domenica, luglio 27, 2008

[Condomini] Agatino Anconetana

Prima di finire sotto a una palata di marmaru Agatino Anconetana se la spacchiava che ora ci poteva addubbare di soldi. E in effetti da quando aveva iniziato a partire per il suo travagghio di soldi a so casa cenerano assai. Sua madre mi faceva vedere ogni tanto le cartoline. Dappertutto era stato. In Africa. Nelle muntagne dellalbania. In mezzo al deserto.
Io me lo ricordo però che ancora nicuzzo sammucciava dietro alla chiesa per paura di Bastiano u figghiu do sciccaro. Quello ciaveva promesso di pigghiarici tutti i figurine dei calciatori. Diceva che celaveva date lui e ora li rivoleva indietro che erano sue.
Non è che Aitino mi stava tanto simpatico però i soprusi non li ho mai potuti simputtare e mancu i coppa senza motivo e per questo ciavevo tentato a fare da paciere. Non cera stato nulla da fare. Così quando Bastiano ci scippò tutte le cose e se le inficcò dentro alla sacchetta io per cunuttarlo gliene avevo dato qualcuna delle mie o picciriddu.
Agatino per un po' mera stato dietro come a un cagnolino poi sera dimenticato tutto e arrivederci e grazie. Ora quando passava davanti al palazzo anche se mi vedeva a volte manco mi salutava. Ma chista è a vita.
Quando lo hanno riportato a casa era a pezzettini che il pezzo più grosso era quanto una mano. Cè andata tutta la città a salutarlo e anche alla televisione mi rissuno che ficiunu i suoi funerali. Tutti dicevano che era morto per ltalia.
Chi scemenza.
A genti è accussì. Sempri pronta a diri che si muore per qualche cosa.
Lanno scorso quando Anselmo Amendolia mossi triturato dentro al camion della munnizza che qualcuno celava infilato per sbaglio mi rissuno che era morto per la famigghia. Il mese prima invece quando Armando Allicausi finì sutta a un camion dentro la nuova galleria dellautostrada qualcuno gridò che era stato per il progresso.
Ammia a essere sinceri mi pari che qui da noi si mori sulu do propriu misteri. Su cè. O di malatia. Ca non manca.

mercoledì, luglio 16, 2008

[Condomini] Partecipazione

A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. Se ci devo arrivare in un posto ci arrivo lo stesso. O se la devo fare una cosa in genere la faccio. Che uno poi ci può avere voglia o no. Anche se è in fila. Anche se cè confusione e tutti hanno fretta.
A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. E così è da un mese che non addumo la televisione. Mi viru i filmi dalla finestra. Anche se pure nelle strade ci sono le stesse facce dentro ai cartelloni. Ascuto le canzoni al balcone. Anche se le fimmine ogni tanto si fermano di cantare per parrarisi di quello che ha fatto uno e di quello che farà laltro. Così mi sposto e ammutto le fulinie sopra langoli. Allora sì che sono nella pace.
A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. Però non sono cieco e manco sordo se è per questo. Senza vuci forse. Ma solo se mi fa piacere.
A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. E il Cavaliere Arcidiacono si è fatto vedere poco per queste elezioni. Dice che non cè nessun nome che mi può dare ora. Che questanno non si usa. E così vuole aspettare prima di tirare i dadi che tanto prima o poi il gioco ricomincia.
A me mi da fastidio la gente che mi ammutta. Però spero lo stesso di poterlo continuare anche a pensare. Che la prudenza non è mai troppa.

domenica, luglio 13, 2008

[Condomini] Norma

Giacomo Ardea era pazzo per lopera lirica.
Selascutava tutti i ionna assittato nel divano tutto concentrato che non sentiva nemmeno quando suonavano alla porta e uno doveva stare con il dito appiccicato al campanello. Ma ormai era vecchio quando capitavano queste cose. So mugghieri cera morta partorendo e lui sera cresciuto da solo alla figghia. Norma laveva chiamata. Come allopera di quello che era nato a Catania pi sbagghiu ca ci ficinu macari il monumento e il teatro. Come si chiama… Bellini. Che io lo conosco bene questo granduomo pecchè mio nonno me li cuntava tutte le storie dove Vincenzo ciaveva messo la musica che anche a lui ci piacevano.
Cetto crescendo quella figlia non cera diventata una saceddotessa che non si può. Però volendo poco cera mancato pecchè Norma sava fissato con la pissicologgia e vuleva fari la confessora di tutti i cristiani che incontrava e sempri ci spiava le cose che sognavano e addirittura ci chiedeva le cose loro personali.
Poi macari ca uno non ciarrispunneva lei accuminciava a dire la sua.
E a quello ci urlava ca su ci pinsava bonu lui ciaveva il desiderio di tagghiarici la minchia a so o pà e a quellaltra invece ci spiegava ca ci piaceva fare di cosi ca ucca ai masculi pecchè aveva sucato troppo la minna di sua madre quandera nica.
Ogni tanto però era pure divertente pecchè cera chi cercava di risponderci seriamente e quasi sempre accuminciavano a litigare oppure pecchè inzittava veramenti i cosi che i cristani si tenevano ammucciati e che non celavrebbero voluto dire a nessuno.
Per questo me dispiaciuto proprio quando ha cambiato casa. Giacomo era morto e lei non ciaveva pensato un attimo a irasinni. Cusapi unnè ora.

giovedì, luglio 10, 2008

La strummula

Avavviriri cumu scinneva
de scali dell'Annunziata
era iocu di ventu
strummula incantata.

