venerdì, febbraio 26, 2010

Tobia

Tobia pari masculu dal nome però è una cagna. Furia in mezzo ai palazzi che tutti la conoscono e ci danno da mangiare. Per lei e per i cuccioli anche pecchè Tobia è sempre incinta che le minne ormai sono come a palloncini sgonfiati ca pennuno fino quasi a strisciare nella strada e il corpo è magro come a quello degli affamati.
Tobia ha imparato a sopportare tutto e tutto accetta. Le pietrate come le carezze. Lossa come alle bastonate. Io non lho mai sentita abbaiare solo ogni tanto tira fuori i denti quando uno capita per sbaglio vicino a dove nasconde i picciriddi.
A Tobia sono assai i cani che ci hanno acchianato supra. Ci sono quelli tutti improfumati che stanno dentro alle case e che poi appena scinnunu con i loro padroni la cercano e quelli più selvaggi dei quartieri vicini che ogni tanto si passano lo sfizio di non dover combattere. Lei non si ribella che non lo sò se è listinto oppure che ha capito.
Tobia è una cagna innamorata anche ma siamo in pochi a saperlo che le persono sono distratte oppure se ne fottono delle cose che non sono loro. Lui è Diuc. Un cagnazzu vecchio e azzoppato buono quasi solo per fare la guardia alle machine posteggiate nello spiazzo sutta a me casa. Una cosa laria che forse non ciarriniscissi nemmeno a campare se Tobia non ci puttassi ogni giorno qualcosa. Un pezzo di pane. Un osso loddu di terra.
Ogni giorno Tobia arriva vicino a iddu come per caso e poi deposita la merce in qualche angolo più nascosto. Diuc sembra fare finta di niente e solo quando lei sta per andarsene savvicina per una ciaurata al culo e una carezza con la funcia.
Tobia si ferma e su non fussi che è solo unanimale putissi pinsari che sorride. E' questione di un attimo pecchè poi sparisce per ritornare solo il giorno dopo.

domenica, febbraio 21, 2010

Per Anto

Tutt'attorno è grigio.
L'auto scivola rumorosamente sull'autostrada, fatica a ubbidire alla velocità impostale e avvisa, rantola, muove con malumore le spazzole sul vetro semiappannato. Ogni tanto uno zig zag imprevisto: un camion che a sorpresa tenta un agile sorpasso, i lampi insistenti del cafone di turno.
Tra fugaci parole fingiamo di dimenticare la destinazione, la meta. E' come un patto segreto quello che ci vieta di parlare, come uno di quei giochi in cui a vincere è l'omissione, il silenzio. Non è possibile però sfuggire all'imbarazzo, a quel dubbio che ancora ci segue, e allora le mani si fanno più timide, gli sguardi tardano a incrociarsi, i baci si nascondono in attesa di altre occasioni.
Inutile negarlo, la mente, il corpo sono solo già lì, nell'odiata, cercata, costrizione.

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La stanza degli specchi non rapirà mai Alice
la stanza degli specchi ha una nuova cicatrice
la stanza degli specchi vorrebbe soltanto essere felice.

E' dunque un perimetro quello che vedo
di un volto, di un corpo e
mi muovo in attesa e poi voci
e un bacio che sento
lontano una porta si apre. La bocca,
le cosce, il lieve ansimare
che parla d'amore, no
non si potrà rubare,
non si potrà mentire,
su ciò che si doveva fare,
su ciò che è necessario,
indispensabile,
dire.

La stanza degli specchi è solo un'invenzione
la stanza degli specchi ci darà l'assoluzione
la stanza degli specchi è la nostra emozione.

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Oltre la soglia i corpi tornano ad esigere carezze, a distillare provocazione.
E' la fine di una prova e di quella i baci conservano l'alcolico sapore.
Piove ancora, così sembra, così pare, e dentro l'auto pure, piovono parole: disordinate come tra amici, nude come tra amanti, vere soprattutto, vere, come vuole l'amore.