lunedì, dicembre 09, 2024

[Alfredo] a volte dopo la morte

 Alfredo si rialza. È stata una lunga morte la sua e ora stenta a riprendere confidenza con quel corpo, con il freddo della stanza, con quel senso di fame che fatica a riconoscere. Certo non succede spesso di morire, per fortuna, e a lui in fondo non era mai veramente capitato. Solo a volte dei piccoli mancamenti, amnesie. 

La stanza è buia e dalla finestra arriva poca luce. Alfredo si muove a fatica, ma come se già sapesse la posizione, il motivo, raggiunge il vecchio registratore e lo avvia. Dylan canta Guthrie. Ecco si potrebbe ripartire da qui, pensa, come fosse un sorso d’acqua. 

Alfredo raggiunge la poltrona e stira le gambe magre, accarezza il ventre molle. Si rende conto solo in quel momento di essere completamente nudo. “E non è forse un rinascere questo?” si dice sorridendo mentre un’armonica, una chitarra e una voce roca rimbalzano tra pareti invisibili, vecchi mobili tarlati. Un piccolo raggio di luce si affaccia sul pavimento impolverato.

“Chi sei?” chiede Alfredo.

“Non mi riconosci?”

“Chi sei?” ripete.

Il raggio è diventato soffio, il soffio ombra e l’ombra corpo.

“Sei contento di essere tornato?”

“Non so, ricordo ancora poco di prima”

“Ci sarà tempo, almeno di me ricordi?”

“No”

La voce tace prima di sparire dentro il raggio di sole che si è fatto luce, dentro la testa e i pensieri di Alfredo che riaffiorano lenti, fiocchi di neve leggeri, impalpabili.

martedì, dicembre 03, 2024

Evgenij Aleksandrovič Evtušenko - Non ci saranno più parole -

Non ci saranno più parole, lo sai

né qui, né altrove

né parole a dire ciò che è stato

né parole a dire ciò che non è più

mi resta un pacco mai spedito

e un libro desiderato

mi resta un letto non ancora disfatto

e musiche mute e parole strozzate

e immagini sfocate

mi resta la sciatta e affrettata gentilezza

di una conversazione lampo

moneta di latta

da gettare ai pezzenti per strada.

 Evgenij Aleksandrovič Evtušenko

lunedì, dicembre 02, 2024

Federico Garcia Lorca - Madrigale

Il mio bacio era una melagrana,
profonda e aperta;
la tua bocca era una rosa
di carta.

Lo sfondo un campo di neve.

Le mie mani erano ferri
buoni per le incudini;
il tuo corpo era il tramonto
di un rintocco di campana.

Lo sfondo un campo di neve.

Nello sforacchiato
teschio blu
fecero stalattiti
i miei ti amo.

Lo sfondo un campo di neve.

Si riempirono di muffa
i miei sogni infantili,
il mio dolore tortile
trapanò la luna.

Lo sfondo un campo di neve.

Adesso ammaestro grave
l’alta scuola,
il mio amore, i miei sogni
(cavallucci senza occhi).

E lo sfondo è un campo di neve.

Federico Garcia Lorca, Madrigale