Amminchiulutu
taliavo ammucciuni da biddizza
du mari ricco
da terra desiderata.

Autri tempi, tempi felici
in cui non era vanto
e gloria
na tinta sucata



sabato, luglio 05, 2008

[Condomini] Armonico Arunte

Armonico Arunte avi sì e no sessantanni però no sacciu se prima ce ne ha avuti di meno o chiossai pecché io me lo ricordo sempre accussì. Siccosicco come a una sarda e tignusu come a una boccia di biliardo.
Armonico furia tutto il giorno apperi con una sacca attaccata al collo che dentro cià tanti bigliettini. E se ti deve parlare ne tira fuori uno veloceveloce e te lo legge che altro non sa dire. Una cosa è strana. Lui accapita che spunta sempre nei posti dove tu non telaspetti e quando ci viri quei suoi occhi di micciu invece di dariti una spiegazione tarrirri nella faccia come se ti vulissi dire "chiffai nosai ca iu ci sugnu sempri?". Poi pensi che è solo una coincidenza e tiri dritto che se ti fermi a parrarici è un mal di testa. Oggi no però. Oggi no che ciaiu vogghia di giocare e duluri macari. Che non si voli ammucciari.

"Buongiorno Armonico"
"O funnacu si dice armenu Viva Maria"
"E iu ti staiu salutando infatti"
"Non gabbu e non meravigghia"
"A za Rosa mi rissi che se ciò qualche problema tu mi puoi aiutare"
"Ogni lignu avi lu so fumu"
"Ma è vero? Pecché io. Insomma. Armonico comu fazzu a sentirimi felice?"
"Futti futti ca Dio pirdona a tutti"
"Sì certo ca fussi facili! E chi mi vuole ammia? Eppoi non è sulu chistu"
"O pisciari tinadduni"
"E chi significa?"
"Trovati la crita piffariti i baddi"
"Va bene va! U capii! Ciavevo ragione a non crederci a quello che dice Rosa"
"A furtuna è fimmina buttana e sinnamora dei minchiuni"
"Macchissì scemu?"
"A furriari a strummula prima o poi casca"
"Va bene. Va bene. Ti salutai"

Fui lestu a furiarimi e a cangiare strada. Forse era meglio che me ne andavo a dommiri. Lui era ancora fermo là che mi taliava. Lo sapevo anche senza vederlo. Poi mi arrivò la sua voce. Forse la ricerca del bigliettino era stata più lunga questa volta.

"Pacienzia ci voli a li burraschi ca non si mangia meli senza muschi"

venerdì, luglio 04, 2008

Lettere di condannati a morte della nuova Resistenza italiana - La fuorisede-

Quale delitto
aver nascosto l'amore,
quale delitto
quel bacio
e la notte
a privare della preda i lupi.
Quale delitto l'onore.

Cari genitori,
oggi, con lui, la vostra piccola muore.
Nessuna laurea arriverà per noi,
più nessuna carezza
a stordirci incauta il cuore.
Mamma, Papà non siate tristi
e non dimenticate il suo nome, il mio nome.

mercoledì, luglio 02, 2008

[Condomini] In piazza

"Insomma chi succiriu?"
"Nenti! Ummazzanu"
"E come?"
"Due colpi"
"Miii. Veloci però!"
"Erano bravi. Professionisti"
"Ma tu celai fatte le condoglianze?"
"E cetto. Chimmava fatto cosa a mia? Anzi... taiaddiri che una volta ma aiutato a cangiare la gomma della machina"
"Un santuomo va"
"Lo puoi dire forte"
"Ma so mugghieri?"
"Picchi no sai?"
"Che cosa?"
"Mossi"
"Macari idda?"
"Sì. Lanno scorso. Finiu sotto a una machina. Una disgrazia. Lavavviriri comu chianceva so maritu. E certo. Erano insieme che stavano attraversando per pigghiare un gelato"
"Accussì è a vita. Senti ma ora che ci penso è vero che..."
"Sì"
"A me melaveva detto Cola"
"Io lavevo vista"
"E u mottu?"
"Faceva finta di non sapiri nenti. O forse era vero"
"Mischinazzu"
"Già"
"Mah! Chiffai? Ta pigghi una birra?"
"Ce bisogno di spiare cu stu cauru?"
"Amuninni va!"
"Arrivo"