13/06/10

[revisioni] Diario, lividi sparsi -2-

E' domenica mattina.

Ho ritrovato il tuo libro tra le lettere, dentro uno scatolone giallo. La copertina ocra rimanda a un sogno non fatto, a una frase mai detta. Non ho neanche provato a sfogliarlo, non è necessario.

Ho conservato di me, della mia storia, per lungo tempo quello che ho potuto, senza senso logico, senza partecipazione. Come spiegare a se stessi che ci si vuole "tramandare"? Poi ho distrutto ogni cosa. Con cura ho strappato fogli, tagliuzzato immagini. Tutto, poi, è stato bruciato. Tutto è tornato polvere.

Allora, quando me lo regalasti, finsi di non conoscere il tuo desiderarmi. Io cercavo solo di spingerti verso la "logica", la "scienza" esatta del materialismo, tu sorridevi e mi mostravi un mondo che non conoscevo, che non credevo potesse esistere. Innegabile il fatto che tu abbia vinto. Nelle tue parole, nei tuoi gesti ho assaporato la grazia della sconfitta, la dolce narcosi del perdente, e me ne sono innamorato. Come di te del resto.

Una bottiglia esplode in mille lucidi pezzi. Ho mancato la mira, eppure una fiammata illumina la via, traccia il nero acciottolato cittadino. Il "nemico" s'allontana di corsa fuori dalla portata del mio rancore, gli altri sono già scappati nel momento stesso in cui si sono accorti del nostro essere già pronti allo scontro. Il teatro è già pronto per la prossima recita.

I nomi di coloro che mancano a volte t'inseguono e scegli, impietoso, di farne bandiera od accarezzi, cieco, il loro ricordo. L'elenco degli uccisi divenne ogni giorno più lungo, ad esso subentrò, a poco a poco, quello di chi decideva d'andarsene con un buco, un lavoro lontano, la casuale morte. A chi rimaneva restava un liquido se stesso.

"Sai penso che potremmo vederci oggi con gli amici... dobbiamo discutere del viaggio... potremmo anche uscire dopo... Luisa mi ha detto che viene... hai voglia d'andare al cinema?".
Scruti le mie pause a caccia del mio imbarazzo. Ti volti. Ti sposti richiamata da un miagolare tenero, per poi ritornare e sezionare il mio viso contrariato. Avrei voglia di darti della puttana, sorrido e cerco di baciarti. Forse lo penso soltanto. Ritrovo i tuoi occhi sopra i miei, ma sei già lontana.

Francesca sembra scomparsa. Vorrei farmi perdonare. Le vorrei chiedere scusa. Nessuno sembra più averla vista, sentita. Poi l'incontro vicino casa. Il suo seno pieno sembra sorridermi dalla camicia. Lei però mi supera ignorando il mio saluto. Non so se la riavrò. Mi fermo fino ad accompagnare il suo sparire. Ho tutto il tempo per pressare la sigaretta tra le dita, per cercare qualcosa con cui accendere la cicca, poi torno ad incamminarmi verso casa.

Luigi mi passa la canna. Lui ha un aspetto strano. I tratti plebei cozzano con i riccioli biondi, gli occhi azzurri. La prima volta che lo conobbi rimase in silenzio sino alla fine della serata, poi iniziò a parlare. Ricordo che tutti noi lo seguimmo sempre più attenti, sempre più stupiti. Forse per questo è riuscito a conquistare Anna... e me.

Ancora una sigaretta. Ancora senza lavoro. Cerco di sforzare la mente per avere l'Idea. Un'idea suprema che mi permetta di vivere con un mucchio di soldi. Novello Troisi mi accingo ad avvicinare a me, con il pensiero, "Il Capitale".

La tv è accesa. Dalla mia stanza individuo solo i jingle più noti. Nient'altro. Sono arrivate le prime giornate di sole, la camicia brucia sotto il maglione pulito. Forse solo perché debbo incontrarti. Forse solo perché non ne ho voglia.

Ho rivisto Anna. Seduta. Su un bus in attesa. Vetri sporchi e poca luce. Ho accelerato il passo.
In un triangolo ogni lato è sempre minore della somma degli altri due e maggiore della loro differenza. L'esattezza euclidea ha ucciso il suo ricordo.

Ersilia ha grandi occhi ed una moto nera. Le sue gonne nascondono poco al mondo, una vecchia cicatrice dietro i primi pizzi, il profumo della pelle rasata, la passione per la Cina. Ersilia mi ha scelto. Mi ha dato un collare e la libertà di giocare.

Spingi la mia testa fra le tue cosce. Chi serba serba al gatto, ripeti. Anche qui. Anche ora. Chi serba serba al gatto, e sospiri, e spingi. Solo quando inizi a tremare ti fermi.

Appena fuori città. La birra costa meno. Ci si può permettere una fantasia di supplementi sulla Margherita poco cotta. Anna taglia la pizza a fette sottili, alternando i passaggi fino a formare una stella. Luigi studia il punto d'attacco, in silenzio, poi mangia in fretta per paura che freddi. Francesca gioca col bordo. Per lei niente crosta, e tanti avanzi sul piatto, alla fine.

E' domenica mattina.

4 commenti:

  1. ero in pensiero... come sei messo con i tagliatori di teste?(tagliatori e tagliatrici...)

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  2. Cerco qualcosa di più solido, infatti :-)

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  3. Ci sono alcuni passaggi fantastici nel racconto, che mi hanno fatto pensare a lungo sulla tua abilità nel descrivere luoghi e situazioni emozionali.

    "Ho rivisto Anna. Seduta. Su un bus in attesa. Vetri sporchi e poca luce. Ho accelerato il passo.
    In un triangolo ogni lato è sempre minore della somma degli altri due e maggiore della loro differenza. L'esattezza euclidea ha ucciso il suo ricordo."
    Bellissima similitudine geometrica di visioni e sensazioni.

    "Appena fuori città. La birra costa meno. Ci si può permettere una fantasia di supplementi sulla Margherita poco cotta. Anna taglia la pizza a fette sottili, alternando i passaggi fino a formare una stella. Luigi studia il punto d'attacco, in silenzio, poi mangia in fretta per paura che freddi. Francesca gioca col bordo. Per lei niente crosta, e tanti avanzi sul piatto, alla fine."
    Complimenti vivissimi sull'analisi della metodologia di consumo della pizza, ci farò caso la prossima volta che la mangio, come la mangio...))

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