che non c'è
lillina con Morte nel blu
Pendolante con Il trattore
Call me Leuconoe con Crossroad
Marco C. con Le ore scure (grigio, rosso e blu) 
Hombre con I won't let you down
Calikanto con Onde
Cielosopramilano con Fever
Melusina con Neon 
La Donna Camèl con Dritto e rovescio   
Melusina con Sostiene Teresa
La Donna Camèl con Diritto e rovescio 2, la vendetta
Cage of a common man con So long
Hombre con Davvero non lo so