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24/05/13

"Una serata in Romagna" di Paolo Nori

Ho sentito per radio che, tra le varie correnti che compongono, oggi, il Partito Democratico, c’è anche la corrente dei veltroniani e mi è venuto in mente di quando, anni fa, un mio amico stava organizzando una serata, in Romagna, sulla letteratura americana, e sarebbero stati presenti Walter Veltroni, Fernanda Pivano e io; e io, che non so niente di letteratura americana, e non ne sapevo niente neanche allora, avevo detto di sì perché sarebbe stata l’occasione per chiedere a Veltroni: «Ma lei, ha detto veramente di non essere mai stato comunista?». Dopo la serata non l’han fatta. Ecco io, quando l’altro giorno ho sentito parlare per radio dei veltroniani, ho pensato che oggi, secondo me, se mi proponessero una cosa del genere, direi di no, perché quella curiosità lì che mi muoveva allora, di sapere se Veltroni aveva detto veramente di non essere mai stato comunista, oggi non ce l’ho più. Cioè, oggi, da quelli lì, ormai, io, e qualcun altro, anche, credo, mi aspetto di tutto. Cioè se, per esempio, il sindaco di una città di provincia promette di far chiudere un inceneritore, e poi lascia tranquillamente che lo aprano, se promette di abbassare l’Imu, e poi la alza, se promette di sovvenzionare un’orchestra cittadina, e poi la chiude, se promette di abbassare le rette delle scuole materne, e poi le alza, se promette di smetterla con il consumo di suolo, e poi continua tranquillamente a consumarlo ecco, oggi, se devo dire come mi sembra, son tutte cose che mi sembra già di saperle prima ancora che succedano; non son neanche notizie, sono conferme delle teorie che un filosofo russo, Aleksandr Zinov’ev, ha tirato fuori quasi quarant’anni fa, nel 1976, quando in un suo libro, Cime abissali, ha formulato alcune leggi sociali tra le quali la legge che «Arrivano gli arrivisti», e la legge che «Tutto quello che è ufficiale, è falso», che è una cosa che a me sembra vera anche per quello che mi riguarda, se penso a quando da giovane scrivevo per esempio dei curricola, devo riconoscere che l’immagine che davo di me in quei curricola lì era un’immagine ufficiale, e falsa, che, a leggere quei curricola lì non mi avrebbero riconosciuto neanche i miei genitori e mi viene in mente che a Parma si dice «Esser falsi come una lapide», e non è neanche una cosa nuova, a pensarci, perché fin dal 1865, Charles Dickens scriveva, in un romanzo che si intitola Il nostro comune amico: «La piazzetta li condusse a un piccolo cimitero: era una piazzetta lastricata, quadrata, con in mezzo un monticello di terra alto quanto il petto di una persona, chiuso da una cancellata tutt’intorno. Qui, a un livello opportunamente e saltuariamente elevato rispetto a quello dei vivi, stavano i morti nelle loro tombe; e queste erano per lo più storte e pendenti da una parte, come se si vergognassero delle menzogne che portavano scritte».

Fonte: Paolo Nori

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