giovedì, febbraio 16, 2017

normalizzare


a questo punto dovremmo usare la forza

irremovibili, mozzare
le mani,
le labbra agli innamorati

tener segrete tutte le anime,
ai cieli


immagine: Egon Schiele

mercoledì, febbraio 08, 2017

Paolo Poli su Gozzano


Gozzano si è rifugiato in soffitta in mezzo alle cose abbandonate. Mentre D’Annunzio elogiava la sua bellez­za, i suoi successi con le donne, Gozzano diceva: «Non amo che le rose | che non colsi», e invece di queste bel­le donne, di queste Basilisse («la fiamma è bella!»), lui aveva la cuoca: « Signorina Felicita... a quest’ora che fai? Tosti il caffè: | e il buon aroma si diffonde intorno? | O cuci i lini e canti e pensi a me, | a l’avvocato che non fa ritorno?» Si è nascosto dietro i vasi di marmellata. Men­tre D’Annunzio aveva il tripode, il bucintoro, la nave con le vele che sbattono.
Gozzano è una specie di entomologo bambino che va acchiappando le farfalle e nel finale c’è un atropo, con la testa di morto, che minaccia e annuncia la fine. Di lui mi piace molto anche quel firmarsi minuscolo guidogozzano, anch’io ogni tanto mi firmo paolopoli, come se fossi una città greca.
Ci sono ancora nelle nostre case dei giornali vecchi di quando le zie ricamavano il corredo, che ora non si usa più perché si comprano le lenzuola di carta. C’erano delle poesie che informavano le donne sui fatti della vi­ta, gli affetti familiari. Ah, la grazia artigianale imbam­bolata di quei nostri giocattoli gozzaniani di cartapesta dipinta: cavallini che strizzano l’occhio per imperizia del pittore, barometri réclame con la santa che cambia di colore, cassette per elemosine col frate in piedi e il negretto inginocchiato che dondola la testa in ringra­ziamento della moneta. Riscalda il cuore il mondo delle stampe in bianco e nero, a tratteggi grossi ma non gros­solani e simmetrie prevedibili ma non sprovvedute, do­ve l’immaginazione anche la più modesta è sollecitata a intervenire, è stimolata a suggerire toni e timbri, lu­ci e atmosfere sulla povera scorta di quei magici segni. Come si rallegra il fanciullino che è in noi al ritrovare il volto di certe nostre avole e balie buonissime che ci condussero come a una festa alla visita domenicale del cimitero gremito di floreali angioli artistici o ci tiraro­no per mano su per la via crucis del finitimo santuario delle illustrate stazioni!

 Alfabeto Poli, Paolo Poli (a cura di Luca Scarlini) 

martedì, febbraio 07, 2017

Quasi primavera

Appoi
attacca a chioviri e pari
ca st'acqua niura vulissi sulu cummigghiari
a iurnata.

Accumenciu, allura, ca testa a trafichiari:
pinseri babbi, cose successe,
cose ca putevunu accapitari.

No ricu a st'animedda c'aspetto sulu ca scampi,
c'arrivi u suli cauru ad asciugari,
ma è cu stu pinseru ca m'affacciu
alla finestra e l'occhi
arrirunu
quannu sentu a vuci china da terra
chiamarimi, u ciauru,
comu tra li tò jammi,
acchianari.

sabato, febbraio 04, 2017

[Condomini] Soldatini

A luna ancora non ni vuleva sapiri di irasinni a dormiri e arristava appinnuta no cielu come alla stella cometa nello sfondo del presepe.
Carmelo Cicculata a taliava assittatu  no pisolu della chiesa. Cera friddu ma lui era coperto bene che sava accattatu un giubbotto di quelli che uno ci può andare anche al polo nord. Era entrato nel negozio e ciaveva detto: "Questo" che per lui non era un problema di soddi.
"Ah! Si cà!"
Carmelo si furiau che quella voce la conosceva.
"E unni ava stari? Era qua lappuntamento. Ciccio non è cuttia?"
Turi iamma di lignu ci fici di no con la testa prima daccuminciari a scatarrari nterra comu su avissi u focu nei polmoni. Era fattu siccu. "Sarà unni sammucciaiu" pensò Carmelo e nella testa ci passanu le scene di quellultimo mese. Era stata come a una condanna. Peggio do carciri.
"U sai ca non putemu stari fora tanto" ci disse allamico.
"Certo co sacciu!" rispunniu Turi che sembrava essersi ripreso anche se la faccia era russa russa.
"I documenti cillai?" continuò Carmelo.
"Frischi frischi" rispose quello e si misi la mano nella sacchetta del cappotto comu a essiri sicuro che cerano veramente.
Carmelo si susiu e saddumau una sigaretta.
"Chi facemu?" spiau.
"Aspittamu" disse con calma Turi che nel frattempo sera spostato che a lui dava fastidio il fumo.
"Sì ma su non spunta?"
"Altri dieci minuti. Arriva non ti preoccupari"
Cera poca gente in giro. Carmelo si sinteva nivvusu. Taliava a destra e a manca e fumava come a un condannato a morte. Stava per parrari di novu quannu di luntanu u visti. Ciccio u bummularu li salutava con il braccio alzato per farsi vedere. Pareva un bambolotto. Tutto panza che la testa quasi spareva  e poi iammitti e razza di un picciriddu. Turi lo guardava sorridendo:
"Visto ca e cà? E' sempri u stissu" ci scappau dalla ucca.
"Sì sempri u stissu" ripetè Carmelo.
Quando furono vicini si abbracciarono ma senza perdere tempo che era pericoloso e non era il momento di cuntarisi le ultime novità. Turi distribuì i documenti e i soddi spiegò quello che cera da fare.
"Allora deciso. Iu pigghiu lautobus, tu Carmelo invece vai alla stazione e ti fai il biglietto con tante tappe però che è più sicuro del treno diretto"
"E iu?" domandò Ciccio con la sua vocina di signorina di cresima.
"Tu pigghi la machina. E' posteggiata qua vicino. Anzi prima ci accompagni accussi parramu di dopo"
"Ma picchi iu? U sai camaddummisciu facili a viaggiare"
"E' proprio per questo fissa! Su ti scanti non corri e non fai minchiati mentre guidi" spiego ridendo Turi.
Erano misi a cerchio come a fare il girotondo. Il primo proiettile ne pigghiau dui di loro na panza facendo un puttuso che ci poteva passare una mano. Gli altri non si capiù unni trasenu che erano troppi.
Tre gruppi di carusazzi li avevano circondati senza farsi vedere. Sparavano a coppia. Uno con la mitraglietta e uno con la pistola. Carmelo crollò a terra subito ma prima riuscì a vederla tutta la scena dalla vetrina che ciaveva di fronte. Sembrava come quannu era nicu che giocava con i soldatini di prastica che si trovavano nelle bustine dal giornalaio. Ricordava bene. I mitteva supra a tavola e organizzava guerre e agguati fino a quando non arristava chiu nuddu vivo e tutti erano a panza allaria.
Fu una questione veloce comunque. I sò occhi cercavano ancora la luna quannu arrivau lultimo colpo na nesta. Poi turnau a notti.

mercoledì, febbraio 01, 2017

Tutto è così facile


Tra le tue gambe l'amore,
il silenzio del dolore, la rabbia
che non vuole andare.

Tra le tue gambe è più facile tremare.

Tra le tue gambe ho pensato di morire
quando era solo un rinascere,
un inatteso iniziare.




Immagine: Reclining Nude, 1924 - Henri Matisse