sabato, novembre 30, 2013

José Mujica - La mia idea di vita è la sobrietà

"La mia idea di vita è la sobrietà. Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro. Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi. L’alternativa è farti schiavizzare dal lavoro per permetterti consumi cospicui, che però ti tolgono il tempo per vivere."

mercoledì, novembre 06, 2013

Valerio Magrelli - il vetro zigrinato delle docce

Dieci poesie scritte in un mese
non è molto anche se questa
sarebbe l'undicesima.
Neanche i temi poi sono diversi
anzi c'è un solo tema
e ha per tema il tema, come adesso.
Questo per dire quanto
resta di qua della pagina
e bussa e non può entrare,
e non deve. La scrittura
non è specchio, piuttosto
il vetro zigrinato delle docce,
dove il corpo si sgretola
e solo la sua ombra traspare
incerta ma reale.
E non si riconosce chi si lava
ma soltanto il suo gesto.
Perciò che importa
vedere dietro la filigrana,
se io sono il falsario
e solo la filigrana è il mio lavoro.
Valerio Magrelli, Ora serrata retinae, Milano, Feltrinelli, 1981

venerdì, novembre 01, 2013

[Condomini] Matilda

Io a Bellafonte lho conosciuto pecchè cera Filippo che ci passau una estate intera mentre che eravamo insieme. Era stato che quellanno avevamo fatto un mese di collegio per colpa di una vecchia che sera messa a tirare la borsetta così forte che io ero caduto dalla vespa e per fortuna non mi ero fatto male solo che il tempo di risalire mero trovato con le mani di uno sbirro addosso e la faccia unchiata di coppa.
Insomma comunque ci era andata bene che il giudice aveva visto che era la prima vota e poi eravamo nichi e allora ceravamo stati solo un mese a cuntari i muschi e dopo era arrivato il caldo e il prete ci aveva preso nella colonia che ci dava il comune per laltro mese che ci mancava.
Filippo spariva dopo la preghiera della mattina che non lo diceva mai a me cosa faceva e dopo spuntava  direttamente a mare che sera accattatu una radio con le cassette e ciaveva questa di bellafonte che ce la metteva sempre e poi macari era anchelunica.
Diceva che ce laveva data sua madre ma io lo sapevo che non poteva essere che sua madre allargava le cosce nel continente e nessuno lo sapeva in che città travagghiava mentre lui stava cu sò nanna. Comunque queste non sono cose che si possono rimproverare a un amico che poi ognuno è libero di credere quello che vuole. Lui dicevo veniva con questa radio piazzata nellaricchi e il volume al massimo e camminando si annacava per la gioia di qualche volontario di quelli che aiutavano a Don Gino.
Che noi lo sapevamo che per passare qualche capriccio in più ci sarebbe bastato darici il biscottino a qualcuno di quelli ma per un mese non ne valeva la pena e così ci divertivamo solo a farli sbrugghiari tannicchia che di più non ci interessava..
La spiaggia era quasi sempre vuota che la stagione non era ancora iniziata anche se si stava bene al sole e già ci eravamo abbronzati e si puteva fari il bagno macari. Quelli che montavano le cabine nel lido vicino travagghiavano dalla matina fino alla sira e noi ci avevamo fatto amicizia che quando si fermavano per mangiare noi ci avvicinavamo. Il fatto è che il nostro pranzo era a ora di colazione. Che un cristiano non mangia alle dodici. E noi invece sì e per giunta dopo non si puteva manco fare il bagno.
"Ma a scola ci iti?"
"Ma quali scola? Chicciiemu a fari?"
"E bravi! Accussì ni viremu macari lanno prossimo"
"Macchiddici Franco? Fu una disgrazia la nostra!"
Franco era quello più simpatico e anche il più caruso che di sicuro ancora non ciaveva mancu vintanni. Ammucciuni ogni tanto ci dava nacari tannicchia di vino e noi ciavevamo cuntato dello scippo.
"E quanto cera nella borsa?"
"Cinque euri"
"Un lavoro di fino insomma"
"Ahu! Chistu cera!"
Filippo laveva guardato incazzusu che non lo sopportava di essere pigghiatu po culu ma Franco laveva smontato arrirennu che dopo un pò anche noi lo avevamo seguito.
Lui cera stato macari al collegio ma ciaveva passato due anni che aveva pungiuto a uno per una questione di onore. Però non aveva voluto cuntari chiossai solo che non ci voleva tornare e che era stato fortunato che aveva trovato questo travagghio che lo chiamavano o spissu per i lavori di fatica.
Io e Filippo aspettavamo che fineva di mangiari e poi ci salutavamo e noi tornavamo a priari che nel pomeriggio cera anche il rosario. Lui invece si allontanava che non capivamo bene dove andava solo che scumpareva ogni giorno dietro a una casetta arancione che era lunica in muratura che cera in tutta la spiaggia.
"Sarà ca caca" diceva Filippo e io ridevo che quello era un appuntamento preciso come con la zita.
Lultimo giorno Filippo arrivò nella spiaggia tutto pulito e ordinato e  fischiettando che io la conoscevo quella canzone che lavevo sentita tante volte. Aveva posato la radio sopra alla sabbia e sera spogliato come negli spogliarelli della televisione aspettando che tutti lo taliassero. Poi quando ciaveva fatto venire la bava a tutti i chierichetti aveva messo la radio a tutto volume e aveva accuminnciato a ballare. Furiava a piedi nudi nella spiaggia con una mano allaria e con laltra che si teneva la minchia dura. Ero scoppiato a ridere e dopo lavevo seguito anche io che era troppo divertente anche se ero meno bravo di lui.
"E bravi! E bravi! Unaltro mese non ve lo leva nessuno!"
Era la voce di Don Gino che lavevano avvertito ed era corso fuori dalla chiesa tuttu suratu con la sua panza che abballava insieme a noi.
Insomma per quella minchiata veramente ci fecero fare un mese dentro in più che questa veramente fu una ingiustizia. Ma in quel momento non ci pensavamo che ancora ridevamo.
Mentre salivamo dietro la rete che separava la colonia dal lido vistumu a Franco che ci guardava e sorrideva come a uno che se lo immaginava. Vicino a lui cerano sei cuccioli che giocavano e cialliccavano le scarpe.