E' domenica mattina.
L'ufficio è ancora deserto. Il lungo corridoio ha solo pochi oblò di luce e un grande silenzio. Affiori come fossi stata lì da sempre ad aspettarmi. Come se avessi già saputo. Non avrei voluto incontrarti così. Non ora, ma sei qui e io non posso, non voglio, mostrarti ancora la mia resa.
"Anche tu poco sonno?"
"Sì, ciao. Funziona già il server? Puoi tirare fuori la lista dei fornitori?"
"Te l'ho già data ieri, ricordi?"
"Certo. Sì, sì, è vero, grazie! Io sono nella mia stanza, allora."
"Ok. Debbo passarti tutte le telefonate?"
Sai benissimo che non è così. Sai benissimo con chi non voglio parlare.
"Si. Grazie. A più tardi."
"Vuoi un caffè?"
Stronza.
"No."
Annuisco. Mi riprometto di parlartene stanotte. La chiave di casa cade morbida dentro la tasca. Sento lontano il tuo saluto. La porta è già chiusa. Stanotte.
Infreddolita mi guardi. Alla finestra i colori si fanno più vivi. Peccato sia tardi, peccato dover andar via, anche perchè la stanza è proprio carina mi dico. Dovremo tornarci un giorno. Dovremo.
"Sognavo noi due. Tu che dormivi"
Ti stringo e non parlo, poi mi baci prima di tornare a essere uno.
Osservo Ersilia al lavoro. I suoi occhi corrono sul bordo del racconto. Il mio, suppongo.
Ogni tanto una sosta, una smorfia del viso.
"Un'accetta! Datemi un'accetta! No! Non si può così!"
Ride. Fissa lo sguardo sulla mia cravatta, poi riprende.
"Odio affogare tra lacrime e nuvole"
"Scartalo" le propongo.
"E' il tuo!" risponde.
Ridiamo.
I bimbi camminano volando. Lo vedi dalla fatica che fai, dal loro inventare, dal tuo iniziare a non capire. Ci sei anche tu e il prato ha guance rosse e vocine assordanti. Pianti, anche, e macchie di gelato sulla pelle verde. Ma non è più tempo di rincorrersi adesso. Lo spettacolo dei burattini inizia e finalmente non hai, non hanno, occhi che per quello.
Ogni tanto riaffiora un compleanno e, a turno, la ricerca del numero giusto.
"Cheffa' vieni?"
Ho detto tante di quelle volte no che forse mi convinco ad andare. Sì! Vado.
Caldo. Auguri. Abbracci.
"E tu come stai?" " E tu cosa fai?" "E tu come vivi?"
Baglioni impera tra quei brutti ricordi instillati che mai penseresti di possedere, che non ti interessa possedere.
Una voce, sconosciuta, alle spalle: "Lei non c'è! La cercavi, vero? ".
Non ci avevi pensato, ma sì, avrebbe potuto anche esserci. Epperò lei non c'è.
Meglio così, meglio così.
Guardiamo la partita. Ad un tratto arriva l'illuminazione, mi guardi cercando in anticipo la mia approvazione, poi parli:
"Papà, sono proprio bravi questi turchesi, non è vero?".
Sorridendo faccio di sì con il capo. Ho sempre amato il turchese, forse un po' più il rosso.
E' domenica mattina.
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